Roma, 29 lug. (askanews) - Asmara è "un gioiello" che meriterebbe di essere riconosciuto patrimonio Unesco e Adulis, il porto dell'antico regno di Axum, può essere considerata la Pompei africana. E' entusiasta l'architetta Susanna Bortolotto, del Politecnico di Milano, quando parla del suo lavoro in Eritrea, da dove è appena tornata dopo aver partecipato alla conferenza internazionale sugli studi eritrei. Da anni Bortolotto è impegnata al fianco dei colleghi Alfredo Castiglioni, Caterina Giostra, Serena Massa e Andrea Manzo (Centro Ricerche sul deserto orientale, Università cattolica di Milano e Orientale di Napoli) nella missione volta a riportare alla luce Adulis, l'antica città sul Mar Rosso, crocevia tra Oriente, Africa e Mediterraneo nei primi secoli dopo Cristo, per poi farne un parco archeologico; ma ugualmente da anni sta anche studiando la capitale eritrea, "qualcosa di meraviglioso, un unicum". Bortolotto è solo uno dei tanti studiosi italiani che la scorsa settimana si sono ritrovati ad Asmara per presentare il proprio lavoro alla conferenza organizzata dal governo eritreo in collaborazione con l'ufficio locale del Programma Onu per lo sviluppo (Undp). Un'occasione che ha offerto alle stesse università italiane di "fare rete", perché "spesso non sappiamo del lavoro dei nostri colleghi", ha spiegato Bortolotto ad askanews. Di fatto è dal 2011 che i ricercatori italiani sono impegnati nella missione di Adulis, e "i nostri studi vanno dallo scavo archeologico, alla messa in sicurezza degli edifici, ma anche al racconto virtuale con modelli in 3D dei siti. E il Politecnico è stato chiamato per mettere a punto un progetto per il parco archeologico, che sarebbe il primo dell'Africa subsahariana", ha raccontato la studiosa. Nella sua presentazione al convegno di Asmara, il professor Castiglioni ha spiegato che il Centro ricerche sul deserto orientale ha iniziato a operare ad Adulis "su invito del governo eritreo, con l'obiettivo di valorizzare il patrimonio culturale dell'Eritrea per sostenere lo sviluppo turistico ed economico del Paese", uno dei più poveri al mondo, offrendo anche "opportunità di formazione ai giovani archeologi, restauratori e tecnici eritrei" e "studiando le tradizionali tecniche di coltivazione e irrigazione nelle zone semi-aride, in modo da aumentare la conoscenza di soluzioni sostenibili per il futuro". In effetti, ha spiegato Bortolotti, "Adulis è una sorta di isola fluviale che si trova alla confluenza di tre fiumi torrentizi, con l'acqua che arriva con le piogge estive e gli axumiti che avevano già capito come regolamentare l'acqua, grazie alle dighe. Avevano degli sbarramenti, come a Marib per la regina di Saba (nello Yemen) e a Qohaito, in Eritrea, con la diga di Saphira".
