ERITREA ETIOPIA
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ERITREA ETIOPIA

Centro Internazionale per gli Studi Strategici: Conferenza sulla Somalia

22/1/2007

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Sophia Tesfamariam, 
22 gen. 2007

“…un governo che ha bisogno del supporto straniero per far rispettare l’ obbedienza dei propri cittadini è uno che non deve esistere; e l'assistenza data a esso da stranieri è quasi sempre null’altro che la simpatia di un dispotismo per un altro…„ 
John Stuart Mill

Un mese fa il regime di minoranza, ingannevole, genocida, manovratore di voti, di Meles Zenawi in Etiopia ha lanciato l'invasione e la guerra di aggressione, sostenuta dagli Stati Uniti,  contro la Somalia e le uccisioni continuano. L'invasione sostenuta dagli Stati Uniti dei territori sovrani della Somalia per eliminare l'Unione delle Corti Islamiche e dei loro sostenitori,  per installare il governo fantoccio nazionale di transizione della Somalia, è una violazione della Carta delle NU, della risoluzione 1725 del Consiglio di sicurezza e del diritto internazionale. Dopo  settimane di massacro in Somalia, la pace, la sicurezza e la stabilità stabilite dall'Unione delle Corti Islamiche (UIC) durante il  breve dominio durato 6 mesi, è stato sostituito dalla violenza e dal terrore per via gli Stati Uniti ed dei bombardamenti aerei etiopici.

La gente della Somalia ora è esposta alla morte e alla distruzione, rapimento e tortura dalle forze etiopiche di occupazione, ritorno dei warlords e più caos e instabilità. La Somalia sotto il controllo del governo nazionale di transizione (TNG) è ora in stato di emergenza e sotto la brutale occupazione etiopica.
 
Proseguendo nel sostegno diplomatico e politico di Washington a Meles Zenawi, guida dei mercenari di Washington nel corno dell'Africa, il Centro per gli Studi Internazionali Strategici (CSIS), ha ospitato un congresso intitolato “assicurando il futuro della Somalia: Opzioni per la diplomazia, assistenza e ricerca della sicurezza„ il 17 gennaio 2007, in cui funzionari ad alto livello hanno tentato audacemente e arrogantemente di glorificare e legittimare la guerra di aggressione e di invasione dell'Etiopia contro la Somalia.

Mi è parso stupefacente che le legislature degli Stati Uniti, palesando la loro duplicità ed ipocrisia, per non parlare del loro orientamento razzista e religioso, hanno parlato dell'invasione della Somalia e del loro ruolo nel raccomandare e nel consigliare l'intervento illegale di Meles Zenawi, così pubblicamente e senza vergogna. Che arroganza, che audacia! 

La stanza era stata riempita a capienza e gli altoparlanti stavano parlando ad una folla piuttosto amichevole di rappresentanti etiopici dell'ambasciata, di membri del governo nazionale di transizione della Somalia, di membri della Comunità delle NGO di Washington, di gruppi di pressione multimilionari in dollari etiopici della K-street , di membri della Diaspora somala e di altri consegnatari interessati.

Dividerei i presenti all'evento di CSIS in quattro gruppi di interesse comune:

1. Sedicenti “analisti„ ed “esperti„ ecc. che vedono in questi sviluppi prospettive particolari di interesse. Praticamente, era una riunione dei “gruppi gestione crisi„ di Washington che discutevano “della crisi somala Made in Washington„. 
2. I funzionari etiopici e la loro cricca erano là per rivendicare e presente le forze d'invasione di Meles Zenawi come “liberatori„ della gente somala “dagli estremisti„, “jihadisti„, “fondamentalisti islamici„ ecc. ecc. 
3. Una miscela di somali. C’erano gli imprenditori che hanno cercato legittimo  riconoscimento e inteso svolgere un ruolo attivo nel futuro della Somalia. 
4. Membri del governo nazionale di transizione della Somalia che, elemosinando con la ciotola in mano, stavano cercando ulteriore supporto “dalla Comunità internazionale„ per consolidare e sostenere la loro posizione in Somalia. 

Non era difficile decifrare le intenzioni reali dietro questo affare organizzato. “Gli esperti„, “gli analisti„ e gli altri che hanno progettato ed eseguito alla fine dell’anno la guerra di aggressione e di invasione contro la Somalia si sono riuniti e “capitalizzano„ il loro “successo„. Questo evento pubblico era uno sforzo per distrarre, destinato a dare  credibilità all'invasione etiopica della Somalia sostenuta gli Stati Uniti e per mettere insieme gli aiuti per la pulizia . Washington sgambetta per trovare una strategia di uscita per l’alleato e mercenario Meles Zenawi e per dimostrare che lo schema malato raccomandato per spodestare l'unione delle corti islamiche (UIC), anche se in violazione del diritto internazionale, era realmente un successo, e positivo per la gente della Somalia. Questo è stato rivenduto come “atto di giustizia„ e cosa che deve essere sostenuta.
 
