fonte Farnesina
54 Paesi Africani, la grande maggioranza rappresentati a livello ministeriale, e 13 Organizzazioni Internazionali, tra cui l’Unione Africana, per un totale di 350 Delegati, hanno partecipano alla Conferenza Italia-Africa che si è svolta il 25 ottobre alla Farnesina. Un grande evento che, nelle parole del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale Enzo Moavero Milanesi, “rappresenta il principale momento di dialogo strutturato tra l’Italia e gli Stati del continente africano in impetuosa crescita demografica ed economica. Un’occasione di rilievo peculiare, che sottolinea l’impegno italiano e l’eccellente risposta ricevuta. Da parte nostra è forte la determinazione ad affrontare, in un rapporto di genuina collaborazione e fruttuoso apporto reciproco, i temi e le opportunità che la tradizionale, antica amicizia, l’evidente geopolitica e la storia impongono. La giornata romana costituisce un significativo indicatore del comune desiderio, africano e italiano, di muoversi da attivi protagonisti sui dinamici scenari contemporanei di un mondo globalizzato e sempre più competitivo”. A testimonianza della priorità che l’Italia attribuisce alle relazioni con l’Africa, i lavori alla Farnesina sono stati aperti dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e conclusi dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Partendo dalla consapevolezza che i destini dell’Africa e dell’Europa sono, da sempre, fra loro strettamente connessi, l’obiettivo della Conferenza è di individuare soluzioni condivise alle principali sfide in materia di pace, libertà, democrazia e sicurezza; nonché di concordare percorsi di crescita comuni, soprattutto attraverso il coinvolgimento di qualificati esponenti italiani, provenienti dal mondo dell’economia e delle aziende, dell’accademia e delle organizzazioni non governative. La Conferenza rivolge un’attenzione particolare all'estremamente positiva evoluzione in atto nel cosiddetto Corno d’Africa, a seguito dell’accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea, rispetto al quale l’Italia intende assicurare il massimo sostegno, come testimoniato dalla riunione di lavoro fra il Ministro Moavero e i Ministri degli Esteri etiope ed eritreo, organizzata, a inizio ottobre, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e seguita dalla recentissima visita del Presidente del Consiglio.
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I membri del Parlamento Etiopico hanno eletto Sahle-Work Zewde come prima donna presidente del paese25/10/2018 La signora Sahle-Work è diventata l'unico capo di stato femminile dell'Africa.
La sua prestigiosa elezione arriva una settimana dopo che il primo ministro Abiy Ahmed ha nominato un nuovo gabinetto con metà dei posti occupati da donne. Dopo aver prestato giuramento, il presidente Sahle-Work ha promesso di lavorare duramente per rendere l'uguaglianza di genere una realtà in Etiopia. Rivolgendosi al parlamento, si è anche impegnata a promuovere la pace: "Esorto tutti voi, a sostenere la nostra pace, in nome di una madre, che è la prima a soffrire dell'assenza di pace". Il nuovo presidente si è dimostrato desideroso di esprimere un punto sull'uguaglianza di genere fin dall'inizio, dicendo ai parlamentari che se pensavano che stesse parlando troppo delle donne, lei aveva appena iniziato. Ora potrebbe esserci una parità uomo-donna nel nuovo governo ma altrove c'è ancora molta strada da fare. La nomina di Sahle-Work è stata accolta con favore dagli etiopi sui social media e molti la definiscono "storica". È stata descritta come il primo capo di stato femminile dell'Etiopia dell'era moderna, con alcuni che ricordano l'imperatrice Zewditu che governò il paese all'inizio del XX secolo. La sig.ra Sahle-Work è stata votata dopo le dimissioni inaspettate del suo predecessore, Mulatu Teshome. Il capo dello staff del primo ministro, Fitsum Arega, ha twittato che "in una