27 febbraio 2021
46 Sessione regolare di HRC - PUNTO 2 Risposta della delegazione eritrea alla relazione orale dell'Alto Commissario dell'OHCHR sull'Eritrea Signora Presidente, Il rapporto orale dell'Alto Commissario per l'Eritrea presentato alla 46a sessione dell'HRC tenta di ritrarre un quadro oscuro e sostanzialmente ripetere narrazioni fallaci avanzate dall'UE e da alcuni paesi. In un certo senso questo non è nuovo. In effetti, un gruppo ristretto di paesi occidentali ha purtroppo preso l'abitudine di macchiare l'immagine e costringere l'Eritrea per ragioni a loro note. La crisi nella regione del Tigray in Etiopia viene utilizzata convenientemente in questo momento come un elemento nel continuum delle incessanti campagne diffamatorie sull'Eritrea. L'Eritrea ha lavorato seriamente per collaborare con l'OHCHR e, a tal fine, finora sono state condotte quattro missioni tecniche dell'OHCHR. Inoltre, l'Eritrea ha identificato le proprie priorità per l'assistenza tecnica (relativa all'amministrazione della giustizia, al diritto delle persone con disabilità e al diritto all'acqua). D'altra parte, per ampliare l'ambito della cooperazione e i benefici che derivano dall'assistenza tecnica offerta dall'OHCHR, l'Eritrea ha deciso, come primo passo, di invitare alcuni mandati tematici e organismi del trattato. Ma queste sincere richieste caddero nel vuoto. Inoltre, le missioni tecniche e le relative relazioni dell'OHCHR non hanno mai rispecchiato gli sforzi e i risultati raccolti in modo adeguato ed equilibrato. Nella sostanza e nell'intento, sembravano approvare o riciclare ciecamente gli approcci sbilenchi e i modelli del rapporto del Relatore speciale. Questa è un'altra indicazione che l'OHCHR non è pronto a lavorare come partner per migliorare le capacità tecniche in corso per la promozione e la protezione dei diritti umani in Eritrea. Signora Presidente Le accuse mosse dall'UE e dal rapporto orale dell'OHCHR di violenza sessuale, saccheggi e altri "crimini delle forze armate dell'Eritrea" sono del tutto prive di fondamento. Questi sono alieni e un affronto alla storia e alla cultura dell'Eritrea e delle sue istituzioni militari. Nelle campagne diffamatorie incentrate sull'Eritrea, la grave situazione che si è verificata in Etiopia all'inizio di novembre dall'attacco massiccio e preventivo della cricca del TPLF al più grande contingente dell'esercito etiope continua a essere sistematicamente minimizzata o totalmente ignorata. Ci si chiede se l'Eritrea sia stata deliberatamente presa di mira come capro espiatorio per distogliere l'attenzione dalla gravità di ciò che era in serbo e dalla potenziale conflagrazione regionale che sarebbe seguita se questi attacchi avventati avessero avuto successo. Non abbiamo visto nemmeno sinceri tentativi di riesaminare la prudenza dell'assistenza finanziaria e militare sfrenata - per un importo di 40 miliardi di dollari USA - che è stata data al regime del TPLF nonostante le politiche di esclusività etnica e repressione in Etiopia e proseguite. aggressione e occupazione di terre sovrane eritree in flagrante violazione del diritto internazionale. Signora Presidente In questi giorni, la disinformazione nel dominio cibernetico rimane l'arma pericolosa lasciata nelle mani della defunta cricca del TPLF. Questo viene perseguito, su base quotidiana, attraverso una frenetica fabbricazione e riciclaggio di notizie false e immagini fotografate di eventi e narrazioni che non si sono mai verificate. Alcuni media - la maggior parte dei quali assunti dalla cricca del TPLF negli ultimi anni - continuano ad essere pienamente coinvolti in questi atti irragionevoli. In tal caso, chiediamo all'OHCHR di astenersi dal prendere decisioni affrettate sulla base di accuse non contabilizzate e non verificate. I tentativi di distogliere l'attenzione dagli alti crimini perpetrati dalla cricca del TPLF e minimizzarne la colpevolezza non serviranno, infatti, alla causa della pace e della stabilità regionale. La ringrazio! Ginevra, 25 febbraio 2021
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di Robert Crowe
Gli stati che vengono accusati senza nessuna prova dovrebbero portare le Organizzazioni Non Governative (ONG) che vengono usate, anche loro malgrado, come strumenti di indebite pressioni davanti ad un tribunale internazionale e perseguirle per la loro opera di sovversione. Usare la buona fede degli iscritti e il loro status di organizzazioni Internazionali riconosciute per attuare campagne politiche destabilizzanti ordite da minoranze infiltrate che quasi sempre tramano nell’ombra non può più essere tollerato. E’ una questione di credibilità e di chiarezza che riguarda l’intero sistema delle ONG. E’ questa nei fatti la posizione di Etiopia ed Eritrea, che, comunemente, si accingono a chiedere una Commissione d’inchiesta