Jendayi E. Frazier, segretario di stato per gli affari africani ha presentato quello che lei ha chiamato “la politica e ingaggio degli Stati Uniti in Somalia„, un'altra politica incoerente e razzista, apparentemente costruita in corsa, negli ultimi mesi.

Ms Jendayi è andata a lunghi passi per dimostrare “il consenso internazionale„ per la politica degli Stati Uniti in Somalia, che ha detto concentrato su tre priorità:

1. Sostegno internazionale di mobilitazione al TNG 
2. Forza africana di stabilizzazione di sostegno (più non denominata mantenimento della pace) per la Somalia 
3. Sostenere  un dialogo politico complessivo in Somalia (non “estremista„, “fondamentalista„)

Vedremo se gli Stati Uniti ed i relativi soci realizzano i loro tre obiettivi. Non trattengo il respiro. Ciò risulterà essere ancora un altro di una serie di tentativi alla cieca strategici degli Stati Uniti nel corno dell'Africa e apparirà per quello che è, la conseguenza della politica razzista e incoerente per l'Africa ed il Medio Oriente. 
La guerra  di aggressione e di invasione dell'Etiopia in Somalia non può essere giustificata. La protezione degli Stati Uniti di questa egregia violazione della carta e del diritto internazionale delle NU, palesa la politica razzista e incoerente per l'Africa ed il disprezzo per le vite degli Africani.

Nessun importo in dollari umanitari può compensare la gente della Somalia del loro diritto alla autodeterminazione, che è stata preso  loro violentemente e forzatamente. Nessuna quantità di retorica post invasione al “sostegno„ della Somalia può compensare la carneficina e la distruzione nella odierna Somalia occupata. Nessuna nazione che si rispetti manderà i figli e le figlie in una guerra illegale a sostegno di un regime illegittimo che avanzi illeciti programmi nel corno dell'Africa. 

Malgrado la pubblica campagna di diffamazione contro l’UIC, ne il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ne Meles Zenawi, il mercenario del corno, hanno fornito prove che collegherebbero l'Unione delle Corti Islamiche a “atti terroristici„ in Etiopia o in Somalia, o dei cosiddetti collegamenti ad Al Qaeda. L'Etiopia deve ancora dimostrare “la minaccia reale„ e “imminente„ costituita dall’UIC alla sovranità ed integrità territoriale dell'Etiopia,  pretesto della guerra di fine anno di aggressione ed invasione della Somalia. 

Ms Jendayi, che desidera offrire di volta in volta (dal palazzo di Menelik) la versione degli eventi successi negli ultimi 6 mesi,  ha presentato una distorsione dei fatti come ben sappiamo.
Distorcendo deliberatamente i fatti, ha detto senza vergogna al pubblico del congresso del CSIS il 17 gennaio 2007: 
“… Il Consiglio delle corti islamiche ha tentato ripetutamente di provocare l'Etiopia in un più vasto conflitto, cominciando con il sondaggio verso Baidoa il 19 luglio ed ancora da novembre a dicembre, fino alla fatale conclusione del 22 dicembre quando ci sono  stati ripetuti scontri fra il CIC e le forze etiopiche… questi erano momenti decisivi. Infine, il CIC sbagliando nella decisione di perseguire un ordine del giorno militare si è rifiutato di associarsi al processo di controllo ed alle istituzioni federali di transizione con un dialogo pacifico. Quando l'Etiopia ha lanciato le contro offensive contro il CIC nel dicembre, la struttura di CIC si è dissolta più velocemente di chiunque qui avesse anticipato, in grande parte dovuto al ritiro del supporto da parte della popolazione  somala…„ 

Ms Jendayi deve sapere che l’UIC non si è mai avventurata al di fuori dei territori sovrani della Somalia. Sono state le forze di Meles Zenawi che sono entrate nei territori somali (8000 di numero) usando il pretesto di “ addestrare le forze della polizia di TNG„. Il UIC ha richiesto costantemente la rimozione delle forze etiopiche dalla Somalia mentre simultaneamente richiedeva il dialogo costruttivo con il TNG. Sono stati i capi del regime di minoranza di TNG, di Abdulahi Yusuf e di Ali Mohammed Ghedi e di Meles Zenawi che hanno sabotato deliberatamente i colloqui e optato affinché una soluzione militare spodestasse l’ UIC per installare il TNG fantoccio a Mogadiscio. 

