di Francesco Cecchini
Segun besai! Avanti compagni! Canzone eritrea. La parola Eritrea deriva dal greco erythros, che significa rosso. L’Eritrea è oggi una macchia rossa nell’ Africa neocoloniale. Il primo settembre 1961 iniziò la rivoluzione eritrea. Quel giorno un gruppo di guerriglieri attaccò un posto di polizia nella provincia del Barka. Fu l’avvio di un percorso difficile ed accidentato che durò trent’anni. I primi anni furono caratterizzati dalla una mancanza di visione rivoluzionaria e di strategia militare del FLE che piutosto che unire il popolo eritreo lo divise, secondo l’etnia o la religione. Negli anni 70 alcuni militanti progressisti sia mussulmani e che cristiani decisero di fondare un fronte d’ ispirazione marxista, Il Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo ( FPLE), al cui comando politico- militare vi fu Isaias Afwerki. Isaias Afwerki, leader della lotta di liberazione Il programma del FPLE non valorizzò solo l’ aspetto, pur importante, della lotta armata, ma delineò una rivoluzione socialista, per esempio l’ emancipazione / liberazione delle donne. La guerra di liberazione ha visto, fin dal 1976, una forte partecipazione femminile, tanto che alla vittoria finale circa il 30% dei guerriglieri era di sesso femminile. Inoltre vi furono: organizzazione di consigli democratici nei villaggi, riforma agraria, istruzione per tutti. L’ Eritrea, dovette combattere, contando sulle propie forze, contro i venti e le maree di tutto il mondo, prima contro l’Etiopia imperiale di Haylé Sélassié appoggiata dagli Stati Uniti poi contro l’Etiopia” socialista” del DERG di Mengistu Haile Mariam, aiutata da armi e truppe dell’ Unione Sovietica e di Cuba. L’ Italia fu al a fianco dell’ Etiopia, sia quella di Selassié che quella che Mengistu. L’ imperatore Sélassié, salvato da Israele da un tentativo di colpo di stato nel 1961, presentò l’ Eritrea come una minaccia araba per il Cono d’Africa. Intervenirono quindi anche i sionisti, Israele. Specialisti israeliani in controrivoluzione addestrarono una forza d’ élite etiope di circa 5000 uomini. Oltre gli Stati Uniti anche l’ Europa fornì appoggio politico e militare, armi, all’ Imperatore. Inoltre ben comprendendo il suo potenziale pro imperialista e pro neo colonialista premettero perché l’ Organizzazione per l’ Unità Africana (OUA) abbia sede ad Adis Abeba. Negli anni 60 l’ OUA dietro suggerimento degli Stati Uniti e dell’Europa si prodigò per evitare guerre di liberazione nazionali colorate di rosso. Cosa di meglio per il Negus che da buon Imperatore non voleva cedere parte dell’Impero, l’Eritrea. Selassié comunque nel 1974 fu rovesciato da una rivoluzione socialista, che però non volle concedere l’ indipendenza al popolo eritreo. Chi vinse furono i militari che rifiutarono una transizione verso una democrazia socialista e repressero nel sangue gli studenti e gli intellettuali rivoluzionari. Si parlò di 10000 morti. Anche i militari progressisti vennero epurati. Il DERG, Consiglio di Coordinazione delle Forze Armate, alla cui testa vi fu per due lunghi periodi, Mariam Mengistu trasformò il paese in una dittatura militare che non volle assolutamente cedere territorio che credeva proprio, l’Eritrea Il DERG entrò nel campo d’influenza dell’Unione Sovietica e questa in cambio lo sostenne contro il FPLE. Fino ad allora la lotta degli eritrei aveva conquistato posizioni e molta influenza e prestigio nella popolazione. La politica etiope di villaggi incendiati e civili massacrati non aveva portato a nessuna sconfitta dell’FLPE, sia sul piano militare che su quello politico. Dopo l’ esecuzione nel 1975 di quasi una sessantina di studenti, l’ adesione degli studenti al Fronte fu di massa. Senza alleati internazionali la capacità politico militare del Fronte di Liberazione fece del nemico la principale