I permessi di soggiorno e l’escamotage dell’omosessualità: l'inchiesta di Francesca Ronchin27/10/2019 Coffee Break La7 Un'inchiesta molto interessante, della giornalista Francesca Ronchin, per il Corriere TV. Il tema che abbiamo sollevato con la video inchiesta "Vuoi l'asilo? dichiarati gay" per il Corriere Tv ha catturato l'attenzione di molti colleghi ed è positivo perché le situazioni di abuso di un diritto, in questo caso il diritto d'asilo previsto dall'art. 10 della Costituzione per chi non gode nel proprio Paese delle libertà democratiche garantite dalla nostra Repubblica, finiscono per minare il diritto stesso che invece va tutelato. Ecco chi tra gli altri ne ha parlato: Blitz Quotidiano https://www.blitzquotidiano.it/…/migranti-gay-permesso-di-…/; globalist.it https://www.globalist.it/…/la-lega-usa-l-omofobia-per-legit…; Adriano Scianca per La Verità; http://www.glistranieri.it/si-fingono-omosessuali-per-otte…/; Marco Sales e Lodovica Palazzoli per Stasera Italia; https://newsmondo.it/migranti-truffa-ai-danni-dell-ital…/…/…; http://www.glistranieri.it/…
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Eccellenza Presidente Vladmir Putin
Eccellenze Capi di Stato e di Governo Illustri Capi Delegazione Signore e signori, Consentitemi di unirmi ad altri oratori per esprimere la nostra gratitudine al Presidente Putin per l'iniziativa che ha preso per ospitare questo Vertice. Vorrei anche esprimere i nostri migliori auguri al popolo russo per una maggiore crescita economica e prosperità. Siamo davvero grati per l'invito e l'opportunità accordataci di esprimere le nostre opinioni su questioni di fondamentale importanza per il nostro Continente e i suoi partner esterni. Signor Presidente Delegati illustri Consentitemi ora di evidenziare, in termini molto concisi, le nostre opinioni e i nostri approcci su varie iniziative esterne avviate per coltivare la cooperazione con l'Africa. Come abbiamo sottolineato nel nostro discorso alla recente UNGA, le politiche sbagliate dell'egemonia unipolare hanno generato interminabili crisi e distruzione negli ultimi 25 anni dalla fine della Guerra Fredda. I difetti e l'incompatibilità di un simile ordine mondiale sono ora diventati molto evidenti. Di fatto, si tratta di periodi critici in cui l'ordine internazionale prevalente si trova a un vero e proprio crocevia e attraversa un periodo di transizione. Nella seconda guerra mondiale, il popolo russo aveva combattuto contro il fascismo con eroismo. I pesanti sacrifici che hanno pagato erano per la giustizia globale, la stabilità e la prosperità di tutti i popoli. Sfortunatamente, questi alti ideali non potevano essere raggiunti nel periodo successivo della guerra fredda poiché l'Unione Sovietica alla fine esplose sotto il peso combinato delle avversità esterne cumulative e della concomitante mancanza di leadership. Negli ultimi 25 anni, la Federazione Russa ha superato il malessere interno; sconfitto schemi esterni di "contenimento"; ed è, oggi, pronta a ripristinare la sua legittima posizione e influenza a livello globale. La politica di approfondimento e rafforzamento dei suoi legami con l'Africa deve essere vista nel quadro di questo adeguamento globale delle sue relazioni internazionali. Asmara, 26 ottobre 2019- Il presidente Isaias Afwerki ha incontrato oggi, ad Adi Halo, la delegazione congiunta ONU-UA guidata dal Vice Segretario Generale, la signora Amina Mohammed. La delegazione è in visita di due giorni in Eritrea per evidenziare "il ruolo critico della partecipazione significativa delle donne alla pace, alla sicurezza e allo sviluppo".
Il presidente Isaias ha sottolineato che la visita congiunta di alto livello è stata una testimonianza dell'approfondimento della cooperazione e dell'impegno tra l'Eritrea e le Nazioni Unite. Il presidente ha chiarito l'esperienza dell'Eritrea nella lotta di liberazione nazionale e nella successiva fase di costruzione della nazione. Durante l'incontro sono state condotte ampie discussioni incentrate sui progressi dello sviluppo dell'Eritrea; l'impegno a rispettare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS); il ruolo vitale delle donne in tutti questi settori, nonché le misure efficaci da adottare per rettificare e invertire l'emarginazione africana. Il Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite ha lodato i risultati dello sviluppo dell'Eritrea attraverso la mobilitazione delle risorse interne e ha affermato la prontezza delle Nazioni Unite a sostenere l'accordo di pace tra l'Eritrea e l'Etiopia che ha creato un clima favorevole nel Corno come processo di transizione verso una cooperazione concreta. La delegazione congiunta ONU-UA ha tenuto una serie di incontri ieri con i ministri della Giustizia, dello sviluppo nazionale, dell'informazione, del lavoro e del benessere sociale nonché con il presidente dell'Unione nazionale delle donne eritree (NUEW) e ha visitato numerosi progetti tra cui la diga di Mislam; Strada Nefasit-Decamere-Serha in costruzione. In un'intervista con i media nazionali, la signora Amina Mohammed ha dichiarato di essere entusiasta di osservare i progressi compiuti dall'Eritrea con le risorse interne. La delegazione congiunta ONU-UA ha anche effettuato una visita simile in Somalia, Etiopia e Gibuti. Lunedi 4 novembre saro' nuovamente a Roma per presentare "Mother Eritrea" in uno spazio di lettura intitolato "Liberi da.... Liberi di...".
