Comunicato stampa della MISSIONE PERMANENTE DELLO STATO DI ERITREA ALLE NAZIONI UNITE DI GINEVRA27/6/2019 La missione permanente dello Stato di Eritrea presso le Nazioni Unite e altre Organizzazioni Internazionali a Ginevra desidera fornire chiarimenti sulle asserzioni errate formulate dal "Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani in Eritrea" in un comunicato stampa pubblicato il 21 giugno 2019 .
Il "Relatore speciale" sostiene, tra le altre cose, la riduzione delle attività della Chiesa cattolica in Eritrea. L'Eritrea è una nazione secolare all'interno di un contesto sociale di religioni cristiane, islamiche e di altra natura che hanno convissuto pacificamente per secoli. Il cristianesimo fu introdotto nel 329 d.C. e nell'Islam nel 615 dC Il popolo eritreo non è solo un praticante devoto delle rispettive fedi, ma tutte le città, i paesi e i villaggi eritrei come è noto, forse un caso unico, sono luoghi dove chiese di varie confessioni (ortodossa, cattolica e protestante ) e moschee si trovano in prossimità o giustapposte l'una all'altra. (Asmara ha una sinagoga che serve letteralmente un paio di famiglie ebree). Sulla base di questa tradizione secolare e della cultura della tolleranza, il diritto alla fede è stato ulteriormente sancito nei moderni codici civili e penali dell'Eritrea. Il paese non ha una religione ufficiale, come è consuetudine in vari paesi in tutto il mondo e nella nostra regione. Nessuna delle religioni stabilite ha uno status preferenziale o primario nel quadro dello stato eritreo laico. Questo lodevole clima di uguaglianza statutaria di tutte le religioni è stato ulteriormente rafforzato negli ultimi anni da regolamenti aggiuntivi che spiegano i diversi poteri e funzioni dello Stato e delle rispettive fedi. Il regolamento 73/1995, emanato nel 1995 dopo un'adeguata consultazione tra il governo e le rispettive fedi, è un esempio calzante. Il regolamento enfatizza la separazione dei poteri e limita le attività di sviluppo delle istituzioni religiose al finanziamento e al monitoraggio in settori specifici identificati dal governo (articolo 6). Le istituzioni religiose non sono autorizzate a condurre effettivamente attività di sviluppo in aree di loro scelta in quanto sono irte di discriminazione nei confronti dei non aderenti all'istituzione specifica in questione. Le istituzioni religiose non sono inoltre autorizzate a sollecitare fondi da donatori esterni per le stesse considerazioni di equità e di astenersi dagli squilibri provocati dall'esterno. In questo spirito, i fondi che le istituzioni religiose destinano ai servizi di sviluppo devono essere raccolti dai loro collegi elettorali locali (articolo 7). La recente direttiva emanata dal Ministero della Sanità per le istituzioni religiose pertinenti (per lo più cliniche gestite da Chiese cattoliche) costituisce attuazione del regolamento 73/1995 nei casi in cui non era stato pienamente applicato negli anni passati. La direttiva richiede alle istituzioni religiose competenti di trasferire l'autorità operativa / amministrativa delle cliniche sotto il loro controllo alle rispettive filiali regionali del Ministero della Salute nel pieno rispetto del regolamento 73/1995. L'idea che ciò possa influenzare negativamente l'erogazione di servizi sanitari "o mettere in pericolo" è inverosimile e semplicemente non vera. In primo luogo, la questione attuale è il semplice trasferimento di modalità operative. Ancora più importante, l'ampia rete di ospedali e cliniche Referral e Regionali e le stazioni sanitarie in tutto il paese sono gestite dal Ministero della Salute. I servizi sanitari in Eritrea - ambulatoriale e ospedaliero - sono fortemente sovvenzionati in conformità con la politica di giustizia sociale e hanno un'equa distribuzione spaziale. L'impegno del governo eritreo per la fornitura e l'espansione di servizi sanitari accessibili e accessibili alla popolazione può essere facilmente dedotto dai consistenti investimenti fatti negli ultimi due decenni per costruire e gestire strutture sanitarie, compresa la formazione finanziata con fondi pubblici di operatori sanitari, e fornitura di medicinali a prezzi accessibili. Questo investimento ha permesso a oltre l'82% della popolazione eritrea di accedere a strutture mediche entro un raggio di 10 chilometri. I risultati stellari dell'Eritrea negli MDG sulla salute danno uno sguardo agli enormi investimenti e ai progressi tangibili nella sicurezza sanitaria dei suoi cittadini. Ciò è attestato anche dalle agenzie delle Nazioni Unite (in particolare l'OMS e l'UNICEF) che hanno vari programmi di cooperazione con il governo in questo settore. La Missione Permanente dell'Eritrea esprime il suo disappunto nei giudizi e nelle conclusioni espressi nella Dichiarazione Stampa del Relatore Speciale, senza il debito rispetto della situazione concreta in materia di religione e armonia religiosa, nonché della base giuridica nella fornitura di istituzioni religiose nei servizi sociali pubblici. Inoltre l'Eritrea trova inaccettabile il modo sensazionalistico di fare tali dichiarazioni da parte di un relatore speciale e di altri gruppi per esercitare pressione politica e programmandole in una sessione dell'HRC.