fonte di rifornimento di armi: dai fucili, ai mitra, all’ artiglieria pesante ai carri armati. L’ intervento dei russi e dei cubani complicò la vita al del popolo eritreo ed alla sua lotta. La marina sovietica nel Mar Rosso al largo delle coste bombardava le postazioni eritree. Tremila sonoi i consigleri militari che Krusciov inviò oltre a 1000 carri armati, 1500 blindati 90 tra aerei da caccia. Forte di tutto questo Menghistu lanciò nel febbraio del 1982 un’ offensiva che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto cancellare il Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo. La campagna chiamata Stella Rossa, vide 150000 soldati etiopi invadere l’ Eritrea e dar vita alla più grande guerra che l’Africa vide dopo la seconda guerra mondiale. La Stella Rossa etiope inflisse gravi perdite al Fronte, vinse anche battaglie, ma non la guerra e tramontò spegnendosi. Aprofittando del conflitto tra Etiopia ed Somala il FPLE riuscì a lanciare delle offensive contro le forze di Adis Abeba. Nel 1988 in una battaglia di 4 giorni, da 17 al 29 marzo, fu conquistata Afabet. Una Dien Bien Phu per l’ Etiopia ed i suoi alleati. Poco dopo l’ Unione Sovietica, che si rese conto dell’errore di sostenere una dittatura militare contro la lotta di un popolo per la propria indipendenza, annunciò di non voler rinnovare l’ accordo di cooperazione militare con Menghistu. Nel febbraio del 1990 il FPLE lanciò l operazione Fenkil e liberò dopo duri combattimenti la città di Massaua. La dittatura militare venne travolta da contraddizioni interne e dalla vittoria del Fronte di Liberazione del Tigrè che conquisterà Adis Abeba, deponendo il DERG e Menghistu Haile Mariam, sconfitto , nel maggio 1991 fuggì vergognosamente in Zimbawe. In Eritrea l’esercito etiope fu sconfitto definitivamente e cacciato dal paese. Il 24 maggio del 1991 il Fronte entra ad Asmara. Dopo la liberazione il Fronte affidò a Isaias Afweki la guida del Governo di Transizione che condusse l’Eritrea fino al referendum popolare. La dichiarazione ufficiale è del 24 maggio 1993 dopo un referendum plebiscitario monitorato dall’ONU. Plebiscitari sono anche il governo del Fronte Popolare per la Democrazia e per la Giustizia ed il Presidente Isaias Afelwerki, il leader della lotta di liberazione. credit AFV Asmara, 24 maggio 2020
Signore e signori, Consentitemi di rivolgere le mie più sentite congratulazioni a tutto il popolo dell'Eritrea all'interno del Paese e all'estero per questo promettente 2020, festa nazionale dell'indipendenza. Consentitemi inoltre di esprimere profonda gratitudine alla Commissione per la cultura e lo sport, tutte le altre entità e le persone coinvolte nella preparazione creativa di programmi ed eventi in modo da infondere il dovuto splendore a questo giorno importante, nonostante l'incombente minaccia della pandemia di Coronavirus. Signore e signori, Lasciando da parte le controverse questioni su come e da dove sia nato COVID-19, la colossale minaccia di questa improvvisa pandemia - senza precedenti negli annali della storia dell'umanità - e che sta sostenendo, purtroppo, un'enorme perdita di vite umane è davvero una scia- chiama per tutti noi. Ciò che è più sconcertante è che la calamità si sta verificando nel 21° secolo; in un'era di elevato progresso scientifico. Nel caso, è nostro dovere e tempestivo trarre le lezioni appropriate da questo disastro, approfondire la nostra conoscenza e comprensione e adattare il nostro approccio generale e la nostra tabella di marcia per il periodo a venire. All'inizio, quando la minaccia della pandemia si stava profilando, praticamente non c'erano informazioni che fossero conosciute o che potessero essere conosciute sulla sua natura. Questo, unito alle nostre limitate capacità, non ci ha dato altra alternativa che l'implementazione di misure