Ms Jendayi deve sapere che la gente  somala può essere islamica, ma non sono stupide o suicidi e certamente “non hanno ritirato„ il loro sostegno all’ UIC, dato che non si sono date mai quella scelta. L’ UIC ha scelto di non confrontarsi con le forze pesantemente equipaggiate dell’ Etiopia e degli Stati Uniti e ha scelto piuttosto di conservare le energie della gioventù  somala che è accorsa dappertutto per difendere la sovranità e l'integrità territoriale della loro nazione ed aspetta un momento opportuno e  per confrontarsi con gli invasori. Il fatto stesso che sono stati assorbiti nella popolazione è prova sufficiente del loro supporto popolare.

Ms Jendayi ha presentato l'aggressione e l'invasione della Somalia come “contro offensiva„ dell'Etiopia. Quando l'Etiopia è stata attaccata? Che territorio etiopico sovrano è stato violato dall’ UIC? Deve sapere che la presenza delle forze etiopiche in Somalia era in effetti il casus belli  per il conflitto fra l’ UIC e il TNG. Anziché chiedere a Meles Zenawi di ritirare le sue forze dal sovrano territorio somalo, Washington ha tentato di dare il credibilità e legittimità per alla belligeranza dell'Etiopia e raccomandando la avventura malata in Somalia spingendo per una diversione della risoluzione 1725, sopprimendo i mezzi di informazione sull'invasione, travisando e storcendo i fatti ecc. ecc…

Il senatore Russell Feingold (D-WI), presidente del sottocomitato straniero di rapporti del senato sull'Africa, è stato più diretto circa l'invasione dell'Etiopia.

Informando gli Stati Uniti prima del riconoscimento e approvazione degli per le azioni illegali di Meles Zenawi, ha detto al pubblico: 
“… Ho incontrato il Primo Ministro etiopico Meles Zenawi all'inizio di dicembre ad Addis Ababa, alcune settimane prima che lanciasse l'incursione militare. Lo ho avvertito contro la presa di queste misure.Allora ha espresso la sua preoccupazione circa la sincronizzazione e come militari del suo paese avrebbero condotto l’operazione e mi ha detto che sarebbe stata una breve incursione…„

Breve infatti… fino a Mogadiscio. 
Mascherando il desiderio di Washington per “un dialogo tutto compreso in Somalia„ e palesando sempre più la Islam fobica politica straniera degli Stati Uniti, senza spiegazioni razionali, in violazione dei diritti del popolo somalo alla auto determinazione e l'interferenza eclatante negli affari interni della Somalia, ms Jendayi ha detto al pubblico: 
“… gli Stati Uniti credono che le corti non debbano essere ricostituite come entità politica…„ 

Questo deve essere l'avvertimento mortale da quello che paga il pifferaio. Ms Jendayi deve sapere che non importa  quello che gli Stati Uniti credono, ma piuttosto cosa la gente della Somalia desidera. Comunque formare entità politiche non è fra le priorità immediate della Somalia. Assicurare e stabilizzare il loro paese dalle truppe espellendo le forze d'invasione di Meles Zenawi, è fra quelle principali.
 
Manifestando il suo sdegno e disprezzo per il popolo somalo e il loro diritto alla auto determinazione, agendo come un vecchio padrone coloniale,  ms Jendayi ha detto al pubblico: 
“… mentre il governo federale di transizione e le istituzioni federali di transizione non sono ancora pronte per sostenersi interamente da sole, loro offrono un promettente mezzo di progresso per la Somalia…„ 

Washington, che ha incoraggiato il regime di minoranza di Meles Zenawi ad aggirare il diritto internazionale e la sua guerra di aggressione e invasione dei territori sovrani  somali e ha sostenuto il contrasto violento all'unione delle corti islamiche e uccide i sostenitori senza mai portarli alla giustizia o senza mai dimostrare che erano effettivamente “terroristi„, non ha l'autorità legale o morale per dettare che cosa è buono per la Somalia o per la gente della Somalia.

Non c’è niente di  promettente da un regime fantoccio che non può ne difendere se stesso ne la sua gente dall'invasione. Non  c’è niente di promettente in un regime fantoccio che richiede la violazione della sovranità e dell'integrità territoriale della Somalia. Se il TNG è l'unico “promettente mezzo di progresso per la Somalia„, a me sembra  che alla gente somala sia stato dato un limone! 