società patriarcale come la nostra, la nomina di un capo di stato femminile non solo definisce gli standard per il futuro, ma legittima anche le donne come decisive nella vita pubblica". La delegazione della Repubblica federale democratica di Etiopia (FDRE) e dell'Ogaden National Liberation Front (ONLF) si sono incontrati il 21 ottobre 2018 ad Asmara, in Eritrea. La delegazione del governo etiopico era guidata da H.E. Workneh Gebeyehu e la delegazione ONLF era guidata dall'ammiraglio Mohamed Omar Osman. La delegazione governativa includeva il ministro delle finanze etiope, H.E. Ahmed Shide e il presidente dello Stato regionale somalo, H.E. Mustafa Muhumed Omer. La delegazione ONLF includeva il Segretario generale, l'on. Abdirahman Mahdi, Segretario agli Esteri, l'on. Ahmed Yassin Abdi e segretario delle finanze, l'on. Ibado Herse Hassan. Dichiarazione congiunta tra la Repubblica federale democratica di Etiopia e il Fronte di liberazione nazionale dell'Ogaden: Affermando di sostenere tutti i diritti politici sanciti dalla Costituzione etiopica e riconoscendo la necessità di affrontare la causa del conflitto alla radice entrambe le parti concordano: - Di porre fine alle ostilità l'uno verso l'altro; - Che l'ONLF perseguirà i suoi obiettivi politici con mezzi pacifici, assicurando che la FDRE rispetterà e sosterrà le disposizioni della sua Costituzione; - Di stabilire un comitato congiunto per discutere ulteriormente questioni sostanziali relative alle cause profonde del conflitto nella regione attraverso il coinvolgimento continuo all'interno del paese. Questa dichiarazione è stata fatta ad Asmara il 21 ottobre 2018 Il documento è stato firmato dal dott. Workneh Gebeyehu, ministro degli affari esteri, dal lato etiopico e dall'ammiraglio Mohammed-Omar Osman, presidente dell'ONLF. Indicando che l'ONLF ha condotto la lotta armata per 34 anni, il dott. Workneh ha affermato che la decisione presa di perseguire le sue attività politiche all'interno del paese attraverso mezzi pacifici, è storica. Il presidente del fronte, l'ammiraglio Mohammed-Omar, ha dichiarato di aver raggiunto la decisione incoraggiata dal nuovo sviluppo positivo in Etiopia e ha espresso l'impegno a garantire la pace e lo sviluppo sostenibili nella regione somala, nonché a contribuire alla sua parte nel processo di pace in Etiopia Il signor Ahmed Shide, ministro delle finanze della FDRE, da parte sua, ha indicato che l'Etiopia è in una fase di transizione, ha affermato che l'accordo di pace avrà un contributo significativo nel garantire pace e prosperità nel paese. da Shabait L'Ogadēn è una regione dell'Etiopia che fa parte della Regione somala della nazione. Storicamente fu noto anche come Somalia Abissina. I nazionalisti dell'Ogadēn la chiamano Ogadēnia e dichiarano che è una nazione distinta sotto occupazione etiope. Il popolo Ogadēni è prevalentemente composto da somali musulmani. La regione, che occupa 369.000 chilometri quadrati, confina con Gibuti, Kenya e Somalia e ha una popolazione di sette milioni di abitanti. L'Ogadēn si trova quindi al centro del Corno d'Africa. Venne annessa all'Etiopia durante il regno di Menelik II nel 1897. Con la creazione dell'Africa Orientale Italiana in seguito alla guerra d'Etiopia l'Ogaden venne annesso alla Somalia italiana. Con la fine della seconda guerra mondiale, ritornò all'Etiopia nel 1954 dopo 13 anni di occupazione britannica. In passato, le attività secessioniste hanno coinvolto gli obiettivi politici e militari di Etiopia e Somalia. Alla fine degli anni settanta entrambe le nazioni combatterono la guerra dell'Ogaden per il controllo della regione[1]. Attualmente il principale gruppo separatista è il Fronte Nazionale di Liberazione dell'Ogaden (ONLF), guidato dal presidente Mohamed O. Osman. Ogadēniani celebri sono:
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Abiy Ahmed Ali di 41 anni è il nuovo primo ministro dell'Etiopia dal 2 aprile 2018.