preventive di blocco. Gli sforzi intrapresi dalla Task Force sulla salute che consistono nel mettere in quarantena tutti i viaggiatori che sono entrati nel paese, rintracciare i contatti dei pazienti con diagnosi positiva, hanno prodotto finora risultati preliminari positivi. Ma dobbiamo renderci conto che siamo alle prese con una situazione complessa. Il mistero di questa pandemia - che non conosce confini o altri parametri limitanti - non può essere decifrato e dedotto in modo conclusivo sulla base di una breve osservazione. Il nostro approccio e la tabella di marcia preliminare devono pertanto consistere in: 1. La nostra attenzione e i nostri sforzi devono essere orientati al consolidamento e al miglioramento delle nostre capacità e strategie di prevenzione a lungo termine; 2. Sviluppare un meccanismo di sperimentazione che inizialmente inizi con un campione e dati di base, ma il cui campo di applicazione alla fine verrà esteso a tutti i cittadini del Paese e all'estero e che includerà un monitoraggio periodico; 3. Applicazione di rigide modalità di controllo per la circolazione delle persone - normative o irregolari - da e verso il Paese; 4. Migliorare qualitativamente ed espandere spazialmente i nostri istituti e laboratori di ricerca; 5. Rafforzare i servizi sanitari in termini di struttura organizzativa, sensibilizzazione e attrezzature; 6. Sviluppare un capitale umano efficace e professionale al di sopra e al di là di altri fattori; 7. Migliorare le nostre capacità nella produzione di droghe. attrezzature e strutture mediche; 8. Promuovere e rafforzare la cooperazione tecnica con varie istituzioni ed esperti stranieri. Questo è più facile a dirsi che a farsi. Richiederà tempo e risorse. La sua attuazione e ulteriore elaborazione costituiranno una delle principali sfide nel periodo a venire. Pur esprimendo la mia gratitudine alla Task Force per ciò che è stato realizzato fino ad oggi, auguro loro il successo per compiti più pesanti che ci attendono. Signore e signori, In questa congiuntura in cui il mantra di "Resilienza e Progresso" incarna il nostro approccio globale, la minaccia della pandemia, periodica e incombente infestazione di locuste e altri ostacoli non può essere vista in isolamento dalle nostre sfide di sviluppo di base. Ho allegato come allegato di seguito, come riferimento, i programmi e le priorità di sviluppo che sono stati enunciati nei miei discorsi alla festa dell'indipendenza rispettivamente nel 2018 e nel 2019. In vista dello scoppio di COVID 19, è evidente che l'attuazione dei nostri programmi di sviluppo non procederà con il ritmo previsto. Dovremo raddoppiare i nostri sforzi in proporzione all'entità delle sfide. A questo proposito, stiamo mettendo a punto le risorse necessarie per utilizzare meglio le brevi piogge di Asmera. L'essenza è: sforzi e misure integrati, raddoppiati e sostenibili per superare tutte le sfide. Signore e signori, Gli sviluppi e le capacità nazionali sono evidentemente i parametri decisivi in ogni equazione. Tuttavia, la rilevanza e l'impatto degli sviluppi e delle tendenze globali e regionali sono palpabili a cui attribuiamo grande importanza. Per ovvie ragioni, abbiamo perseguito politiche di impegno costruttivo al fine di alimentare un ambiente favorevole di cooperazione regionale e partenariato autentico. A questo proposito, continuiamo a impegnarci nel nostro vicinato con maggior vigore valutando obiettivamente gli sviluppi e le tendenze che sono emerse negli ultimi due anni e tenendo conto di tutti i possibili scenari. La fine del Ramadan è festeggiata in corrispondenza del primo giorno del mese di Shawwal con una festività di tre giorni, chiamata Id-al-Fitr (festa della interruzione del digiuno), che prevede il ricongiungimento con partenti ed amici, con pranzi in famiglia e scambi di regali.
