I cittadini eritrei in Italia, Qatar e Germania sono impegnati in varie attività diplomatiche. In Italia, Fesehatsion Petros, Ambasciatore dell’Eritrea in Italia, ha condotto seminari per i cittadini a Milano il 26 gennaio e a Roma il 2 febbraio. Questi seminari si sono concentrati sul progresso educativo in Eritrea. Durante gli eventi, l'Ambasciatore Fesehatsion ha sottolineato che un paese prospero e una società civile possono essere raggiunti attraverso risorse umane istruite. Ha sottolineato che il governo dell'Eritrea ha fatto investimenti significativi nell'istruzione, fornendo accesso gratuito a tutti i livelli di istruzione, compresa l'istruzione superiore. L'ambasciatore ha inoltre osservato che, grazie a questi sforzi, il tasso di analfabetismo, che prima dell'indipendenza era pari all'80%, è ora sceso al 20%. L'Ambasciatore Fesehatsion ha inoltre invitato i cittadini italiani a sostenere le iniziative del governo per costruire collegi nelle aree remote del Paese. I partecipanti hanno espresso la loro disponibilità a contribuire alla riuscita attuazione di questi progetti. In Qatar, il 1° febbraio la comunità eritrea ha tenuto a Doha il suo 9° congresso. Il congresso prevedeva una revisione completa delle attività svolte finora, insieme a discussioni sul ruolo che i paesi possono svolgere nell'attuazione dei programmi nazionali. Il signor Ali Ibrahim, ambasciatore dell’Eritrea in Qatar, ha elogiato la comunità per i suoi sforzi volti a rafforzare l’unità tra i cittadini e li ha esortati a migliorare il loro contributo agli affari nazionali. Durante il congresso i partecipanti hanno eletto anche un nuovo comitato esecutivo. Ministry of Information
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A SPASSO CON LA STORIA: "35 anni fa l’Operazione Fenkil: ricordando quella memorabile vittoria"7/2/2025 Tra l'8 e il 10 febbraio 1990 si tenne l'Operazione Fenkil, con cui le forze dell'EPLF liberarono la città costiera di Massawa. Fu un momento storico, che aprì le porte alla totale Indipendenza dell'Eritrea, da quel momento destinata a divenire a breve realtà. In questo articolo ripercorriamo brevemente tutta la storia che, di vittoria in vittoria, condusse le donne e gli uomini dell'EPLF fino a quel trionfo di 35 anni fa.
Di Filippo Bovo 7 Feb 2025 Siamo al cospetto di un importante Anniversario, quello dell’Operazione Fenkil con cui vittoriosamente le forze dell’EPLF (Eritrean People Liberation Front) liberarono Massawa sbaragliandovi le forze etiopiche che fino a quel momento l’avevano detenuta. In tre giorni, dall’8 al 10 febbraio 1990, con un’operazione anfibia, la prima nella trentennale storia della Guerra di Liberazione iniziata nel 1961, i combattenti dell’EPLF mobilitarono fanteria, unità corazzate e marina su un’area di ben oltre 1560 chilometri quadrati: un’imponente dimostrazione di potenza militare e di capacità organizzativa, tale da atterrire fin da subito l’esercito e il regime etiopici, che infatti da quel momento iniziarono a sbandare in maniera sempre più irreversibile. Fino ad allora Massaua, come tutta l’Eritrea, era stata saldamente controllata dalle truppe etiopiche. L’Eritrea risultava di fatto ancora una provincia dell’Etiopia, come unilateralmente aveva deciso dal Negus Haile Selassie nel 1962 con lo scioglimento della precedente Federazione tra Stati etiopico ed eritreo sorta dieci anni prima, una volta terminato il governo d’occupazione militare inglese sull’ormai ex colonia italiana. L’Eritrea, pur possedendo tutte le ragioni per ottenere l’indipendenza, come riconosciuto fin dal Dopoguerra anche in sede ONU, s’era invece vista dare al Negus etiopico dagli Alleati inglese e statunitense, nel più spudorato disprezzo del diritto internazionale. Immediate erano state le proteste della popolazione e dei partiti eritrei, duramente represse delle forze etiopiche: preso atto dell’impossibilità a condurre la lotta democratica, era emerso così il progetto di quella rivoluzionaria, con la fondazione del primo movimento indipendentista eritreo, l’ELF (Eritrean Liberation Front). Fu uno dei suoi fondatori, Idris Amid Awate, attaccando nel settembre 1961 un presidio della polizia etiopica, a dare ben più che simbolicamente avvio alla Guerra di Liberazione Eritrea, che si sarebbe trascinata fino al 1991. Da una sua costola, anni dopo, sarebbe poi sorto l’ancor più combattivo ed efficace EPLF, in grado di dare sempre più filo da torcere alle truppe etiopiche. Crollato nel 1974 il regime negussita, era subentrato quello filosovietico del DERG, ma nulla era comunque cambiato: ben presto al