internazionale che indaghi su quanto accaduto negli ultimi mesi nel Corno d’Africa. Il caso di Amnesty utilizzata strumentalmente per destabilizzare l’Eritrea è considerato da tutti eclatante. Ci sono stati vari episodi accaduti negli ultimi decenni che hanno visto questa organizzazione utilizzata in modo strumentare, quasi sempre dalla minoranza etnica tigrina, al fine di promuovere un cambio di regime in un paese considerato non gestibile. Il caso emblematico fu quando furono addirittura trovate delle comunicazioni da parte di funzionari Amnesty dell’ufficio di Nairobi che istruivano dei loro membri di andare in Eritrea come turisti ma con l’obiettivo segreto ‘’di creare le premesse per una Primavera Araba in Eritrea’’, cioè di sovvertire il governo in carica. E’ noto che i servizi internazionali usano la copertura delle ONG per portare avanti i loro obiettivi strategici. Un danno grave questo sia per la credibilità delle ONG, la maggior parte delle quali opera realmente per fini umanitari, e i paesi vittime di queste campagne di discredito. L’ultimo rapporto sui massacri di Axum pubblicato e diffuso con grande copertura mediatica e senza nessuna verifica dei fatti è basato su testimonianze di membri del partito Tplf (Tigray People Liberation Front) che è stato sconfitto prima politicamente dal Primo Ministro in carica in Etiopia, il premio Nobel per la Pace Abiy Ahmed, e poi militarmente dall’esercito etiope dopo aver programmato la distruzione dello stato etiope ed essersi reso colpevole di orribili crimini. Crimini pubblicamente dimostrati come il terribile massacro di Mai Kadra anch’esso programmato per accusare truppe altrui. Chi segue le vicende etiopiche e ha fatto negli ultimi mesi un minimo di ricerca sui social e sui siti della diaspora di questo paese del Corno d’Africa ben conosce la campagna mediatica di disinformazione organizzata anche con l’uso di “troll” (i sabotatori professionali del web) per dipingere gli etiopici e gli eritrei come criminali assassini e i tigrini del Tplf come vittime innocenti bisognosi di protezione. Un falso allarmismo messo in atto addirittura prima dell’intervento dell’esercito etiopico nel Tigrai. Menzogne costruite a tavolino per ribaltare una realtà storica documentata da accordi di pace, da pubblici interventi del Presidente Abiy, e da decenni di prevaricazioni che i tigrini, una comunità tutt’ora in possesso di ingenti patrimoni sottratti all’Etiopia e alle organizzazioni internazionali, hanno perpetrato contro gli Oromo e contro gli Amara, le più grandi etnie etiopiche, e contro l’Eritrea. Campagne ordite da strutture che operano dall’estero come ad esempio Digital Woyane, un gruppo di attivisti tigrini che – come rivelato da diverse fonti etiopi e eritree – diffondono molte notizie false e attaccano sui social chiunque cerchi di presentare una narrativa diversa dalla loro. Come è stato nel caso delle accuse sulla strage di Axum definite dal governo di Asmara “assurde e infamanti”. Un’attività di disinformazione, come viene definita dal Ministro dell’Informazione eritreo, che “va smascherata al più presto come quelle precedenti per evitare che un popolo conosciuto nella regione per il suo grande senso civico e per il suo altruismo venga infangato impunemente da forze che cercano di modificare il quadro geopolitico attuale del Corno d’Africa”. A questo proposito l’Eritrea, in una nota rilanciata in Italia dall’Ansa, ha respinto categoricamente quella che definisce le assurde accuse mosse contro di essa da Amnesty International. Secondo un rapporto della ONG soldati eritrei avrebbero ucciso “centinaia di civili” a novembre 2020 nel Tigrè, regione a nord dell’Etiopia. Il rapporto, sostengono in una nota congiunta il ministro dell’informazione Yemane G. Meskel e l’ambasciatore e d’Eritrea in Italia Petros Fessahazion, “si basa in gran parte sulle testimonianze di circa 31 persone dei campo profughi di Hamdayet in Sudan. E’ noto che molti in questo campo sono membri delle milizie del TPLF che sono fuggiti in Sudan dopo il loro coinvolgimento nell’orribile massacro e nella pulizia etnica di centinaia di civili ha Mai-Kadra all’inizio di novembre dello scorso anno”. Ora, la sensazione è che questa storia non finisca qui. Dopo decenni di disinformazione pare che Etiopia ed Eritrea, come dicevamo, si stiano effettivamente attivando per un’azione legale internazionale che difenda le loro ragioni e che allo stesso tempo tuteli le ONG dai tentavi di strumentalizzazione portati avanti da minoranze sconfitte dalla storia come quella tigrina. Una questione di chiarezza divenuta ormai imprescindibile. (Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati L’Eritrea respinge categoricamente le assurde accuse mosse contro di essa da Amnesty International in un fallace rapporto diffuso oggi.