Presentandosi come i salvatori dei pagani calpestati, ms Frazier inoltre ha detto che gli Stati Uniti hanno stanziato un acconto iniziale di $40 milioni per avviare la assistenza umanitaria in Somalia. Circa $16 milioni sono stati stanziati per la assistenza umanitaria, $14 milioni per costituire un fondo per la forza “di stabilizzazione„ e $10 milioni nell'aiuto per lo sviluppo. Questo è una goccia nel mare se confrontata ai miliardi di valore in dollari dei beni  somali che “sono stati confiscati„, “congelati„ o “ messi nella lista nera„ dal governo degli Stati Uniti. Questo è un fatto importante per un altro giorno e non deve essere dimenticato, ma  bisogna anche dire che fin qui nessuno degli individui o gruppi di somali sulla lista di US/UN è stato trovato colpevole “di terrorismo„, né che sia stato trovato alcun collegamento con Al Qaeda.

Tanto quanto le affermazioni errate e prive di fondamento fatte contro l’UIC e i collegamenti ad Al Qaeda, le azioni degli Stati Uniti contro gli uomini di affari somali sono state basate su affermazioni portate dagli individui che supportano il TNG e dal regime di minoranza di Meles Zenawi in Etiopia. Nella maggior parte dei casi che sono stati portati alle corti degli Stati Uniti, e molti non sono stati ancora giudicati, sono stati accusati di reati secondari circa la mancanza di conformità alle leggi ecc. ma non per “terrorismo„.

Oggi, ancora una volta, è stata la “intelligenza„ etiopica e del TNG quella che ha condotto al bombardamento degli Stati Uniti della Somalia che ha ucciso non incolpevoli pastori e servito da pretesto a Meles Zenawi per l'invasione della Somalia. Il regime ingannevole di minoranza in Etiopia e il TNG sembrano aver trovato “la guerra al terrore„ lucrativa e pensano di poter guidare per sempre quel carro….NO! 

Washington ha continuato il sostegno  al regime di minoranza di Meles Zenawi, che crede che “la forza è giusta„ e nella supremazia della legge della giungla sulla norma di legge, in violazione del diritto internazionale,  massacrando a freddo  incolpevoli etiopici, continuando a detenere, violentare e intimidire migliaia di persone per farsi votare, ha incarcerato tutti i capi di opposizione, commesso genocidio nella regione dell'Etiopia di Gambela, e indebolisce ulteriormente la reputazione dell'America e la credibilità nel corno dell'Africa.

Non è Meles Zenawi a essere l'alleato degli Stati Uniti nella guerra globale al terrorismo; piuttosto sono gli Stati Uniti che sono alleati con il regime ingannevole di Meles Zenawi, genocida, repressivo, manovratore di voti  nel suo regno del terrore in Etiopia ed il Corno. 
​
La norma di legge deve prevalere sulla legge della giungla. 

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Questa non è una guerra tra Etiopia e Somalia ma degli Usa contro il Corno d’Africa

6/1/2007

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La politica degli Stati Uniti nella regione conduce ad un'instabilità a lungo termine dell'area intera ed al genocidio. Si può esser certi che i popoli della regione si uniranno in un ampio fronte antimperialista e finalmente daranno vita a relazioni fraterne tra tutte le nazionalità presenti. 
 
L'analisi di Mohamed Hassan *                       www.resistenze.org
06-01-2007 
 
Per comprendere cosa sta accadendo nel Corno d'Africa occorre innanzitutto spiegare la natura del TPLF, il regime di Zenawi Meles in Etiopia che il mese scorso ha inviato le sue truppe in Somalia.
 
Il Fronte di Liberazione popolare del Tigray (TPLF) è stato creato nel 1975. Nel suo primo manifesto si enunciava l’obiettivo di creare la Repubblica Indipendente del Tigray. Si tratta di un approccio prettamente nazionalista e razziale che fa della lingua il primo fattore di unione o divisione delle persone. Vi era opposizione a tale ristretta visione sia in seno allo stesso TPLF che all'interno di altre organizzazioni e fronti che hanno lottato contro il regime di Mengistu, la dittatura dell’epoca.
 
Il principio che si affermò fu che il Tigray dovesse considerarsi parte dell'Etiopia e non esigerne quindi l'indipendenza. La lotta di liberazione dell’Etiopia si pose come obiettivo primario la creazione di uno stato sovrano basato sull'uguaglianza delle etnie che intrattenesse relazioni fraterne con tutti i paesi vicini. Dopo 50 anni di guerra questa regione molto ricca ma abitata da persone molto povere desiderava un nuovo inizio e l’avvio di un'economia di sviluppo. 
 
Zenawi Meles è un grande demagogo ed un bugiardo, ora si serve del marxismo-leninismo ma domani userà il buddismo, almeno fin quando non gli tornerà utile ergersi a fautore dell'induismo contro il buddismo. Nascondendo i suoi progetti nazionalisti per il Tigray ha creato la Lega marxista-leninista per ottenere il controllo sul TPLF eliminando così al suo interno ogni opposizione contro la sua ristretta ideologia razziale.
 