suo interno era emersa la figura del Colonnello Menghistu Haile Mariam, deciso a trionfare laddove il predecessore aveva fallito, ovvero nello “sradicamento del nemico” eritreo. Nei suoi piani l’EPLF doveva venir liquidato una volta per tutte, e le smanie d’indipendenza degli eritrei archiviate per sempre. Grazie agli ingenti aiuti ricevuti dall’URSS, che oltretutto affluivano proprio dal grande porto di Massawa, l’esercito etiopico poté così intraprendere una lotta accanita contro le forze dell’EPLF, fino a sottrarre loro con l’Operazione Stella Rossa del 1982 gran parte dei territori che in precedenza avevano guadagnato. A sostenerla vi era la marina sovietica, che proprio da Massaua e dalle coste eritree bombardava i combattenti dell’EPLF, mentre le truppe etiopiche coadiuvate da tremila consiglieri militari li attaccavano da terra. Drammatico fu l’impatto anche sulla popolazione civile, sulle cui sorti oltretutto piovve poco dopo pure una dolorosa carestia che mise ancor più in ginocchio il paese esponendolo al bisogno degli aiuti internazionali. Neanche tutto questo, comunque, indusse Menghistu a recedere dal proprio obiettivo: l’imperativo era lo “sradicamento del nemico” eritreo. Ma, come ci ricorda la storia, finì che invece a venir “sradicato” fu proprio lui, col suo regime e l’occupazione esercitata sull’Eritrea: perché questo infatti è il significato in italiano della parola Fenkil, “sradicamento del nemico”. Dopo l’Operazione Stella Rossa, le forze dell’EPLF riguadagnarono lentamente i vecchi capisaldi, finché nel 1988 con la Battaglia di Afabet del marzo 1988 non assestarono alle truppe nemiche un colpo pari a quello inferto dai vietnamiti ai francesi con quella di Dien Bien Phu. Era soltanto l’inizio: l’URSS, riconoscendo i propri errori nell’aver sostenuto una dittatura militare a reprimere una guerra di popolo, poco dopo revocò i propri aiuti alla giunta del DERG, lasciando Menghistu quasi a mani vuote. Anche altri alleati l’avevano abbandonato. Ma l’Operazione Fenkil, tale da condurre il suo regime nel vortice delle contraddizioni interne, persino a costringerlo ad ammettere la sconfitta ricevuta, non era ancora arrivata. Dopo un anno d’accurati preparativi, concentrando il grosso delle proprie forze nell’area del Semhar, nella notte dell’8 febbraio l’EPLF iniziò a muoversi molto rapidamente, seguendo due direttrici essenziali per aprire la battaglia vera e propria: da una parte chiudendo la strada da Asmara a Massaua, all’altezza di Gahtelay, per marciare quindi su Dongollo dopo essersi coperto le spalle; e dall’altra infiltrandosi dal Semhar su Massaua, col favore dell’oscurità. Raggiunta l’indomani la città, con una mossa a sorpresa presero il via i combattimenti veri e propri: dal mare, con barchini molto veloci ribattezzati proprio Fenkil, i combattenti eritrei attaccarono mandando presto in crisi la marina etiopica, mentre a terra si scontrarono direttamente con le forze meccanizzate etiopiche. L’esercito etiopico, fino a quel momento tra i più potenti del Continente Africano, subì un colpo irrecuperabile: perse in quelle 72 ore di battaglia oltre 40mila dei suoi uomini, tra caduti e feriti, e 110 dei suoi carri armati, tra 80 catturati dall’EPLF e 30 andati distrutti, mentre la marina etiopica venne completamente debellata. A contribuire all’irrecuperabile demoralizzazione dell’esercito etiopico, anche la cattura di 300 suoi ufficiali di alto e medio rango. L’ultimo flebile ruggito della bestia ferita a morte fu nell’asserragliamento dei suoi rimanenti soldati nella piccola Twalet, collegata dalla strada rialzata di Sigalet, tenendovi ostaggi i civili. L’EPLF promise al generale di brigata che esercitava quel sequestro l’amnistia in cambio del rilascio dei civili, ma questi si rifiutò: sarebbe stato il DERG, a quel punto, a non perdonarlo. Così dodici ore dopo, scaduto il suo cessate il fuoco unilaterale, l’EPLF attaccò il presidio vincendo ben presto contro la debole resistenza etiopica e liberando i civili. Da quel momento il DERG di Menghistu entrò nel vortice di un declino incontrollato. Riconosciuta la sconfitta e caduto nella disperazione, bombardò pesantemente Massaua con l’aviazione distruggendone le infrastrutture portuali e civili, e al contempo avviò delle riforme di facciata, nell’illusoria speranza che potessero bastargli a sopravvivere politicamente. Il Partito dei Lavoratori Etiopico decise di cambiare nome in Partito Democratico dell’Unità Etiopica, e d’intraprendere una serie di riforme economiche sulla falsariga dell’URSS gorbaceviano, mentre in seno al governo e al paese