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Al termine di conferenza internazionale ad Asmara, "evento unico"
Roma, 27 lug. (askanews) - Dopo anni di missioni informali, l'Università la Sapienza di Roma, il Politecnico di Milano e l'Ateneo di Pavia hanno siglato in questi giorni ad Asmara accordi di cooperazione con l'Università eritrea, volti a rafforzare e ad ampliare una collaborazione che da tempo vede gli studiosi italiani, soprattutto in ambito archeologico, lavorare fianco a fianco con i colleghi eritrei. L'occasione è stata offerta dalla conferenza internazionale sugli studi eritrei, organizzata dal governo di Asmara con la collaborazione dell'ufficio locale del Programma Onu per lo sviluppo (Undp), che la scorsa settimana ha portato nella capitale eritrea decine di studiosi locali e stranieri, chiamati a discutere di migrazione e traffico di esseri umani, della situazione politica nel Corno d'Africa, ma anche di agricoltura, tecnologia, scienze umane, linguistica, letteratura e arte. "Un evento unico", l'ha definita il numero due dell'ambasciata italiana ad Asmara, il Secondo segretario Diego Solinas, non solo perché "è la prima conferenza di questo genere, ma perché sono accorsi qui numerosi ricercatori e accademici stranieri e la nostra presenza è massiccia: più della metà degli stranieri presenti e dei paper presentati sono italiani". L'obiettivo, ha spiegato Solinas ad askanews, è "ridurre il grado di marginalità dell'Eritrea in ambito scientifico-accademico e permettere di conseguenza di dare impulso e maggiore qualità all'insegnamento superiore in Eritrea", ma anche "attrarre qualche accademico straniero nella veste, magari, di visiting professor". Di fatto, la conferenza ha permesso di inquadrare in intese formali collaborazioni avviate da anni dalle nostre università. E' il caso del Professor Alfredo Coppa, paleoantropologo della Sapienza, che da anni guida una missione eritreo-italiana nella Dancalia, zona orientale dell'Eritrea, e che solo il mese scorso ha annunciato il ritrovamento di impronte fossili di circa 800 mila anni fa, che potrebbero essere le prime inequivocabilmente identificabili come appartenenti a Homo erectus. Interpellato da askanews, Coppa ha definito "un grande successo" il convegno tenuto ad Asmara, riferendo di un accordo di collaborazione siglato tra la Sapienza con il College of Arts and Social Sciences di Adi Keih, con cui ha firmato un'intesa anche l'Ateneo di Pavia. Lia Quartapelle, Giuseppe Civati, Gennaro Migliore. Tre onorevoli di spicco con incarichi di massimo rilievo nel Governo italiano e che nelle aspettative degli elettori avrebbero dovuto rappresentare quella ventata di gioventù capace di dare nuovi stimoli per arginare gli effetti della inesorabile deriva ideologica che sembra aver colpito tutti i partiti politici, hanno in questi giorni manifestato un gravissimo atteggiamento nei confronti dell’Eritrea e del suo legittimo governo.
Da molto tempo il confronto politico nelle fasi pre-elettorali infatti si è giocato fra i contendenti principalmente sulla base di reciproche attività di discredito portate in campo senza risparmio di colpi bassi e nella quasi totale assenza di programmi politici che contenessero idee concrete e indicazioni su possibili percorsi in grado di condurre l’Italia fuori dalla spirale di decadimento morale e deontologico che da troppo tempo la attanaglia, una volta tanto ci si poteva aspettare un nuovo atteggiamento politicamente corretto ed esaustivo. Difficile per noi persone comuni capire il perché di questa situazione che appare senza possibilità di una inversione di tendenza. Difficile per noi sottrarsi a quella sensazione di sgomento di fronte al fallimento anche delle giovani leve della politica evidentemente incapaci di trasmettere sicurezza e fiducia all’elettorato come nel caso della trattazione dell’argomento che in questi mesi nell’immaginario collettivo sembra avere la prevalenza su qualunque altro tanto intenso è stato il bombardamento mediatico che lo ha sospinto alla ribalta. La migrazione clandestina ei rapporti con i paesi africani. Questa catastrofica emergenza umanitaria ha coinvolto emotivamente ogni strato della società italiana che una volta tanto lasciando da parte lo sport si è trasformata da esperta di strategie di calcio in una moltitudine di specialisti nel contenimento dei flussi migratori in possesso delle ricette capaci di stroncare il fenomeno e ripristinare lo status quo. di Daniel Wedi Korbaria
