Ancora oggi il governo olandese sta ostacolando nostri concittadini residenti in quel paese, per contrastare queste ingiustizie tutti noi eritrei residenti in Italia dobbiamo far sentire la nostra voce partecipando alla manifestazione che si terrà il 13 marzo 2018
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ANSA
ADULIS - Una squadra di archeologi tutta italiana sta portando alla luce, dal nulla e a prezzo di grandi fatiche, il leggendario porto di Adulis, gemma del deserto persa nei meandri del tempo, dove la storia e il mito si attraggono a vicenda come dune di sabbia spostate dal vento. La città, sita sulla costa sud occidentale del Mar Rosso eritreo, è avvolta nel mistero. Da fiorente capitale commerciale del regno di Axum (considerato dal profeta Mani uno dei quattro più potenti imperi della terra) ed esotico crocevia fra i colori e le civiltà di Mediterraneo, Africa ed Asia, dal VII secolo d.C. non se ne sa più nulla. Prevale fra gli archeologi l'ipotesi del cataclisma naturale, motivo per cui si è guadagnata il nome di Pompei d'Africa. La missione, diretta dal Centro Ricerche sul Deserto Orientale (Ce.R.D.O.), sta lentamente riesumando da strati di fango, sabbia e arbusti una città di quaranta ettari, interamente in pietra e in condizioni praticamente perfette. Tante le implicazioni e le scoperte già avvenute, specialmente a testimonianza della precoce cristianizzazione del Corno d'Africa, ma stupisce per importanza il ritrovamento, nell'ultima campagna del 2018, di una chiesa bizantina di grandi dimensioni, databile al V-VI secolo d.C., e della Porta Occidentale della città, dove si trovava il mitico Trono di Marmo di Adulis, reliquia cantata per la sua straordinaria bellezza e oggi andata perduta. I ritrovamenti sono stati resi possibili grazie ad una solerte collaborazione fra i Musei di Asmara e Massaua, il Ministero degli Affari Esteri, il fiore all'occhiello degli atenei italiani (Politecnico di Milano, Università Cattolica, Università Orientale di Napoli e Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, che ospiterà nel prossimo novembre un'esposizione archeologica sugli scavi attualmente presente al Museo Castiglioni di Varese), e il contributo di Piccini Group come main sponsor privato. "Siamo solo all'1% del lavoro" sostiene la dottoressa Massa, docente presso il dipartimento di Archeologia alla Cattolica, "Adulis è un tesoro in continua scoperta e in casi del genere i fondi non bastano mai. Nel 2010 i fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni trovarono per intuizione l'area di scavo, che a occhio nudo sembrava un semplice deserto. Ora il nostro sogno è di creare un parco archeologico per rendere conoscibile a tutti questo splendido sito. Abbiamo spesso lavorato in condizioni estreme, ma è un orgoglio rappresentare l'eccellenza del proprio Paese, e poter condividere aspetti valoriali e culturali con il popolo eritreo, a noi storicamente molto vicino" Secondo le ipotesi di Angelo Castiglioni, titolare del progetto e ricercatore di chiara fama, è molto probabile che l'area dove sorge Adulis coincida con la ancora più mitica Terra di Punt, risalente a quattromila anni fa e citata dagli egizi per il suo splendore e la sua ricchezza. Si continua a scavare. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA Asmara, 23 febbraio 2018 - Il presidente Isaias Afwerki ha incontrato oggi e ha avuto colloqui con il presidente della FIFA Gianni Infantino presso la Denden Hall.
Il presidente Isaias nel corso dell'incontro ha invitato la FIFA a seguire i programmi di riforma che ha già avviato e ha elogiato la visita del presidente Infantino in Eritrea, poiché il rafforzamento delle relazioni è il miglior mezzo per ottenere buoni risultati. Il Sig. Gianni Infatino da parte sua ha sottolineato la lunga storia dell'Eritrea e il suo grande potenziale nel calcio, e ha sottolineato la disponibilità della FIFA a contribuire alla crescita dello sport in Eritrea e a favorire la collaborazione reciproca. Il sig. Infantino ha anche incontrato il commissario per la cultura e lo sport, Zemede Tekle, e ha discusso con lui argomenti inerenti la crescita del calcio eritreo. Durante la sua visita di un giorno, il Sig. Gianni Infatino ha visitato la scuola di formazione di base presso l'Asmara Stadium, il nuovo edificio per uffici della Federazione nazionale di calcio dell'Eritrea e ha visitato gli edifici art-deco di Asmara che sono stati inclusi nella lista UNESCO del patrimonio dell'umanità. Dall’Italia verso l’Eritrea, questo sarà il viaggio di alcune locomotive italiane. Un passo avanti nel progetto di ripristino della storica Ferrovia Eritrea (F.E), costruita proprio dagli italiani a fine Ottocento.