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di Lamina
Denigrare l'Eritrea utilizzando il mondo degli immigrati era diventato negli ultimi anni un sistema consolidato e preparato a tavolino da vari personaggi, governi, organizzazioni che in varie forme noi eritrei lo abbiamo sempre denunciato. Partendo dall’articolo pubblicato da “Il Giornale”, sugli operati di alcuni ONG, in particolare quella su “ Advocates Abroad “, http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ong-istruisce-migranti-dobbiamo-recitare-commedia-sono-1601949.html , e grazie a moltissime testimonianze avuto dagli immigrati stessi, si può confermare quanto descritto sull’articolo pubblicato, dove veniva indicato come funzionava il sistema. Una parte del sistema era che gli ingenui immigrati prima di arrivare nelle coste italiane gli si veniva insegnato loro, il come recitare la parte dell’essere vittima, come inventare storie strappalacrime per poter una volta in Italia, tramite i sottoindicati giornalisti, politici e attivisti ingannare l’opinione pubblica portando l'argomento sui tg dell'ora di pranzo o cena nelle case degli italiani. Prendendo in esame il caso degli immigrati di origine Eritrea per la quale noi eritrei di 1a, 2a, 3a, generazione che da anni viviamo in Italia sappiamo molto bene che la causa del loro immigrare è motivato principalmente da questione puramente economico, e che questa motivazione poteva essere identica a quella di altri immigrati provenienti da altri paesi, se non per il fatto che alcuni stati occidentali per propri interessi geopolitici e con l’aiuto di alcuni organizzazioni e personaggi legati al precedente governo dell’Etiopia di nome Weyane nemico N°1 dell’Eritrea, hanno fatto sì, che venga riconosciuto solo agli eritrei lo status di rifugiato politico che col tempo è diventato il pull factor per attirare giovani a lasciare il proprio paese e illudersi che emigrando in Europa possano trovare l’Eldorado occidentale. Per questo grazie a “ legali ed illegali ” trafficanti di essere umani una volta sbarcati nelle coste italiane, ai fini di ottenere documenti necessari per rimanere in Italia e poter lavorare, la scorciatoia era quella di dichiararsi che erano profughi o richiedenti asilo politico. Ai fini di ottenere questo status di rifugiato politico comunque oltre a dichiarare di essere eritreo, dovevi avere qualcosa da raccontare alla commissione che dà l’OK per il rilascio del documento che senza tanta burocrazia ti permette di rimanere in Italia. Il testo strappalacrime da raccontare appena sbarcati nelle coste italiane o altre coste europee, veniva istruito ai futuri profughi con una precisa formazione, quando l’immigrato era ancora in Etiopia, in Sudan, o in Libia, ecc. Il racconto istruito doveva contenere frasi, parole, atteggiamenti, immagini, disegni, ecc. nella quale si denigrava :
Gli immigrati eritrei o ETIOPI CHE DICHIARAVANO DI ESSERE ERITREI una volta autorizzati a sbarcare nel porto indicato, nel momento della compilazione delle generalità nonché presa delle impronte digitali, si continuava con questo sporco gioco di istruzione perché la stessa si perfezionava a misura. Il racconto strappalacrime fatta dal singolo immigrato, se necessario veniva corretto nel miglior modo possibile su suggerimenti in lingua madre dal mediatore culturale di turno, durante la traduzione della stessa in lingua italiana. Per queste operazioni di traduzione i mediatori culturali operanti nei porti di sbarchi erano assunti su segnalazione di vari personaggi nonché amici di Don Mosè che appositamente venivano selezionati in maggioranza tra coloro che sono di nazionalità etiope originari del Tigrai, oppure cosiddetti “oppositori eritrei” legati in qualche modo al prete attivista. Altri mediatori culturali facenti parte del sistema erano falsi eritrei, cioè etiopi originari sempre della regione del Tigrai che arrivati qualche anno prima e riconosciuti come profughi, dopo aver imparato in modo stentato la lingua italiana parlata, dietro compensazione diventavano collaboratori attivi di alcune ONG o meglio aziende pro-immigrazione non controllata tipo Medicine Senza Frontiere, Save the children, ecc. ecc., che giustamente qualcuno le ha sopranominate “taxi del mare”. Infine questo sistema perfetto e collaudato, per non essere scoperto si perfezionava con la ciliegina sulla torta, e riguardava la rete degli stessi mediatori culturali che in collaborazione con i vari ARCI ecc., continuavano a seguire i vari immigrati dentro i centri di accoglienza Sprar, in particolare in quello di Roma, mente alcuni di questi venivano assunti come collaboratori presso le questure di città dove vivevano numerosi profughi eritrei o falsi eritrei cioè etiopi di origine della regione del Tigrai. Ma questo particolare è un altro argomento che necessità altra puntata. Questi particolari descritti sopra, la storica comunità eritrea in Italia lo ha denunciato varie volte, ma senza essere ascoltata o presa in considerazione da nessuno. 'Non abbiamo chiuso i vostri ospedali. Siamo laici'