covavano sempre più le ribellioni e le defezioni di figure importanti e di reparti militari. Un anno dopo, con le forze dell’EPLF che stavano per piombare su Addis Abeba per chiudere anche con quella messinscena, Menghistu fuggì all’estero con le tasche piene di denaro dell’erario nazionale. In questi giorni, il 35esimo Anniversario dell’Operazione Fenkil è celebrato in Patria e dalle Comunità Eritree di tutto il mondo, cominciando da quelle in Italia, da Roma a Milano, da Napoli a Bari, da Firenze a Pisa, da Parma a Bologna, da Catania a Palermo, da Verona a Roseto degli Abruzzi, e ci scusiamo per tutte quelle che per eventuale errore non nominiamo. A tutte loro i nostri Auguri per dei festeggiamenti memorabili. Awet N’Hafash! Potere alle Masse! Turkish Airlines regola la rotta Istanbul-Juba via Asmara, potenziando la nuova connettività Turchia-Eritrea-Sud Sudan nell'estate 2025
Turkish Airlines ha annunciato un significativo adeguamento alle sue operazioni di volo in Africa, in particolare per quanto riguarda il suo servizio a Juba, Sud Sudan, per la stagione Nord Estate 2025. A partire dal 31 marzo 2025, la compagnia aerea prevede di sostituire il suo servizio senza sosta Istanbul-Juba esistente con un nuovo routing triangolare via Asmara, Eritrea. Questo cambiamento nella struttura delle rotte segna un riallineamento strategico della rete di Turkish Airlines nell'Africa orientale, con implicazioni sia per i viaggiatori d'affari che per i turisti. La mossa evidenzia la crescente importanza delle connessioni multi-stop nell'aviazione africana, consentendo una maggiore connettività tra le diverse regioni ottimizzando al contempo l'efficienza del volo e i costi operativi. Introducendo uno scalo ad Asmara, Turkish Airlines potrà espandere la sua portata nel Corno d'Africa, offrendo ulteriori opzioni per i passeggeri che viaggiano sia in Eritrea che in Sud Sudan. Questo cambiamento dovrebbe influenzare la domanda di viaggio, il prezzo dei biglietti e l'accessibilità complessiva a Juba, una città che svolge un ruolo chiave nelle attività economiche e diplomatiche del Sud Sudan. Nuovo orario dei voli e dettagli dell'aereo Secondo il piano operativo rivisto, Turkish Airlines servirà la rotta Istanbul-Asmara-Juba-Istanbul due volte a settimana, utilizzando un Boeing 737 MAX 8. Il programma è pensato per ospitare sia viaggiatori d'affari che di transito, con orari di partenza e arrivo strutturati per una connettività ottimale. https://www.travelandtourworld.com/.../turkish-airlines.../ credit Ghideon Musa Aron Di Ternafi Hadelibi | 7 gennaio 2025
Quando parliamo di panafricanismo, spesso evochiamo visioni di sovranità, resilienza e un fronte africano unito contro l'imperialismo. Tuttavia, in questa narrazione persiste un'omissione evidente: l'Eritrea. Nonostante incarni l'essenza degli ideali panafricani (autosufficienza, indipendenza e resistenza incrollabile al dominio straniero), l'Eritrea rimane marginalizzata nel discorso. Perché una nazione così risoluta nel suo impegno per la sovranità africana viene trascurata da coloro che affermano di sostenere la stessa causa? Per comprendere la posizione dell'Eritrea, dobbiamo iniziare dalla sua straordinaria storia. Il Fronte di liberazione popolare eritreo (EPLF), una forza rivoluzionaria senza pari in Africa, ha condotto l'Eritrea all'indipendenza attraverso la pura volontà e la brillantezza strategica. L'EPLF non solo smantellò il regime Derg dell'Etiopia, un'entità militare pesantemente armata dall'Unione Sovietica, ma superò anche le precedenti ambizioni imperiali dell'imperatore Haile Selassie sostenuto dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. Dopo l'indipendenza nel 1991, l'Eritrea affrontò il Fronte di liberazione popolare del Tigray (TPLF), che un tempo era stato suo alleato ma che in seguito divenne un regime sostenuto dall'Occidente intenzionato a destabilizzare il Corno d'Africa. Contro questa formidabile opposizione, l'Eritrea prevalse, mantenendo la sua sovranità mentre sopportava sanzioni, demonizzazione e provocazioni militari. Vivere il sogno panafricano L'Eritrea non si limita a predicare il panafricanismo; lo vive. Sotto il governo dell'EPLF, il paese adottò politiche che furono rivoluzionarie per l'Africa. Molto prima che diventasse di moda discutere di uguaglianza di genere nella leadership, l'EPLF aveva donne al servizio in combattimento e nell'amministrazione, rimodellando le norme di genere in una regione profondamente patriarcale. L'istruzione e l'assistenza sanitaria furono considerate prioritarie nelle aree liberate durante la