VELDHOVEN - Secondo il Comitato Consultivo il sindaco di Veldhoven Jack Mikkers non poteva proibire la Conferenza dei giovani eritrei a Koningshof nell'aprile di quest'anno.
Secondo i membri della Commissione, il sindaco di Veldhoven "non ha fatto abbastanza" nel cercare altre soluzioni. Ed esorta il sindaco a revocare la sua decisione. Ma i consulenti di Mikkers dicono che ha preso la decisione giusta. All'inizio di aprile, il YPFDJ, membro del governo eritreo, ha organizzato una riunione nel centro congressuale di Koningshof a Veldhoven. Oltre 120 oppositori eritrei hanno dimostrato alle porte di Koningshof contro questa riunione. Quando scoppiarono dei tafferugli, Mikkers proibì la conferenza. I commissari concordano con il sindaco che esistevano "gravi criticità". Secondo loro, la paura di disordini ancora più gravi era anche giusta e quindi era necessario intervenire. Tuttavia, secondo il Comitato, ciò non significa che la conferenza doveva essere vietata, tanto più perché i disordini non erano stati causati dai partecipanti alla conferenza, ma da altri. Il sindaco ha affermato che, secondo lui, non esistevano semplicemente sufficienti agenti di polizia a monitorare l'intera area di Koningshof, ma secondo il Comitato, Mikkers non dimostra in modo sufficiente tale affermazione. Nel tentativo di farlo, Mikkers ha detto che sia Koningshof che la polizia hanno indicato che non potevano garantire la sicurezza dei congressi sti e dei manifestanti. Dopo che i manifestanti sono stati arrestati, la polizia mi ha chiesto esplicitamente di usare i miei poteri di emergenza e di proibire la conferenza ", ha detto il sindaco. Risarcimenti Gli ospiti della conferenza hanno chiesto i danni. Tuttavia, il Comitato non commenta questo aspetto. A giudizio della commissione su questo argomento deve prendere posizione Il sindaco. Il sindaco Mikkers però declina il compenso. Gli avversari sono ora rivolti alla corte. "Sta ai miei clienti decidere se andare in tribunale," afferma Bart-Jan Walraven che rappresenta i partecipanti alla conferenza. "Penso che le possibilità di successo siano molte". fonte
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Padre Mussie Zerai, le accuse di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e Meron Estefanos.18/9/2017 da Lucadonadel.it Abbiamo già parlato in un precedente approfondimento della figura di Padre Mussie Zerai (Analisi ONG nel Mediterraneo) e della onlus Habeshia, organizzazione da lui fondata con lo scopo di “aiutare i migranti eritrei a raggiungere l’Europa”. Habeshia ha sviluppato una piattaforma internet, Watch The Med (partner di Sea-Watch, una delle ONG che hanno operato nel Mediterraneo), di mappatura online per monitorare le morti e le violazioni dei diritti dei migranti alle frontiere marittime dell'UE, oltre ad aver stilato una guida per aiutare i migranti durante il viaggio e una volta giunti sulle coste italiane1. La stessa contiene anche il link del più famoso vademecum “Welcome to Europe” ora edito anche dalla Feltrinelli.2 Padre Mussie Zerai, che si autodefiniva “Padre Mosè” nel suo ultimo libro, nell'agosto scorso è stato raggiunto da un avviso di garanzia con l’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina" a seguito delle indagini condotte dalla Procura di Trapani. La stessa inchiesta ha coinvolto anche la ONG Jugend Rettet, con il sequestro della nave Iuventa e tre avvisi di garanzia indirizzati ai membri della stessa.3 Come riportato da Il Giornale4, “Padre Zerai sembra essere un centralino dei migranti, ma se segnali i gommoni fin dalla partenza, senza pericolo di vita imminente per la gente a bordo e magari ti vengono consegnati dai trafficanti, è complicità. Le stesse accuse rivolte dalla procura di Trapani alla Ong tedesca Jugend Rettet proprietaria della nave Iuventa, sequestrata per questo motivo dalla magistratura. Non solo: la Marina ha subito pressioni e ricatti da parte di padre Zerai, che in pratica intimava di andare a recuperare i migranti altrimenti avrebbe denunciato un'ipotetica omissione di soccorso. E il regime eritreo accusa da tempo il sacerdote di far parte di una «cricca» di attivisti dei diritti umani in Europa, che in realtà favorisce l'immigrazione clandestina e ha interessi politici. Il regime di Isaias Afewerki è sicuramente molto simile a una dittatura, ma non sembra un caso che dopo anni a Roma padre Zerai sia stato trasferito dal Vaticano in Svizzera nella lontana Friburgo”. Comunicato stampa