(ANSA) - ROMA, 21 GIU - La consegna dei centri sanitari gestiti dalla Chiesa cattolica allo Stato, ordinata nei giorni scorsi dal governo eritreo, non è una forma di repressione della libertà di culto che è invece sancita e tutelata dalla legge. La precisazione arriva con un comunicato dell'Ambasciata di Asmara a Roma che contesta le notizie diffuse il 15 giugno dall'agenzia missionaria Fides secondo la quale funzionari governativi si sono presentati nelle strutture e hanno chiesto agli amministratori di firmare un documento che sancisce il passaggio di proprietà. Di fronte al rifiuto di alcuni, ha denunciato Fides, i centri sanitari sono stati chiusi e sgomberati impedendo la prosecuzione dell'assistenza medica. "L'Eritrea permette a tutte le confessioni di esercitare liberamente il loro credo, nel rispetto della legge 73 del 15 luglio 1995", scrive l'Ambasciata, sottolineando che "poiché la società eritrea è una società multietnica e multiconfessionale, lo Stato dell'Eritrea è per definizione uno Stato laico". Una risposta alle accuse di padre Mussie Zerai, sacerdote eritreo, paladino dei diritti dei migranti, presidente dell'Agenzia Habeshia. "Oggi sembra che siamo tornati al 1982, quando il regime del terrore di Menghistu Hailemariam confiscava molti beni della chiesa cattolica, compresi conventi, scuole e centri medici con l'uso della forza bruta", aveva dichiarato il religioso mentre i vescovi eritrei, in una lettera al governo, esprimevano "profonda amarezza" sostenendo che la vicenda, di fatto, significava "esporre alla persecuzione i servitori (della Chiesa, ndr)". Ma Asmara rivendica la sua assoluta correttezza nell'applicazione della legge, secondo la quale, tra l'altro, "i piani di sviluppo sociale e di servizi sociali sono di pertinenza governativa e il laicismo, nel quale lo Stato eritreo si riconosce, implica una netta separazione di ruoli, senza che la libertà di culto ne sia minacciata". Per quanto riguarda la vicenda degli centri medici, precisa la nota della sede diplomatica, "non si tratta di chiusura bensì di passaggio di gestione, secondo quanto sancito dalla legge 73/1995". (ANSA) di Edoardo Calcagno
Un nuovo controverso scandalo colpisce la chiesa cattolica in Africa. Teatro dello scontro questa volta è l’Eritrea dove la autorità locali hanno chiuso alcuni centri sanitari gestiti da vari ordini ecclesiastici: una scelta estrema che arriva dopo mesi se non anni di tensione. La chiusura dei centri ospedalieri è figlia di una scelta ben precisa. Il Governo eritreo, che già dà assistenza medica gratuita a tutta la popolazione, da sempre tutela con forza la laicità dello stato che si estrinseca in un chiaro rapporto di reciproca indipendenza. Lo stato eritreo non interferisce nelle questioni religiose, siano esse cattoliche o musulmane o di altra fede, ma pretende che le autorità religiose non interferiscano nella vita politica e amministrativa della collettività. Insomma l’Eritrea è uno stato estremamente attento alla propria indipendenza e refrattario alle ingerenze esterne di qualsiasi genere. Una laicità dichiarata che da sempre porta il governo di Asmara a respingere le invasioni di campo che di tanto in tanto si manifestano sia nelle strutture mediche cattoliche che nelle madrasse islamiche. Un atteggiamento d’intransigenza a difesa della laicità dello stato che nel corso degli anni ha creato all’Eritrea più di una tensione anche a livello internazionale. In questo caso però le cose si sono ulteriormente complicate. Da quanto riferiscono più fonti locali, i soldi che dall’estero piovevano sui diversi istituti cattolici presenti ad Asmara venivano infatti destinati oltre che alla sanità anche a finalità diverse. In alcuni casi – rivelano alcune fonti – finivano direttamente nelle mani dei gestori degli ospedali o dei loro familiari che li utilizzavano per scopi assolutamente personali. Insomma il classico caso di malversazione se non di appropriazione indebita. A queste si sono sommate poi attività “culturali” che alcuni di questi gestori hanno portato avanti e che poco hanno a che fare con la sanità e molto con la politica. E questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha portato le autorità eritree ad assumere una decisione estrema come la chiusura e la confisca delle strutture. Naturalmente fortissima è stata la presa di posizione del mondo cattolico che ha protestato contro questo provvedimento tacciandolo come un gesto arbitrario ed immotivato. Tuttavia da Asmara, ricordano che le unità chiuse hanno un impatto irrisorio rispetto alle reali necessità sanitarie della popolazione e soprattutto sottolineano come dal lontano 1995 in Eritrea vige una legge che prevede che tutte le strutture mediche ed ospedaliere debbano passare sotto il controllo e la gestione pubblica. Insomma al di là delle inevitabili polemiche è evidente che in queste strutture finanziate in modo non troppo chiaro dall’estero vi fosse qualcosa di inaccettabile per il Governo di Asmara. da buongiornonews Don Zerai, il parroco eritreo soprannominato anche "don Barcone", è fondatore dell'agenzia che gestisce il network telefonico Alarm Phone