lotta per l'indipendenza e in seguito istituzionalizzate nella politica nazionale. A differenza di molti stati africani postcoloniali che adottarono le lingue dei loro colonizzatori, l'Eritrea scelse una strada diversa, riconoscendo ufficialmente tutte le sue nove lingue etniche. Questa non era solo una politica linguistica; era una dichiarazione di unità nella diversità, una dichiarazione che nessun gruppo avrebbe dominato un altro sotto le mentite spoglie dell'"unità nazionale". Il rifiuto dell'Eritrea agli aiuti esteri, spesso un cavallo di Troia per il controllo neocoloniale, sottolinea ulteriormente il suo impegno per una vera sovranità. Invece di aiuti, l'Eritrea ha investito nell'autosufficienza, promuovendo un ethos che molte nazioni africane devono ancora abbracciare e realizzare pienamente. Demonizzazione da parte dell'Occidente L'indipendenza dell'Eritrea ha avuto un costo elevato, in gran parte perché si è rifiutata di giocare secondo le regole dell'egemonia occidentale. Il rifiuto del paese di accettare aiuti con vincoli, la sua insistenza nel risolvere i problemi africani attraverso soluzioni africane e il suo fermo impegno per una politica non allineata e un approccio indipendente lo hanno reso un bersaglio implacabile di ostilità. La famosa osservazione di Hillary Clinton, che definisce l'Eritrea come un "cattivo esempio di buona governance", riassume perfettamente la paura dell'Occidente di uno stato africano indipendente che traccia la propria rotta. Sono seguite sanzioni, campagne di disinformazione e tentativi di isolare l'Eritrea. La narrazione spinta dai media occidentali ritrae l'Eritrea come uno stato paria autoritario, ignorandone opportunamente i risultati e la resilienza. Questa campagna diffamatoria si è infiltrata nei circoli africani, dove persino alcuni intellettuali e movimenti panafricani hanno adottato l'immagine distorta creata dall'Occidente. Perché il silenzio dei panafricanisti? Il silenzio che circonda l'Eritrea nei circoli panafricani è sia sconcertante che preoccupante. Mentre i recenti movimenti anti-imperialisti nell'Africa occidentale, come quelli in Burkina Faso, Mali e Niger, meritano di essere celebrati, è l'Eritrea che da tempo è la stella polare dell'autodeterminazione africana. Decenni prima che queste nazioni iniziassero le loro lotte contro il neocolonialismo, l'Eritrea stava combattendo - e vincendo - contro probabilità ben maggiori. Eppure l'Eritrea è raramente riconosciuta come un esempio panafricano. Questa svista deriva probabilmente dall'influenza pervasiva delle narrazioni occidentali, che sono riuscite a inquadrare l'Eritrea come uno stato canaglia. È più facile allinearsi alla caricatura dell'Occidente sull'Eritrea che valutare criticamente le sue politiche e riconoscere il suo contributo all'indipendenza africana. Eritrea: un faro per l'Africa L'esperienza dell'Eritrea contiene lezioni inestimabili per l'Africa. La sua posizione incrollabile sulla sovranità ci ricorda che la vera indipendenza richiede sacrifici. Il suo impegno per l'autosufficienza dimostra che rifiutare gli aiuti esteri non è solo possibile, ma essenziale per uno sviluppo sostenibile. Il suo riconoscimento della diversità etnica e culturale sottolinea l'importanza dell'unità senza cancellazione. La dichiarazione del presidente Isaias Afwerki secondo cui "l'Eritrea non è in vendita" cattura l'essenza della filosofia del paese. È una filosofia che le nazioni africane devono abbracciare se vogliono liberarsi da secoli di sfruttamento e dipendenza. La resilienza dell'Eritrea, nonostante l'ostilità senza pari, è la prova che un'Africa autosufficiente non è un sogno irrealizzabile, ma una realtà tangibile. La storia dell'Eritrea è la storia dell'Africa Se il panafricanismo deve avere credibilità, deve riconoscere e celebrare i contributi dell'Eritrea. Ignorare l'Eritrea mentre si lodano nazioni che stanno appena iniziando il loro percorso anti-imperialista è un disservizio agli ideali stessi del panafricanismo. È tempo di affrontare le narrazioni che hanno messo da parte l'Eritrea e di dare a questa nazione il suo legittimo posto in prima linea nel movimento. La storia dell'Eritrea non è solo la sua; è la storia dell'Africa. Una storia di lotta, resilienza e incrollabile ricerca dell'indipendenza. È tempo che la raccontiamo come tale. da The Mesob Journal ROMA\ aise\ - “Lietissimo di rappresentare l'Italia in Eritrea, anche alla luce dei profondi legami storici esistenti tra i due Paesi”. Queste le prime parole di Alfonso Di Riso nella sua veste di nuovo ambasciatore d’Italia ad Asmara.
