Sua Eccellenza l'Ambasciatore Volkan Bozkir
Presidente dell'Assemblea Generale; Vostra Eccellenza Sig. Antonio Gueterres Segretario generale delle Nazioni Unite; Onorevoli partecipanti, Ho l'onore di pronunciare questo discorso a nome del Presidente dello Stato dell'Eritrea, S.E. Sig. Isaias Afwerki. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite si svolge quest'anno in un momento critico in cui il mondo è a un bivio a causa della feroce pandemia globale COVID-19 che finora ha imposto un'immensa perdita di vite umane. Come si può ricordare, avevo sottolineato i seguenti punti salienti nel mio messaggio all'Assemblea generale delle Nazioni Unite l'anno scorso. Per quanto riguarda le tendenze globali, avevo affermato, cito, “il mondo è all'apice di un nuovo ordine mondiale. Tutti i parametri vitali indicano che l'ordine mondiale unipolare è giunto al termine o è negli anni del crepuscolo. L'equilibrio del potere economico sta inesorabilmente cambiando, con un picco di intense rivalità e sconvolgimenti ”. Per quanto riguarda l'Africa, le mie osservazioni erano state, e cito, "la partita dell'Africa nell'ultimo quarto di secolo è stata onerosa. Le risorse dell'Africa sono state saccheggiate in modo sfrenato. Nonostante le frasi vuote di "prevenzione dei conflitti" e "risoluzione dei conflitti", le guerre e gli sconvolgimenti continuano ad aumentare e peggiorare. Quasi 1 miliardo di africani rimane emarginato a causa della collusione di predatori esterni, dei loro surrogati locali e di entità di interesse speciale corrotte. Questa tragica realtà richiede la massima e urgente attenzione per rimedi efficaci ”. Per quanto riguarda la situazione nel nostro vicinato - vale a dire il Corno d'Africa e la regione del Mar Rosso - i punti salienti sottolineati nel mio messaggio dello scorso anno sono stati: e cito: "le due regioni sono state immensamente e in modo disordinatamente afflitte negli ultimi 25 anni da conflitti etnici e di clan istigati esternamente, intrattabili, interni, nonché discordie e guerre tra i paesi vicini. …. Questa triste realtà è in netto contrasto con gli eventi e le speranze promettenti suscitati nei primi anni '90 per l'integrazione regionale. Anche in questo caso gran parte della colpa ricade su attori locali corrotti ”. Illustri partecipanti, Mentre riflettiamo sulle realtà attuali quest'anno, quali sono le nuove, promettenti, notizie che possiamo invocare a parte le sincere suppliche e petizioni per una maggiore efficacia che vengono solennemente sottolineate quasi ogni anno. Purtroppo, la novità nel nostro mondo quest'anno è la deprimente calamità; l'enorme perdita di vite umane che COVID-19 ha e continua a subire a livello globale. E sebbene le sue dimensioni angoscianti, la Pandemia ha messo in luce i difetti strutturali e le carenze dell '"ordine globale" prevalente, precario, economico e di sicurezza. Ha smontato le spiegazioni e le narrazioni spurie vendute in passato per abbellire e razionalizzare un ordine globale in gran parte disfunzionale. In effetti, in un senso piuttosto perverso, la Pandemia costituisce un campanello d'allarme; un costoso promemoria per noi per riparare i nostri modi. Illustri partecipanti, Il perseguimento e gli ideali di una pace, stabilità e prosperità globali durature sono fondamentalmente basati, e possono prosperare, solo sull'edificio di una solida organizzazione globale che può misurarsi con tutte queste sfide. Questo fatto indelebile è più evidente che mai. In ogni caso, permettetemi di rinnovare il nostro appello per il rafforzamento e il rinnovamento del sistema ONU emarginato la cui autorità ed efficacia sono state corrose negli ultimi decenni. Grazie
0 Comments
Scuola Italiana Statale di Asmara. Si conferma l'atteggiamento rinunciatario e attendista del Ministero degli Esteri Italiano, privo di una visione strategica di lungo periodo.