Il rapporto si basa in gran parte sulle testimonianze di circa 31 persone del campo profughi di Hamdayet in Sudan. È noto che molti in questo campo sono membri delle milizie del TPLF che sono fuggiti in Sudan dopo il loro coinvolgimento nell'orribile massacro e nella pulizia etnica di centinaia di civili a Mai-Kadra all'inizio di novembre dello scorso anno. Va sottolineato che Amnesty non ha assolutamente tentato di cercare informazioni dall'Eritrea. Inoltre l'accusa fabbricata ad Axum è cambiata nell'ultimo mese da un "massacro di cristiani ortodossi alla chiesa di Santa Maria" a uccisioni "casa per casa" di civili. In questi giorni AMNESTY INTERNATIONAL ha diffuso un aberrante comunicato circa presunte atrocità che sarebbero state commesse, a detta degli attivisti di tale organizzazione, da militari eritrei nei confronti di civili inermi di etnia Tigray all'interno di territori sovrani etiopici, dal quale anche il governo etiopico a preso le distanze con un Comunicato Ufficiale.
Le fonti come di consueto non sono citate, non sono state prodotte prove circostanziate e addirittura un presunto testimone oculare descritto come prete ortodosso è risultato essere un etiopico che vive a Boston ma nonostante ciò il comunicato è stato ripreso dai media perennemente alla ricerca di notizie forti da divulgare in fretta e senza nessuno scrupolo deontologico. Amnesty si è pronunciata sull'argomento a scoppio ritardato, quando cioè il confronto armato tra le forze regolari governative etiopiche intervenute in difesa della popolazione contro gli insorgenti del Tigray People Liberation Front sono cessate da tempo. Indubbiamente gli scontri sono stati duri e le prove che i membri del TPLF si sono macchiati di crimini contro inermi civili etiopici sono molteplici e documentate, ma questo argomento sarà trattato a tempo debito e secondo previste procedure legali, come ogni affare interno di un paese sovrano, dal suo legittimo governo. Curiosamente in occasione del tentativo di colpo di stato attuato nei mesi scorsi dai seguaci del TPLF iniziato con l'assalto a una grande base militare localizzata nel Tigray e proseguito con un fallimentare abbozzo di marcia su Addis Abeba, Amnesty International non ha ritenuto di doversi pronunciare in difesa del popolo etiopico, e dopo il lancio di missili su Asmara, di quello eritreo. Amnesty non è nuova a queste iniziative di carattere eversivo mirate alla destabilizzazione di paesi nei quali i suoi attivisti e sostenitori occulti vorrebbero poter agire liberamente al fine di realizzare i loro programmi al servizio delle grandi egemonie. Un esempio evidente e documentato è quello ricordato oggi sulle pagine di Facebook dallo scrittore e intellettuale eritreo Daniel Wedi Korbaria, riportato a seguire: 2011 - LA PRIMAVERA ARABA DI AMNESTY INTERNATIONAL & HUMAN RIGHT WATCH “Da una telefonata, 50 anni fa, di un uomo che ci invitava ad agire siamo diventati un movimento globale di oltre 3 milioni di sostenitori. Stiamo caratterizzando questo incredibile viaggio con un anno di azione e di festeggiamenti.” Amnesty International. Londra, Regno Unito, 1 agosto 2011 Stato di priorità: TOP Livello: STRETTAMENTE RISERVATO Risonanza: URGENTE Oggetto: MISSIONE RISERVATA presso lo STATO DI ERITREA Caro signor Adams, a nome del Dipartimento per gli Affari africani e dell’Ufficio Esecutivo di Amnesty International situato qui al Segretariato Internazionale, desidero annunciarLe che è stato nominato a far parte di una delegazione di 4 persone che andrà in Eritrea dal 6 al 16 settembre 2011. I tre altri suoi colleghi saranno i seguenti: MOHAMMED HASSAN NOOR, di origine somala che vive nel Regno Unito e lavora nell'Ufficio Amnesty International Settore Regno Unito. Attualmente è a Nairobi per la realizzazione di alcuni progetti di Human Rights Watch. La signorina CONCEPCION EMPENIO è il nostro volontario Senior Investigatore, arriverà come suora cattolica e La incontrerà a Nairobi il 2 settembre. Lei è di origine filippina. KATHRYN ACHILLE che ha la base in Africa occidentale ma ha una vasta esperienza di affari africani in tutto il continente. Potrà incontrare tutti loro a Nairobi dal 1° settembre. Credo che con una missione precipitosa, sprecheremmo tutte le nostre risorse e non avremo alcun motivo per continuare a criticarli, alle dittature piace prendersi anche minimi