ERITREA ETIOPIA
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ERITREA ETIOPIA

I numerosi aspetti della “Bella Asmara”

12/1/2017

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Asmara, la capitale dell'Eritrea, è una capsula del tempo molto ammirata che riflette l'italiana "dolce vita" del 1930. Al centro della città è stato conservato un gruppo di edifici modernisti - una visione futurista italiana eretta  dall'amministrazione coloniale di Mussolini. Il contesto postcoloniale di questo gioiello culturale è stato ora documentato in un progetto finanziato dal Fondo austriaco della Scienza FWF.

Asmara, la capitale del giovane Stato di Eritrea, vanta una delle più grandi insiemi intatti al mondo di architettura modernista classica del 20° secolo. Il centro della città è stato sviluppato come  capitale amministrativa durante il regime coloniale italiano in Africa Orientale. Nel processo tra il 1935 e il 1941 è stato eretto sull’altopiano, con il suo clima mite, un contesto urbano eclettico. Anche se l'architettura fascista come si trova in Italia non è esattamente affascinante per la sua sottigliezza, questo monumento culturale sul Corno d'Africa intriga gli appassionati di architettura e design.

Da quando l'Eritrea è diventata indipendente dall'Etiopia nel 1991, guide d'arte e mostre di architettura hanno celebrato Asmara come una "bella addormentata" che deve essere preservato per le generazioni future. Per l'Eritrea, il centro della città con la sua architettura coloniale non è solo una meta turistica lucrosa per il paese, è anche una parte riconosciuta della storia e dell'identità della giovane nazione. Con il sostegno del Fondo Austriaco per la Scienza FWF, un gruppo della Facoltà di Architettura dell'Università di Innsbruck ha iniziato un'esplorazione critica della nozione di "capsula del tempo soffusa di italiana dolce vita", aggiungendo a questo il contesto postcoloniale di Asmara.

Monumento storico architettonico e ambiente di vita post-coloniale

I membri del team dell'Istituto di Teoria Architettonica e Storia delle Costruzioni sono stati in grado di costruire un proprio progetto di ricerca già sperimentato a Casablanca e Kinshasa. "Le città coloniali erano spesso schermi di proiezione per fantasie moderniste e sono state costruite come visioni futuristiche per le città europee,  Asmara era una città per automobilisti ante litteram,  dal  momento che aveva  più semafori di quanti non ce ne fossero a Roma", spiega il ricercatore principale Peter Volgger.

Alla luce degli sconvolgimenti politici che si sono verificati dopo che il paese ha cessato di essere una  colonia dell'Africa Orientale Italiana, Asmara non è solo un fenomeno in termini di storia architettonica, ma anche in termini della sua realtà attuale come  paese postcoloniale. "Eravamo interessati al ruolo che questa architettura riveste per la popolazione locale di oggi. Abbiamo voluto sviluppare una teoria circa l'impatto attuale della storia dell'architettura coloniale." I ricercatori per questo approccio si sono basati sulle nozioni di biopolitica di Michel Foucault, che si concentrano sul potere dello Stato sui suoi cittadini.

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Kilimangiaro: Eritrea Memorie d'Africa 

11/1/2017

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"ERITREA, UNA STELLA NELLA NOTTE DELL'AFRICA"

9/1/2017

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E' iniziata in questi giorni la distribuzione del docufilm di Fulvio Grimaldi e Sandra Paganini "ERITREA, UNA STELLA NELLA NOTTE DELL'AFRICA".
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Per riceverlo si deve richiederne copia dvd all'indirizzo [email protected]  In risposta verranno spiegate le condizioni per la distribuzione. Le copie dvd vengono spedite per posta.
 
"ERITREA, UNA STELLA NELLA NOTTE DELL'AFRICA" è il 22° docufilm realizzato dal giornalista Fulvio Grimaldi sulle grandi questioni geopolitiche che segnano il nostro tempo, con particolare riguardo ai conflitti tra potenze che aggrediscono e popoli che si difendono.

La lista completa dei docufilm di Fulvio Grimaldi si trova in www.fulviogrimaldicontroblog.info.
 
Il docufilm copre un vuoto di informazione finora colmato dai grandi media essenzialmente con interventi di pura propaganda tesi a criminalizzare una nazione che si oppone ai diktat delle Grandi Potenze e degli organismi internazionali che ne vogliono imporre l'agenda sul piano economico, finanziario, commerciale e militare.
 
Il docufilm colloca la questione eritrea sullo sfondo della situazione geopolitica mondiale come si concretizza in Europa, America Latina, Asia, Medioriente. Quanto al continente africano che, a parte la sua parte araba che costeggia il Mediterraneo, è largamente trascurata dall'informazione e dalle analisi della stampa occidentale, emerge, da una voluta disattenzione generale, il revanscismo delle ex-potenze coloniali europee, oggi al traino di una vera a propria riconquista dell'Africa da parte degli Stati Uniti, presenti militarmente in quasi tutti gli Stati del Continente. Con altre modalità e altri obiettivi, si muovono sul continente con vigore anche la Cina, l'India e la Russia.
 