Il 24 settembre la vice-ministra degli Esteri, Marina Sereni, ha risposto all'interrogazione del 3 agosto scorso della Senatrice Isabella Rauti(che si ringrazia vivamente per l'interesse dimostrato alla vicenda). Alleghiamo la risposta della vice-ministra per completezza di informazione, ma non possiamo esimerci da un nostro commento. Nella risposta da un lato si gioca allo "scaricabarile", cercando di scaricare ogni responsabilità sul Governo Eritreo, dall'altro non si è in grado di enunciare una visione politica di vasto respiro, delegando la soluzione del problema alla buona volontà e all'iniziativa del nuovo Ambasciatore appena nominato all'Asmara ed alle sue capacità. Inoltre si sorvola sulle responsabilità del Governo Italiano, nel non aver dato corso alla attuazione dell'accordo tecnico stipulato nel 2012 tra i due governi (non sono mai stati nominati i componenti italiani del Comitato) e per non aver richiesto alla scadenza quinquennale, nel 2017, il rinnovo e o la rinegoziazione dell'accordo stesso, tanto che per due anni la Scuola ha operato solo in forza di un rinnovo annuale volontariamente ed unilateralmente disposto dal Governo Eritreo, nel silenzio delle Autorità Italiane. Questo per ristabilire la realtà dei fatti. Occorre aggiungere che nella risposta manca ogni impegno del Ministero degli Esteri per giungere alla riapertura della Scuola, attraverso una politica di ampia visione per ravvivare la presenza politica dell'Italia nel Corno d'Africa, come stimolo a un pacifico sviluppo economico di quella Regione. L'Eritrea e il popolo Eritreo sono e vogliono rimanere amici dell'Italia, ma l'Italia deve chiarire se vuole mantenere questa amicizia, con gli onori ma anche con gli oneri che ciò può comportare, oppure se vuole abbandonare il campo e lasciare che la "piccola Roma", come gli Eritrei chiamano la loro capitale, Patrimonio mondiale UNESCO dell'Umanita', si dimentichi di noi e del passato comune. Ma noi non ci arrendiamo e confidiamo che con una corale opera di sensibilizzazione - per la quale chiamiamo a raccolta tutte le associazioni, le organizzazioni di volontariato, i sindacati, gli alunni,gli ex alunni, i docenti, gli ex docenti - possano essere riprese le trattative tra i due governi, e che il Presidente Conte voglia e possa prendere a cuore la vicenda e impegnarsi personalmente per una soluzione positiva della medesima, così come contiamo anche in una risposta positiva all'appello che abbiamo rivolto al Presidente della Repubblica Eritrea, tramite l'Ambasciatore di Eritrea in Italia. Aldo Rovito - Presidente dell'Associazione Culturale IDENTITÀ ITALIANA - ITALIANI ALL'ESTERO di Daniel Wedi Korbaria
Oggi, 14 settembre, in Italia riaprono le scuole mentre in Eritrea la storica scuola pubblica italiana resta chiusa. A comunicarlo il 31 agosto scorso con un decreto è l’Ambasciata d’Italia in Asmara: “decreto cautelare di chiusura temporanea dell’Istituto Italiano Statale omnicomprensivo di Asmara” a firma di un “Incaricato d'affari ad interim” in cui, dopo 14 “Visto”, 6 “Considerato”, 1 “preso atto”, 1 “consapevole”, 1 “ritenuto” ha infine “decretato” la chiusura temporanea della scuola. Una scuola storica che, aperta nel 1903, è sopravvissuta al fascismo, alle due guerre mondiali, all’arrivo dei britannici, a quello degli etiopici del Negus Haile Selassie e poi a quello del Colonnello Menghistu Hailemariam. Una scuola che ha resistito durante i 30 anni di guerra di Liberazione e che ha visto nel 1993 la nascita di una Nazione dove ha insegnato per ben 27 anni. Io ne sono testimone. Sono stato alunno di questa scuola che mi ha permesso di imparare la lingua italiana riuscendo ad esprimere così la mia creatività nella scrittura e mi rammarica alquanto assistere alla sua chiusura, vedendo in questa la volontà di negare la mia stessa opportunità ad altri studenti. Perciò mi domando: perché, dopo tutti i governi che in Italia si sono succeduti nell’arco di 117 anni, è toccato proprio al Governo Conte II togliere l’ossigeno all’ultima cosa bella e funzionante italiana rimasta sul suolo africano? Che cosa è successo di così drammatico da dover chiudere una scuola? Un conflitto armato italo-eritreo forse? È veramente come ha scritto la propaganda di Avvenire che con il suo centesimo articolo anti Eritrea ne incolpa il suo Governo “brutto e cattivo”? E stavolta cosa avrà combinato Isaias Afewerki perché si sia arrivati a prendere una decisione così drastica lasciando a spasso migliaia di studenti dopo tanti anni di sacrifici loro e delle loro famiglie? Negli anni, infatti, il M.A.E. ha tagliato i fondi e la scuola italiana non era più totalmente gratuita. Se il