vantaggi su tutto ciò che accade a casa loro. Cerchiamo di evitarlo. Ricordi che non abbiamo coinvolto i funzionari eritrei, né stiamo seguendo i canali ufficiali, perché crediamo che il mondo sia ampio, e noi non dobbiamo chiedergli di consentirci di indagare su di loro. Lo possiamo fare da soli e a modo nostro. Per ulteriori dettagli La preghiamo di controllare l'allegato di accompagnamento. Tutta la logistica per questa missione sarà fornita dall’Ufficio Settore Kenya di Amnesty International di Nairobi. Cordiali saluti, Catherine Price, Programmi Speciali per l’Africa di Amnesty International, Settore Regno Unito, Londra CONTESTO: L'Eritrea è una delle ultime dittature assolute rimaste in Africa. La sua dittatura è unica in quanto la popolazione è stata resa silenziosa e sottomessa. Fin dal suo distacco dall'Etiopia diversi anni fa, alla popolazione è stato fatto conoscere un solo tipo di leadership, e tutti devono la loro piena fedeltà al Presidente non eletto, il signor Issayas Afewerky. Il signor Issayas Afewerky ha guidato l’Eritrea come il suo feudo, senza tollerare le voci di dissenso, arrestando e imprigionando avversari reali o presunti, alcuni anche di appena dieci anni di età, imprigionando giornalisti per le loro opinioni, editori e produttori di materiali di stampa forniti da giornalisti opponenti. Nel frattempo l'Eritrea ha prodotto un numero considerevole di persone della diaspora, il più grande di tutti gli altri paesi africani che erano già indipendenti più di 40 anni fa. Noi di Amnesty International e Human Rights Watch, come forza congiunta di difensori dei diritti umani, abbiamo ricevuto un sostanzioso finanziamento da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per provare a lavorare con il popolo eritreo oppresso, aiutare ed operare per conto di coloro che non possono far sentire la propria voce. Conosciamo e comprendiamo il livello e la portata dei rischi connessi ad una tale missione, soprattutto in un paese chiuso come la Corea del Nord; ma anche se permettono l'ingresso limitato a poche nazionalità noi siamo in grado di trovare il modo che piace a loro così da poter entrare ed incontrare le persone con le quali lavorare a questo progetto. Dobbiamo cominciare da qualche parte per avere successo, non possiamo abbandonare i nostri colleghi eritrei. L'obiettivo principale di questa missione in Eritrea è quello di fornire finanziamenti e aiutare nella creazione di siti web e centri di informatica dove le persone possano liberamente andare, chattare, scambiare idee ed essere in grado di farsi ascoltare. Per cominciare, dieci di questi centri saranno sufficienti iniziando nella zona di Asmara ed arrivare, entro dicembre, a coprire l'intero paese. CONDIZIONI: * La Missione deve essere molto discreta e delicata nella misura in cui nessun altro dovrà sapere quel che sta succedendo. Tutto ciò che facciamo è confidenziale e NON DEVE ESSERE DI PUBBLICO DOMINIO. * La Sua missione in Eritrea DEVE essere realizzata in totale segretezza nella misura in cui nessun altro potrà comprendere ciò che Amnesty International e Human Rights Watch stanno facendo. Qualsiasi passo falso e Lei verrà arrestato in Eritrea! * Non si faccia riconoscere come membro di Amnesty International in nessun luogo, faccia attenzione a non farsi identificare e cose del genere. * Le daremo il nome giusto dell’hotel di Asmara, anche se abbiamo capito che sarà frequentato da agenti governativi, usi il buon senso. * Che tutte le interviste siano organizzate dai contatti indigeni ed elaborate di prima mano, in modo che noi otteniamo da Lei un testo già confezionato da loro stessi. * Non appena Lei arriverà ad Asmara, noterà un clima freddo e silenzioso, perché la popolazione in tutti questi anni è stata abituata a comportarsi così. Lei si comporti proprio come fanno loro. * Non agisca, in nessun momento in gruppi di più di due al giorno, ad eccezione della notte ma in modo molto discreto. Il Servizio Segreto Eritreo è ovunque in Asmara. * Non scatti alcuna foto con macchine fotografiche normali, se non con le micro-telecamere che Le verranno fornite quando si incontrerà con la Signorina Concepcion Empenio a Nairobi. Una volta nascoste questo genere di telecamere possono essere utilizzate ovunque, e non sono rilevabili dai metal detector. Sono come auricolari per telefoni cellulari. * Le