Negli anni Ottanta, quando la lotta contro la dittatura di Mengistu divenne più forte, creò anche l'EPRDF, un più ampio fronte che rappresenta organizzazioni delle diverse nazionalità che vivono in Etiopia, sotto il comando del TPLF. Meles ha finto di volere l’unità delle etnie etiopiche, il suo vero obiettivo è sempre stato la creazione di un grande Tigray che controlli le altre nazionalità e regioni in Etiopia.
 
Quando cadde il regime di Mengistu, fu formato un governo di transizione. L'EPLF, il Fronte di Liberazione popolare della vicina Eritrea, che era stata occupata dall'Etiopia, convinse tutte le organizzazioni partecipanti al governo che era opportuno che tutto il paese fosse sotto il controllo militare dell'esercito del TPLF. Quando nel 1992, Zenawi si rese conto che il Fronte di Liberazione Omore (OLF) vinceva le elezioni locali, iniziò ad eliminarne i membri dal governo e l'OLF alla fine lasciò il governo. Anziché perseguire l'integrazione tra le varie etnie, Zenawi seguì la politica del "dividi et impera" contro tutte le altre nazionalità in Etiopia.
 
Oggi il "Grande Tigray", l'incredibile e reazionario sogno di Zenawi, si è fatto realtà. L'etnia Tigray rappresenta appena il 6% della popolazione etiopica (76 milioni di persone) ed il Tigray è una regione povera, situata a 800 km dalla capitale Addis Abeba. Tuttavia sono di nazionalità Tigray il 99% delle persone che controllano i servizi pubblici e il 98% dell'attività economica.
 
Qualsiasi opposizione e protesta è brutalmente repressa e l'autorità del TPLF/EPRDF è mantenuta attraverso politiche strettamente nazionaliste e razziste che dividono le diverse etnie etiopiche.
 
In realtà questa è una situazione molto pericolosa innanzitutto per lo stesso popolo Tigray. Conosco molte persone del Tigray che hanno vissuto l'intera vita ad Addis Abeba e che ora abbandonano il paese, perché si sentono odiate ogni giorno di più dai vicini di casa che sono, per la stragrande maggioranza, non-Tigray.
 
Nel contempo il regime è molto debole e dipende completamente dall'appoggio degli Stati Uniti.
 
Le elezioni del maggio 2005, sono state una grande sconfitta per l'EPRDF. I risultati ufficiali, pubblicati il mese successivo le elezioni, mettevano l'EPRDF in posizione di minoranza col 45%. Gli osservatori UE confermarono la sconfitta dell'EPRDF. Tuttavia il comitato ufficiale delle elezioni procedeva ad un'"indagine" che assegnava alla fine la vittoria all'EPRDF, con il 60%. I leader dei principali partiti di opposizione sono stati messi in prigione e molte persone sono state uccise.
 
Nell'ultimo anno, l'opposizione in Etiopia si è fatta più radicale. Nell'agosto 2006, un gruppo di ufficiali di alto grado guidati dal Generale Kamal Galchuu si sono uniti al Fronte di Liberazione Oromo. Nell'area Oromo si è innescata una vera intifadah e qualche mese fa, l'OLF ha lanciato un appello a tutti i gruppi di opposizione per unirsi in un'Alleanza per la Democrazia e la Liberà (ADF). 
 
Gli Stati Uniti sono soddisfatti della situazione profilatasi, con un burattino che dipende completamente dall'appoggio finanziario, politico e militare statunitense. Lo stato etiopico diventa sempre più un stato isolato, dominato dalla CIA. 
  
Il conflitto con l'Eritrea
  
La capacità militare dell'EPRDF negli anni Ottanta era relativamente debole e fu la stretta collaborazione con il Fronte di Liberazione popolare dell'Eritrea (EPLF), militarmente potente, che permise la vittoria sul dittatore Mengisthu nel 1991. Sono state le truppe dell'EPLF che hanno liberato la capitale etiopica Addis Abeba. Ma l'EPLF era un movimento di liberazione di un paese vicino, l'Eritrea appunto, occupata dall'Etiopia dal 1952 ed ad essa annessa dal 1962. L'obiettivo dell'EPRF era liberare l'Eritrea dall'occupazione etiopica e lo scopo dell'alleanza con l'EPRDF/TPLF era di farne cadere il governo. Una volta raggiunto l'obiettivo, l'EPLF ha preso in mano l'amministrazione dell'Eritrea ed ha organizzato un referendum nel 1993 il cui responso diceva che oltre l'98% degli eritrei volevano l'indipendenza. Intanto in Etiopia veniva formato da EPRDF/TPLF un governo di transizione. 
  