Di etnia Oromo, il gruppo etnico maggioritario ma anche il più marginalizzato del paese, la sua nomina è giunta dopo settimane di negoziati a porte chiuse e tre anni di proteste di piazza, da parte di esponenti di tale etnia. Il multilingue Abiy è nato nel 1976 nella regione di Jimma, nell'Etiopia occidentale, padre di tre figlie ha conseguito un master in leadership e cambiamento trasformativo e un dottorato in mediazione di conflitto. È il primo presidente di etnia Oromo della coalizione di governo a quattro, il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico (EPRDF) sebbene il gruppo etnico Oromo rappresenti un terzo della popolazione totale del paese di circa 105 milioni di abitanti. Infatti tale etnia è sempre stata posta in una condizione di dipendenza e svantaggio da parte del precedente gruppo dirigente Amhara e del gruppo minoritario Tigre. Questi ultimi hanno condizionato le sorti politiche ed economiche del paese per un quarto di secolo e hanno controllato sia i servizi militari che quelli di intelligence. Figlio di padre musulmano e di madre cristiana, quando scoppiarono disordini violenti tra le due comunità religiose si è impegnato attivamente in un forum di pace per la riconciliazione. Mentre era ancora adolescente, Abiy si è unito al movimento di resistenza contro il regime del "Terrore rosso" di Mengistu Haile Mariam e dopo la sua scomparsa, nel 1993 si è unito all'esercito etiopico, dove ha servito nell’intelligence e ha raggiunto il grado di tenente colonnello. Dopo il genocidio ruandese del 1994, è stato schierato come membro della missione di pace delle Nazioni Unite e successivamente ha partecipato alla guerra di confine tra Etiopia ed Eritrea. Dopo aver diretto il servizio di cyber-intelligence INSA, Abiy si è impegnato in politica e si è rapidamente affermato tra le fila dell'Organizzazione Democratica Popolare Oromo (OPDO). Eletto alla Camera dei rappresentanti, nel 2016 è diventato ministro federale per la scienza e la tecnologia ad Addis Abeba. Tuttavia, è tornato presto nella sua provincia nativa di Oromia per assumere la carica di capo del segretariato OPDO. Alla fine del 2015, Abiy si è trovato al centro di una violenta disputa sul “land grabbing” illegale nella regione dell’Oromia e sebbene il controverso "Master Plan di Addis Abeba" sia stato sospeso all'inizio del 2016, il fallout continua fino ad oggi, con un bilancio di migliaia e migliaia di feriti. Abiy, insieme al presidente regionale Lemma Megerssa, è diventato una delle figure centrali di un nazionalismo Oromo appena risvegliato. È considerato un riformista e fra i suoi primissimi impegni ha promosso la riappacificazione con l'eritrea, portando a termine il conflitto armato iniziato nel 1998. Il suo governo ha rinunciato alle rivendicazioni territoriali nella zona di Badme e ha sostenuto l'applicazione dell’accordo di pace promosso dalle Nazioni Unite nel 2000. Ha concordato con il presidente eritreo Isaias Afewerki la riapertura delle rispettive ambasciate, la ripresa di commerci, la riapertura della rotta aerea diretta tra le capitali dei due paesi e la riapertura delle linee telefoniche dirette tra i due stati, interrotte da circa venti anni. Nei suoi primi cento giorni di governo, inoltre, ha liberato migliaia di prigionieri politici; ha dichiarato la fine dello stato di emergenza; ha annunciato piani per privatizzare parzialmente le industrie chiave, comprese le telecomunicazioni e l’aviazione; ha ammesso e denunciato l’uso della tortura da parte dei servizi di sicurezza dello stato; e ha licenziato funzionari carcerari implicati in violazioni dei diritti umani. Nel giorno del suo insediamento, dopo aver ricevuto le credenziali dal dimissionario