persone che Lei individuerà per lavorare assieme ad Asmara devono essere coraggiose, dal cuore forte e resiliente, devono essere pronti a mobilitare in seguito il resto della Comunità di Internet di altre parti del paese il più presto possibile. Dovrebbero essere in grado di utilizzare il denaro che ricevono da noi in modo corretto come previsto. L’obiettivo che ci prefiggiamo è che entro dicembre di quest'anno, il regime di Issayas Afewerky sia scosso e pronto a cadere, e noi stiamo ultimando ora gli ultimi dettagli di un mandato ICC (International Criminal Court) per accusare di crimini contro l'umanità il Presidente. * Sig. George Gagnoy, direttore di Human Rights Watch Africa, monitorerà gli eventi e le attività on-line da Nairobi e offrirà assistenza d'emergenza ove si necessita. SCOPO DELLA MISSIONE: - Sensibilizzare la popolazione eritrea a riconoscere i suoi diritti basilari, come l’utilizzo di Internet, a chattare liberamente, a scambiare foto e attivarsi nei social networking. - Attivare questo esercizio per poi portare il cambiamento come è avvenuto in altri paesi africani e arabi come la Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen e Bahrein. Il 22 febbraio 2021, il Consiglio dei ministri degli affari esteri dell'Unione europea ha tenuto una riunione per lo scambio di opinioni tra gli Stati membri sugli affari correnti. Secondo il Sig. Josep Borrell, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, i Ministri degli Esteri hanno discusso di diverse questioni internazionali, inclusa la situazione nella regione dell'Etiopia settentrionale del Tigray.
Nella sua conferenza stampa dopo l'incontro, il signor Borrel ha dichiarato che i ministri sono stati interrogati dal signor Pekka Haavisto, ministro degli Affari esteri della Finlandia e inviato speciale, durante i suoi viaggi in Etiopia e Sudan. I Ministri hanno convenuto di chiedere un accesso umanitario pieno e senza ostacoli, la cessazione immediata delle ostilità, le indagini sulla violazione dei diritti umani e il rispetto del diritto internazionale umanitario. Il contenuto della dichiarazione del signor Borrell era di carattere generale. Di conseguenza, forniremo una risposta più compressiva una volta che avremo una valutazione più approfondita ed equilibrata della riunione e dopo il rilascio della dichiarazione scritta, che è prevista nei prossimi giorni. Tuttavia, la dichiarazione del signor Borrell mostra che l'Unione europea mantiene ancora la sua posizione ingiusta nei confronti dell'Eritrea e dell'Etiopia. Sollevano il TPLF da ogni responsabilità. Non riescono a riconoscere che garantire l'accesso all'assistenza umanitaria e indagare su presunte violazioni dei diritti umani è principalmente responsabilità del governo etiope. Ignorano completamente gli sforzi compiuti dal governo etiope e dai suoi partner per fornire assistenza umanitaria e stabilizzare la regione. Nel chiedere la cessazione delle ostilità, la colpa è stata attribuita al governo centrale dell'Etiopia, mentre il principale e unico colpevole è il TPLF. È preoccupante che l'Unione europea continui a equiparare un governo sovrano e un gruppo criminale. Il suo approccio di dare peso alle accuse sui fatti, prendere decisioni affrettate ignorando le opinioni di coloro che sono principalmente colpiti dalla situazione, non solo si è rivelato infruttuoso ma non contribuirà alla stabilizzazione della regione. È chiaro che l'Unione europea non è ancora disposta ad abbandonare il suo approccio distorto alla questione nella nostra regione. In ogni caso, la nostra lotta continuerà fino a quando l'Unione non rettificherà la sua posizione in un'ottica volta a garantire la pace e la stabilità nei paesi del Corno d'Africa. Il contributo delle nostre persone all'efficace campagna sui social media nei giorni scorsi è stato lodevole. Ora bisognerà ampliarla per garantire la partecipazione degli eritrei che non hanno preso parte al primo turno. Continueremo la campagna coordinata ed efficace sui social media fino a quando l'Unione europea non assumerà una posizione più giusta sulla nostra regione. Vittoria alle masse! Organismo di coordinamento della campagna globale degli eritrei sui Social Media L'Ambasciata dello Stato di Eritrea a Roma ha completato il suo trasferimento dalla storica sede di via Boncompagni 16 alla nuova sede in via Savoia 80.