L'appuntamento e' nella sezione del PD Trieste Salario, in Piazza Verbano7 dalle ore 18:00 #Il Ministero degli Esteri dell'Eritrea ha convocato l'ambasciatore tedesco in Eritrea per chiedere chiarimenti/rettifiche circa l'incessante attacco al vetriolo contro l'Eritrea, che non ha nulla a che fare con il giornalismo oggettivo, da parte di un gruppo finanziato dal governo tedesco.
La Deutsche Welle, finanziata dal governo tedesco, persiste nelle sue sfrenate campagne diffamatorie contro l'Eritrea. Le ultime di queste serie spregevoli sono pezzi erronei e stridenti pubblicati su siti web circa il Processo di Pace e il Servizio Nazionale, da parte dei suoi redattori senior dei servizi in inglese e amarico. da Raimoq.com di Daniel Wedi Korbaria
Il Premio Nobel sarebbe dovuto arrivare nel Corno d’Africa già quattro anni fa quando Kristian Berg Harpiken, direttore dell’Istituto di ricerca internazionale di pace di Oslo, ebbe la pessima idea di candidare Don Mussie Zerai al Premio Nobel per la Pace 2015. Si, per quelle che si dicono le assurdità della vita, veniva candidato al Nobel per la Pace proprio un ex spacciatore di droga1 definito dai mainstream media italiani “l’angelo dei profughi” mentre finiva sotto indagine della procura di Trapani per “favoreggiamento all’immigrazione clandestina”. Diversamente, in questi mesi, tutti noi eritrei abbiamo tifato per il Primo Ministro etiopico Abiy Ahmed Ali e vederlo oggi premiato con il Premio Nobel della Pace ci ha davvero rallegrato il cuore. Infatti i nostri auguri più sinceri e le nostre testimonianze di apprezzamento corrono nei social media, twitter in primis. E sebbene consapevoli che non si possa applaudire con una mano sola, anche il nostro Presidente Isaias Afwerki avrebbe meritato congiuntamente ad Abiy il Premio Nobel, lo stesso sentiamo come nostra quest’onorificenza. Lo ritiene anche il Comitato per il Nobel norvegese che scrive nel suo annuncio: “La pace non deriva dalle azioni di una sola parte. Quando il primo ministro Abiy allungò la mano, il presidente Afwerki la afferrò e lo aiutò a formalizzare il processo di pace tra i due paesi.”2 Abiy ha avuto il coraggio di allungare in segno di pace la sua mano che ha incontrato quella del Presidente eritreo che l’ha stretta calorosamente. Il 20 giugno 2018, giornata della commemorazione dei Martiri Eritrei, il Presidente Isaias Afwerki nel suo discorso alla Nazione annunciò che l'Eritrea aveva accolto con favore l’iniziativa del Primo Ministro etiopico. Notizia che ci aveva commosso e colmato il cuore di gioia. Anche il predecessore di Abiy, Desalegn Hailemariam, nel 2012 aveva tentato un approccio dichiarando ad Al Jazeera3 di voler andare ad Asmara per negoziare con Isaias Afwerki. Il suo tentativo però non andò in porto poiché il Governo eritreo sosteneva che l’Etiopia dovesse prima rispettare incondizionatamente il verdetto EEBC (Commissione confini delle Nazioni Unite) che nell’aprile del 2002 aveva stabilito l’appartenenza dei territori contesi all’Eritrea compresa la città di Badme, casus belli di quell’assurda guerra di confine tra il 1998 e il 2000 che fece circa 100.000 vittime da entrambe le parti. Inizialmente l’Etiopia aveva accettato4 credendo che Badme le fosse stata assegnata ma quando scoprì che invece si trovava sul lato eritreo a circa 1.7 km dal confine rifiutò di accettare l’inappellabile verdetto e per ben 16 anni occupò militarmente i territori eritrei. Nel 2018, al contrario di Hailemariam Desalegn, l’appena eletto Abiy Ahmed dichiarò al suo Parlamento che avrebbe accettato il verdetto dell'arbitrato internazionale senza precondizioni restituendo così a noi eritrei l’agognata speranza della rappacificazione dopo vent’anni di no guerra no pace. E così, come fosse un neonato, la pace ha iniziato da subito a gattonare e, piano piano, ad ergersi e a camminare su due gambe fino ad arrivare a quello storico mese di giugno in cui è sbocciata come un fiore estivo. Ad Asmara e ad Addis Abeba i due leaders furono accolti da una folla festante in giubilo. Di seguito furono aperte le rispettive ambasciate e l’Ethiopian Airlines iniziò a volare carica di turisti di entrambi i paesi facendo la spola tra le due capitali. Furono riaperte anche le frontiere