Hailè Mariàm Desalegn, dopo aver annunciato il suo programma che prevedeva l’accettazione incondizionata dei Patti di Algeri e la normalizzazione dei rapporti con l’Eritrea, è stato pesantemente attaccato dai rappresentanti della compagine Tigray denominata Woiane che ritenevano inammissibile cedere sulla questione confinaria con l’Eritrea dopo aver patito tanti morti. Probabilmente in questa occasione è risultato chiaro attraverso le parole di risposta pronunciate dal neo eletto Abiy, che l’Etiopia stava per inaugurare un nuovo periodo storico: “Sono sorpreso di questa vostra reazione, francamente mi sarei aspettato l’esatto contrario e cioè una richiesta da parte vostra sul perché l’esecutivo che ora rappresento non abbia assolto ai suoi impegni sottoscritti in occasione dei Patti di Algeri e mai onorati. Quanto alla questione dei nostri morti vorrei ricordare tutti voi che io a Badme ero con i miei uomini, e non voi; che io a Badme ho perso i miei fratelli, e non voi; che io sono tornato da Badme con le lacrime agli occhi, e non voi”. I giorni successivi all’insediamento di Abiy sono stati caratterizzati da una serie di incontri e di iniziative che ancora non si è conclusa e che ha dato il via a un cambiamento epocale nei rapporti fra le nazioni e a un nuovo corso di pace e cooperazione che avrà riflessi positivi in tutto il Corno d’Africa. da Eritrea Profile - Billion Temesghen Il Primo Ministro italiano Giuseppe Conte è arrivato ad Asmara dopo una visita di due giorni in Etiopia, accompagnato dal Consigliere Militare, l'Ammiraglio Carlo Massagli, Consigliere Diplomatico, Amb. Pietro Benassi e Capo Ufficio Stampa e dal Portavoce della Casa di Stato italiana, Rocco Casalino. Al suo arrivo nelle prime ore del mattino all'Aeroporto Internazionale di Asmara, il Primo Ministro è stato accolto dal Presidente, Isaias Afwerki, Ministri, Delegati e dall'Ambasciatore d'Italia in Eritrea, il Sig. Stefano Moscatelli. Il popolo di Eritrea e Italia hanno avuto relazioni amichevoli per oltre un secolo e questo si riflette nell'unisono culturale evidente nell'architettura e negli stili di vita degli eritrei. Il Primo Ministro stato accolto dalla gente assiepata lungo le strade di Asmara mentre il corteo automobilistico si dirigeva verso la Residenza di Stato. A Semaetat Avenue gli studenti delle scuole italiane sono andati ad accogliere il Primo Ministro per conto delle loro scuole. Presso la Residenza di Stato, i due leader hanno tenuto ampi colloqui sul rafforzamento delle relazioni bilaterali. Il Primo ministro si è congratulato con il governo e l'Eritrea per la normalizzazione delle relazioni tra Eritrea ed Etiopia. da Eritrea Profile - Billion Temesghen L'Eritrea e l'Italia condividono una lunga storia che risale a oltre un secolo fa. Di recente, il primo ministro italiano, Giuseppe Conte, si è recato in Eritrea per un giorno su invito del presidente eritreo Isaias Afwerki. Nell'occasione, il Consigliere presidenziale dell'Eritrea, Yemane Ghebreab, ha discusso con i media sullo storico incontro tra i leader eritreo e italiano. D: Quale è il bilancio della visita del Primo Ministro italiano? Questo incontro è un evento storico che segna il rafforzamento dei legami bilaterali tra Eritrea e Italia. Il rapporto tra eritrei e italiani è antico. Oggi i leader hanno accettato di lavorare insieme per rafforzare queste relazioni storiche e culturali. L'Eritrea e l'Etiopia, così come gli accordi trilaterali tra Eritrea, Etiopia e Somalia, sono importanti per il Corno d'Africa e la Repubblica italiana. D: I leader hanno discusso la possibilità di una futura cooperazione economica? Si lo hanno fatto. Vi sono prospettive di cooperazione economica e politica