La storia della ferrovia eritrea inizia a fine Ottocento, con una prima tratta che fa salire il treno da Massawa, città portuale sul Mar Rosso, prima verso il presidio militare di Saati, poi verso Ghinda, città del bassopiano. Sotto l’amministrazione del governatore Ferdinando Martini, ai primi del Novecento, il tragitto si allunga ancora e il treno arriva alle porte della capitale Asmara, fermandosi nella stazione di Arbarobà. La ferrovia eritrea è un lavoro spettacolare durato più di vent’anni, per costruire una difficilissima linea di montagna che, incurante dell’impressionante dislivello, salisse dal mare verso l’altopiano. Una freccia d’Africa che compie in sei ore un tragitto che un tempo si faceva in quattro, cinque giorni di marcia. Centodiciassette chilometri interrotti da 30 gallerie, 13 ponti, 13 viadotti, 21 stazioni. Le locomotive che solcano i binari sono italiane: Ansaldo, Breda, Officine Meccaniche di Saronno e Reggio Emilia. Nel 1932 arrivano anche le prime Littorine che, più leggere, veloci, ed economiche, consentono di aumentare il numero delle corse dimezzando il tempo. All’inizio anche i ferrovieri arrivano dall’Italia, poi a loro si affiancano gli eritrei che imparano presto il nuovo lavoro. Nel 1937 viaggiano nelle carrozze F.E 451 mila persone. Non tutte uguali. Le prime tre classi sono per gli europei bianchi, in ordine di ricchezza. Infine la quarta per gli eritrei che comunque usano moltissimo il treno che accorcia tempi e distanze. Quella eritrea è una delle ferrovie più scenografiche al mondo: gallerie, curve, strapiombi, tornanti sono superati senza intaccare la bellezza del paesaggio. Scrive Ryszard Kapuscinsk: “Ogni chilometro svela nuove visioni. Dietro ogni montagna spunta un diverso paesaggio. A mano a mano che avanziamo vediamo comporsi sotto i nostri occhi sempre nuovi panorami, quasi che la terra esibisse la sua varietà di bellezza desiderosa di abbagliarci con il suo splendore”. Negli anni Settanta il treno però subisce, come del resto tutto il Paese, una brusca frenata. Se già gli inglesi, dopo il 1941, avevano portato via molti pezzi della ferrovia eritrea per utilizzarli altrove, Menghistu Heilè Mariam la smantellerà completamente. Nel 1991, anno dell’indipendenza eritrea, della ferrovia rimane, oltre al ricordo, solo il tracciato. Tuttavia, amata e curata moltissimo dagli eritrei che da sempre l’hanno sentita loro, la ferrovia resiste, aspettando tempi migliori. Su richiesta si mostra ai turisti, come un gioiello di cui bisogna aver cura. A condurre i treni sono gli anziani ferrovieri che, con orgoglio, raccontano ai visitatori una magnifica storia, legata a filo doppio alla loro e alla nostra vita. Della rinascita della Ferrovia Eritrea e del progetto Locomotive Italiane in Eritrea, che finalmente si concretizza, dice il senatore Aldo Di Biagio a EritreaLive: leggi il resto dell'intervista su Eritrea Live Mekseb Debesay e sua sorella Mosana Debesay sono stati incoronati campioni africani nella cronometro individuale maschile e femminile d'elite (ITT) il 15 febbraio 2018 a Kigali. Nuovo successo per questa famiglia di ciclisti eritrei.