In questo contesto assume un ruolo di particolare rilievo, per la sua cruciale posizione strategica tra Mar Rosso e Oceano Indiano, il Corno d'Africa, con al centro l'Etiopia, guardiano degli interessi occidentali nella regione, a sud la Somalia, in pieno caos tra governi fantoccio, interventi Usa e internazionali e istanze di liberazione e, a nord, l'Eritrea, unico paese autenticamente sovrano, indipendente e autodeterminato dell'area. E perciò pesantemente diffamato dal solito coro politico-mediatico che non tollera entità difformi dai propri schemi di dominio e sfruttamento.
 
Il docufilm ripercorre la trentennale, epica lotta di liberazione del popolo eritreo dal dominio etiopico appoggiato in varie fasi prima dagli Stati Uniti, poi dall'URSS. Lotta di cui l'autore è stato testimone e cronista sul campo fin dagli anni '70. Viene poi raccontata la vicenda eritrea dall'indipendenza, sancita con referendum nel 1993, ai nostri giorni, il retaggio dell'Italia, di cui l'Eritrea è diventata  la prima colonia africana a fine '800, l'attuale campagna di demonizzazione del paese e della sua leadership basata su menzogne totalmente smentite dalla realtà, ma che hanno consentito che l'Eritrea venisse colpita da pesanti sanzioni ONU, Usa e UE.
 
Il momento centrale del lungometraggio è dedicato  all'Eritrea che si offre oggi al visitatore e al potenziale amico e partner. Un paese giovane, di giovani, di straordinaria bellezza naturale, un vero paradiso turistico tra spiagge sul Mar Rosso, vertiginose montagne, altopiani e bassopiani che si estendono verso la savana e il semideserto occidentali. non ricco, ma socialmente equo e impegnato in uno sviluppo fondato sui bisogni della popolazione: istruzione, sanità, ecologia, lavoro.
 
In un continente in cui i grandi movimenti di liberazione anticoloniali del secolo scorso hanno tradito le aspettative dei propri popoli e hanno perlopiù prodotto classi dirigenti predatrici all'interno e clientelari nei confronti dell'imperialismo, l'Eritrea costituisce un modello di autonomia, autosufficienza, dignità, giustizia sociale. Un modello di cui poderosi interessi temono il contagio.

La campagna di calunnie, le sanzioni, come le ripetute aggressioni etiopiche, sono espressione di tale timore. Se si vogliono fare paragoni, l'Eritrea di Isaias Afewerki ha risollevato la fiaccola strappata dalle mani di grandi liberatori come Lumumba, Cabral, Sankara, Nasser, Gheddafi. Per il continente africano è quello che era Cuba rivoluzionaria per l'America Latina.  E' una luce nella notte non solo dell'Africa.

 
Per questo è giusto, utile e affascinante conoscerla, sostenerla.
 
Gli autori.
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Scoperte in Eritrea impronte fossili di Homo erectus

6/1/2017

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Scritto da Leonardo Debbia il 05.01.2017

Un gruppo di ricerca internazionale di archeologi, provenienti da diverse Università italiane (Firenze, Padova e Torino) e da alcune Università straniere (Poitiers, Tarragona, Toulouse), sotto la guida dell’Università della Sapienza di Roma, ha scoperto una serie di impronte fossili, risalenti a circa 800mila anni fa, lasciate da antichi antenati umani.

La scoperta è avvenuta ad Aalad-Amo, nella regione orientale di Buia, in Eritrea.

L’attribuzione ad Homo erectus sembra la più probabile, dato che quella popolazione di ominidi era l’unica a frequentare quell’area, in quel periodo della storia dell’umanità.

Si trattava, tuttavia, come vedremo di seguito, di una specie chiave nell’evoluzione umana.

Le impronte fossili -.come sottolineato anche in precedenti casi analoghi – sono estremamente rare.

“In Africa ne sono state trovate, finora, solo a Laetoli, in Tanzania, attribuibili a 3,7 milioni di anni fa e a Ileret e Koobi Fora, due siti in Kenia datati su 1,5-1,4 milioni di anni fa”, afferma il paleoantropologo della Sapienza, Alfredo Coppa, che ha coordinato le operazioni di scavo. “Ma nessuna era riconducibile alla transizione tra Pleistocene antico e medio”.

Le impronte rinvenute in Eritrea hanno una somiglianza notevole con quelle umane moderne e possono fornire precise indicazioni sull’anatomia del piede e sul modo di locomozione di questi nostri lontani progenitori.