“Il mio mandato sarà indirizzato a promuovere una sincera e proficua collaborazione tra Roma e Asmara in tutti i settori di mutuo interesse”, ha assicurato Di Riso, al quale la Farnesina ha indirizzato le suecongratulazioni con un tweet. Nato nel 1965 a Napoli, dove si laurea in giurisprudenza e in scienze politiche, Alfonso Di Riso entra in carriera diplomatica nel 1997. Il suo primo incarico è al Contenzioso Diplomatico, Trattati e Affari Legislativi. Nel 2000 è secondo segretario commerciale a Kuala Lumpur, dove è confermato con funzioni di primo segretario commerciale. Nel 2003 è primo segretario a Teheran, sino al 2007, anno in cui rientra a Roma alla Direzione Generale Personale. Consigliere ad Algeri nel 2009, è confermato nella stessa sede con funzioni di primo consigliere. Nel 2013 è nominato incaricato d’Affari con Lettere ad Abidjan – e poi ambasciatore -, accreditato, con credenziali di ambasciatore, anche a Niamey (Niger), a Ouagadougou (Burkina Faso), a Monrovia (Liberia) e a Freetown (Sierra Leone). Rientra alla Farnesina nel 2017 ed è nominato capo dell’Unità per le Relazioni sindacali e l’innovazione della Direzione Generale Risorse e Innovazione. Nel 2021 è ambasciatore a Jerevan e ora approda ad Asmara. (aise) Dal giorno 4 al giorno 6 di gennaio 2025 si è tenuta in Asmara una importante conferenza internazionale dal titolo International Conference on Eritrean Studies.
Moltissime le autorità accademiche presenti al convegno caratterizzato da un fitto e articolato programma di conferenze. Per maggiori dettagli fare riferimento alla pagina di Ghideon Musa Aron Di Sabrina Solomon
Il 14 dicembre 2024 Il Sig. Marco Mancini, ambasciatore d'Italia presso lo Stato di Eritrea, ha condiviso le sue intuizioni sulle relazioni bilaterali tra Eritrea e Italia durante una breve intervista con Eritrea Profile. Questa interazione ha segnato la conclusione del suo mandato di quattro anni ad Asmara, Eritrea. Di seguito alcuni estratti dall'intervista: Come valuterebbe lo stato generale delle relazioni bilaterali tra Italia ed Eritrea durante il suo mandato? Quali misure specifiche ha adottato per rafforzare questi legami, in particolare nel commercio, negli investimenti e negli scambi culturali? Sono in Eritrea da quattro anni e tre mesi, un periodo piuttosto significativo. Quando mia moglie e io siamo arrivati per la prima volta ad Asmara, il mondo era alle prese con una grave epidemia di COVID-19. Una volta placata la pandemia, ho iniziato a collaborare con le istituzioni governative locali e la Confederazione dei lavoratori. Il vero e sostanziale lavoro è iniziato dopo la pandemia. Uno dei nostri principali risultati è stata la riapertura di Casa Del Italiani, il centro socio-culturale di Asmara. Ciò è stato ottenuto con la piena collaborazione del governo. Abbiamo organizzato una serie di vivaci eventi culturali, tra cui proiezioni di film, mostre d'arte e altro ancora. Di conseguenza, il centro è diventato un fulcro vitale per lo scambio culturale e la cooperazione tra Italia ed Eritrea. Per quanto riguarda il commercio e gli investimenti, abbiamo avviato ampie discussioni con il governo. Sua Eccellenza, il presidente Isaias Afwerki, ha fatto riferimento, in un'intervista dell'anno scorso, alla stabilità prevalente e alla pace duratura dell'Eritrea. Credo fermamente che questi due elementi siano fondamentali per lo sviluppo sia sociale che politico. L'Eritrea è sull'orlo di importanti riforme, in particolare nello sviluppo delle infrastrutture e in altre opportunità chiave. Questo paese ha un immenso potenziale nella sua economia, industria e materie prime. Per noi investitori occidentali, avere un quadro giuridico chiaro è fondamentale per attrarre investimenti stranieri. Sono consapevole che il Ministero della Giustizia sta conducendo un'analisi approfondita su queste riforme legali. Questo, a mio avviso, è il prossimo passo cruciale. Gli scambi commerciali tra Eritrea e Italia sono in corso da molti anni, ma c'è ancora spazio per miglioramenti. Lo sviluppo industriale ed economico deve iniziare con passi incrementali e positivi. Non stiamo immaginando progetti enormi, ma piuttosto miglioramenti graduali. Inoltre, promuovere la crescita culturale attraverso Casa Del Italiani rimane una priorità fondamentale, poiché riflette la storia condivisa e l'armonia culturale tra le nostre nazioni. La visita del Presidente