Governo eritreo fosse così “feroce”, come dipinto dai media italiani, la scuola avrebbe chiuso molto prima, perché aspettare il 2020? Anche a leggere le due pagine e mezzo del decreto dell’Ambasciata d’Italia si capisce che il trend è sempre lo stesso. Identico sistema usato dalla Francia nei confronti delle sue ex colonie, ossia quello di dare la colpa di tutto agli stessi africani ed uscirne sempre e comunque puliti. Mai nessuna autocritica sul proprio operato o sul mancato rispetto degli accordi bilaterali tra Roma e Asmara del 2012 che l’Italia non ha mai onorato. Ahimè la politica italiana ignora volutamente la sua Storia coloniale, argomento diventato tabù persino nei suoi libri scolastici, un passato che imbarazza ma che non possono cancellare con un colpo di spugna poiché è costato tanto dolore e tanti morti al popolo eritreo. Questa classe dirigente non serba nessuna gratitudine verso gli ascari eritrei che a centinaia di migliaia hanno dato la vita seguendo le mire espansionistiche italiche in Libia, Somalia ed Etiopia. Nessuna gratitudine neppure verso i figli e i nipoti degli ascari che non hanno mai chiesto alcun risarcimento per quelle vite che in seguito sono costate trent’anni di guerra con l’Etiopia con oltre 100000 vittime, nessuna gratitudine per aver perdonato il tradimento verso il popolo eritreo quando con i loro aiuti economici permisero al famigerato colonello Menghistu Hailemariam di bombardarli col napalm. Durante quei terribili anni in cui gli eritrei sfuggivano alle bombe l’Italia non riconosceva a quei pochissimi che arrivavano lo status da rifugiato e tanti si sono finti somali per avere i documenti di soggiorno. Quella classe dirigente ha preferito invece infilare la testa sotto la sabbia per non sentire le grida di dolore dei figli e dei nipoti degli ascari massacrati. Avrebbero invece dovuto imparare a memoria le parole di un loro illustre concittadino Amedeo Guillet: “Gli eritrei furono splendidi. Tutto quello che potremo fare per l’Eritrea non sarà mai quanto l’Eritrea ha fatto per noi”.....continua leggi l'articolo originale su L'Antidiplomatico L'Etiopia presenta oggi le nuove banconote Birr per i tagli da 10, 50 e 100, con l'introduzione di una nuova banconota da 200 Birr.
Le nuove banconote ridurranno il finanziamento delle attività illegali; corruzione e contrabbando. Le funzionalità di sicurezza migliorate sulle nuove banconote impediranno anche la produzione di valuta contraffatta. Tweets PM Abiy Abiy Ahmed Ali credit Ghideon Musa Aron di Dr. Fikrejesus Amahazion 12 sett. 2020 - La scorsa settimana, il 5 settembre, la piattaforma online Tigrinya della BBC ha pubblicato un articolo intitolato "Perché si teme che l'Etiopia possa separarsi". Come suggerito dal titolo, l'articolo si è concentrato principalmente sulle varie sfide interne recentemente affrontate dall'Etiopia e se queste potrebbero portare a una disintegrazione del Paese. Tuttavia, in diverse parti dell'articolo sono stati fatti riferimenti all'Eritrea che erano altamente problematici e palesemente sbagliati, costituendo un enorme disservizio per i lettori. Sfortunatamente, questa non è la prima volta che BBC o BBC Tigrinya pubblicano articoli o affermazioni problematiche. Per anni, l'organizzazione dei media (e gran parte dei media tradizionali e occidentali) ha travisato l'Eritrea (così come molti altri paesi in Africa e nel sud del mondo), distorcendo o omettendo i fatti, sminuendo le narrazioni dell'Eritrea e presentando rapporti parziali e altamente imperfetti. Nel prossimo articolo, cercherò di dissipare le ultime distorsioni e mettere a tacere alcune delle informazioni sbagliate. Innanzitutto, per evitare potenziali malintesi, permettetemi di affermare che la pace è un imperativo fondamentale nel Corno d'Africa. Dovremmo tutti lavorare veramente per la pace, la cooperazione e lo sviluppo per e tra i paesi e i popoli della nostra regione. Le mosse storiche verso la pace e la cooperazione che si sono sviluppate nella nostra regione negli ultimi anni sono estremamente positive ed estremamente entusiasmanti. Dovrebbero continuare a essere rafforzati e consolidati. Per tornare all'argomento in questione qui, in una sezione dell'articolo della BBC Tigrinya, l'autore afferma che, "Decine di migliaia di persone sono state uccise nel conflitto [1998-2000] dopo che l'Eritrea ha lanciato un'offensiva per ottenere il controllo della città di Badme dalla regione del Tigray in Etiopia ". Il problema qui non è solo che l'autore non riesce a fornire una cronologia adeguata degli eventi o non offre una contestualizzazione e un background adeguati, ma lascia ai lettori l'impressione che