Ogni mattina in Italia un parlamentare si sveglia e comincia a scrivere sull’Eritrea. E mentre sorseggia il suo, quasi gratuito, caffè al bar del parlamento si spreme le meningi su come salvare gli eritrei dalle grinfie del loro cattivissimo dittatore. Tutto questo perché stufo di vederne sbarcare centinaia a Lampedusa. A lui non preoccupa salvare dall’emigrazione le migliaia di italiani che fuggono all’estero perché i migranti italiani si chiamano “Cervelli in Fuga” e sono diversi dagli africani, pardon dagli eritrei, che sono invece “Rifugiati o richiedenti asilo” che a loro volta sono diversi dagli altri africani che invece sono soltanto “Clandestini o migranti economici”. Alcuni dicono, addirittura, che gli italiani che lasciano il loro paese siano più degli africani che approdano sulle coste italiane. Ma questo problema, evidentemente, non suscita alcun interesse nell'Onorevole Giuseppe Civati e nei 4 co-firmatari, degli autentici sconosciuti del Gruppo Misto in cerca di visibilità, denominati “Alternativa Libera-Possibile” senza il punto interrogativo. Un nome un programma! Già eletti con PD e SEL e di seguito fatti allontanare. Questi signori, che forse neanche conoscono la reale posizione geografica dell’Eritrea, presentano il 24 giugno scorso un’Interrogazione a risposta scritta indirizzata al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e al Ministro dell'Interno. Un’Interrogazione Parlamentare povera di contenuto ma ricca di concetti menzogneri diffusi dai media italiani che hanno fatto copia e incolla ad oltranza. Civati & Co. non si preoccupano molto dei loro concittadini che non se la passano tanto bene economicamente, preferiscono salvare gli “eritrei” che arrivano in massa da tutta l’Africa. Oramai tutti gli africani sono eritrei! Ma perché voler salvare gli eritrei? Eppure nessun italiano ha visto o conosciuto un eritreo sbarcato a Lampedusa grondante di sangue, con arti mancanti, con testa mozzata, con fori di proiettile alla schiena o peggio in testa come invece sta capitando adesso agli Oromo in Etiopia. Gli eritrei che arrivano sono si provati dal viaggio, assetati e disidratati ma, dopo essersi rifocillati, li si vede spesso sorridere parlando al telefono con i loro familiari. Gli eritrei che sbarcano possiedono tutti un telefonino. Il giorno 16 e 17 luglio i dirigenti della Comunità Eritrea in Italia (Associazione delle Donne, Organizzazione PFDJ, Associazione Giovani YPFDJ, Comunità Eritrea in Italia e Media Comunità Eritrea.it) alla presenza dell’Ambasciatore Fessahazion Pietros si sono riuniti al Nakfa House di Roma per analizzare gli ultimi sei mesi delle loro attività. Hanno partecipato alla riunione decine di eritrei provenienti da 15 città italiane e ognuno di loro ha presentato il proprio resoconto.
Sono stati sei mesi intensi che hanno visto la Comunità impegnata su vari fronti, tra i più importanti ricordiamo la raccolta di oltre 1000 lettere di testimonianza contro il Report del COI all’inizio di gennaio, a maggio il 25° anniversario dell’Indipendenza festeggiato in tutta Italia, la raccolta di oltre 5000 firme della petizione contro il Report COI e, alla vigilia della giornata dei Martiri Eritrei (20 giugno), la partenza dall’Italia di 15 pullman di oltre 1000 persone dirette a Ginevra per prendere parte alla grande manifestazione pacifica contro il COI dove più di 10.000 eritrei sono arrivati con 80 pullman da tutta Europa. I dirigenti della Comunità, dopo aver analizzato tutti i pro e i contro del loro operato hanno programmato i prossimi sei mesi di attività tra cui ci sarà il prossimo Festival Eritreo che si terrà a Roma nel mese di ottobre. Saranno due giorni di mostre fotografiche, tornei di calcio, concerti con cantanti provenienti da Asmara, seminari, spettacoli teatrali, attività per bambini, poesie, gare di cultura generale, vendita di libri e gadget e naturalmente tanta cucina eritrea. Eritrea: «Il regime ruba i ricavi delle miniere»