di Mauro Indelicato 18/06/19 - Nei giorni scorsi si assiste ad una ripresa non solo delle partenze dalla Libia, ma anche del braccio di ferro tra Ong e governo italiano con riferimento soprattutto alle politiche del ministro dell’interno Matteo Salvini.Delle partenze dalle coste del paese africano, si viene a conoscenza il più delle volte con i Tweet delle stesse organizzazioni non governative le quali a loro volta però danno spazio alle segnalazioni di Alarm Phone. Un nome quest’ultimo che proprio in queste settimane appare sempre più citato sia sui social, che sui media: tutto parte proprio dal canale Twitter di Alarm Phone, network telefonico i cui centralinisti ricevono chiamate direttamente dai barconi. Per questo spesso, nelle segnalazioni social, spuntano sia le foto dei natanti che le coordinate esatte della loro posizione. Una precisione, per l’appunto, che si può avere solo grazie a diretti contatti telefonici e satellitari con alcune delle persone a bordo dei barconi o dei gommoni. E qui sorge la prima domanda: come avvengono questi contatti? Del resto ben si intuisce il fatto che a determinate miglia dalla costa i normali cellulari non hanno alcun segnale. I contatti dunque non possono che avvenire con mezzi satellitari, i quali certamente hanno dei costi che singoli migranti che già spendono cifre esose per partire dalla Libia non possono permettersi. Una “traccia” di come avvengono i contatti tra un barcone ed Alarm Phone, si ha grazie ad un episodio risalente allo scorso 20 gennaio descritto da Fausto Biloslavo su Panorama. In particolare, un tweet di Alarm Phone segnala la presenza di un barcone non lontano dalla Libia che rischia di affondare. Scattato l’allarme, sul posto arriva un aereo della missione Sophia le cui foto dimostrano come in realtà il mezzo non sta imbarcando acqua. Ma la bufala lanciata per mezzo del canale di Alarm Phone non è la circostanza più grave di questo episodio. Gli stessi uomini della missione Sophia infatti, individuano un uomo in possesso di un telefono satellitare Thuraya. È lui alla guida del barcone ed è al contempo anche il principale sospettato di essere lo scafista del mezzo, tanto da essere segnalato alla polizia italiana. Ma anche in altri episodi si riscontra come, il più delle volte, è proprio la scafista ad essere in possesso dei telefoni satellitari Thuraya. Ecco quindi che emergono i sospetti di contatti diretti tra scafisti ed Alarm Phone. E qui arriva la seconda domanda: chi gestisce Alarm Phone? Sul sito della stessa agenzia si fa riferimento alla missione dei volontari ed ai propri obiettivi. Su Agensir, un’agenzia di stampa cattolica, appaiono invece delle descrizioni più precise. In particolare, in un articolo del 12 agosto 2015, si afferma che Alarm Phone “è un network telefonico dell’agenzia Habeshia, la rete di volontari fondata nel 2006 dal sacerdote eritreo don Mussie Zerai”. Ed ecco che ritorna un nome più volte in passato alla ribalta quando si parla di migranti: Zerai è al centro del circuito mediatico già nel 2013, anno della strage del 3 ottobre a Lampedusa. È lui a scendere in Sicilia dal Vaticano rilasciando numerose interviste, presenzia anche alle celebrazioni in suffragio delle vittime svoltesi al porticciolo di Agrigento. Una notorietà che gli vale anche la candidatura al nobel per la pace nel 2015. Da allora sono diversi i nominativi a lui affibbiati: si va da quelli positivi, in cui Zerai è “angelo dei migranti”, a quelli più negativi in cui il sacerdote viene dipinto come “don Barcone”. Negli anni più bui dell’emergenza immigrazione, in tanti si chiedono come mai gli scafisti abbiano il suo numero e conoscano quelli dei centralini del suo network telefonico, Alarm Phone per l’appunto. Lui si difende affermando, sempre su Agensir, che in realtà il suo numero in Libia è molto diffuso già nel 2003, quando si trova all’interno di alcune missioni nei campi profughi del paese africano: “Il mio numero da allora inizia ad essere scritto anche sui muri, nel 2011 viene anche enunciato da diverse emittenti”. Ma su questa questione a voler vedere chiaro sono anche i magistrati di Trapani, che nel 2017 aprono un fascicolo contro don Zerai con l’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Il nome del parroco eritreo ritorna comunque alla ribalta: Alarm Phone è quindi un network della rete di volontari fondata dal sacerdote eritreo. Un network però non esente da sospetti e soprattutto da conclamate bufale, come quella del barcone in avaria del 20 gennaio scorso o come quella di pochi giorni fa, che parla di una bimba morta a bordo di un gommone a largo della Libia, circostanza poi smentita dalla nostra marina miliare accorsa sul posto. Un modo, quello della narrazione sui social di Alarm Phone, per mettere pressione e spingere i governi ad avallare il lavoro delle Ong. Una finalità dunque più politica che umanitaria, ben inserita nel contesto dell’attuale braccio di ferro tra le organizzazioni non governative ed il governo italiano. da ilGiornale.it I volontari insegnano ai migranti come recitare la parte delle vittime, come inventare storie strappalacrime e come recitare preghiere, un vero e proprio vademecum per ingannare gli agenti di frontiera
Federico Garau Nell’occhio del ciclone la “Advocates Abroad”, importante Ong che agisce nella Grecia settentrionale per dare assistenza a rifugiati o presunti tali. Ciò che in tanti sospettavano ha trovato esplicita conferma grazie ad un video che riprende in modo inconsapevole il direttore esecutivo dell’associazione, Ariel Ricker. La donna, con grande nonchalance, spiega dettagliatamente al suo interlocutore come ingannare ed impietosire la polizia di frontiera, tramite il racconto di traumi mai accaduti e persecuzioni inventate di sana pianta. Le immagini sono state divulgate dalla documentarista giornalista canadese Lauren Southern, e gettano nuova luce su quanto sta accadendo in questo momento in Europa. “Dico loro che dobbiamo recitare la commedia, che tutto questo è teatro.”, spiega il direttore esecutivo, che regala una vera e propria lezione da seguire per esser accolti in Europa