Isaias Afwerki in Italia nel gennaio 2025 ha segnato una pietra miliare significativa. Quali accordi o intese specifici questa visita ha contribuito ad approfondire le relazioni bilaterali? La visita del Presidente Isaias in Italia ha segnato una pietra miliare fondamentale nelle nostre relazioni bilaterali. Non solo Sua Eccellenza ha partecipato al Summit Italia-Africa nel 2024, ma ha anche trascorso più di 10 giorni in Italia, un evento senza precedenti. Questa visita è stata un'esperienza eccezionale sia per l'Italia che per la comunità internazionale. L'importanza di questa visita si è estesa oltre gli incontri con il Primo Ministro italiano e altri Ministri del governo. Sua Eccellenza ha anche preso l'iniziativa di visitare varie regioni in Italia, osservando diverse società di produzione, un tratto unico del suo stile di leadership. Tale impegno pratico gli ha permesso di tornare in Eritrea con una ricchezza di idee illuminanti. Per l'Italia e l'Eritrea, questa visita ha rappresentato l'inizio di una nuova era di collaborazione basata sul rispetto reciproco e sull'equità. Ha introdotto una nuova piattaforma per la cooperazione, enfatizzando il dialogo e la partnership piuttosto che le direttive unilaterali delle nazioni occidentali. Nel contesto di nazioni africane come l'Eritrea, questo approccio collaborativo si allinea con la loro necessità di progetti mirati e reciprocamente vantaggiosi. Sua Eccellenza il Presidente Isaias Afwerki ha abbracciato con entusiasmo questa nuova filosofia. L'agenda del Summit si sta evolvendo e abbiamo molti progetti in cantiere. Signor Ambasciatore, quali opportunità vede per un'ulteriore cooperazione economica tra i due paesi, in particolare in settori come l'agricoltura, le energie rinnovabili e il turismo? Potrebbe dare la priorità a iniziative o progetti specifici? Dopo la visita di Sua Eccellenza in Italia, il nostro Ministro per le Imprese Made in Italy ha intrapreso la sua prima missione operativa in Eritrea. È arrivato con un livello di responsabilità significativo, in rappresentanza di importanti gruppi italiani impegnati nei settori portuale, navale, ferroviario, agro-tecnologico e sanitario. Durante la sua visita, il Ministro ha tenuto un ampio incontro con il Presidente e altri Ministri, dove hanno discusso un'ampia gamma di questioni e potenziali collaborazioni. Più o meno nello stesso periodo, abbiamo ha accolto la visita della Presidenza della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, guidata dalla Senatrice Stefania Craxi. Ha inoltre avuto colloqui con Sua Eccellenza il Presidente Isaias Afwerki, che hanno fornito una panoramica completa a 360 gradi delle relazioni bilaterali. A mio parere, questa visita è stata particolarmente significativa, in quanto ha gettato le basi per un'ulteriore cooperazione tra le due nazioni. Sia dal mio punto di vista che da quello dell'Ambasciata, sarebbe stato vantaggioso ospitare ulteriori visite di funzionari italiani. Tuttavia, l'attuale situazione globale è stata tumultuosa, con eventi internazionali come le crisi in Palestina e Ucraina che hanno interrotto gli impegni pianificati. Ad esempio, il Ministro della Difesa italiano aveva pianificato di visitare l'Eritrea, ma ha dovuto annullare la data proposta a causa di questi urgenti sviluppi internazionali. Nonostante queste sfide, rimango molto ottimista. Sono fiducioso che il prossimo anno porterà più opportunità per tali visite, aprendo la strada a una maggiore collaborazione e legami più profondi tra Italia ed Eritrea in settori economici chiave. Come vede l'Italia il ruolo dell'Eritrea nella promozione della pace e della stabilità regionale nel Corno d'Africa? In che modo l'Italia ha sostenuto questi sforzi? Quando gli ambasciatori completano le loro missioni, è consuetudine inviare una lettera di fine missione al Ministro degli Affari Esteri (italiano). Ho già scritto e spedito questa lettera e il suo obiettivo principale è quello di evidenziare l'Eritrea come un paese straordinariamente stabile nella regione. L'Eritrea è libera da conflitti, con confini sicuri e questa stabilità è di fondamentale importanza sia dal punto di vista politico che economico. Da un punto di vista economico, la stabilità è essenziale per attrarre investimenti esteri. È improbabile che gli investitori prendano in considerazione un paese afflitto da tumulti, conflitti o terrorismo. La