Il Ramadan corrisponde al nono mese del calendario islamico e la sua cadenza varia di anno in anno in quanto il calendario si basa sulle fasi lunari. Nel 2020 inizia dal 24 aprile e dura fino al 23 maggio. Secondo la tradizione questo è il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvezza. La sera del 27 del mese, che coincide con la credenza che Maometto ricevette proprio in quel giorno la rivelazione del sacro Corano, i musulmani celebrano la Laylat-al-Qadr (la notte del potere). La Fede fa riferimento a delle regole dette “I cinque pilastri dell’Islam” che costituiscono la struttura della vita musulmana. I cinque pilastri sono:
Durante il mese del Ramadan si osserva il digiuno che dura dalle prime luci dell'alba fino al tramonto; in genere va fatto precedere da un pasto leggero poco prima dell'alba (suhur) per assumere le energie necessarie ad affrontare l'intera giornata. Passata la giornata si può consumare un piccolo pasto serale (iftar) dopo una preghiera che interrompe il digiuno fino al mattino successivo. Questo "digiuno" consiste non soltanto nell'astensione da ogni cibo e bevanda, ma anche da qualsiasi contatto sessuale e da ogni altro cattivo pensiero o azione, durante l'intera giornata fino al tramonto. Non bisogna litigare, né mentire né calunniare. Nella prova del digiuno è più importante il significato spirituale di quello materiale per il fatto che l'uomo obbedisce a un ordine divino. Egli impara a tenere sotto controllo i suoi desideri fisici e superando così la sua natura umana. Durante il Ramadan ogni musulmano praticante deve recarsi a pregare in moschea. In questo periodo oltre alle consuete cinque preghiere giornaliere si deve recitare una preghiera speciale, il Taraweeh, la preghiera notturna. Il jet immaginario di Scenari Internazionali atterra ad Asmara, in Eritrea. Fin’ora, il piccolo Stato del Corno d’Africa è stato toccato molto marginalmente dal virus ma, visti anche i ben più alti numeri dei Paesi vicini, non si è trattato di semplice fortuna. C’è una strategia che, evidentemente, ha sin qui funzionato molto bene. Per saperne di più abbiamo rivolto alcune domande all’Ambasciatore eritreo in Italia Fessahazion Pietros...
...continua a leggere l'articolo in Scenari Internazionali COVID -19 continua a diffondersi a un ritmo allarmante a livello globale dal primo scoppio della malattia nel dicembre dello scorso anno. Ad oggi, la pandemia ha travolto più di 200 contee e territori, colpendo oltre 4,6 milioni di persone e causando oltre 300.000 vittime.
Nella maggior parte dei paesi, il controllo del contagio e il livellamento della curva rimangono obiettivi e speranze sfuggenti. Invertire la velocità di trasmissione ed evitare il rischio di recrudescenza non si è ottenuto. Allo stesso tempo, le molteplici e intense ricerche in corso per trovare vaccini o farmaci terapeutici per COVID-19 sono ancora in una fase preliminare. Tutti questi fattori accentuano l'entità e la gravità della pandemia globale. In questo contesto preoccupante, la strategia del GOE di combattere COVID-19 è stata chiara e inequivocabile sin dall'inizio. L'essenza di questa politica consiste nell'adottare, in primo luogo, tutte le misure necessarie per prevenire un focolaio della malattia e per ridurne la trasmissione attraverso solide misure non farmaceutiche in caso di insorgenza nel paese. Questa strategia di soppressione si basa sul concetto generale di "blocco della catena di trasmissione di COVID-19" piuttosto che concentrarsi semplicemente sulle misure di mitigazione della fornitura di cure mediche ai pazienti infetti. A questo proposito, il governo eritreo ha attuato, prima e dopo l'insorgenza della malattia, una serie di misure preventive con intensità crescente in risposta alla situazione sul terreno. Queste misure includono la politica di "rimanere a casa" che è ancora in vigore. Il ruolo coscienzioso del popolo eritreo è stato e rimane un elemento critico per il successo di questo sforzo. Una delle caratteristiche centrali della strategia di prevenzione consiste nel mettere in quarantena tutte le persone che sono entrate nel Paese attraverso rotte aeree, marittime e terrestri. Questo è stato implementato fin dall'inizio. La strategia comprende anche la tracciatura attiva e la quarantena dei contatti immediati di quelli diagnosticati positivi per COVID-19. A questo proposito, 3.486 persone sono state messe in quarantena fino ad oggi in 70 centri stabiliti in tutto il paese. Oltre 2.400 sono stati rilasciati successivamente dopo i dovuti processi, mentre oltre 1.000 individui rimangono ancora in quarantena in 33 centri. Parallelamente a queste misure, è stato somministrato il trattamento medico necessario a quelli diagnosticati positivi per COVID-19 in strutture appropriate istituite allo scopo. Il numero totale di individui infetti fino ad oggi è 39. Tutti sono guariti completamente e l'ultimo paziente è stato dimesso dall'ospedale ieri. Per quanto sia stimolante, questa pietra miliare non è motivo di compiacimento. In effetti, ci sono domande fondamentali che devono essere affrontate. Non possiamo affermare, in questa fase, che la diffusione di COVID-19 è stata completamente ridotta in considerazione della natura e della gravità della malattia, delle prevalenti realtà e tendenze globali e regionali, nonché della proporzione sostanziale di casi asintomatici che possono esiste in qualsiasi momento. Per questo, il GOE ha deciso di avviare test casuali e approfonditi per misurare la diffusione di COVID-19 nel paese in modo completo e più affidabile. Questo sforzo è essenziale per la valutazione completa che verrà dedotta da dati dettagliati ed estesi. A questo proposito, la prima fase dei test sarà effettuata in diverse sezioni di Asmara da domenica 17 maggio in poi. Anche le città e i villaggi nelle aree di confine, nonché i dipendenti di prima linea del Ministero della Sanità e di altre istituzioni pertinenti saranno parte integrante di questo test della prima fase. Le modalità per le fasi successive dei test saranno determinate dall'esito della prima fase, nonché dalle realtà e tendenze globali e regionali pertinenti. In conclusione, la Task Force di alto livello esorta tutti i cittadini a mantenere il ruolo encomiabile che hanno svolto finora nella piena attuazione delle "Linee guida" e a correggere alcune violazioni che si sono verificate in modo saltuario fino al completamento dei test per una solida valutazione della situazione con piena certezza. Task force di alto livello per COVID-19 Asmara 16 maggio 2020 Un paziente si è ripreso completamente e dopo i test standard presso il National Laboratory è stato dimesso dall'ospedale oggi.