da rifugiati. “Il loro ruolo dev’essere quello di rifugiato traumatizzato, perché questi Easo (il personale che si occupa di interrogare i sedicenti profughi) sono fottutamente stupidi. Tutto ciò che sanno è solo quello che c’è scritto sul loro manuale, che spiega cos’è un rifugiato traumatizzato e le sue caratteristiche. Quindi noi addestriamo le persone a fingere quelle caratteristiche.” Una vera e propria scuola di arte drammaturgica, a cui in tanti dicono di credere o fanno finta di credere per convenienza. “Loro (cioè gli agenti di frontiera), devono tener conto dell’atteggiamento delle persone, capire se sono emotive o no. Quindi bisogna piangere, vomitare e chiedere una pausa”. Il tutorial della Ricker prosegue con dovizia di dettagli, viene spiegato proprio tutto. “…come entrare nella stanza, come presentarti, come sederti, come alzarti e come pregare”. Si, perché l’Ong insegna anche le preghiere ai migranti, per dare una stretta in più al cuore di chi deve soppesare la bontà delle loro versioni dei fatti alla frontiera. “A volte (gli agenti) chiedono ‘Quali sono le tue vacanze preferite?’ E alcuni (profughi) rispondono semplicemente ‘Natale’. Noi spieghiamo che questa non è una risposta sufficiente. Devono dire anche che è il 25 dicembre, e che è la data di nascita di nostro Signore”. La “Advocates Abroad” si vanta sul suo sito di aver fatto entrare oltre 15mila migranti nei confini della Grecia, oltre ad ulteriori 2500 nel resto del Continente europeo. Dunque ci potrebbero essere circa 17mila nuovi attori in ascesa grazie al loro prezioso contributo. L'organizzazione si è affrettata a replicare con un ridicolo tweet per attaccare la giornalista canadese Southern e gettarle fango addosso. Ma la miccia è accesa e brucia troppo rapidamente. Ecco perché si è letteralmente scatenata una corsa al massacro sui social, che ha costretto l’associazione a cancellare i suoi account. da il Giornale.it Per oltre trenta anni, il Partito del Congresso Nazionale del Sudan - un'aggiunta e la continuazione del Movimento Islamico - ha inflitto danni senza precedenti al paese, creando così un vuoto.
I seguenti pochi e importanti eventi illustrano la gravità della situazione prevalente: - La spinta al Sud Sudan a optare per la secessione e all'accelerazione di una situazione di tensione ricorrente; - Il perpetuare e micro-gestire i problemi nel Darfur, nel Kordofan, nel Blue Nile, nell'Est e in altre aree; - L'Indurre la proliferazione di oltre 120 organizzazioni e partiti politici al fine di dividerli e indebolirli e quindi prolungare il suo governo; - L'Impoverimento del Sudan, potenzialmente un granaio, facendolo soffrire di carenze croniche di pane; - L'installazione di un regime corrotto e cleptocratico in netto contrasto con il suo annunciato programma di" difesa per i privati e promozione della giustizia sociale "; - L'aver fatto salire il debito del Sudan a oltre 50 miliardi di dollari USA, ma anche fatto precipitare il paese in una spirale di crisi economica; - L'aver perseguito una spericolata politica regionale di semina della discordia. Dimostrato, tra le altre cose, dal fatto che il regime abbia ospitato Bin La Den e Al-Qaida; ... dato un rifugio sicuro a Carlos; essere coinvolto nel tentato omicidio di (ex presidente egiziano) Housni Mubarak ad Addis Abeba (Vertice OAU) ... aver dato sostegno alla "Jihad eritrea" che è stata addestrata e coinvolta in Afghanistan, ... aver dato il suo sostegno ai movimenti della Jihad contro Libia, Ciad ed Egitto rispettivamente; oltre ad aver ospitato, promosso e servito come trampolino per distruttive agende e alleanze regionali. Il regime era quindi diventato l'attore principale per alimentare i conflitti regionali e la destabilizzazione; Il conseguente vuoto creato dalle politiche del regime ha messo alla prova la pazienza e la tolleranza del popolo del Sudan. Nel caso, l'intero popolo del Sudan è riuscito, all'unisono, a superare tutti gli ostacoli e ad inaugurare una fase nuova, storica, attraverso una rivolta spontanea. Il popolo sudanese è oggi impegnato seriamente nella formulazione della propria road map per un accordo duraturo che trascende le sfide dell'attuale fase di transizione. E questo viene raggiunto senza pretenziosi interventi esterni. In considerazione dello storico e robusto legame tra i popoli dell'Eritrea e del Sudan, il popolo eritreo è stato anche vittimizzato dalle conseguenze negative delle politiche sconsiderate e distruttive del regime. Questo è davvero il motivo per cui la guerra è stata dichiarata sul popolo eritreo senza alcuna giustificazione. Il confine tra i due paesi è stato quindi chiuso in modo bizzarro usando la "dichiarazione di emergenza" come pretesto. Date le circostanze, il governo dell'Eritrea esprime la sua ammirazione e il suo sostegno alla pazienza e al patriottismo del popolo sudanese. Consapevole dei propri obblighi che derivano dai legami storici dei due popoli, il governo dell'Eritrea si impegna a sostenere pienamente e inequivocabilmente il Consiglio militare transitorio nei suoi sforzi per assumersi le proprie responsabilità in questa fase cruciale della transizione. Ministero dell'Informazione Asmara 14 giugno 2019 Editoriale di Shabait.com All'inizio di questa settimana, una rete eterogenea di scrittori e giornalisti africani ha scritto una lettera aperta al presidente Isaias Afwerki esprimendo preoccupazione per ciò che hanno definito "detenzione