Un tribunale svizzero ha deciso che gli Eritrei che hanno completato il loro servizio militare se le loro richieste di asilo sono respinte possono essere inviati in patria in sicurezza dalla Svizzera.
I dati del governo hanno dimostrato che gli Eritrei sono il più grande gruppo di richiedenti asilo in Svizzera, con alla fine di luglio quasi 14.500 cittadini richiedenti asilo. Quasi 9.000 di essi hanno ottenuto la protezione temporanea o lo status di rifugiato. Le Nazioni Unite considerano generalmente la fuga degli Eritrei come rifugiati piuttosto che immigrati economici, dopo che un'indagine U.N. sui diritti umani ha rilevato che 300.000-400.000 persone erano state "schiavizzate" in un servizio militare indeterminato e che funzionari dell'Eritrea dovrebbero essere processati per crimini contro l'umanità. L’Eritrea sostiene che le affermazioni delle U.N sulle violazioni dei diritti umani sono da biasimare e basate su false accuse, e hanno respinto le accuse di crimini contro l'umanità come "ridicole". Nella sintesi del suo verdetto rilasciato giovedì, il Tribunale amministrativo federale ha affermato che gli Eritrei che hanno completato il loro servizio militare possono essere mandati a casa. "Gli eritrei che hanno svolto il loro servizio militare non devono confrontarsi con un nuovo reclutamento o punizione per il loro ritorno nel loro paese di origine. Quelli interessati non sono pertanto minacciati di trattamenti che violino i diritti umani", ha detto riassumendo la corte. Questo vale anche per gli eritrei che hanno vissuto all'estero per anni, purché abbiano risolto la loro situazione con le autorità eritree pagando una tassa sul reddito del 2% e firmando una lettera di rammarico. La sentenza è definitiva e non può essere invocata. Il caso è stato portato da una donna eritrea che ha lasciato la sua patria a 29 anni dopo anni di servizio nazionale. Il tribunale ha affermato che lei ha lasciato le forze armate in modo ordinato anziché disertando e ha notato che i soldati in Eritrea sono regolarmente congedati anche se spesso devono servire per un periodo indefinito che potrebbe durare anni. Sebbene il sistema del servizio militare nazionale fosse al centro dell'indagine di U.N. del 2015 sul rispetto dei diritti umani in Eritrea, le U.N. hanno dichiarato che c'è stato un "clima travolgente di repressione", incluso l'uso di stupri e torture, che ha spinto le persone a fuggire. Un membro di tale inchiesta, il relatore speciale U.N. Sheila Keetharuth, ha dichiarato al Consiglio U.N. per i diritti umani di giugno che gli eritrei continuavano a subire arresti arbitrari, detenzione incommunicado, scomparse forzate e un sistema nazionale di servizio comparabile alla schiavitù. L'Eritrea ha rifiutato di cooperare con l'inchiesta della Keetharuth. Fonte
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La Comunità Eritrea in Italia sta seguendo con non poca preoccupazione la situazione dei rifugiati africani in Piazza Indipendenza a Roma.
L'edificio di via Curtatone ospitava cittadini eritrei, etiopici e somali tra cui molte mamme con bambini che le autorità e le istituzioni italiane dovrebbero tutelare offrendo loro un'adeguata sistemazione. È un'immagine alquanto spiacevole quella di vedere persone che bivaccano all'addiaccio in una piazza dal nome evocativo e contraddittorio: Indipendenza. Tutta la città di Roma e ancor di più l'Italia intera non fa una bella figura ma soprattutto mette in discussione la sua tanto sbandierata accoglienza. La Comunità Eritrea, che da anni lotta per fermare il traffico di esseri umani dall'Eritrea, davanti a scene così drammatiche e violente resta esterrefatta e, proprio per non lasciare nulla di intentato, chiama tutti gli eritrei di Roma e del Lazio affinché si attivino per offrire accoglienza ai loro concittadini più sfortunati. La Comunità Eritrea confida nel ripristino della legalità, è contraria all'occupazione abusiva di immobili altrui e, tuttavia, è consapevole della carenza di tutela di chi è stato riconosciuto come rifugiato politico per un diktat d'oltreoceano e poi lasciato solo, quando invece quello status dovrebbe comportare alcuni diritti basilari quale un tetto sopra la testa. La Comunità Eritrea chiede agli eritrei coinvolti di stemperare i toni per meglio risolvere i problemi nel rispetto delle leggi italiane vigenti. Auspica altresì che i diversi attori presenti in Piazza Indipendenza per motivi "umanitari" non vogliano strumentalizzare la situazione dei profughi solamente per portare acqua al proprio mulino. Comunità Eritrea in Italia La Procura di Trapani contesta al sacerdote eritreo di aver segnalato gli arrivi dei migranti nella chat segreta dei capitani delle navi umanitarie di ALESSANDRA ZINITI A fare il suo nome agli inquirenti sono stati i due addetti della security imbarcati a bordo della nave Vos Hestia di Save the children che hanno rivelato l'esistenza di una chat segreta tra i team leader a bordo delle navi umanitarie.