Questo risultato significa che tutti i 39 casi confermati nel paese fino ad oggi sono completamente guariti. Ma come sottolineato la scorsa settimana, questo importante traguardo non deve indurre compiacenza in questo momento. In effetti, è di vitale importanza che ogni cittadino continui ad aderire pienamente e ad attuare diligentemente le linee guida del GOE in vigore fino a quando non viene portato a termine il compito in corso di valutazione dettagliata e completa per misurare la diffusione della pandemia nell'intero paese con piena certezza. Ministero della Salute Asmara 15 maggio 2020 Il giornalismo d'inchiesta incontra i suoi limiti nel momento in cui vuole occuparsi di ciò che non conosce o sposa posizioni che non sono chiare ma semplicemente di parte. Può capitare a tutti ed è giusto avere rispetto e comprensione. Tuttavia, in merito a ciò che si sta dicendo dell'OMS e del suo direttore generale all'interno della partita fra Stati Uniti e Cina, è decisamente opportuno fare qualche piccolo appunto.
di Filippo Bovo 12 Mag 2020 - Lunedì sera a “Report” hanno mandato un servizio sull’OMS e sui suoi legami fra il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus e la Cina che, partendo da delle senza dubbio buone e lodevoli intenzioni di fare del “giornalismo d’inchiesta”, ha in realtà finito col farsi del male da solo, sfociando in una sorta di dietrologia complottista tale da mandare in estasi tutti i più scatenati ultras dell’Amministrazione Trump, a sua volta ormai ben nota proprio per aver sposato senz’alcuno spirito critico tutte le ricostruzioni dei vari “teorici del complotto”, in particolare in materia di Coronavirus (ma non solo, come certamente sapranno i più affezionati lettori del nostro giornale). Il Dr. Ghebreyesus, uomo appartenente al Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF) che ha dominato l’Etiopia dal 1991 al 2018, più che un uomo di Xi Jinping, com’è stato dipinto dal servizio e come ancor prima era stato dipinto anche dalla stessa Amministrazione Trump, è stato infatti un uomo di Clinton, di Bush e di Obama, le cui Amministrazioni hanno sostenuto e finanziato il regime etiopico d’allora come loro gendarme nell’Africa Orientale, sostenendolo nella guerra contro l’Eritrea del 1998-2000 così come nella successiva occupazione arbitraria di zone di confine eritree, oltre all’invasione della Somalia del 2006, e così via. Non a caso fu proprio durante l’Amministrazione Obama, poco prima che il regime del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray esalasse i suoi ultimi sospiri, che il Dr. Ghebreyesus venne nominato direttore generale dell’OMS, tanto per mettere una patina d’Africa e di Terzo Mondo su un’istituzione internazionale in realtà saldamente satellizzata dai governi e dalle multinazionali farmaceutiche occidentali (a tal proposito, basterebbe semplicemente guardare da dove vengono i soldi che lo tiene in piedi e le nazionalità di tutte le altre personalità che siedono accanto al direttore generale e che, rispetto a lui, hanno un ben maggior potere decisionale). In questo momento gli Stati Uniti dell’Amministrazione Trump ormai uscente hanno una partita in sospeso col Dr. Ghebreyesus, di cui vogliono liberarsi per rimpiazzarlo con un’altra figura più “amichevole” o quantomeno più “neutra”, e quindi non legata al passato dei Bush e degli Obama. La questione del Coronavirus, in tutto ciò, rappresenta la classica palla che viene colta al balzo, e che del resto serve a gettare ulteriore benzina sul fuoco di un altro scontro che a Trump e ai trumpisti è molto caro, ovvero quello con la Cina, anch’esso un altro regolamento di conti che probabilmente alla Casa Bianca viene immaginato, né più e né meno, come una replica