continua di giornalisti e attivisti eritrei, migrazione di giovani e ... l'isolamento dell'Eritrea nei confronti della più grande famiglia africana ”. Per conferirsi una parvenza di "equità", gli scrittori hanno anche espresso le "più sincere congratulazioni all'Eritrea" per "la sua normalizzazione delle relazioni diplomatiche con l'Etiopia". La tempistica e il mezzo di comunicazione piuttosto inappropriato che hanno selezionato per trasmettere le loro opinioni al governo dell'Eritrea provocano profonde domande circa i propositi e intenti. Ma a questo punto preferiremmo concentrarci sui problemi che hanno sollevato piuttosto che perdere tempo a cercare di indovinare le loro reali motivazioni. Giugno è un mese molto solenne per tutti gli eritrei in tutte le sfere della vita. Il 20 giugno è il giorno dei martiri! A causa del travestimento della giustizia e delle flagranti violazioni del diritto internazionale in vari momenti della sua storia, il popolo dell'Eritrea fu costretto a pagare enormi sacrifici negli ultimi 60 anni. Il bilancio umano è stato sconcertante e ineguagliabile rispetto alle ridotte dimensioni della popolazione dell'Eritrea. Queste cifre dicono tutto: 65.000 combattenti per la libertà martirizzati durante la guerra di liberazione di trent'anni (1961-1991); più di 20.000 dei migliori figli e figlie dell'Eritrea hanno perso la vita nella successiva guerra di confine (1998-2000) e il sequel negli ultimi due decenni, quando l'Etiopia ha perseguito politiche sfrenate di belligeranza e "cambio di regime". Giugno è quindi un mese di cupa riflessione sulla miriade di ingiustizie che sono state affrontate in Eritrea da una costellazione di grandi potenze e dai loro surrogati locali per oltre sessant'anni. È un mese di commemorazione per l'alto prezzo pagato e il difficile percorso illuminato semplicemente dal fatto che i diritti nazionali inalienabili dell'Eritrea sono stati percepiti come incompatibili con l'altare degli interessi geo-strategici "superiori" delle maggiori potenze globali. In tutti questi decenni difficili, "voci di coscienza" nella più ampia comunità internazionale - e in particolare le voci africane; ufficiali o meno - erano fulgidi per la loro assenza e il silenzio assordante. Nel caso delle voci africane, l'apatia persiste anche negli ultimi 16 anni quando l'Etiopia ha palesemente insultato il sacrosanto principio africano della sacralità dei confini coloniali e ha continuato la sua occupazione di territori sovrani eritrei in violazione della sentenza arbitrale finale e vincolante dell'Eritrea- Etiopia Boundary Commission del 13 aprile 2002. La pace è stata finalmente raggiunta dopo che l'Etiopia ha tardivamente accettato la decisione EEBC e ha accettato di attuarla pienamente. Questo è infatti lo scenario della Dichiarazione congiunta di pace e amicizia tra Eritrea ed Etiopia firmata ad Asmara il 9 luglio scorso. La pace è estremamente cara all'Eritrea. Inutile sottolineare che coloro che amano di più la pace sono quelli che sono stati maggiormente colpiti dalla sua assenza; dalla prevalenza della guerra. Questo è stato acutamente sentito in Eritrea negli ultimi sei decenni. In effetti, negli ultimi 57 anni, dal 1961 al 2018, l'unica volta in cui il paese godette di una pace duratura per incanalare la sua attenzione e le risorse indivise per la costruzione della nazione fu il breve intervallo di sette anni dal 1991 al 1998; immediatamente dopo la vittoria storica della lotta di liberazione. L'Eritrea è ora concentrata sul consolidamento del processo di pace duramente conquistato. Sta lavorando seriamente per recuperare il tempo perduto e l'opportunità di affrontare le questioni critiche della costruzione della nazione - in tutte le sue dimensioni - con un radicato senso di scopo e urgenza. La formulazione di politiche appropriate, la loro definizione delle priorità e il loro ordine di marcia, così come i tempi di attuazione, sono attività che rientrano nell'ambito della competenza e delle prerogative del governo e della popolazione dell'Eritrea. Il mantenimento dell'indipendenza delle sue politiche e la proprietà dei suoi programmi di sviluppo nazionali sono in realtà principi cardine che il GOE sottoscrive con forza. Nonostante i tentativi di isolare e soffocare l'Eritrea da parte di alcuni poteri, l'Eritrea ha e attualmente gode del sostegno di molti, inclusi gli africani, nei forum internazionali. L'Eritrea ha vasti legami diplomatici e rappresentazioni in quasi tutti i continenti. Basti menzionare un paio di esempi recenti: l'elezione dell'Eritrea (167 stati) al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e la sua assunzione della Presidenza del Processo di Khartoum che si occupa delle questioni relative alla migrazione e al traffico di esseri umani. L'Eritrea sta apportando il suo modesto contributo in questi forum. Ancora più importante, l'Eritrea svolge un ruolo ampiamente riconosciuto, attivo e costruttivo per la pace, la stabilità e l'integrazione economica a livello regionale. La fornitura di educazione per tutti e salute per tutti, il raggiungimento della sicurezza alimentare e idrica in circostanze difficili di guerra e inesorabile belligeranza, attestano l'impegno del governo a migliorare la vita della sua gente. L'impegno dell'Eritrea è dimostrato dal raggiungimento di tutti gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG) delle Nazioni Unite in materia di salute. Molto deve essere