tra Eritrea e Italia. L'Eritrea e l'Italia lavoreranno insieme per i settori economico, commerciale, educativo e culturale. Inoltre, i due leader hanno anche concordato di rimanere in contatto. D: Cosa riserva il futuro per l'Eritrea e l'Italia? Dopo la visita del Primo Ministro Conte in Eritrea, una delegazione effettuerà una visita ufficiale in Eritrea. Inoltre, nel prossimo mese un'altra delegazione italiana dovrebbe fare una visita in Eritrea. Come ho notato in precedenza, ci sarà una forte cooperazione bilaterale in numerosi settori economici e culturali. D: E la questione delle sanzioni imposte ingiustamente all'Eritrea? I leader ne hanno parlato? No non l'hanno fatto. Quello non era l'obiettivo principale dell'incontro. Tuttavia, hanno discusso approfonditamente sullo sviluppo delle relazioni bilaterali e altri sviluppi regionali e globali di importanza comune per l'Eritrea e l'Italia. Detto questo, va notato che l'Italia è stata una forte sostenitrice della revoca delle ingiuste sanzioni. Tuttavia, ciò che conta di più è la nostra pace e stabilità interna. L'Eritrea lavora da tempo oltre i suoi confini per la pace, la sicurezza e la stabilità a livello regionale. Le dinamiche in evoluzione del Corno attestano la cooperazione regionale per cui l'Eritrea e altri paesi dell'Africa stanno lavorando. Riguardo alle sanzioni, l'Eritrea non chiede l'elemosina. Chiediamo diritti fondamentali e fondamentali. Le sanzioni devono essere revocate, sia per motivi morali che legali. Ma se no, dovrebbe essere chiaro che non stanno trattenendo l'Eritrea dal raggiungere i suoi obiettivi, come lo stato dell'Eritrea ha raggiunto il suo sviluppo. I Paesi fratelli del Corno d'Africa sono ora pronti a conseguire maggiori risultati attraverso il rafforzamento dell'integrazione regionale e della cooperazione . Questo sarà significativo per la regione, così come per l'Italia. L'Espresso on line ha perso un'altra ottima occasione per tacere.
Mentre il mondo intero plaude all'evento epocale della ritrovata pace nel Corno d'Africa, come conseguenza della caduta del regime illegittimo e minoritario Woiane da anni al potere in Etiopia, c'è chi dimostra di non aver capito nulla. Corrado Giustiniani, nel suo articolo "Solo complimenti di Conte al dittatore eritreo", neanche si pone la domanda: ma come è possibile che un governo dichiarato da molti fino a ieri repressivo e dittatoriale sia ora oggetto di tanto rispettoso interesse e di tante attestazioni di stima da parte del mondo intero? Forse le cose che si dicevano erano false e pilotate da altri interessi? Macché, Corrado Giustiniani inconsapevole che i nemici dell'Eritrea, come il suo degno collega Alberizzi, o addirittura il losco don Mussie Zerai, oramai abbandonato da tutti perché rivelatosi falso e scomodo e in odore di approfondite indagini giudiziarie tese a fare chiarezza sul suo vero ruolo nella tratta degli immigrati clandestini, sono scomparsi dalla scena mediatica per manifesta collusione con la sconfitta compagine Woiane, si avventura in un'analisi sulla visita del premer Conte infarcita di luoghi comuni e banalità tanto false quanto ridicole. Provare a replicare? Inutile i commenti scomodi non vengono pubblicati e rimangono in eterno in "attesa di moderazione" a dimostrazione di una onestà intellettuale e una correttezza deontologica veramente di basso livello come del resto l'articolo stesso. Corrado le ripeto quanto già detto nel commento che non ha avuto il coraggio di pubblicare: GAME OVER Stefano Pettini Per due decenni, poco oltre, solo soldati, rifugiati e ribelli si spostavano attraverso il confine chiuso tra Etiopia ed Eritrea, ma oggi la terra di nessuno un tempo sterile pullula di attività.