l'Eritrea abbia innescato il conflitto e che il conflitto riguardasse solo Badme, il che è falso. La realtà è molto diversa. L'Eritrea ha vinto la sua indipendenza dall'Etiopia nel 1991 dopo aver condotto una delle più lunghe guerre nazionali di liberazione nella storia africana moderna. Dopo la sua totale vittoria militare sull'esercito più grande e meglio equipaggiato dell'Africa nel 1991, il Fronte di liberazione popolare eritreo (EPLF) ha rapidamente iniziato i preparativi per un referendum per consentire al popolo eritreo di determinare finalmente il proprio futuro politico. Due anni dopo, nel 1993, l'Eritrea è stata formalmente accolta nella comunità internazionale delle nazioni come il cinquantaduesimo stato-nazione dell'Africa dopo un referendum monitorato a livello internazionale in cui gli eritrei hanno votato in modo schiacciante a favore dell'indipendenza. Dopo l'indipendenza, con il minimo aiuto straniero o influenza esterna, l'Eritrea ha intrapreso il compito monumentale di ricostruire e ricostruire il suo paese e l'economia distrutti dalla guerra. Nonostante l'ampiezza della sfida, i primi segnali erano promettenti e il periodo è stato caratterizzato da notevoli progressi e alti livelli di gioia e ottimismo. In particolare, guidato dal Fronte popolare per la democrazia e la giustizia (PFDJ, che ha sostituito l'EPLF nel 1994), l'Eritrea ha condiviso rapporti particolarmente stretti e legami caldi con il nuovo governo in Etiopia. Il Tigray People’s Liberation Front (TPLF), era l'organizzazione politica dominante all'interno del governo di coalizione a quattro partiti (EPRDF) dell'Etiopia con il quale l'EPLF aveva collaborato per rovesciare il regime di Mengistu Haile Mariam nel 1991. I due paesi hanno istituito commissioni congiunte e un patto di difesa reciproca e hanno goduto di forti relazioni politiche e di sicurezza. Anche i legami sociali, culturali ed economici tra Eritrea ed Etiopia erano solidi. I paesi hanno mantenuto una frontiera aperta, portando a livelli elevati di scambi transfrontalieri, commercio e circolazione della manodopera. Il principale partner commerciale dell'Eritrea era l'Etiopia, che ha utilizzato i porti eritrei di Assab e Massaua a tassi simbolici e senza alcun ostacolo. Tuttavia, nonostante le cordiali relazioni e la stretta collaborazione, iniziarono a sorgere problemi costantemente. In numerose occasioni, le milizie e le autorità del TPLF hanno intrapreso azioni aggressive contro agricoltori e civili eritrei nelle regioni di confine. Le emilie e le autorità spesso confiscavano terre e proprietà, accusando gli eritrei di aver violato il territorio del Tigray. In particolare, durante alcuni degli incidenti, di cui ce ne furono molti, ci fu una perdita di vite umane. Nel loro eccellente lavoro, Blood, Land, and Sex, pubblicato nel 2003, Favali e Pateman descrivono: “Già nel 1990, quando il TPLF ha preso il Tigray dal Dergue, gli incidenti al confine sono aumentati con ferocia. Le tattiche del TPLF ricordavano quelle seguite dai vecchi governanti abissini: prima di tutto, ha tentato di tassare gli eritrei che vivevano vicino al confine e costringerli a rendere omaggio. Quando gli abitanti del villaggio si sono rifiutati di farlo e si sono lamentati con le autorità eritree, il TPLF / EPRDF ha iniziato a usare la forza ". Nonostante le prove chiare e di lunga data della sovranità eritrea nell'area, gli incidenti hanno continuato a verificarsi e si sono persino intensificati. Nel luglio e nell'agosto del 1997, l'esercito etiope è entrato nelle aree di Bada e Badme, espellendo i locali e smantellando le amministrazioni eritree. Inoltre, nel 1997, il Tigray ha rilasciato nuove mappe ufficiali, le cui immagini sono state poi blasonate su nuove banconote, che avevano ridisegnato i confini riconosciuti a livello internazionale di lunga data per incorporare ampie parti dell'Eritrea e delle regioni etiopi adiacenti. Sebbene l'Eritrea fosse naturalmente fortemente preoccupata dallo svolgersi di questi eventi, ha cercato di contenere le cose e risolvere tutto pacificamente. In diverse occasioni, funzionari e amministratori eritrei locali si sono incontrati con i loro omologhi etiopi per esprimere la loro preoccupazione e proporre una soluzione pacifica. Nell'agosto del 1997, il presidente dell'Eritrea Isaias Afwerki, inviò due rispettose lettere all'allora Primo Ministro etiope per protestare ed esprimere preoccupazione per le azioni dell'Etiopia. Ha inoltre espresso moderazione e suggerito l'istituzione di una commissione congiunta di frontiera per risolvere la situazione. Alla fine, è stata creata una commissione congiunta, composta da funzionari