fatto, e con la nuova pace trovata, senza dubbio l'Eritrea realizzerà le aspirazioni e i sogni del suo popolo, per sviluppare la sua nazione lacerata dalla guerra. Per quanto riguarda la "migrazione dei giovani", esiste un'ampia letteratura di pubblico dominio sui fattori di attrazione dominante e politicizzata che l'hanno stimolata in primo luogo. La concessione di "asilo politico automatico a tutti gli eritrei" da parte di alcuni paesi europei, con l'UNHCR al timone, è stata infatti concepita per indebolire le capacità di difesa dell'Eritrea "scoraggiando i giovani dal servizio nazionale". Altri fattori di spinta interni impallidiscono in termini di questo fattore di attrazione, guidato dall'esterno e politicizzato. Gli autori della lettera aperta alludono anche alla "continua detenzione di giornalisti e altri attivisti". Anche in questo caso, i dolorosi eventi di sedizione che sono emersi in un momento cruciale durante la guerra di confine sono ben noti, documentati e disponibili nel pubblico dominio. Fingere l'ignoranza di questi fatti è da inaffidabili o irresponsabili. La maggior parte dei firmatari è stata indubbiamente influenzata dalle narrative sull'Eritrea prodotte negli ultimi 20 anni. Nessuno di loro conosce in prima persona o ha mai visitato il paese. Quando si sfoglia la lista, non c'è nemmeno un singolo individuo che abbia scritto un singolo articolo sulle situazioni difficili dell'Eritrea in tutti quei decenni in cui ha affrontato enormi minacce esistenziali. Un altro fatto toccante che dobbiamo ricordare è la tendenza dei poteri esterni a strumentalizzare le "voci africane" per attuare le loro politiche di sovversione. Nel caso dell'Eritrea, sia le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (2009/2011) sia le risoluzioni dell'UNHRC (2012) sulle molestie sono state adottate utilizzando cavalli di troia africani come "sponsor chiave". Ci si chiede se anche in questo caso non si tratti di un simile espediente. Soprattutto perché alcuni degli individui nella lista hanno associazioni oscure con certi poteri. Comunque sia, il motto dell'Eritrea è stato "Vieni e vedi". L'Eritrea è aperta a tutti coloro che hanno un genuino interesse per la comprensione del paese, della sua gente e della sua leadership. Altrimenti, il "legittimo posto dell'Eritrea nella famiglia delle nazioni africane", raggiunto e preservato attraverso il sangue, il sudore e il sacrificio dei suoi figli, rimane intatto. Asmara 13 giu 2019 Leggere anche: Maka Angola: Lettera aperta al presidente dell'Eritrea
Eccellenza, Presidente Isaias Aferwerki: Scriviamo per esprimere le nostre più sincere congratulazioni alla normalizzazione del vostro paese nei rapporti diplomatici con l'Etiopia. Questo è uno sviluppo molto apprezzato da tutti gli africani di buona volontà. Vi scriviamo nella nostra qualità di cittadini africani per impegnare la nostra inequivocabile solidarietà con tutto il popolo dell'Eritrea. Ciò include i molti eritrei che vediamo sopportare ogni sorta di rischio e sofferenza alla ricerca di una vita migliore al di fuori della loro patria. Riconosciamo che anche noi proveniamo da nazioni con diverse governance e sfide di sviluppo. Vi scriviamo, nello spirito della solidarietà panafricana, per cercare soluzioni comuni ai nostri problemi condivisi. I numerosi stati nazionali dispersi dell'Africa hanno subito cambiamenti significativi e diversi nel corso degli ultimi due decenni. [Oggi molti più africani vivono in libertà che sotto repressione]. È importante sottolineare che i paesi africani che hanno fatto più progressi - tra cui l'attrazione per gli investimenti e il turismo - negli ultimi 25 anni sono stati quelli i cui cittadini godono di maggiore libertà di espressione, stampa e movimento, stato di diritto, sistema giudiziario indipendente e pluralismo politico . Purtroppo, in queste aree critiche, l'Eritrea non ha tenuto il passo con i cambiamenti osservati altrove. Negli ultimi due decenni l'Eritrea è stata descritta come la società più chiusa del nostro continente, una situazione sfortunata per un paese con un capitale umano così ricco e potenziale, con così tanto da offrire non solo all'Africa ma anche al mondo. Confidiamo che aprendo questo canale di comunicazione con Vostra Eccellenza, potremmo avere l'opportunità di lavorare con voi per ripristinare il vostro paese e le grandi persone dell'Eritrea al loro giusto posto nella famiglia delle nazioni africane. Di particolare interesse per noi è il destino di diversi giornalisti e attivisti che sono stati imprigionati per periodi prolungati di tempo in Eritrea, molti dei quali a quanto riferito sono stati negati visite regolari dalle loro famiglie e dai loro cari. Allo stesso modo, siamo scoraggiati dalla difficile situazione di molte migliaia di africani, tra cui alcuni eritrei, che si sentono obbligati a fuggire dai loro paesi d'origine alla ricerca di una vita migliore per se stessi e le loro famiglie, rischiando la vita e la vita e sopportando privazioni e umiliazioni inumane attraverso deserti e oceani. Troppi di questi amici africani si sono trovati nelle mani rapaci dei moderni mercanti di schiavi e dei trafficanti di esseri umani, causando persino che alcuni finissero nei mercati degli schiavi in posti come la Libia. Troppi migranti e rifugiati sono morti in mare nella loro ricerca di una vita migliore. Noi africani siamo benedetti con troppa nei nostri paesi d'origine per far soffrire