Carretti trainati da cavalli, autobus pieni di visitatori e camion pieni di mattoni e compensato attraversano la frontiera, osservati dai soldati rilassati degli eserciti delle due nazioni che solo alcuni mesi fa si fissavano l'un l'altro giù dalle trincee scavate nel terreno roccioso. Dopo 20 anni di conflitto sanguinoso e di triste situazione di stallo, il confine tra Etiopia ed Eritrea sta vivendo nuovamente, rivitalizzando le città di frontiera e permettendo alle popolazioni a lungo divise dei due paesi di riprendersi. "Abbiamo tutto quello che non avevamo prima, dai prodotti più piccoli ai più grandi", ha detto Abraham Abadi, un commerciante nella città eritrea di Senafe, il cui negozio è ora pieno di biscotti, bevande e liquori prodotti in Etiopia. Eppure la riapertura del confine ha scatenato un'ondata di rifugiati e ha anche sollevato preoccupazioni per il commercio di valuta del mercato nero che alcuni temono destabilizzeranno l'economia. Dopo che una provincia dell'Etiopia, l'Eritrea ha votato per l'indipendenza nel 1993, dopo una sanguinosa lotta di decenni, una disputa sul confine ha fatto precipitare i vicini nuovamente in guerra nel 1998, lasciando decine di migliaia di morti in due anni di combattimenti. Il conflitto è continuato come guerra fredda dopo che l'Etiopia ha rifiutato di onorare un verdetto di commissione sostenuto dall'ONU che delimita il confine, una politica che il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha invertito a giugno. I voli sono ripresi e le ambasciate sono state riaperte poco dopo e, a settembre, Abiy e il presidente eritreo Isaias Afwerki hanno riaperto la traversata a Zalambessa, una città etiopica su una delle principali rotte dell'Eritrea. Il primo ministro dell'Etiopia Abiy Ahmed ha ricevuto e dato il benvenuto a S.E. Isaias Afeworki, presidente dell'Eritrea, all'aeroporto internazionale di Bole.
Il presidente Isaias è in Etiopia per una di visita di due giorni. Dopo l'accordo di pace i due paesi stanno ulteriormente approfondendo le loro relazioni su tutti i fronti. Finalmente una buona notizia per la Nardi. L’azienda, da tempo interessata da una delicata vertenza e da annunciati piani di ristrutturazione che prevedono un robusto ridimensionamento del personale, ha infatti firmato un contratto che prevede una significativa commessa per la fornitura di macchinari agricoli in Eritrea.
Ad annunciarlo è stato il dottor Paolo Guerriero Carloni, manager tifernate, attualmente uno degli amministratori di Nardi spa. Tale commessa milionaria consente di fatto, in prospettiva, di aumentare in maniera considerevole il fatturato dell’azienda aprendo uno spiraglio per la tenuta dei livelli occupazionali dell’impresa in crisi, e rappresenta senza dubbio un elemento più che positivo che cade proprio in un periodo decisivo per il futuro di Nardi, soprattutto per la difesa e mantenimento dei livelli occupazionali. Soddisfazione proviene anche dai sindaci di Città di Castello e San Giustino, Luciano Bacchetta e Paolo Fratini che proprio nei giorni scorsi hanno inviato una lettera a firma congiunta al Vicepremier e Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, “per chiedere la proroga di almeno altri 12 mesi della Cigs(Cassa Integrazione Straordinaria) per l’azienda Nardi Spa”. “Alla luce di questa importante notizia e di un concreto rilancio dell’azienda nei mercati internazionali oltre che in quelli nazionali – dichiarano i due sindaci – diventa più che mai fondamentale la proroga della Cassa Integrazione per consentire di allentare le tensioni tra i lavoratori che oggi stanno rischiando di perdere il proprio posto di lavoro e di ritrovare, proprio in virtù di questi importanti accordi produttivi, una ricollocazione all’interno della fabbrica e a coloro che hanno maturato i requisiti e i presupposti di legge, di andare in pensione”. |
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