governativi di alto livello di entrambi i paesi. Ha tenuto la sua prima riunione nel novembre 1997 ad Asmara e ha programmato di incontrarsi dopo diversi mesi. Tuttavia, nel frattempo, gli incidenti nelle regioni di confine hanno continuato a verificarsi e l'Etiopia ha preso sotto il suo controllo altri territori eritrei. Il 6 maggio 1998, prima della seconda riunione della commissione congiunta ad alto livello sulle frontiere, l'Etiopia ha lanciato un attacco attentamente pianificato alle pattuglie armate eritree in servizio di routine nella regione di Badme. Un certo numero di eritrei sono stati uccisi. Questo incidente ha scatenato una reazione a catena da entrambe le parti, culminata infine nel Parlamento etiope che ha accusato l'Eritrea di aggressione a Badme, e poi ha dichiarato guerra all'Eritrea il 13 maggio 1998. Contrariamente a quanto affermato nell'articolo, che dà ai lettori un'impressione sbagliata, il conflitto non è stato causato dall'Eritrea. Piuttosto, era il risultato delle "persistenti incursioni del TPLF nel territorio eritreo, un atto che può essere spiegato solo in termini di tendenze espansionistiche della leadership di quel Fronte" (Tesfai 1998). Naturalmente, il precedente regime al potere in Etiopia aveva compiuto spesso rivendicazioni su vasti territori che sono stati a lungo riconosciuti come eritrei. Che Badme non fosse la questione principale o centrale per la guerra è ulteriormente evidenziato dalla formazione dell'esercito etiope a Zalambessa, al confine di Assab e altrove lungo il confine con l'Eritrea. In un'altra parte dell'articolo, l'autore afferma: "Né lo stato di Badme è stato risolto". Questo è effettivamente falso. Lo status di Badme è chiaro: attraverso la Eritrea Ethiopia Boundary Commission (EEBC), un processo di arbitrato internazionale, lo status di Badme è stato deciso nell'aprile 2002 presso la Permanent Court of Arbitration dell'Aia. La sentenza definitiva e vincolante dell'EEBC ha stabilito che Badme fa parte dell'Eritrea. È quindi una città eritrea che rimane sotto un'occupazione militare illegale da parte di forze straniere. Questi sono i fatti indelebili. Alla fine, senza dubbio, il conflitto è stato una grande ed evitabile tragedia per entrambi i paesi. Ha iniziato un capitolo lungo e oscuro nelle relazioni tra i due paesi e ha avuto costi incommensurabili. Come notato all'inizio dell'articolo, le iniziative per la pace e la cooperazione che si sono sviluppate negli ultimi anni sono state entusiasmanti e positive. Abbiamo tutti l'obbligo e la responsabilità di sfruttarli e rafforzarli al fine di far avanzare la nostra gente, i nostri paesi e la regione. di Billion Temesghen - Shabait 09 sett. 2020 - Mentre il riscaldamento globale continua a minacciare gli abitanti del nostro pianeta, gli eritrei hanno lavorato duramente sul loro pezzo di terra per combattere la desertificazione, l'erosione e la scarsità d'acqua. In Eritrea “ogni goccia d'acqua va conservata e conservata a tutti i costi”; hanno persino fatto sì che il loro slogan fosse associato a progetti legati alla sicurezza idrica e alimentare, alla fornitura di servizi sociali e all'industrializzazione. Quando circa cinque anni fa la gente ha iniziato a vedere camion e furgoni del governo che lasciavano Asmara all'alba e si dirigevano a sud, si domandavano dove stessero andando tutti quei veicoli e per quale scopo. Cosa succedeva? Quello che si sentiva dire era che una diga, nota come Logo Dam, era in costruzione nelle vicinanze di Adi Halo, un piccolo villaggio in cima a una collina. Ma ciò che non si sapeva è che era in corso un grande progetto pilota di come il governo immagina che l'Eritrea sia principalmente. Il progetto non riguarda solo una diga. È molto di più. L'Eritrea ha una lunga costa e così tante risorse nelle sue enormi acque del Mar Rosso, ma non ha acqua dolce in abbondanza. Le piogge irregolari nel paese hanno lasciato arida la maggior parte della terra dell'Eritrea, uno svantaggio per un popolo il cui sostentamento dipende principalmente dall'agricoltura e dall'allevamento di animali. Pertanto, per affrontare il problema, sin dagli albori dell'Indipendenza, il governo eritreo ha lavorato per assicurare una fornitura sostenibile di acqua potabile pulita. Asmara è una delle città che ha incontrato ostacoli nel soddisfare la domanda di acqua pulita con la sua popolazione in aumento. Nel tentativo di affrontare il problema, l'Eritrean Mapping and Information Center (EMIC), che lavora sotto l'egida dell'Ufficio del Presidente, ha condotto uno studio all'inizio del 2012 per affrontare la questione della scarsità d'acqua nella capitale. Asmara era