Questo non ha precedenti nella storia dei Campionati Africani di ciclismo su strada: un fratello maggiore e sua sorella minore sono stati infatti incoronati campioni del continente lo stesso giorno. L'Eritreo Mekseb Debesay e sua sorella Mosana Debesay hanno vinto le prove cronometrate individuali maschili e femminili (ITT) il 15 febbraio 2018 a Kigali. Mekseb ha battuto il ruandese Jean Bosco Nsengimana e Joseph Areruyanella gara maschile, mentre Mosana è stata migliore dell'etiopiche Selam Amha e Eyeru Gebru. "È una giornata fantastica," ha detto Mekseb Debesay a Olivier Pron, corrispondente speciale di RFI per il Ruanda. "Doppi campioni con mia sorella! Questi sono due titoli per la famiglia! L'abbiamo sognata la scorsa settimana! (Risate) Perché lo scorso giugno avevamo già vinto l'altro campionato del nostro paese, l'Eritrea [cronometro individuale, ndr]. Ora, con lei di nuovo, diventiamo campioni d'Africa! Sono così felice. I nostri genitori sono fieri di noi. E abbiamo fratelli. Lo so, tutta la famiglia è felice! " Una famiglia di vincitori I Debesay sono infatti regolari dei podi in quanto è il secondo titolo in Ruanda per Mekseb dopo la cronometro a squadre vinta dall'Eritrea. Mosana, ha dovuto accontentarsi del bronzo con altri eritrei nel 2015 e 2016 prima di rifarsi nel 2017, con l'oro. La 24enne aveva anche vinto la medaglia d'argento alle spalle della mauritana Aurélie Halbwachs nel 2017 nella cronometro individuale. Non male per Meseb e Mosana che imitano il fratello di 31 anni, Freqalsi Debesay. Freqalsi è stato il campione cronometro africano tre volte (2010, 2011, 2012) e ha preso il bronzo nella corsa su strada del 2012. Una famiglia di "vincitori" che ha ancora due fratelli, Jacob e Kindishi, che sono anche loro corridori. da Il Primato Nazionale
Roma, 16 feb – Fino al 2015, l’allora Presidente della Camera, terza carica istituzionale, Laura Boldrini era accompagnata dall’allora fidanzato Vittorio Longhi, giornalista di origine eritrea collaboratore di La Repubblica, di The Guardian e del New York Times. Longhi alterna all’attività di giornalista mainstream media quella di attivista a favore dei diritti umani in Eritrea, che si può tradurre in una vera e propria operazione organizzata di regime change contro il Presidente Isaias Afewerki giustificata dal solito pretesto occidentale dell’esportazione di democrazia e dei diritti con annessa demonizzazione del dittatore ostile ai piani dei poteri forti mondialisti. Come documentato da Daniel Wedi Korbaria, autore e sceneggiatore nonché libero rappresentante della voce inascoltata della numerosa comunità eritrea presente da anni in Italia, il Presidente Afewerki ha cacciato dal proprio Paese tutte le organizzazioni non governative colpevoli di chiare e provate ingerenze sul regolare processo di ricostruzione dell’Eritrea, preferendo un orgoglioso percorso di resilienza motivato dall’opinione che “gli aiuti umanitari paralizzano le persone”[1]. Certamente Isaias Afewerki non può essere paragonato ad un presidente occidentale, ma ricordiamo che, dopo una decennale lotta con la vicina Etiopia che ha portato la nazione allo stremo con una percentuale di povertà assoluta tra le maggiori al mondo e un numero incredibile di giovani eritrei morti sul campo, il Presidente ha riportato stabilità in Eritrea iniziando un’accurata ricostruzione che ha messo al primo posto il suo popolo. Wedi Korbaria afferma al riguardo: “Nonostante il perdurare nel Corno d’Africa della siccità causata da El Nino, a differenza della Somalia, dell’Etiopia e del Sudan, in Eritrea non ci sono più quei bambini denutriti e con la pancia gonfia che muoiono a decine anzi, senza temere di essere smentito, posso orgogliosamente dire che da noi nessun bambino muore più di fame o di malnutrizione”. Premesso ciò, la rete degli eritrei in Europa che opera una chiara propaganda contro il Presidente Isaias Afewerki è estremamente attiva e trova spazio sia a livello istituzionale sia a livello mediatico, a differenza di quella, numericamente maggioritaria, che sostiene l’operato del governo eritreo. Come al solito, i media mainstream sostengono solo una certa parte politicamente più vicina, evitando con cura ogni genere di contraddittorio. di Roberto Santangelo
Importante accordo tra Italia ed Eritrea, per quanto concerne le rispettive federazioni di atletica leggera, con vista su Tokyo 2020: a due anni dai Giochi Olimpici estivi nipponici, infatti, secondo quanto riporta l’ANSA, è stata prevista una serie di scambi per atleti, allenatori e fisioterapisti, per i quali saranno organizzati training camp ed incontri formativi. L’intesa è stata raggiunta dal presidente della FIDAL, Alfio Giomi, e dallo sport commissioner eritreo, ex ambasciatore in Italia, Zemede Tekle Woldetatios, al fine di trovare una crescita reciproca in ottica rassegna a cinque cerchi, che sarà ospitata in Giappone. Asmara, città eritrea dal clima mite per tutto l’anno, è già stata prescelta quale città ideale per gli allenamenti delle due selezioni nazionali. OA Sport La Comunità Eritrea in Italia celebra il 28° anniversario della Liberazione della città di Massaua11/2/2018 Il F.P.L.E. nei primi giorni del febbraio 1990 con una audace azione militare a sorpresa denominata "Operazione Fenkil" assume per la prima volta dall’inizio della lotta armata il pieno controllo di Massawa (nel 1978 aveva occupato soltanto la parte che sorge sulla terraferma), dopo una battaglia durata tre giorni ed estesasi lungo un fronte di 200 chilometri.