Come era prevedibile non appena passati gli effetti del trauma causato dal fallimento dei propositi del COIE di portare l’Eritrea di fronte ad una Corte Internazionale perché fosse giudicata per presunti crimini contro i Diritti Umani commessi dal suo governo, gli attivisti anti-eritrei si sono nuovamente mossi nel tentativo riattivare una campagna denigratoria che accompagni e sostenga i lavori dello Special Rapporteur nel corso del prossimo anno. Fra le prime testate ad aver raccolto i prodotti di questa nuova campagna di odio attivata contro l’Eritrea è Avvenire purtroppo non nuova a questo tipo di attività di propalazione di notizie che pur contenendo alcuni dettagli credibili sono totalmente prive di fondatezza e gravemente lesive nei confronti dei diritti dei lettori di essere informati in maniera corretta e completa. Gli eritrei in particolare, essendo una popolazione profondamente religiosa, sono costernati dal dover leggere su una testata di ispirazione cattolica articoli così ingiusti nelle finalità, politicamente orientati e denigratori nei confronti del loro Stato e del loro Governo, e si domandano chi possa indurre in inganno la buonafede della redazione. Eppure a saper ben guardare la trama che caratterizza questa tipologia di articoli è abbastanza evidente. La tematica è sempre la stessa, creare sfiducia e sgomento attraverso il tentativo di dimostrare il teorema di un popolo sano vittima di un solo carnefice colpevole di ogni genere di efferatezze. Lo scopo è quello di rendere auspicabile e giustificabile qualunque tipo di iniziativa mirata alla rimozione del presidente Isaias in modo da poter assecondare l’agenda etiopica e favorirne il reinsediamento a capo dell’Eritrea. Chi potrebbe trarre vantaggio dalla realizzazione di uno scenario di questo genere oltre agli etiopici stessi? Non in molti per la verità, ma pericolosi perché per perseguire i loro interessi non esitano a stringere un patto con il diavolo, l’Etiopia. La liberazione dell’Eritrea avvenuta nel 1991 ha reso felice un intero popolo e ricacciato oltre confine l’invasore che tuttavia per lunghi anni aveva alimentato il benessere di alcuni settori della società che improvvisamente si sono ritrovati tagliati fuori dal loro paradiso privato. Dopo tre anni di lavoro, il rapporto COI sull’Eritrea ha fallito miseramente nell’impressionare il suo sponsor principale, gli USA, e molti dei membri del Consiglio per mancanza di accuratezza, obiettività, parzialità, integrità e credibilità. Ma questo non significa che il rapporto è sconfitto del tutto.
by Aghade Tesfa news Due settimane fa, gli eritrei in tutto il mondo hanno festeggiato subito dopo l’annuncio che il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (HRC) non ha accettato la relazione della Commissione d'inchiesta sul Eritrea (COIE) come qualcosa di preciso e ben studiate. Ora che il polverone si è diradato ed i gruppi anti-Eritrea ei loro sponsor hanno cominciato raggrupparsi ancora una volta, è importante per gli eritrei e gli amici dell’Eritrea sapere cosa è successo alla riunione HRC e ciò che è in attesa dietro l'angolo. Anche se la relazione del COIE non è stato accettato dal Consiglio per essere di parte, viziata e piena di storie esagerate, sicuramente non è "morta" come alcuni hanno detto. Questo perché gli sponsor della Commissione non hanno rinunciato all'obiettivo di fondo attraverso il COIE - soprattutto gli Stati Uniti, Regno Unito e il regime etiopico. Non lo dico io, basta leggere la risoluzione HRC (A / HRC / 32 / L.5 / Rev.1) e ascoltare i discorsi pronunciati durante la riunione. Nel complesso, il sottile rifiuto dell’HRC degli elementi chiave della relazione e il linguaggio della risoluzione che ha adottato senza votazione evidenzia solo la nuova strategia degli sponsor per perseguire una campagna di caccia alle streghe contro l'Eritrea. Dopo le pesanti pressioni dagli Stati Uniti, Regno Unito e i tre membri della COIE, la risoluzione HRC è arrivata a prendere la decisione di estendere il mandato del relatore speciale (SR), la signora Sheila B. Keetharuth, per un altro anno. Proprio come avevo previsto nei miei scritti precedenti, la risoluzione HRC chiede esplicitamente la SR per condurre "ulteriori indagini" e viaggiare in Eritrea per raccogliere le prove di presunte "sistematiche" violazioni dei diritti umani. Senatore Di Biagio in seguito al suo viaggio in Eritrea come invitato d’onore alle celebrazioni del venticinquennale della liberazione del paese dal giogo etiopico lei ha descritto la sua esperienza in toni molto positivi e riferendosi al lungo colloquio avuto con il presidente Isaias ha espresso l’intenzione di dare un seguito politico a quanto iniziato in tempi recenti dal viceministro Lapo Pistelli in tema di reciproca apertura e collaborazione fra Italia ed Eritrea, a iniziare da un approccio chiarificatore in ambito italiano che sollevi quel velo di fraintendimenti e incomprensioni che per troppo tempo è stato di ostacolo fra le diplomazie dei due paesi.