Da oggi lunedì 22 febbraio è ripresa la piena operatività . E' sempre comunque opportuno contattare preventivamente la sede diplomatica attraverso i numeri telefonici che sono rimasti invariati. In un'intervista esclusiva di due ore trasmessa in diretta su Eri-TV e Radio Dimtis Hafash questa sera alle 20:00, il presidente Isaias Afwerki ha approfondito la genesi e l'attuale situazione del conflitto nella regione del Tigray in Etiopia; la ribollente disputa sul confine tra Sudan ed Etiopia; la controversia tra i principali Stati ripariali sull'uso delle acque del fiume Nilo; e i legami dell'Eritrea con i suoi partner nella regione del Golfo e del Mar Rosso.
Il presidente Isaias ha anche affrontato questioni interne chiave, tra cui l'attuale approccio preventivo e la road map dell'Eritrea per il controllo della pandemia COVID-19; Le priorità di sviluppo del GOE per il 2021; programmi di espansione della produzione di energia elettrica del paese e progressi nell'attuazione di incrementi salariali nella funzione pubblica. Sulla crisi in Etiopia, il presidente Isaias Afwerki ha evidenziato i seguenti punti salienti: - Che la Dichiarazione congiunta sulla pace e l'amicizia firmata tra l'Etiopia e l'Eritrea nel luglio 2018 ha inaugurato una nuova era di pace e ottimismo; - Che l'Eritrea non ha spinto per la pronta attuazione della decisione sul confine come stipulato nell'accordo poiché il consolidamento del processo di pace era la sua massima priorità; - Che al contrario, il regime del TPLF, che aveva usato la disputa sul confine come carta vincente per l'incessante destabilizzazione, era entrato in subbuglio, aveva tenuto in ostaggio la popolazione e intensificato i preparativi di guerra; - Che il presidente Isaias aveva espressamente chiesto a Debretzion, presidente facente funzione della regione del Tigray - nel breve incontro a Omhager, perché il TPLF stesse facendo enormi preparativi per una guerra insensata; - Che in questo contesto, nessun organismo immaginava che il TPLF avrebbe fatto ricorso alla mossa così priva di precedenti e sconsiderata di attaccare il Comando Settentrionale delle forze di difesa etiopi (EDF) all'inizio di novembre; - Che questo era inspiegabile e sbalorditivo, ma che confermava errori di calcolo, come spesso accade con la maggior parte delle guerre; - Che il piano del TPLF era di neutralizzare il contingente di 32.000 uomini, un terzo dei quali erano affiliati al TPLF e di rovesciare il governo federale; - Che parte di questo piano era la successiva invasione dell'Eritrea; - Che l'errore storico del TPLF era radicato nella sua politica di polarizzazione etnica sancita nella Costituzione del 1994 che aveva imposto all'Etiopia; - Che il piano era quello di seminare i presupposti -piantare mine terrestri per così dire- per interminabili divisioni e conflitti in Etiopia; - Che gli eventi in Libia, Yemen, Siria, Iraq ecc. hanno dimostrato i pericoli delle politiche radicate nella polarizzazione etnica e religiosa; - Che l'Eritrea ha imparato questa amara lezione dalla sua storia di divisione durante l'amministrazione militare britannica (BMA) negli anni '40 e nei primi anni di lotta armata; - Che per l'Eritrea, la cooperazione con il popolo etiope per la creazione e il miglioramento di un ambiente regionale favorevole non è una questione di scelta ma un obbligo; Per quanto riguarda la ribollente controversia sul confine tra il Sudan e l'Etiopia, il presidente Isaias ha sottolineato che qualsiasi confronto militare metterà a repentaglio il benessere e gli interessi di entrambi i popoli e paesi solo quando sono alle prese con sfide critiche in questo frangente di transizioni politiche in corso nei due paesi. Sul fiume Nilo, il presidente Isaias ha elaborato la genesi storica della controversia, le realtà attuali sul terreno, i futuri vantaggi reciproci per le popolazioni di Etiopia, Sudan ed Egitto e la necessità e l'urgenza di trovare soluzioni tecniche che tengano conto di tutto ciò parametri e che non si basano sul calcolo a somma zero. Sulle relazioni con gli Stati costieri del Golfo e del Mar Rosso, il Presidente Isaias ha sottolineato la necessità di coltivare il consenso su un quadro appropriato che possa rafforzare e garantire un'efficace cooperazione di tutti i paesi sui settori economici e di sicurezza. Il presidente Isaias ha anche affrontato a fondo le questioni interne sollevate nell'intervista. da Shabait.com Di S.E. dr. Abiy Ahmed, Primo Ministro della Repubblica Federale Democratica di Etiopia