originariamente costruita per meno abitanti e le infrastrutture di approvvigionamento idrico nelle dighe di Mai Nefhi, Tecor, Beleza, Valle Gnecchi e Adi Shacca, che soddisfano la città, non sono più in grado di soddisfare le esigenze di una capitale in crescita. Anche durante una buona stagione delle piogge, ciò che può essere raccolto da queste dighe è molto meno di 12 milioni di metri cubi d'acqua, che è l'attuale quantità richiesta. Quindi, la prima missione di EMIC è stata alleviare il peso di queste dighe costruendone una nuova in grado di fornire loro l'acqua. La costruzione della diga del Logo è stata avviata con queste premesse. Il signor Tedros Beyene, esperto di GIS presso l'EMIC per il dipartimento della regione meridionale, afferma che il governo eritreo ha lavorato duramente per rendere sostenibile la fornitura di acqua in tutte le parti del paese. Ha aggiunto che la novità della costruzione delle dighe sta nei progetti legati alla crescita incarnati nel nuovo approccio di “conservare l'acqua” che l'Eritrea sta promuovendo nel suo piano di sviluppo. Sulla base della policy, il dipartimento ha fornito un efficiente piano di lavoro per la costruzione delle due dighe, Logo e Misilam. Il Sig. Tedros afferma che i due progetti hanno richiesto massicci investimenti da parte del governo, l'esperienza di centinaia di professionisti e un enorme lavoro. Il primo passo verso la realizzazione del piano è stata l'analisi dei bacini idrici esistenti nella zona. Il dipartimento ha concluso che la regione meridionale è irrigata da cinque bacini idrici. Da cui, circa il 75% dei corpi idrici sfocia nel fiume Mereb, mentre il resto scorre verso il basso attraverso le scarpate orientali che sfociano nel fiume Haddas. La regione è bagnata anche da altri tredici sottobacini. Questi fluiscono direttamente nel Mar Rosso. L'acqua piovana stagionale dalla parte settentrionale del monte Soira si unisce al fiume di Eindeli, sormontato dai ruscelli delle montagne di Tekera e Ayakulu. Questi bacini scorrono trasportando un suolo ricco, un'aggiunta vitale ai progetti collaterali inclusi nel progetto principale di conservazione dell'acqua. Se sfruttate al massimo, le aree irrigate da questi ruscelli diventano terreno perfetto per l'irrigazione a cascata. Come notato sopra, il piano va oltre la semplice conservazione dell'acqua. L'obiettivo è garantire uno sviluppo sociale a tutto tondo utilizzando sia la terra che le risorse idriche. La sua fondazione è iniziata verso la fine del 2013. Ma perché la regione del Sud e non le altre regioni? Il signor Tedros afferma che la regione meridionale è stata scelta come modello per la sua densità di popolazione, le infrastrutture, l'abbondanza di terra adatta per un'agroindustria su larga scala e la sua accessibilità ad altre città e parti del paese. È così che i bacini idrografici delle aree Adi Halo e Gherghera sono diventati i siti di Logo Dam e Misilam Dam. Guardando indietro, il signor Tedros ha affermato che prima della bozza finale del sito in cui si trova la diga di Logo, lo studio preliminare condotto era stato migliorato più volte. Durante la determinazione dei siti delle dighe, EMIC ha anche considerato diversi fattori, come la capacità di conservazione dell'acqua e il costo, tra gli altri. In origine, la costruzione della diga Logo era prevista ad Adi Kefelet, misurando venticinque metri di altezza e 400 metri di lunghezza. La capacità prevista sarebbe stata di circa 8 milioni di metri cubi d'acqua. Quindi l'ufficio ha riconsiderato di andare un po' più in basso verso Zaul, dove si sarebbe potuta costruire una diga lunga 660 metri con una capacità di trattenere 14 milioni di metri cubi d'acqua. Alla fine, EMIC e altre parti interessate hanno concordato di costruire Logo Dam nella sua posizione attuale, suggerendo il collegamento di due dighe, la diga della sella (che funge da diga di assistenza) e la diga principale, rendendo Logo Dam quello che è ora. A 42 metri di altezza, il volume di Logo Dam è di 32 milioni di metri cubi d'acqua. Con le buone piogge di quest'estate, la diga ha attualmente 14 milioni di metri cubi d'acqua. In generale, Logo Dam ora funziona come il centro di un progetto di sviluppo multiforme. #UnderstandingEritrea è una serie di articoli che mette in luce il percorso di sviluppo, ancorato alla salvaguardia e utilizzazione del suolo e delle risorse idriche che l'Eritrea sta seguendo. Logo Dam è solo l'inizio. Senatore in questi giorni si è sviluppata una crescente polemica sulla chiusura delle Scuole Italiane di Asmara caratterizzata da prese di posizione poco chiare e talvolta contraddittorie. Può fare il punto della situazione?