stabilità dell'Eritrea la posiziona come un attore chiave nella stabilizzazione dell'intero Corno d'Africa. Osservando le attuali sfide in Etiopia, Sudan, Somalia e persino in Kenya, l'Eritrea si distingue come un faro di stabilità. La profonda comprensione del Presidente Isaias delle dinamiche regionali e la sua grande stima tra i leader vicini consolidano ulteriormente il ruolo cruciale dell'Eritrea. Sono in linea con la prospettiva del Presidente secondo cui la stabilità interna è un requisito fondamentale, poiché l'interferenza esterna spesso porta a instabilità e conflitti. La posizione geostrategica dell'Eritrea, con oltre 1.200 chilometri di costa lungo il Mar Rosso e abbondanti risorse naturali, ne accresce l'importanza. Dal punto di vista diplomatico, impegnarsi con l'Eritrea dovrebbe essere una priorità naturale, poiché svolge un ruolo fondamentale nella pace e nella sicurezza regionali. Sebbene vi siano aspetti che potrebbero essere migliorati, credo che da una prospettiva pragmatica e diplomatica, l'Eritrea meriti un maggiore riconoscimento da parte del mondo occidentale. L'Italia, in particolare, può e deve svolgere un ruolo più attivo nel promuovere questo impegno e sostenere i contributi dell'Eritrea alla stabilità regionale. In che modo l'Italia ha collaborato con l'Eritrea nei forum internazionali, in particolare all'interno dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite? Quali obiettivi e priorità comuni hanno perseguito i due Paesi? Ricordo una discussione significativa due anni fa all'interno dell'Unione Europea tra gli Stati membri in merito all'imposizione di sanzioni. L'Italia si è distinta come uno dei pochi paesi che si opponeva fermamente alle sanzioni, sostenendo che erano controproducenti e del tutto inefficaci come strumento nelle relazioni internazionali, soprattutto per quanto riguarda paesi come l'Eritrea. Alla fine, le Nazioni Unite hanno revocato le sanzioni. Per noi, le sanzioni sono una misura diplomatica improduttiva. In casi estremi, possono essere ripristinate, ma solo come ultima risorsa. Nei miei rapporti, ho costantemente sottolineato che l'Eritrea è stata sanzionata sulla base di accuse non provate. La comunità internazionale riconosce che parti del confine eritreo con l'Etiopia appartengono all'Eritrea, non all'Etiopia. L'interesse dell'Italia a impegnarsi e collaborare con l'Eritrea rimane forte, anche se altri paesi membri potrebbero non condividere lo stesso entusiasmo. Considero questo un caso di miopia, un fallimento nell'apprezzare la prospettiva e il potenziale dell'Eritrea. Sebbene la stabilità politica sia essenziale, è altrettanto importante esplorare il potenziale delle materie prime dell'Eritrea, in particolare nei settori del petrolio e dell'energia. Ciò solleva una domanda critica: perché non investire qui? Naturalmente, entrambe le parti devono adottare le misure necessarie per rendere possibile questa collaborazione. Gli investitori italiani sono effettivamente interessati, ma hanno bisogno di un quadro giuridico chiaro per garantire che i loro investimenti siano tutelati. Stabilire questo quadro è il prossimo passo fondamentale. Nell'arena internazionale, l'Italia ha costantemente sostenuto l'Eritrea in vari aspetti a causa della natura unica delle nostre relazioni bilaterali. Questo supporto è radicato nel rispetto reciproco e nelle priorità condivise, mirando a rafforzare i legami politici, economici e culturali, promuovendo al contempo lo sviluppo e la collaborazione. Quali esperienze personali ha ve hai avuto con la cultura e la gente dell'Eritrea durante il tuo soggiorno qui? In che modo queste esperienze hanno arricchito la tua comprensione dell'Eritrea e della sua gente? Questa è la domanda più importante per me. In termini diplomatici, questo incarico è considerato un "incarico difficile", il che significa che dopo due anni, si può richiedere di tornare o trasferirsi in un altro paese. Quando siamo arrivati per la prima volta, ero un po' preoccupato per la situazione di mia moglie. Mentre io dovevo concentrarmi sul mio lavoro, lei era rimasta sola. Ma poi è successo qualcosa di straordinario: è sbocciato l'amore. Uso la parola "amore" intenzionalmente perché ci siamo veramente innamorati della gente dell'Eritrea. La vita qui è semplice. Non è priva di sfide, ma ciò che ci ha veramente toccato sono stati i sorrisi sui volti delle