L’arcata mediana del piede e l’alluce addotto sono caratteristiche umane distintive, che testimoniano un’andatura efficiente, sia nella camminata che nella corsa. Dal loro esame, si possono desumere inoltre informazioni uniche sulla statura, la massa corporea e la biomeccanica dell’apparato locomotore.

Le orme sono state impresse, molto verosimilmente, da più individui che si spostavano su una superficie di circa 26 metri quadrati costituita da un sedimento di limo indurito ed evidentemente soggetto a inondazioni d’acqua.

L’orientamento delle tracce è nord-sud, in allineamento con altre orme attribuibili ad animali, probabilmente antilopi, oggi estinte.

Prove geologiche suggeriscono che l’area, oggi desertica, sia stata, all’epoca, una zona lacustre circondata da praterie.

“L’area dello scavo – afferma Coppa – è caratterizzata da una lunga successione di strati geologici, depositatisi nell’arco di centinaia di migliaia di anni, la cui tipologia ha caratteristiche idonee alla preservazione di resti scheletrici e di superfici fossili. I frammenti umani emersi indicano trattarsi di 5 o 6 individui”.

E’ da mettere in evidenza che il periodo di appartenenza di queste impronte, vale a dire il periodo di transizione tra il Pleistocene antico e il medio, riveste particolare rilevanza nell’evoluzione umana, dal momento che da Homo erectus si svilupparono specie umane con cervelli più grandi e corpi più moderni; da cui si evince il ruolo-chiave di questa specie, cui si accennava sopra.

La documentazione fossile umana tra 1,3 e 0,5 milioni di anni, in Africa è oltremodo scarsa, particolarmente per quanto riguarda lo scheletro post-craniale.

I fossili eritrei, datati sul milione di anni, sono pertanto molto preziosi per colmare questa lacuna.

Le caratteristiche anatomiche degli scheletri rappresentano un insieme di tratti antichi e moderni. L’aumento di capacità del cranio, collegato chiaramente con un aumento delle dimensioni del cervello, insieme ad alcuni aspetti più moderni dell’anca costituiscono un indicativo trait d’union con il più moderno Homo Heidelbergensis.

​da Gaianews.it
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Oliver Wedemeyer dalla Germania: "Dare all'Eritrea un'opportunità"

5/1/2017

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Il numero di migranti che raggiungono l'Europa dall'Africa e dal Medio Oriente è cresciuta in maniera massiccia negli ultimi due anni. Il modo in cui i paesi europei hanno gestito la questione è abbastanza discutibile, soprattutto nel nostro caso, in cui  l'asilo viene concesso quasi automaticamente a tutti coloro che affermano di essere eritrei.

Oliver Wedemeyer viene dalla Germania, è nato a Hildesheim, ha studiato filosofia e inglese presso l'Università di Oldenburg e Scienze Sociali e Scienze della Formazione presso l'Università di Vechta. Attualmente sta lavorando a Oldenburg con i migranti provenienti dall'Africa.

Oliver è stato qui in Eritrea nel mese di dicembre, per due settimane e mezzo, nella speranza di sapere di più sulla reale situazione in Eritrea. Ho parlato con lui poco prima della sua partenza e questo è ciò che Oliver Wedemeyer aveva da dire.

-Quale era lo scopo della tua visita in Eritrea?
Un mio amico mi ha invitato a unirmi a lui nel suo viaggio in patria.
Inoltre, ero molto curioso su come non c'era molta informazione in Germania circa l’Eritrea. Qualunque cosa senta nel mio lavorare con i migranti è molto discutibile e certamente mai abbastanza.

L'Eritrea ha una storia di lotta; sentiamo parlare di lotte simili di altri paesi, ma nulla sull’Eritrea. Ed è molto recente, non è accaduto 70 o 100 anni fa, è successo solo 25 anni fa, e ancora poco si parla di essa.
Quindi ero molto curioso di conoscere l'Eritrea, e, naturalmente, quando sono arrivato in Eritrea mi sono reso conto di quante poche informazioni avessi sull’Eritrea.

-Cosa ti aspettavi?
Non sapevo cosa aspettarmi. Avevo ricevuto alcune informazioni dai migranti e dai miei amici eritrei in Germania, ma  davvero non sapevo cosa aspettarmi.

A dire il vero mi ero formato  l'immagine dell'Eritrea come un paese molto repressivo e soggetto allo sfruttamento. Lo credevo  perché ci sono un sacco di migranti in Germania che affermano di essere eritrei e che per questo hanno un'alta probabilità di rimanere. Mentre quelli provenienti da altri paesi come il Camerun, per esempio, vengono inviati automaticamente indietro. E io in realtà sono andato in Camerun e mi sento molto più sicuro qui, e penso che l'Eritrea sia molto meglio in molti sensi.