L'EPLF ha tenuto fede agli ideali di movimento di liberazione che perseguiva lo sviluppo del paese nell'interesse del popolo. Di qui una politica basata sull'autonomia, la mobilitazione della popolazione, l'insediamento di organizzazioni nazionali, il rifiuto di interferenze esterne attraverso ONG ed il controllo del commercio estero. L'EPLF ha anche seguito una politica basata sull'integrazione nazionale e la coabitazione delle 9 etnie eritree e le due religioni (cristiana e musulmana). 
Tutto l'opposto della politica di Zenawi in Etiopia basata su privatizzazioni, ingerenza straniera e la referenza ad istituzioni Internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. 
  
In considerazione di tali differenze, l'Eritrea decise nel 1997 di sostituire la moneta etiopica con una propria valuta, il Nakfa. 
  
Gli atti provocatori e gli omicidi ai danni degli ufficiali e soldati eritrei di stanza sui confini che si susseguirono da quel momento, portarono ad una guerra che durò da 1998 a 2000. 
Una catastrofe: sul lato etiopico persero la vita 135.000 soldati. Gli etiopi persero la guerra e furono costretti ad accettare l'accordo di Algeri nel 2000. 
  
L'accordo prevedeva tre fasi: 
  
1. Una commissione della Corte Internazionale dell'Aia avrebbe deciso in merito alla disputa territoriale e l'ubicazione esatta dei confini. 
2.  Un'altra commissione della Corte Internazionale avrebbe valutato le richieste di entrambe le parti in merito alla confisca ed ai danni subiti dalle proprietà dei cittadini. 
3. In ultimo, una commissione dell'Unione africana avrebbe stabilito a quale paese imputare la responsabilità dell'inizio del conflitto per riparare gli immensi danni causati dalla guerra. 
 
Le prime due commissioni hanno già concluso in favore dell'Eritrea ed è quasi certo che la terza commissione condannerà l'Etiopia, perché l'accusa del governo etiope contro l'Eritrea di aver scatenato un attacco aereo contro la città di Adi-Grat ed aver occupato il villaggio di Badima, è falsa. Quando la commissione esaminerà questa storia, la verità sarà lampante, tanto più che la prima commissione ha già deciso che Badima era su territorio eritreo. 
  
E' una spada di Damocle che pende sul governo di Zenawi Meles. Finora l'Unione africana, su pressione degli Stati Uniti, ha tardato la costituzione della terza commissione. Ma prima o poi, questa terza commissione sarà formata. 
  
Una guerra molto rischiosa contro la Somalia 
  
La posizione estremamente fragile del regime Meles, può spiegare l'attacco offensivo alla Somalia dello scorso dicembre. Attaccando la Somalia col pretesto di combattere "membri ed alleati di Al Qaeda", Zenawi intende porsi come l'uomo forte di Bush nel Corno d'Africa, alleato nella guerra globale degli USA contro il terrore islamico. Questa è però un'operazione molto rischiosa.
  
Innanzitutto, tra Etiopia e Somalia esiste animosità di vecchia data, costellata da guerre. Per i Somali, l'invasione etiopica è un'aggressione del nemico per eccellenza. Potrebbe esser paragonata ad un intervento militare della Germania contro il Belgio o la Francia. Il popolo somalo è uno solo, con una lingua ed una religione. L'unico fattore di divisione sono i clan. Dovendosi confrontare con una forza di occupazione straniera, si uniranno e risponderanno duramente. Gli americani stessi l'hanno sperimentato nel 1993. All'epoca avevano spedito 30.000 marines in Somalia per un'operazione militare chiamata "Restore Hope", ma sono stati presto costretti a ritirarli a causa delle perdite: i cadaveri dei soldati americani erano trascinati sulle strade esposti agli obiettivi delle macchine fotografiche. 
  
Secondo: il popolo somalo è sfinito dal caos e dalla distruzione imposta per 16 anni dal regime dei Signori della guerra. Sono gli stessi protetti e portati al potere a Mogadiscio dall'esercito etiopico. I Signori della guerra erano già odiati dai Somali per la loro corruzione. Ora loro saranno disprezzati come traditori e per lo spalleggiamento al nemico numero uno del popolo somalo, l'Etiopia. 
  