persone e i loro cuori allegri, anche in mezzo alle difficoltà. Ora, mentre ci prepariamo a tornare in Italia, ci ritroviamo paradossalmente apprensivi nel riprendere lo stile di vita frenetico e le abitudini stressanti che dominano la vita nel cosiddetto mondo occidentale "civilizzato". Qui in Eritrea, abbiamo ricevuto i preziosi doni del relax, del senso dell'ospitalità e di uno stile di vita più semplice. Ci mancheranno profondamente. Siamo sempre pronti ad accogliere gli amici che abbiamo fatto qui come ospiti onorevoli nel nostro paese ogni volta che ci visiteranno. Speriamo anche di tornare come turisti per assaporare i paesaggi mozzafiato dell'Eritrea, dai mari alle montagne, il suo clima piacevole e l'assenza di malattie gravi. Questo paese è davvero unico. La nostra ammirazione per il popolo eritreo, la sua cultura e le sue tradizioni, che, per molti versi, si armonizzano magnificamente con la cultura italiana, ha lasciato un segno indelebile nei nostri cuori. Signor Ambasciatore, mentre conclude il suo mandato, quali sono le sue speranze per il futuro delle relazioni tra Eritrea e Italia? Quale consiglio darebbe al suo successore per rafforzare ulteriormente questi legami? Sono profondamente ottimista sul futuro delle relazioni bilaterali e mi considero fortunato di aver collaborato con questo Governo. Spero che il mio messaggio sia stato chiaro: spesso è importante piantare un seme nel cuore e i suoi frutti spunteranno col tempo, anche dopo che te ne sarai andato. A mio avviso, il 2025 sarà un anno cruciale per le relazioni tra Eritrea e Italia. Per ora, il futuro è nelle mani del mio successore per il momento, finché non arriverà un nuovo ambasciatore, il signor Paulo Zampella, secondo segretario dell'ambasciata italiana, che è qui da due anni. È un brillante giovane diplomatico che, a mio parere, condivide i miei sentimenti e dimostra un forte impegno nel lavorare con il governo e il popolo eritreo. Credo fermamente che il prossimo anno segnerà una svolta nei nostri rapporti bilaterali. Qualche parola conclusiva, signor ambasciatore? Il mio messaggio più sentito è esprimere la mia gratitudine per i quattro anni di esperienze intense e inestimabili che ho vissuto qui. Mia moglie e io lasciamo l'Eritrea con il cuore pesante, ma portiamo con noi ricordi e amicizie durature. Speriamo di tornare come turisti per riconnetterci con le persone meravigliose che abbiamo incontrato. Grazie mille. da shabait È stato solennemente celebrato il 54° anniversario dei massacri di Ona e Beskedira, perpetrati dalle forze nemiche su centinaia di cittadini innocenti dei villaggi di Ona e Beskedira il 30 novembre 1970. Gli eventi commemorativi hanno avuto luogo nella moschea di Beskedira, dove avvenne il massacro, e nel cimitero di Ona, dove riposano le vittime.
Il 1° dicembre 1970 l'esercito #etiope massacrò più di 800 persone, tra cui donne incinte, bambini e anziani. Le truppe etiopi spararono indiscriminatamente agli abitanti dei villaggi, uccidendo esseri umani e animali. Le famiglie si scioglievano come plastica nelle fiamme nelle loro case. Il massacro fu una rappresaglia all'uccisione del generale etiope, Teshome Ergetu. Gli anziani di Keren, guidati dallo sceicco Abdulahi Said Bekri e molti altri notabili, andarono a incontrare il comandante dell'esercito etiope a Keren. Quando lo incontrarono, lo sceicco Said Abdullahi disse coraggiosamente: “Non ti stringeremo la mano perché la tua mano non è pulita. Il sangue degli innocenti è nelle tue mani. Siamo venuti a chiedere il permesso di seppellire i nostri fratelli e sorelle”. Il comandante concesse loro mezza giornata e mercoledì 2 dicembre 1970 gli abitanti di Keren si recarono a Ona, seppellirono i morti e trasportarono i feriti in ospedale. Testimoni oculari hanno detto che in una fossa furono sepolti 20-50 cadaveri. Il 30 novembre 1970, Besikdra, situata a 20 chilometri a nord-est di #Keren, fu presa di mira dall'esercito etiope per un omicidio di massa. Quel giorno, l'esercito ha aperto il fuoco contro la moschea del villaggio e ha ucciso 120 persone che avevano cercato rifugio in quello che ritenevano fosse il luogo più sicuro. Complessivamente nel villaggio sono stati uccisi 220 eritrei di tutte le età. NON DIMENTICHEREMO MAI! Fonte shabait |
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Settembre 2024
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