Tuttavia la recente Interrogazione presentata dall’On. Civati il 24 giugno 2016 a firma anche degli On.li Brignone, Andrea Maestri, Matarrelli e Pastorino, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e al Ministro dell'interno, appare sia nella presentazione delle premesse che nella formulazione delle richieste, una evidente dimostrazione di quanto lontana sia la politica italiana dall’aver percepito il dramma che sta vivendo un paese a noi così legato da un intenso recente passato storico. Qual è la sua opinione in merito ai propositi di tale iniziativa e quale strategia intende adottare per dar seguito all’impegno che ha sentito di volersi assumere con il presidente Isaias? La mia esperienza in Eritrea è stata chiarificatrice poiché oltre all’incontro con il presidente Isaias ho avuto modo di confrontarmi con molti diplomatici stranieri residenti, importanti autorità locali, imprenditori e tanta splendida gente comune. Il confronto con quanto normalmente diffuso sull’Eritrea dai media, e devo dire anche alcuni importanti organismi internazionali, è assolutamente stridente e di segno opposto tanto che non potendo essere casuale non può che dipendere da una precisa volontà di danneggiare la reputazione del paese africano. L’interrogazione presentata dall’On. Civati riflette in qualche modo quali siano gli effetti delle continue campagne denigratorie attuate contro l’Eritrea spesso caratterizzate da un percorso così contorto e complesso dal confondere nelle apparenze anche politici esperti che sono portati a equivocare i risultati di importanti eventi a carattere internazionale come nel caso citato nell’interrogazione. Leggendone le premesse si potrebbe pensare che contro l’Eritrea sia stato emesso un verdetto di condanna quando nella realtà si è trattato dell’epilogo, con un nulla di fatto, di una iniziativa che aveva lo scopo di portare l’Eritrea di fronte a una corte internazionale perché fosse giudicata per presunti crimini contro i diritti umani. Sarebbe bastata una piccola indagine per rendersi conto della reale natura di una tale iniziativa, di quali forze ne fossero le vere responsabili e di come nelle conseguenze non si sia potuto arrivare a nulla di concreto se non all’aver impedito all’Eritrea di potersi dedicare con tutte le sue energie ai programmi di emancipazione del paese ritardandone i progressi. Per questo ho inteso offrire il mio contributo personale sulla questione eritrea scrivendo un messaggio indirizzato all’On. Civati nel quale propongo una chiave di lettura politica che meglio interpreti le circostanze poste come pregiudiziali all’interrogazione evidentemente travisate, e allo stesso tempo un invito ad una maggiore attenzione nell’analisi di argomenti così importanti per le possibili conseguenze negative verso un popolo che guarda all’Italia con grande rispetto e fiducia. Si è tenuta al Romafrica Film Festival 2016 la serata dedicata all'Eritrea.