Ho seguito con interesse e attenzione questa seria problematica assistendo alla trasformazione di un banale incomprensione in un affare di Stato. Troppe voci molto spesso non qualificate hanno generato confusione nell’opinione pubblica senza tuttavia essere riusciti a chiarire l’esatta dinamica degli eventi. Per prima cosa ritengo opportuno evidenziare la differenza fra i termini come “chiusura” e “ritiro della licenza” spiegando che le autorità italiane hanno “chiuso” le scuole di loro iniziativa e senza il preventivo concerto con le omologhe eritree, mentre le autorità eritree, preso atto di questa iniziativa, hanno reagito “ritirando la licenza”. Quindi non è corretto affermare che le autorità eritree hanno chiuso le scuole italiane di Asmara, ma al più si sono limitate a reagire di conseguenza. Detto ciò non significa che il problema si limiti a questo poiché al contrario affonda le sue radici a molti anni fa ed è parte di un più ampio atteggiamento disattento manifestato dal nostro Ministero degli Affari Esteri nei suoi rapporti con l’Africa in generale e con l’Eritrea in particolare. A cosa si riferisce esattamente senatore? Per molti anni ragioni di carattere geo-politico hanno spinto l’Italia a preferire scelte filo etiopiche piuttosto che coltivare rapporti diplomatici con l’Eritrea con la quale condividiamo profondi legami storici e questo atteggiamento ha condizionato anche la gestione delle scuole italiane che più volte si sono trovate sull’orlo della chiusura a causa delle nostre inadempienze. L’ultimo caso risale al 2012 anno in cui con la firma di un accordo tecnico bilaterale sembrava si fosse arrivati a sanare una lunga serie di incomprensioni e a poter iniziare un nuovo percorso di collaborazione e comunità di intenti. Tuttavia anche quel documento è rimasto lettera morta ed è solo grazie alla buona volontà delle autorità eritree se si è giunti ai giorni nostri superando moltissime difficoltà di carattere organizzativo. Nel 2016 nel corso di una visita in Eritrea andai a sincerarmi di persona sullo stato della gestione delle scuole italiane oltre ad una visita di cortesia alla nostra sede diplomatica. L’impressione che ne ebbi mi convinse che nessun progresso era stato fatto nella gestione delle attività scolastiche e che la situazione era tale da doversi aspettare conseguenze negative, e scrissi tutto in un dettagliato rapporto che presentai al mio ritorno ai competenti organi di controllo. Lei ritiene che ci sia ancora un margine di trattativa per scongiurare la definitiva chiusura delle scuole italiane di Asmara? Credo che ai più risulti poco chiara l’entità reale del problema che si è creato nel tempo con in governo eritreo. Le scuole italiane sono solo l’ultimo tassello che ha evidenziato in tutta la sua gravità un problema diplomatico che ora deve essere affrontato ai più alti livelli. La posta in gioco è molto alta ed è la credibilità del “Sistema Italia” ad essere in gioco. Da troppo tempo il Ministero degli Esteri Italiano è privo di una guida politica lungimirante con una strategia a lungo termine, e tutti i suoi interventi risultano frammentati e spesso inconcludenti. Solo grazie alla valenza dei nostri ambasciatori, il più volte abbandonati a se stessi, siamo riusciti a contenere una deriva diplomatica che ha condotto l’Italia ad essere considerata un paese poco affidabile. Con la visita del premier Conte in Eritrea ed Etiopia per salutare gli accordi di pace, si era profilata la speranza di un cambio radicale di atteggiamento nei confronti dei due paesi non più divisi da ostacoli politici, ma finalmente uniti negli intenti. I fatti hanno dimostrato che l’Italia non ha saputo cogliere il momento favorevole che poteva renderla protagonista di prima fila di questi eventi epocali probabilmente non riuscendo a valutarne le enormi implicazioni e potenzialità. Lei ha intenzione di scendere in campo per favorire una possibile inversione di tendenza nei rapporti diplomatici con l’Eritrea? Qualche anno fa l’On. Andrea RICCARDI, ma soprattutto l’On. Lapo PISTELLI avevano avuto delle felici intuizioni circa l’opportunità di rinsaldare concretamente i rapporti con l’Eritrea per colmare gli effetti negativi dovuti agli anni di abbandono e di disattenzione. Purtroppo gli sviluppi politici susseguenti a queste iniziative non consentirono la loro realizzazione. In occasione di un colloquio privato con il presidente Isaias in Asmara nel corso dei festeggiamenti per il giubileo della liberazione del paese ai quali era stato invitato, mi assunsi l’impegno di cercare in tutti i modi di onorare quanto promesso dalle istituzioni italiane e non attuato. Mi sento ancora investito da questo impegno e ho intenzione di fare tutto il possibile nell’interesse primario dell'Italia e per rispetto nei confronti dell’Eritrea. Come vola il tempo...