Lo schiacciante successo della Fenkil Operation apre la strada alle fasi finali della lunga guerra di indipendenza che vedrà la sua conclusione poco più di un anno dopo con la liberazione di Asmara avvenuta il 24 maggio del 1991. La città portuale di Massawa si prepara a festeggiare la ricorrenza dei ventotto anni dalla data di quella epica battaglia, ricordando i martiri caduti per la liberazione e l'indipendenza del paese con celebrazioni, manifestazioni culturali e un vasto programma di intrattenimento per le persone convenute nella città per l'evento. Nel resto del mondo le Comunità celebreranno la ricorrenza con iniziative indipendenti. dalla pagina Facebook del Senatore Aldo Di Biagio
Ho creduto nel progetto Locomotive italiane in Eritrea fin dalle prime battute, in ragione non solo del suo valore storico- simbolico ma anche in ragione del suo indiscusso valore strategico come incentivo per la riabilitazone delle relazioni con Asmara, nel ridare fiducia nel sistema Italia come partner economico e per sollecitare il ruolo di traino regionale de nostro Paese. Per questo me ne sono fatto garante in ogni circostanza istituzionale affinché questo si potesse realmente attuare, superando i rallentamenti e affinché gli impegni presi dal 2012 dall’italia non venissero disattesi. Ed ora una parte di quelle locomotive, le prime 4, oggetto dell’accordo di cessione rinnovato ed attuato attraverso il mio emendamento al decreto missioni del 2016, sono state ristrutturate a cura del Governo di Asmara e attendono di ritornare operative nell’arco di qualche settimana, ed in questo video si possono vedere le ultime fasi di revisione delle macchine, nella prospettiva di tornare a solcare la storica tratta ferroviaria Asmara-Massawa costruita dagli italiani nel secolo scorso. Un percorso durato 7 anni che si accinge a compiersi in un momento storico particolarmente delicato a livello regionale, e dove le best practice di cooperazione e di bilaterale strategica come questa sono un auspicio e una premessa di stabilizzazione a cui guardare con attenzione. Il progetto delle locomotive italiane può essere un riferimento di cooperazione bilaterale, fondamentale in questa stagione in cui le interlocuzioni con i paesi regionali di partenza e di transito dei migranti, risultano essere scarse e poco fattive ai fini della più corretta gestione dell’emergenza migratoria. Si apre una stagione nuova in cui il pregiudizio geopolitico può essere soppiantato da prospettive di cooperazione e normalizzazione. ROMA – “Nel nostro asilo accoglieremo ora anche i bimbi di quattro e cinque anni, un segno di rispetto per le mamme e le famiglie dei lavoratori” spiega alla Dire Pietro Zambaiti, amministratore delegato di Za.Er., la prima azienda tessile industriale d’Eritrea. Per i figli dei dipendenti, circa 550, accanto ai capannoni di Asmara già da tempo c’è un servizio di assistenza e scolarizzazione.
Seguiamo 100bambini, la metà dei quali però in strutture esterne” calcola Zambaiti: “Versiamo sovvenzioni agli istituti per garantirgli un percorso sicuro dalle elementari e fino alle superiori della Scuola italiana, che ha standard di alta qualità ma anche test di ingresso impegnativi”. All’interno dell’asilo di Za.Er, una sigla che sta per Zambaiti Eritrea, troveranno posto anche i bambini che hanno già compiuto i tre anni. “E’ un impegno apprezzato dai giornali locali, che scrivono di noi almeno una volta al mese” sottolinea l’amministratore delegato. Fu suo padre, nel 2004, a rilevare per la cifra simbolica di un dollaro il terreno del Cotonificio Barattolo, storico ma anche ormai al collasso: “I macchinari erano inservibili e allora portammo i nostri, con l’impegno di continuare a investire in know-how per rilanciare produzione e lavoro” ricorda Zambaiti. I risultati sembrano dargli ragione. Oggi Za.Er. produce oltre 360.000 chilogrammi di filo ritorto l’anno, utilizzando solo cotone di Paesi africani, dal Burkina Faso al Mali, dalla Costa d’Avorio all’Uganda. “L’85 per cento dei nostri dipendenti sono donne, impiegate nei reparti di confezione camicie e dell’abbigliamento da lavoro o nella filatura” sottolinea Zambaiti. Convinto che l’Eritrea, nonostante le partenze dei migranti e le accuse di diritti violati rilanciate dalla stampa internazionale, abbia tanto da offrire: “E’ il primo Paese dell’Africa dove l’Italia dovrebbe guardare“. E dopo l’asilo? “Il sogno dei miei genitori è che un giorno possano essere i nostri dipendenti eritrei ad assumere la guida dell’azienda” risponde Zambaiti. “Un aiuto può venire dalla Scuola italiana, un’altra eccellenza in un Paese da riscoprire”. fonte Agenzia DIRE |
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