Chiusa la prima sessione del meeting internazionale «AFRICA, la nuova frontiera dello sviluppo», questa mattina a Bari, Fiera del Levante durante il quale si sono tratteggiati gli scenari geopolitici che riguardano il continente africano, si apre ora la tavola rotonda tecnica tra operatori e professionisti . Dopo gli indirizzi di saluto di Ordine degli Avvocati e Sindaco di Bari, sono intervenuti l’assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia Michele Mazzarano che ha ricordato i progetti che confermano la volontà politica della Regione nell’incentivo delle attività di internazionalizzazione delle imprese e il Sottosegretario del Ministero delle Attività produttive e cooperazione internazionale Benedetto della Vedova che ha inquadrato l’attenzione di questo e del precedente governo verso le politiche di cooperazione e investimento che coinvolgono l’Africa, ricordando come il forte incremento demografico, la giovane età media della popolazione africana e le opportunità di investimento e sviluppo rappresentano anche e soprattutto per l’imprenditoria italiana, una fonte certa di crescita reciproca. Della Vedova ha ricordato le difficoltà politiche e diplomatiche che riguardano in particolare alcuni paesi, ma anche le migliorate relazioni con alcuni paesi, tra i quali quelli presenti al meeting, Eritrea, Sudan e Sud Africa. Lo scenario geopolitico è stato completato da Adolfo Urso e Massimo D’Alema che hanno dato la propria lettura dei dati che riguardano la popolazione, la mole degli investimenti, la competizione con il maggior player, la Cina e i principali settori di interesse nel continente, tra i quali acqua, energia, infrastrutture e servizi, mettendoli in relazione con la politica estera e la diplomazia di questi ultimi anni e con i fenomeni della migrazione e richieste di asilo dalla dimensione epocale in corso dall’Africa. Gli ambasciatori eritreo Pietro Fessehazion e sudanese Amira Gornass hanno completato il quadro tratteggiando le peculiarità dei rispettivi paesi, ricchi di risorse e con un grande potenziale di scambio e sviluppo. «L’Eritrea e l’Italia hanno percorso un tratto di storia in comune – ha ricordato l’Ambasciatore Fessehazion - Faccio un appello agli imprenditori italiani perché vengano in Eritrea a investire, l’economia del paese è basata e deve svilupparsi soprattutto nell’agricoltura, ma anche la pesca, l’industria conciaria, il turismo e le risorse naturali potrebbero essere sviluppate grazie alla cooperazione tra i due paesi». «Il Sudan è stato oggetto di pesante e negativa attenzione da parte dei media e ha sofferto 50 anni di conflitti interni, si apre ora, dopo la secessione e con la prossima fine delle sanzioni internazionali, una nuova stagione – auspica l’Ambasciatrice Gornass – e le opportunità di sviluppo offerte dalle risorse del paese sono ampie ed estremamente interessanti anche perché incentivi, detassazione e formule di facilitazione sono al centro delle politiche del governo sudanese». Il forte interesse verso le opportunità di sviluppo e investimento nel continente africano hanno spinto numerosi operatori e professionisti a gremire la sala conferenze del padiglione 152 della Fiera del Levante e a trattenersi durante la seconda sessione, organizzata come tavola rotonda tra gli operatori della cooperazione, ICE, SACE, Confindustria, Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo, Puglia Sviluppo, E4Impact foundation, gli studi legali Polis Avvocati e Bonelli Erede e il MAECI. «Malgrado la complessità di un contesto globale in continua evoluzione, guardare ai mercati esteri ad alto potenziale rimane una scelta imprescindibile per le aziende italiane. Importanti segnali arrivano dall’Africa Sub-sahariana, dove prevediamo una crescita del PIL pari al 2,6% per l’anno in corso e del 3,5% per il 2018 – ha dichiarato Beniamino Quintieri, presidente di SACE- Nel 2016 il nostro portafoglio di operazioni di export e investimenti sostenuti in Africa in favore delle imprese italiane è più che raddoppiato, raggiungendo 1,6 miliardi di euro». In chiusura della mattinata è intervenuto il Governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano. «Per il terzo anno Polis Avvocati ha organizzato un meeting internazionale che è riuscito a portare a Bari personalità di spicco e operatori di grande rilievo su paesi considerati genericamente difficili. Il nostro studio è convinto di poter aiutare gli imprenditori che intendono internazionalizzare la propria attività anche grazie a queste occasioni di scambio e confronto. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti per la precisione e la qualità dell’approfondimento che hanno consentito, nonostante il maltempo, la buona riuscita dell’iniziativa». Ricevo e pubblico volentieri la prima parte di una lettera aperta scritta da Lamina. Eventuali commenti e osservazioni vanno indirizzati a Lamina titolare della proprietà intellettuale del testo che segue. Lettera aperta ai cittadini italiani (per conoscenza al governo italiano attuale e precedente) Tutto il male che l'Italia, in particolare questo governo e quello precedente soprattutto Renzi e il PD, ha fatto e continuano a fare nei confronti dell'Eritrea, penso il popolo eritreo e in particolare la Comunità Eritrea in Italia non lo dimenticherà. Se il suddetto governo attuale e precedente avessero la voglia di voler risolvere il problema degli sbarchi di immigrati, in particolare quelli che provengono dal Corno d’Africa bisognerebbe andare alle origini del problema. In questo L'Italia per la sua conoscenza coloniale (e non solo) doveva essere il portavoce di quell'area del Corno d'Africa affinché le Nazioni