Terzo: la larga maggioranza dei Somali guarda alle Corti islamiche come ad un fattore di stabilizzazione. Non si tratta di un appoggio al terrorismo internazionale. La maggior parte degli jihadisti non parla somalo ed in pochi conoscono l'arabo, sono inoltre lontani per usi e costumi. Quando la popolazione ha aiutato le Corti islamiche a sconfiggere i Signori della guerra in poche settimane, e a liberare praticamente il paese intero nel giro di sei mesi, lo ha fatto perché non ne poteva più dell'anarchia e del saccheggio che i Signori della guerra imponevano. Dal 1991, 3 milioni di Somali hanno lasciano la Somalia: avanguardia laica che tenta di aiutare il proprio paese nonostante la corruzione dei Signori della guerra. Sono molto ingegnosi nel farlo. Per esempio, nonostante tutto il caos, la Somalia è l'unica nazione africana che dispone di buoni impianti di comunicazione telefonica in ogni villaggio; esiste un buon sistema bancario (1 miliardo $ all'anno); dispone di cinque compagnie aeree private e così via. Un gran numero di emigrati è disposto a ritornare in Somalia per ricostruire il paese, una volta che siano assicurate pace e sicurezza. Quando gli uomini d'affari somali hanno invitato i membri dell'ambasciata americana in Nairobi a verificare di persona l'assenza di uomini di Al Qaeda nelle Corti islamiche, gli americani si sono rifiutati. Non verrà dimenticato, né mai perdonato agli Stati Uniti ed al loro fantoccio etiope d'aver rigettato la Somalia di nuovo nel terrore e nel caos dei Signori della guerra. E' trasparente che il discorso sulla presenza di Al Qaeda in Somalia non è nulla più che un pretesto: una menzogna per giustificare la guerra. Proprio come la menzogna sulle armi di distruzione di massa di Saddam che ha giustificato l'aggressione contro l'Irak. 
  
Quarto: tutti i Somali sono consapevoli del fatto che in sedici anni di dominio dei Signori della guerra, non è giunto alcun segnale da parte della "Comunità Internazionale" per intervenire in Somalia. Sono altrettanto consapevoli che, appena le corti islamiche hanno riportarono ordine e stabilità, il consiglio di Sicurezza dell'ONU, sotto l'istigazione degli Stati Uniti, ha votato, il novembre scorso, la risoluzione 1752 che, spalancando la porta all'intervento etiopico, ha riportato il terrore e l'anarchia appena sconfitto. Quindi l'unico modo in cui il Somalo medio può vedere questa invasione è quella di un'aggressione contro la Somalia.
  
Quinto: I soldati invasori di Zenawi in Somalia appartengono per lo più alla tribù cristiana del Tigray. Questi soldati non parlano il somalo; quando penetreranno all'interno della Somalia, saranno esposti ad attacchi locali. Ma Zenawi ha bisogno che questi uomini rientrino in Etiopia al più presto perché ha bisogno di contrastare la crescente rivolta nel paese. È vero: gli americani stanno negoziando con Uganda e Nigeria per inviare 8000 truppe per rimpiazzare l'esercito etiopico. Ma chi pagherà questa operazione? Potranno questi poveri governi assumere il rischio di essere risucchiati nella palude di una guerra di guerriglia? Certamente i vari paesi vicini come il Kenia e l'Uganda, corrono seri rischi poiché sono molti i rifugiati somali che ricoverano in Kenia e che non dimenticheranno né perdoneranno un appoggio keniano all'Etiopia. L'economia dell'Uganda dipende grandemente dal porto keniota di Mombassa, ma nei pressi del porto c'è Lamui un centro urbano dove la maggioranza della popolazione è somala... Così può ben essere che le truppe di Zenawi siano costrette a trattenersi troppo a lungo in Somalia e che alla fine rimarranno impantanate in una palude fatale per il regime TPLF. 
  
Quale è il ruolo degli americani in questa guerra? 
  
Il regime di Zenawi è una forza canaglia usata dall'imperialismo americano nella regione. Fin da quando Antony Lake, consulente della sicurezza nazionale di Clinton, indicò l'Etiopia come uno dei quattro paesi chiave per la difesa degli interessi americani in Africa (gli altri erano Nigeria, Sud Africa ed Egitto), il governo Zenawi ha avuto tutto l'appoggio del quale ha avuto bisogno. 
  
L'esercito etiopico è attualmente una forza mercenaria locale al servizio degli americani che può essere usata contro qualsiasi paese dell'area. Su uno dei siti web dell'esercito americano, Stelle e Strisce (http://www.estripes.com /), si può leggere la testimonianza del 30 dicembre di uno dei sessanta istruttori americani che stanno addestrando soldati etiopici. Il Sergente di 1a Classe Bill Flippo, istruttore di Campo Hurso vicino alla città di Dire Dawa, in Etiopia, dice: "sento che quello che sto facendo sarà realmente utile nella guerra contro il terrore", ed ancora: "Le conoscenze che stiamo trasferendo a questi soldati saranno da loro usate se vanno a lottare in Somalia, Eritrea, ovunque." 
  