di “Mezzogiorno di Fuoco”. Tuttavia, al di là di come la si voglia mettere, che a far le spese di tutte queste “partite” propagandistiche e geopolitiche debbano sempre essere i comuni cittadini che si guardano un servizio televisivo o che si leggono un giornale subendone, in buona fede, le inesattezze riportate e finendo così, sempre in buona fede, anche col farle proprie, è decisamente un po’ troppo. Comunque, tanto per fare un po’ di storia, dovremmo raccontare che furono proprio i soldi americani a trasformare, già nel 1991, un movimento hoxhaista come il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray in una formazione totalmente prona a Stati Uniti, Fondo Monetario e via dicendo, totalmente liberista in economia ed altrettanto totalmente devota al “Washington consensus” in politica estera e non solo. Certo, il regime del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray ha beneficiato, nei suoi ultimi anni d’esistenza, d’importanti investimenti cinesi che tuttavia quel regime ha destinato prevalentemente alla sola regione del Tigray, nel settentrione dell’Etiopia, come al solito trascurando il resto del paese che è così rimasto nel sottosviluppo. Questo grave squilibrio, già presente nei decenni precedenti ed in tal modo ulteriormente esacerbato, ha innescato i grossi problemi d’ordine interno che si sono palesati sempre più intensamente dal 2015 in avanti, e che hanno visto le popolazioni Oromo e Amhara ribellarsi al potere centrale, venendo oltretutto da esso pesantemente represse. E’ stato proprio quando gli Stati Uniti, con l’arrivo di Trump, hanno capito che non potevano più continuare a puntare sul Fronte Popolare di Liberazione del Tigray, e la Cina dal canto suo ha manifestato insoddisfazione per il modo in cui tale regime usava quel denaro avvisando che avrebbe smesso d’operare ulteriori investimenti, che quel regime è caduto, spianando la strada al nuovo corso, che vede oggi un’Etiopia guidata da Abiy Ahmed, un leader per giunta d’etnia Oromo (immaginatevi quelli del Fronte Popolare del Tigray come hanno preso la notizia!), e da una presidente della Repubblica donna, Sahle-Work Zebde, in pace coi suoi vicini (cominciando da Eritrea e Somalia), coi quali oltretutto collabora per migliorare il quadro d’integrazione e stabilità regionale. Se ora gli Stati Uniti si vogliono liberare di quest’ultimo ricordo dell’epoca Obama che è stato messo alla guida dell’OMS, ovvero dal Dr. Ghebreyesus, sulla cui efficienza come direttore generale effettivamente si possono e si debbono accampare più critiche e non soltanto per quanto riguarda la questione del Coronavirus, che lo facciano allora senza lanciare accuse infondate ma, casomai, dando il via ad un serio dialogo col resto della comunità internazionale. Anche perché, ad aver fatto “cilecca”, in più occasioni, non è stato solo il Dr. Ghebreyesus ma anche tutto il corollario di capi e capetti occidentali che gli stanno intorno, e che sono coloro che dettano veramente la linea, a nome dei propri governi e delle proprie aziende d’origine, ma di cui non s’è parlato e non si parla ancora abbastanza. Dunque, ben venga una seria discussione sull’organigramma dell’OMS ed ancor più sul suo effettivo ruolo internazionale (un discorso che, a guardar bene, riguarda anche tutte le altre agenzie internazionali ONU e l’ONU stesso, che hanno urgente bisogno di una riforma del resto da tempo auspicata proprio dai nuovi attori geopolitici che Trump vorrebbe respingere indietro a calcioni), evitando quindi gli errori di un certo giornalismo che, nell’eccesso di zelo di voler fare inchiesta, rischia invece di darsi poi la zappa sui piedi. credit l'Opinione Pubblica |
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