Unite, ed Unione Europea, ecc. fossero coinvolti attivamente a trovare una soluzione concreta e non una soluzione di facciata. Purtroppo iniziative di questo genere l’Italia non le fa, non le ha mai fatte e non so se le farà, perché ha interessi temporanei (non duraturi), per accontentare le richieste di parte che provengono dal gruppo di minoranza al potere in Etiopia. In questi passati 5 anni il governo italiano e alcuni dei suoi parlamentari PD sapevano benissimo che il principale problema del Corno d’Africa è il governo in Etiopia, che direttamente e indirettamente costringe i popoli di quell’area tra cui eritrei, somali, sud sudanesi e per la maggior parte gli stessi cittadini etiopi di etnia Oromo, Amara, Sidama, ecc a scappare e sbarcare nelle coste italiane. La gente di quest’area per lo più composta da giovani, donne, e bambini con tratti somatici simili, e che sono diversi dai tratti somatici dell’altra parte dell’Africa occidentale( vedi nigeriani, avoriani, senegalesi, maliani ecc. ) sono per la maggior parte di nazionalità etiope. Una volta arrivati nelle coste italiane e aver buttato via qualsiasi documento di riconoscimento in loro possesso o altro che possa indicare la loro provenienza originale dichiarano che sono eritrei. Dichiarano che sono eritrei perché approfittano del fatto che agli eritrei viene concesso il diritto di asilo politico. La cosa strana è che mentre per la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan o altro per la quale ogni cittadino italiano quotidianamente vedendo le immagini in TV o altro, se stesso può testimoniare e giustificare che la gente proveniente da quell’area e che sbarca sulle coste italiane ha il diritto di chiedere lo status di rifugiato politico in quanto scappa da situazioni di guerra, di bombardamenti, nel caso dell’Eritrea non ci sono dei motivi per la quale solo agli eritrei si dovrebbe concedere il diritto all’asilo politico. Anzi l’Eritrea a differenza di altri paesi dai quali provengono gli immigrati, è il paese più tranquillo da far invidia direi al mondo, dove esiste l’integrazione, la pace e la convivenza fra i popoli formata da 9(nove) etnie e che sono di religioni cristiana, e mussulmana(visitare, accertare o chiedere per credere). Non si può dire la stessa cosa per lo stato confinante e guerrafondaio dell’area che è l’Etiopia dove la sua gente avrebbe sì, il diritto all’asilo politico. Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=moG7tii1liMhttp://www.repubblica.it/solidarieta/dirittiumani/2016/10/10/news/etiopia_stato_di_emergenza_infiammeper_la_repressione_degli_oromi_-149479228/https://www.youtube.com/watch?v=qyieWjeFcdAhttps://www.youtube.com/watch?v=s-NTGZ4qBmc di Daniel Wedi Korbaria Autore e sceneggiatore eritreo, vive a Roma dal 1995, ha pubblicato diversi articoli scritti in italiano e tradotti in inglese, francese e norvegese
Aid cripple people, gli aiuti umanitari paralizzano le persone. Esayas Afewerki, presidente dell'Eritrea. Anni ottanta “We are the world, we are the children, we are the ones who make a brighter day, so let’s start giving…”1 cantavano le popstar americane capeggiate da Michael Jackson e Lionel Richie nel 1985 per aiutare gli affamati dell’Etiopia. Io c’ero allora e da allora, ahimè, non è cambiato nulla. In Etiopia si continua a morire di fame2 anche nel 2017 nonostante sia uno dei paesi africani che, per nutrire la sua popolazione, più beneficia degli aiuti umanitari occidentali. L’USAID3 è uno degli sponsor di questi sostanziosi aiuti al regime etiopico che in cambio offre basi militari agli americani e che soprattutto li aiuta nella loro politica del "war on terror" facendo combattere i propri uomini nella vicina Somalia. Finora migliaia di soldati etiopici sono morti in quella inutile guerra contro i terroristi di Al Shabaab, prestati a quel Paese fallito e diviso per clan tribali in vari pseudo stati. La Somalia è destinata a rimanere tale fino a quando farà comodo agli Stati Uniti. In quegli anni ottanta in cui gli eritrei combattevano per la loro indipendenza, tutto il nord Etiopia era devastato da disastrose siccità e carestie, e gli aiuti umanitari erano gestiti direttamente dal colonnello Menghistu Hailemariam che preferiva utilizzarli per sfamare il suo esercito piuttosto che la popolazione affamata a cui erano destinati. Morirono diverse centinaia di migliaia di persone. Durante la guerra di Liberazione, in Eritrea (allora una provincia dell’Etiopia) un’altra protagonista della distribuzione degli aiuti occidentali era la chiesa cattolica. Le varie congregazioni di religiosi, soprattutto francescani e comboniani, avevano potere di vita e di morte sulla popolazione affamata perché un chilo di farina o di latte in polvere valevano oro. Gli aiuti occidentali erano un’arma ed un potere che spesso e volentieri veniva esercitato. Fortunatamente, la siccità fini così come la guerra e nel 1993 l’Eritrea divenne la 187ma nazione. |
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Settembre 2024
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