Esattamente un anno fa, oggi, 5 settembre 2019, ho presentato le mie lettere credenziali a S.E. Antonio Gutierrez, Segretario generale delle Nazioni Unite. Gli dissi allora che la mia nomina come donna, e come una della comunità della diaspora, era una testimonianza dell'impegno del governo dell'Eritrea per l'uguaglianza di genere e lo stretto rapporto con la diaspora eritrea. Il segretario generale si è dichiarato "femminista". Il mio presidente, Kubur Bitsay Isaias Afwerki, è un praticante. Gli sono grato per aver creduto in me e avermi dato l'opportunità di imparare. Una delle prime lezioni proveniva da una fonte improbabile. Il signor Samir Sambar, inviato delle Nazioni Unite per l'Eritrea durante il referendum, si trovava sulla 1st Avenue e indicando l'edificio blu delle Nazioni Unite mi ha dato la mia prima lezione come PR. Mi ha detto: "Sophie, quando entri in quell'edificio, sei uguale a tutti gli altri PR, non sentirti mai come se non lo fossi ... In quell'edificio, non importa quale sia il paese, ricco o povero, o più potente, ricorda solo che sei uguale e la tua voce conta e fa la differenza". Nonostante le tante sfide del mio primo anno, sono quelle parole che mi tengono a testa alta e che rappresentano l'Eritrea in un piano di parità con gli altri miei colleghi. Voglio ringraziare il signor Samir Sambar per le sue telefonate, per avermi controllato e guidato attraverso il labirinto. L'atteggiamento conta davvero ... e anche le amicizie. Ho stretto molte amicizie nel mio primo anno e spero di farne di più nel prossimo anno, poiché sono questi amici che mi hanno aiutato mentre navigavo nelle sale dell'ONU e mi hanno anche aiutato a capire le molte questioni che sono in discussione quotidianamente. Gli eritrei che lavorano nei sistemi delle Nazioni Unite sono stati una risorsa per me. Apprezzo molto coloro che hanno contattato e spero in ulteriori impegni con voi in futuro, mentre cerco di comprendere i vari mandati coinvolti. Il mio primo anno è stato una curva di apprendimento sia per l'istituzione delle Nazioni Unite che per le interazioni e il comportamento umani. Ho avuto la possibilità di studiare le voragini politiche all'ONU, la sovrapposizione di interessi di improbabili gruppi di stati e le dinamiche della politica di potere. È un ambiente intrigante e diventa meno intimidatorio, col passare del tempo. Ho già riempito le pagine di due diari con le mie annotazioni quotidiane, le lezioni apprese nei tanti incontri e spero di poterle raccontare un giorno ... Voglio ringraziare il Ministro Kubur Osman Saleh e il suo ufficio per la loro guida e supporto, così come i nostri Ambasciatori e Rappresentanti in tutto il mondo che mi hanno accolto. Le nostre missioni sono interconnesse, poiché ci sono molte agenzie delle Nazioni Unite con sede nei vari paesi, rendendo le nostre comunicazioni e il nostro coordinamento ancora più inestimabili. Le tue e-mail e telefonate di incoraggiamento sono molto apprezzate. Continuerò a cercare la tua guida mentre inizio un altro anno all'ONU. Ma soprattutto, voglio ringraziare le comunità eritree in tutto il mondo per le vostre gentili lettere, telefonate ecc. Sono particolarmente toccata dalle molte chiamate dalla comunità eritrea in Australia, con Bitsay Kifle e la sua famiglia, Bitsay Gebreselassie e la sua famiglia , Bitsay Yassin e tutto lo staff della nostra Missione in Australia, per le loro numerose telefonate (anche quando mi mancano) per estendere le loro parole di incoraggiamento e auguri. Un ringraziamento speciale anche alla comunità eritrea di New York per avermi fatto sentire a casa. Passerò ore se menziono ogni singola persona ... quindi permettetemi di ringraziarvi tutti e sperare che sappiate di aver fatto la differenza nella mia vita. Ora che mi sono sistemata, cercherò il vostro consiglio su varie questioni, chiederò la vostra assistenza in alcune aree e spero di rimanere impegnata. Anche l'ONU sta entrando in una nuova fase, il suo 75° anniversario. La pandemia COVID19 ha anche sottolineato la necessità di un sistema multilaterale che possa rispondere alla crisi internazionale del nostro tempo, essere all'altezza della Carta delle Nazioni Unite e dei suoi ideali e soddisfare le aspirazioni dei popoli del mondo. L'Eritrea si sforzerà di dare il suo modesto contributo alle discussioni e di imparare dalle esperienze degli altri. La frase più usata oggi alle Nazioni Unite è "siamo in questo insieme", ma risuona di più con noi eritrei, poiché abbiamo sempre fatto le cose insieme. Rimanete tutti una fonte di conforto durante i tempi difficili e una fonte di orgoglio ogni volta che "la Diaspora" è menzionata in queste sale - perché la vostra storia di resilienza non ha eguali, il vostro coraggio e valore per non parlare dei vostri contributi all'Eritrea sono impareggiabili ... Il tuo impegno con i problemi ispira soggezione, per non parlare di una fonte di conoscenza e informazione che arricchisce il nostro lavoro. Rappresentare voi e l'Eritrea alle Nazioni Unite è stato un grande onore e privilegio. Sophia Tesfamariam |
Archivi
Settembre 2024
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. |