Don Mussie Zerai, sacerdote eritreo che da anni vive in Italia ed è punto di riferimento per migliaia di suoi concittadini che affrontano il viaggio verso l'Europa, è tra gli indagati della Procura di Trapani nell'ambito dell'inchiesta per favoreggiamento all'immigrazione clandestina che ha già portato al sequestro della nave Juventa della Ong tedesca Jugend Rettet. Anche per il sacerdote l'accusa sarebbe la stessa Secondo quanto riferito dai due testimoni, il sacerdote che riceveva le comunicazioni dai migranti imbarcati sui gommoni dei trafficanti, avrebbe fatto da tramite con i membri delle Ong segnalando giorno, ora e posizione delle imbarcazioni da soccorrere. Candidato al Nobel per la pace nel 2015, fondatore e presidente dell'agenzia di informazione Habeshia, definita "il salvagente dei migranti", con la quale offre assistenza telefonica ai migranti in partenza, stimolando l'intervento delle autorità nei luoghi in cui si trovano imbarcazioni in difficoltà, a Don Zerai gli uomini della squadra mobile di Trapani hanno notificato un avviso di garanzia. "Ho saputo soltanto lunedì dell'indagine - dice Mussie Zerai - e voglio andare a fondo in questa vicenda. Sono rientrato a Roma dall'Etiopia di proposito. In passato - aggiunge - ricevevo moltissime telefonate ogni giorno. Oggi ne ricevo molte meno, non saprei dire perché, ma il mio intervento è sempre stato a scopo umanitario". L'indagine, secondo ambienti giudiziari, si riferisce a presunte pressioni svolte dal prelato presso gli organi competenti nel soccorso in mare. "Prima ancora di informare le Ong - dice il religioso -, ogni volta ho allertato la centrale operativa della Guardia Costiera italiana e quella maltese. Mai ho avuto rapporti con la Iuventa ne aderisco a chat segrete. Ho sempre comunicato attraverso il mio telefono cellulare". Sul fronte Ong, questa mattina un'altra organizzazione che aveva già annunciato via mail la sua adesione, ha ufficialmente firmato il codice di comportamento al Viminale. E' la tedesca Sea eye. Per il momento sono quattro su otto le Ong che hanno aderito, a queste potrebbe aggiungersi domani Sos Mediterranèe che ha chiesto un incontro per chiarire alcune perplessità che hanno fino ad ora spinto l'organizzazione a rimanere nel fronte del "no". Restano fuori ancora Medici senza frontiere e le altre due tedesche Sea Watch e Jugend Rettet, quest'ultima al centro dell'indagine trapanese che da oggi passa sotto il coordinamento del nuovo procuratore Alfredo Morvillo. Fonte articolo In un’epoca di inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (George Orwell)
di Daniel Wedi Korbaria Premessa “Negli ultimi dieci anni l’Eritrea è stata un obiettivo di pratiche dannose e concertate di traffico di esseri umani” scrive il Presidente eritreo Isaias Afwerki al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon. “Gli architetti di questo flagello hanno ricorso a ulteriori schemi creando apposite etichette per mascherare il reato e nascondere la loro vera identità.” E conclude la sua lettera dicendo: “Il governo dell’Eritrea chiede con fermezza alle Nazioni Unite di avviare un’indagine indipendente e trasparente di questa situazione abominevole in modo da portare alla giustizia i colpevoli.” Era il febbraio 2013. Ovviamente, le Nazioni Unite non hanno mai avviato questa indagine indipendente per scoprire chi fossero tali “architetti”. Per gli eritrei è stato fin troppo facile arrivarci dal momento che il Presidente Obama al Clinton Global Initiative aveva confessato nel 2012: “Recentemente ho rinnovato le sanzioni su alcuni dei paesi più tirannici tra cui (…) l’Eritrea, collaboriamo con i gruppi che aiutano le donne e i bambini a scappare dalle mani dei loro aguzzini, stiamo aiutando altri paesi ad intensificare i loro sforzi e vediamo già dei risultati.” Mi chiedo perché un leader africano, al quale i mainstream media occidentali si rivolgono usando i peggiori epiteti, decida di chiedere un’indagine indipendente a chi dovrebbe essere super partes. E perché poi, quando tutti lo accusano di essere il responsabile numero uno della fuga dei giovani dall’Eritrea, dovrebbe auto crocifiggersi con questa richiesta? Se è davvero colpa sua perché voler aprire un’indagine? È proprio per indagare su questo che sono partito dal Corno d’Africa, ho attraversato deserto e mare fino a sbarcare nel Bel Paese dove mi sono imbattuto, o per meglio dire scontrato, nel muro della OSF, Open Society Foundations di George Soros. Mi son chiesto che diavolo ci facesse una fondazione americana sul suolo italiano e ho iniziato ad indagare per trovare la risposta. Un vero banchetto umanitario nel Mediterraneo Sono rimasto solo in Piazza San Giovanni, non c’è anima viva, fa fresco come a febbraio dopo giorni della merla così turbolenti da annunciare un inverno ancora molto lungo. Rifletto e mi dico: “Accidenti, c’erano molte cose che ci accomunavano, tutti eravamo dei piccoli Che Guevara, chi più chi meno. E tutti ci commuovevamo davanti alle ingiustizie del mondo, ci schifavamo nel vedere il pesce grosso mangiare il pesce piccolo. Quante volte in quella piazza abbiamo cantato: “Bandiera rossa la trionferà” oppure “Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor, O bella ciao, bella ciao…” Poi è successo qualcosa. Un misterioso spirito è calato sopra le nostre teste, ora respiriamo aria di terrorismo, islam vs cristianesimo, i media che diffondono notizie e immagini cruente come le teste tagliate dell’Isis o la devastazione di un quartiere nel medio oriente bombardato e la gente che disperatamente accorre per scavare e tirare fuori i corpi dei bambini. Oramai sono rimasto solo a Piazza San Giovanni indossando la mia maglietta rossa con il volto sbiadito del Che. Attorno a me solo automobili dell’estenuante e imperituro traffico di Roma. Ahimè, i miei ex compagni delle manifestazioni contro le guerre imperialiste sono stati intossicati dal fumo dei roboanti motori dei cacciabombardieri NATO e con la diossina nei polmoni si sentono esseri migliori, dei veri umanitari. Compagni chiamatemi pure come vi pare, extracomunitario, immigrato clandestino, migrante, rifugiato, profugo o richiedente asilo, non ha più importanza. Io sono quello che, sordo ai clacson di San Giovanni, è la voce narrante di questa storia che rasenta il fantastico. Dove siete finiti compagni? Dove siete voi che a squarciagola dicevate: “No alla guerra”? Le guerre e le devastazioni delle millenarie civiltà continuano ad esistere ma nessuno di voi manifesta più contro. Anzi, oramai fate parte di quella catena guerrafondaia che sta causando migliaia di morti l’anno. La sinistra che nel 2003 manifestava assieme a me contro la guerra in Iraq oggi sembra indifferente al destino degli Stati che continuano a fallire, anche Gheddafi meritava un po’ di misericordia e solidarietà, invece questa sinistra-imperialista torna a Piazza San Giovanni di Roma solo per il concerto del 1° Maggio. |
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Settembre 2024
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