per alimentare anche l’andirivieni del commercio su ruote. E fin qui tutto bene. Ma c’è un problema. Un problema serio che minaccia la pace e che i media mainstream italiani non riescono ad identificare. L’Avvenire, il Giornale, la Stampa, il Messaggero e una decina di piccoli giornali copiano e incollano senza minimamente verificare, sbagliando a scrivere persino il nome del Presidente Isaias, la notizia pubblicata dall’agenzia di stampa Adnkrons: “L'abbraccio con il presidente eritreo Isais Afewerki e le visite reciproche nelle due capitali, la ripresa dei rapporti diplomatici e dei voli aerei fra Addis Abeba e l'Asmara hanno sollevato grandi entusiasmi, anche se la dittatura in Eritrea ha poi richiuso i confini, lasciando a metà il processo.” Scandalo ai Nobel: premiato Abiy, escluso Afewerki
ottobre 11, 2019 di guido talarico Il Premio Nobel per la pace del 2019, assegnato soltanto al primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed Alì, per aver messo pace al conflitto con l’Eritrea, ma negato alla sua controparte, vale a dire il Presidente eritreo Isaias Afewerki, è un controsenso che testimonia ancora una volta lo scarso coraggio, la poca autonomia e la debolezza politica del premio norvegese. Escludere dalla premiazione l’Eritrea ed Afewerki, vale a dire il paese ed il presidente che per vent’anni sono stati vittime degli attacchi etiopi, con tutti i costi umani e sociali che questo ha causato nel piccolo paese del Corno d’Africa, appare come una scelta grottesca. Abiy ha di certo meriti straordinari, sia per l’accordo di pace sia per i coraggiosi tentativi di aiutare il proprio paese e l’intera area ad avviarsi verso la via della serena convivenza e dello sviluppo. Ma senza la mano tesa che Afewerki gli ha porto il giorno dopo il suo insediamento Abiy non solo non avrebbe potuto fare alcun accordo di pace, ma al contrario sarebbe stato molto più fragile anche sul fronte interno. Quindi il Nobel andava dato ad entrambi. E non c’è giustificazione che tenga. Per altro vi erano precedenti illustri che indicavano quale fosse il percorso giusto. Nel 1993 il Nobel per la pace andò a Nelson Mandela e a Frederik de Klerk congiuntamente. Da una parte la vittima simbolo del sistema segregazionista sudafricano dall’altro il rappresentante del regime che creò quell’aberrazione chiamata apartheid. Il nero vittima e il bianco carnefice che si stringono la mano dopo l’uscita del primo da Roben Island, grazie all’apertura mentale del secondo. Il padre del nuovo Sud Africa e il figlio del vecchio establishment che vanno ad Oslo a ritirare il premio per la pace. Quella si che fu un’operazione coraggiosa fatta dai giurati di Oslo dell’epoca. Una scelta chiara che aiutò a sancire la pacificazione tra bianchi e neri in Sud Africa. Andava fatta la stessa cosa ora. Il Premio Nobel per la pace 2019 andava dato ad Abiy e ad Afewerki, congiuntamente. Perché la pace è merito di entrambi. Senza preconcetti, senza discriminazioni. Punto e basta. Invece così i giurati di Oslo hanno fatto un distinguo ingiusto che ricalca quella narrativa costruita sapientemente dal precedente regime etiope, governato dai tigrini, che, con l’aiuto determinante di Stati Uniti ed Europa, ha per decenni gettato fango e discredito sugli eritrei. Non a caso nella motivazione i giurati sottolineano come “il premio Nobel per la Pace vuole anche riconoscere tutti gli altri che stanno lavorando per la pace e la riconciliazione in Etiopia e nelle regioni dell’Est e del nord Est dell’Africa“. In particolare viene ricordata la “stretta collaborazione con il presidente dell’Eritrea Isaias Afewerki“, che ha permesso a Abiy di “fissare velocemente i principi di un accordo di pace per mettere fine al lungo stallo di ‘no pace no guerra’ tra Etiopia ed Eritrea“. Parole misere. Un tentativo di giustificare una scelta chiaramente pavida che indirettamente conferma quanto la stessa giuria fosse conscia di avere compiuto una scelta ingiusta. Ma questo è l’occidente, questa è la politica. Anche quando assegna un premio pensa prima ai propri interessi poi alla verità dei fatti. da buongiornonews |
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Settembre 2024
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