Le operazioni intraprese dal governo federale etiope hanno liberato il popolo del Tigray da decenni di malgoverno da parte del Tigray People’s Liberation Front (TPLF). Ciò ha acceso nuove speranze, ma anche ansie, sul futuro dell'Etiopia e sul suo ruolo nel Corno d'Africa e oltre. Le speranze nascono dalla rimozione - per sempre - del corrotto e dittatoriale TPLF. Gli etiopi possono ora immaginare un futuro basato non sullo sciovinismo etnico, ma sull'unità, l'uguaglianza, la libertà e la democrazia. Inoltre, è stata ora superata la fonte della divisione etnica che aveva avvelenato le relazioni interstatali nel Corno d'Africa. Ma non posso negare che la rimozione del TPLF abbia alimentato il disagio nella comunità internazionale. Le preoccupazioni sulla definizione dei profili etnici nel Tigray e gli ostacoli agli aiuti umanitari abbondano. Il mio governo è determinato ad affrontare e dissipare queste preoccupazioni. Quindi, prendendo in prestito una citazione di Thomas Jefferson, "un dignitoso rispetto per le opinioni dell'umanità" mi costringe a spiegare perché il mio governo ha agito per ripristinare la pace nel Tigray, come stiamo alleviando le sofferenze lì e perché i nostri sforzi - sostenuti, spero, dalla comunità internazionale - andranno a beneficio di tutta la popolazione del mio paese, compresi quelli nel Tigray e in tutto il Corno Maggiore. Nessun governo può tollerare che i suoi soldati e civili innocenti subiscano un'imboscata e siano uccisi a dozzine, come è successo per mano del TPLF lo scorso autunno. Il mio compito principale come primo ministro e comandante in capo delle forze armate nazionali, dopotutto, è proteggere l'Etiopia e il suo popolo dai nemici interni ed esterni. Le nostre operazioni nel Tigray erano progettate per riportare rapidamente la pace e l'ordine. In questo ci siamo riusciti, ma le sofferenze e le morti che si sono verificate nonostante i nostri migliori sforzi hanno causato molta angoscia a me personalmente così come a tutte le persone amanti della pace qui e all'estero. Porre fine alle sofferenze nel Tigray e in tutto il paese è ora la mia massima priorità. Questo è il motivo per cui chiedo alle Nazioni Unite e alle agenzie umanitarie internazionali di collaborare con il mio governo in modo che possiamo, insieme, fornire un aiuto efficace a tutti quelli che ne hanno bisogno nel Tigray. Nel frattempo, stiamo lavorando, giorno e notte, per fornire i rifornimenti necessari ai nostri cittadini nel Tigray e ai bisognosi nelle province vicine, nonché per garantire il rispetto dei diritti umani e il ripristino di una vita normale. Per avere successo, devono essere superate molte sfide. Ad esempio, il ripristino delle linee di comunicazione deliberatamente distrutte dal TPLF sta mettendo alla prova la nostra capacità di fornire aiuti umanitari. In questo lavoro di ricostruzione, la comunità internazionale può essere di enorme aiuto. Il mio governo è anche pronto ad assistere i leader delle comunità del Tigray che si dedicano alla pace. In effetti, li stiamo già contattando. La comunità internazionale ha capito cosa fosse il TPLF. Molti avevano condannato la sua violenza su base etnica. Purtroppo, alcuni erano pronti a chiudere un occhio davanti alle torture, alle sparizioni e alle uccisioni extragiudiziali del TPLF. Senza il TPLF, si diceva, l'Etiopia avrebbe rischiato di frammentarsi lungo linee etniche, come la Jugoslavia negli anni '90. Il crollo dell'Etiopia, si diceva, avrebbe inaugurato il caos in tutto il Corno