Presenti all'evento un numeroso pubblico, autorità italiane e africane, fra le quali il presidente della Guinea Alpha Condè, e amici dell'Eritrea che sono stati ricevuti dall'ambasciatore Pietros Fessazion per un rinfresco con menù tipico eritreo offerto dalla Comunità eritrea. Di seguito sono stati presentati dagli organizzatori dell'evento e da Daniel Wedi Korbaria responsabile del Media Comunità Eritrea, due documentari: "On the road", firmato Yonas Tesfamichael e Marilena Dolce, e "United lies" di Guido Talarico. Inoltre prima e dopo i documentari sono stati proiettati due lungometraggi d'autore scelti come i precedenti per rappresentare la vera essenza dell'Eritrea al pubblico presente: "Rgbit Noh" la colomba di Noè e "Solomon", un film drammatico del regista Efrem Andebrhan. Il film che ha vinto il Gold Remi Award al World Film Festival. Nel corso della presentazione delle proiezioni l'ambasciatore Fessazion ha spiegato che nonostante il paese sia di recente costituzione, il 24 maggio si è festeggiato il venticinquennale della liberazione dell'Eritrea dal giogo etiopico, il cinema ha fatto in pochi anni notevoli progressi nella quantità e qualità delle opere presentate, e che il futuro promette di essere di grande interesse artistico. In Eritrea le opere cinematografiche hanno un notevole seguito di pubblico e sono considerate un eccellente veicolo attraverso il quale far conoscere la realtà di un paese di estremo interesse storico e sociale. Main sponsor della manifestazione PICCINI GROUP, società internazionale che da anni opera nel continente africano. Stefano Pettini .Grazie Signor Presidente,
Eccellenze, Signore e Signori, I diritti umani possono essere adeguatamente realizzati solo in un ambiente di pace, stabilità e sviluppo inclusivo. Pertanto è tempestivo affrontare un dibattito di alto livello sui diritti umani, dal momento che ci confronteremo sulla nuova fase di iniziativa di sviluppo dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. I 30 anni armati e lotta politica per l'indipendenza è stata per il popolo eritreo una lotta per i diritti umani e per la liberazione economica. Quindi dopo l'indipendenza in cima alle priorità dell'Eritrea ci sono stati l'eliminazione della povertà, il garantire la giustizia sociale, e la costruzione di una società basata sullo sviluppo sostenibile in un ambiente di pace e di armonia sociale. Venticinque anni dopo la sua indipendenza, l'Eritrea ha registrato significativi progressi nel garantire i diritti economici, sociali e politici del suo popolo, anche attraverso la fornitura di servizi di base e la sicurezza alimentare per tutti. Di conseguenza, l'Eritrea ha raggiunto la maggior parte degli obiettivi di sviluppo del millennio prima della scadenza ed è pienamente impegnata e attiva nella realizzazione degli obiettivi indicati nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Signor Presidente, Non possiamo discutere di diritti umani in seno all'Assemblea generale oggi senza sottolineare l'elefante nella stanza, i metodi di lavoro del Consiglio dei diritti umani, un organo sussidiario di questa assemblea generale. Oggi, il Consiglio dei diritti umani sta agendo in modo non diverso dal suo predecessore, la Commissione per i diritti umani. Non si può fare a meno di notare la politicizzazione e la doppia morale, in piena evidenza minare il mandato del Consiglio dei diritti umani. E ' tempo di affrontare seriamente questo problema, che è controproducente per la promozione e protezione dei diritti umani. Respingiamo fermamente la proliferazione di mandati specifici di paesi, che cercano di punire e isolare altri paesi, piuttosto che coinvolgerli e aiutare loro ad adempiere ai loro obblighi sui diritti umani. Ribadiamo il nostro forte sostegno al processo UPR come il meccanismo più valido ed efficace di affrontare i diritti umani. Dal momento dell'istituzione dell’UPR l'Eritrea ha partecipato due volte e sta lavorando con il massimo impegno per l'attuazione delle sue raccomandazioni. E’ stato creato un organismo di implementazione UPR composto da tutti i ministeri, le società civili, l'UNDP, OHCHR e altri partner. L'Eritrea ha inoltre recentemente firmato un quadro di attuazione dei diritti umani con l'UNDP sulla base di 6 aree prioritarie anche per quanto riguarda l'amministrazione della giustizia e delle libertà. Ha anche chiesto la cooperazione tecnica dell’OHCHR su tre aree problematiche. |
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Settembre 2024
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