Molti osservatori sanno che l'invasione della Somalia da parte dell'Etiopia non solo è stata incoraggiata e protetta dagli Stati Uniti, ma anche pagata con soldi USA. Dopo i primi successi, l'esercito americano si è unito a quello etiopico nella caccia ai leader delle corti islamiche. 
  
Quali sono gli interessi americani nella regione? 
  
Ci sono petrolio e riserve di gas. Fin dal 1986, quattro grandi multinazionali del petrolio hanno ottenuto in un primo momento l'autorizzazione del presidente Siad Barre della Somalia per la ricerca del greggio. Ed hanno trovato importanti riserve.
Ma soprattutto la Somalia ha una posizione veramente strategica: la più lunga linea costiera dell'Africa, 3300km che guardano a quella che al momento è la più importante regione del mondo: il Medio Oriente. Le coste si affacciano anche all'Oceano indiano. Prima dell'arrivo dei Portoghesi nel XIV secolo, il traffico tra India e Africa che passava da quei porti era considerevole. Il 10% delle parole della lingua somala sono di origine indiana. 
L'Emiro dello Stato indiano di Kudjrad aveva guardie del corpo del Corno d'Africa. Nei porti somali vi erano locali che parlavano cinese chiamati "Abanas" che facevano da interpreti tra i cinesi e uomini d'affari africani. 
  
In questo secolo tornano alla ribalta Cina e India. Chalmers Johnson, presidente dell'Istituto di Ricerca delle politiche giapponesi, cita Javed Burki, un ex vicepresidente del Dipartimento della Banca mondiale cinese che predice che dal 2025 la Cina probabilmente avrà un PIL di $25 bilioni in termini di potere d'acquisto e sarà allora la più grande economia mondiale seguita dagli Stati Uniti con $20 bilioni. (http://www.tomdispatch.com/index.mhtml?pid=2259)
  
Già quest'anno siamo stati testimoni degli importanti sforzi compiuti dalla Cina per aumentare il suo business con l'Africa. La Cina necessita urgentemente di petrolio e altre materie prime per il suo rapido sviluppo economico, e l'Africa può ben rispondere a tale bisogno. Il Corno d'Africa diventa quindi il luogo strategico dei prossimi venti anni. 
  
Poiché l'amministrazione Bush non può controllare il mondo intero, si preferisce una politica di deliberata destabilizzazione dell'intera regione per molti anni a venire, piuttosto che permettere che il Corno d'Africa diventi un paese ricco con un ruolo chiave nelle crescenti relazioni commerciali tra Africa ed economie emergenti dell'Asia. 
  
Diversi Somali vivono in paesi vicini come l'Etiopia, il Kenia, il Gibuti. Il nazionalismo somalo si è infiammato e la guerra si estenderà a queste nazioni, finora conosciute solo come luoghi di destinazione turistica per i safari dell'Occidente.
  
Le popolazione della regione stanno maturando: vedono ciò che sta accadendo e la loro prima reazione è d'orrore. Se l'agenda di Bush prosegue nella destabilizzazione e nel genocidio, i sentimenti antimperialisti aumenteranno ed i popoli si uniranno per difendere le loro case ed i loro paesi. 
 
Traduzione per www.resistenze.org a cura del CCDP
*     Mohamed Hassan is the son of a member of the resistance against the regime of emperor Haile Selasie. He was born in Addis Ababa in 1958.
1972-1974 : active in the student movement against the emperor Haile Selassie.
1974-76: after the revolution in 1974 he was elected to the local council in Addis Ababa.
1976: spent a year in Somalia.
1977: spent seven months in South-Yemen and traveled in 1978 -1980 to Egypt, Sudan, Syria, Irak, Saudi-Arabia and Lebanon. In 1981 he arrived
in Belgium where he studied languages and public administration sciences.
1982: cofounder of an NGO "Somali Ogaden Comitee", which helped Somalian
Ethiopians in the diaspora.
1991: studies and doctorate in pedagogy at the VUB-university of Brussels.
1992-1994: after the revolution he returned to Ethiopia and became a diplomat in the embassies of Brussels, Beijing and Washington. In 1994 he left the diplomatic service because he disagreed with government policy. In 1995 he returned to Brussels and worked as a pedagogue in the Regionaal Integratie Centrum. Since 2000 he has collaborated with the bilingual publication Etudes Marxistes / Marxistische studies, where he has published articles such as Nation and nationalism (in nr 49), Saudi Arabia and Wahabism and The Muslim Brothers in Egypt (in nr 61).
In 2003 he wrote a book L’Irak face à l’Occupation (Iraq eye to eye with the occupation) with David Pestieau on the war in Iraq that has been published in French, Dutch, Spanish, Italian, German and Turkish.

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