d'Africa. Il buon senso ci dice che un regime basato sulla divisione etnica non può durare; ma, come si suol dire, il buon senso non è sempre comune. Fortunatamente, le società umane possono tollerare la violenza razziale, etnica e religiosa solo così a lungo. Nei circa cinque anni che hanno portato alla mia elezione nell'aprile del 2018 a leader dell'allora al governo Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front, che fino ad allora aveva incluso il TPLF, le sfide popolari al regime si sono moltiplicate. Il TPLF ha risposto con la sua solita brutalità. Il voto del 2018 ha spostato il paese in una direzione nuova e inclusiva. Il partito politico che ora guido è il primo in Etiopia che non si basa su razza, religione o etnia. La politica regionale del TPLF è stata una grossolana estensione della sua strategia nazionale divide et impera. Il TPLF Etiopia, ad esempio, ha adottato una politica di esclusione e ostracismo nei confronti dell'Eritrea, contro la quale ha intrapreso guerre per procura dal territorio sovrano dei paesi confinanti instabili, rafforzando la loro fragilità. Un'Etiopia libera dal TPLF sosterrà la pace e lo sviluppo inclusivo. Internamente, la nostra "Nuova Etiopia" sarà basata sull'uguaglianza tra tutti i nostri gruppi costituenti, comprese le persone sofferenti del Tigray. All'esterno, agiremo in modo da riconoscere che i nostri interessi nazionali sono legati in modo inscindibile a quelli dei nostri vicini. L'accordo di pace firmato con l'Eritrea nel 2018 è un esempio vivente di ciò che l'Etiopia è in grado e vuole fare. Quell'accordo ha risolto un violento stallo di due decenni e ha permesso all'Eritrea di reintegrarsi nel Corno e nella comunità globale. Soprattutto, i suoi cittadini e quelli del mio paese che risiedono lungo il confine possono ora vivere senza l'ombra della guerra che incombe su di loro. Il mio governo ha anche cercato di ripristinare le relazioni dell'Etiopia con gli altri nostri vicini. Dopo la crisi politica in Sudan nel 2019, l'Etiopia è stata determinante nel riportare indietro quel paese che era sull'orlo della guerra civile, contribuendo a creare un governo di transizione di rappresentanti civili e militari. Allo stesso modo, il ruolo stabilizzatore dell'Etiopia in Somalia non è secondo a nessuno, e i nostri sforzi per portare stabilità nel Sud Sudan sono ininterrotti. L'attuale politica estera dell'Etiopia si basa sulla convinzione che una più stretta integrazione regionale vada a vantaggio di tutti. I nostri sforzi per rendere operativa la zona di libero scambio continentale africana sono una parte fondamentale di questo. Più concretamente, solo poche settimane fa, abbiamo inaugurato un'autostrada che collega il Corridoio Addis Abeba-Nairobi-Mombasa, un progetto che rimuove le barriere fisiche al commercio transfrontaliero tra Kenya ed Etiopia. Allo stesso modo, la strada da Addis Abeba al porto eritreo di Assab viene riabilitata come arteria di trasporto per il commercio internazionale. Inoltre, in collaborazione con il settore privato, sono in programma nuove superstrade per collegare l'Etiopia con i porti di Gibuti e Assab (in sostituzione della vecchia strada ora in fase di riabilitazione), che sarà poi collegata con Juba, capitale del Sud Sudan, paese senza sbocco sul mare con un possibile sbocco per il commercio. Sono inoltre in fase di sviluppo progetti comuni nei porti e nella logistica, nei parchi industriali e nell'estrazione di potassio. Ed è mia profonda speranza che la Grand Ethiopian Renaissance Dam, una volta completata, ottenga il sostegno di tutti i nostri vicini e offra opportunità senza precedenti per tutti in Africa orientale. Solo un'Etiopia in pace, con un governo vincolato da norme di condotta umane, può svolgere un ruolo costruttivo in tutto il Corno d'Africa e oltre. Siamo determinati a lavorare con i nostri vicini e la comunità internazionale per mantenere questa promessa. credit Ethiopian Embassy in Rome |
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