i nostri cittadini e per essere svalutati in questo modo. Questo quadro cupo deve cambiare, ed è in questo spirito che rivolgiamo questo messaggio di solidarietà a te, eccellenza. Invitiamo rispettosamente Vostra Eccellenza a consentire a una delegazione dei firmatari di qui di visitare l'Eritrea e di offrirci l'opportunità di incontrare voi e il vostro governo, nonché con cittadini comuni, inclusi giornalisti, scrittori e altre persone attualmente detenute. Come con il passo coraggioso che hai intrapreso per normalizzare le relazioni con l'Etiopia, crediamo che un gesto di questo tipo possa fare molto per porre fine all'isolamento dell'Eritrea dalla più grande famiglia africana e potrebbe contribuire a inaugurare una nuova era di prosperità e libertà per il suo popolo . Sarebbe un onore fornirle tutte le informazioni aggiuntive che potreste richiederci e attendiamo con impazienza la sua risposta. I firmatari:
da Maka Angola Risposta ai circa 100 "intellettuali africani venduti" che hanno recentemente scritto una "lettera aperta" al Presidente di #Eritrea: Cari # 100 Traditori Africani, Avendo letto la vostra mendace "lettera aperta" al nostro Presidente, siamo rimasti sbalorditi dalla vostra assoluta ipocrisia. Siamo obbligati a farvi alcune domande di base, poiché sembra che la vostra conoscenza dell'Eritrea, della sua gente, della sua cultura, della sua storia e della sua gloriosa lotta sia a dir poco scarsa. Dov'eravate durante l'amara guerra di indipendenza trentennale dell'Eritrea, quando la nostra giusta lotta contro l'Etiopia sostenuta dai potenti di questo mondo, prima dagli Stati Uniti e poi dall'URSS, e contro ogni probabilità, aveva un grande bisogno di solidarietà e supporto morale da #Africa? Dov'eravate quando i successivi regimi etiopici condussero una guerra genocida in Eritrea in cui oltre 100 mila civili Eritrei furono brutalmente massacrati, migliaia di villaggi eritrei rasi al suolo, donne stuprate, bambini colpiti a baionetta, dall'esercito etiopico di occupazione, e oltre 100mila eritrei fuggirono dalla loro patria per essere rifugiati in Sudan tra il 1961 e il 1991? No grazie al vostro sostegno, l'Eritrea ha finalmente conquistato l'indipendenza contro ogni previsione nel 1991 e si è immediatamente concentrata sulla costruzione della nazione e sulla ricostruzione della sua economia devastata dalla guerra. Ma dove eravate quando il regime minoritario #TPLF dell'Etiopia lanciò una seconda guerra di invasione e riconquista contro l'Eritrea nel 1998? Dov'eravate quando lo stesso regime minoritario di TPLF in Etiopia guidato da Meles Zenawi condusse nel 1998-2000 la crudele pulizia etnica di 80 mila eritrei - ed etiopi che avevano antenati eritrei - che avevano vissuto per decenni e generazioni in Etiopia, e fecero saccheggiare le loro proprietà e confiscarle? Dov'eravate quando l'esercito TPLF dell'Etiopia, nel pieno dell'ultima fase della guerra nel maggio-giugno 2000, penetrando nelle aree di confine dell'Eritrea, commise crimini di guerra e crimini contro l'umanità sulla popolazione civile eritrea, come stupro, uccisioni sfrenate, distruzione di siti storici, chiese e moschee; profanazione dei sacri martiri cimiteri; saccheggio e devastazione di proprietà civili e distruzione di infrastrutture economiche su vasta scala? Dopo il fallimento della sua invasione dell'Eritrea (1998 - 2000), l'Etiopia fu obbligata a firmare il Trattato di pace di Algeri con l'Eritrea. Successivamente, un tribunale arbitrale ha chiamato l'Eritrea Etiopia Boundary Commission con sede a L'Aia, avendo ascoltato le argomentazioni di entrambe le parti sulle loro affermazioni e contro-rivendicazioni sulla "controversia sui confini", rese il suo verdetto "definitivo e vincolante" e assegnato Badme, il punto di svolta del conflitto, in Eritrea, il 13 aprile 2002. Ma l'Etiopia, in violazione dell'accordo di pace, ha rifiutato di attenersi a questa sentenza della corte internazionale e ha continuato a occupare territori sovrani dell'Eritrea. Dov'eravate allora? Quando l'Etiopia ha invaso #Somalia nel 2006, l'Eritrea è stato l'unico paese che ha protestato contro questa aggressiva nazione africana fraterna. Per la sua posizione solitaria, equa e di principio, l'Eritrea è stata punita ingiustamente e sottoposta illegalmente a #sanzioni elaborate dagli Stati Uniti nel Consiglio di Sicurezza #UN nel dicembre 2009, durate fino al novembre 2018, causando indicibili sofferenze economiche e privazioni al popolo eritreo. Dov'eravate allora? E ora, dopo tutta questa lunga sofferenza e grande sacrificio, quando l'Eritrea è emersa vittoriosa contro ogni aspettativa e ha vinto la pace, avete la temerarietà di uscire dal vostro nascondiglio di silenzio assordante per lanciare sermoni all'Eritrea sulla giustizia e la democrazia, e creare confusione contro di essa! Siete veramente un gruppo patetico. Dovreste vergognarvi di partecipare ad una # tale campagna di demonizzazione contro l'Eritrea, un paese veramente indipendente in Africa con una leadership sana, dedita, saggia e senza corruzione. Ma poiché non provate vergogna, abbiamo solo queste poche parole per voi: "Giù le mani dall'Eritrea! Pussate via!" Cordialmente e con dignità, # 5MillionEritreanPatriots credit Elias Amare Leggere anche: "African Voices": Politicizzati parziali al loro peggio!
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Settembre 2024
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