Tecnicamente, quindi, questo sarebbe riassumere, i pensieri che avevo sull’ Eritrea.


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TANGENTOPOLI MEDIATICA (vol.1)

5/1/2017

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A questo punto la domanda sorge spontanea, perché l’Eritrea unisce in un trio un prete, un giornalista ed un avvocato? Cosa hanno in comune questi tre personaggi? La risposta quanto mai sconcertante è: la OSF (Open Society Foundations) di George Soros.
​
By daniel wedikorbaria
30 dicembre 2016

I  È Twitter baby!

È una brutta sensazione, quasi di una pugnalata alla schiena, quella che provi quando seguendo l’hashtag Eritrea su Twitter capiti su un profilo di cui sei già follower e scopri che non puoi più accedervi perché ti appare la scritta: “@X ti ha bloccato, perciò non puoi né seguire né leggere i Tweet di @X”.

Questo strumento di Twitter è discutibile ma legittimo, è anche “democratico” perché chiunque può bloccare chicchessia. Il problema nasce quando a bloccarti è uno che, in maniera sistematica, parla male del tuo Paese e tu che vorresti dire le tue ragioni non ne hai più la possibilità. Con questa opzione lui può continuare a sparlare liberamente raccontando menzogne e tu non puoi dirgli niente. È Twitter baby!

Finora sono stato bloccato da insospettabili personaggi come Sheila Keetharuth, relatore speciale sull’Eritrea, che avrebbe il dovere di ascoltare tutte le voci eritree per le sue indagini di “violazioni dei diritti umani”, compresa la mia. La mia colpa è stata quella di aver scritto un lungo articolo dal titolo: “La Santa Inquisizione di Sheila K.” che non deve essere stato di suo gradimento.

Eppure non sono mai volgare, non insulto le persone, mi ritengo una persona ben educata e predisposta al dialogo. Chi mi blocca, invece, lo fa perché non accetta un confronto o, semplicemente, non vuole essere sbugiardato. Vorrebbe continuare a scrivere sull’Eritrea senza essere smentito.
​
Martin Plaut

Poi ci sono quelli come Martin Plaut che non temono il fatto che tu possa conoscere molto meglio di loro il tuo Paese o semplicemente non gliene frega niente di twittare una vecchia foto di migliaia di mussulmani albanesi che pregano per strada durante la celebrazione dell’Aid al Adha e ci scrive sopra: “Numerosi eritrei manifestano a Ginevra contro il regime e in sostegno della Commissione d’Inchiesta dell’ONU”.
​
Agli eritrei che assieme a me lo contestavano lui ha risposto pigiando il tasto Blocca. Anche il suo amico e collega belga Leonard Vincent, famoso anti-eritreo dal linguaggio scurrile, vanta una lunghissima lista di cittadini eritrei “silenziati” su Twitter. Gli ho solo chiesto quanti eritrei avesse bloccato fino a quel momento per meritarmi l’epiteto di: “Fascist supporter! Sostenitore dei fascisti!” Trovo quantomeno bizzarro che un bianco definisca fascista un governo africano e subito dopo, poco democraticamente, mi riduca al silenzio!

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Unione Europea: per gli eritrei è sicuro tornare in Eritrea

3/1/2017

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Un rapporto dell’Unione Europea afferma che è sicuro per gli eritrei il ritorno a casa, i rimpatriati non affrontano conseguenze.

Chana Roberts | per ArutzSheva,
 
L'Ufficio Europeo di Sostegno per l'Asilo (UESA) ha pubblicato un rapporto lunedì affermando che coloro che hanno lasciato il paese per evitare la leva dovrebbero essere rimandati indietro per fare il loro servizio militare.
 
Il rapporto, che è stato completato nel mese di novembre 2016 e che è stato esaminato da parte degli Stati membri dell'UE, ha anche detto che il trattamento che i disertori ricevono in Eritrea "appare diventato meno duro in questi ultimi anni."
 
"La maggior parte delle fonti riportano che i trasgressori che hanno trasgredito per la prima volta sono ora generalmente detenuti per diversi mesi. La punizione per i disertori della parte militare del servizio nazionale, da quanto è riferito, è più severa della punizione imposta ai disertori della parte civile. Visto chei disertori non sono rintracciati in modo sistematico, un certo numero di loro rimane effettivamente impunito", afferma il rapporto.
 
Inoltre il rapporto chiarisce che "secondo una nuova, inedita direttiva, tali rimpatriati sono esenti da pena... La maggior parte degli individui che sono tornati in base a questa direttiva... non sono stati perseguitati. I pochi rapporti disponibili indicano che le autorità li trattano allo stesso modo come persone fermate all'interno dell’Eritrea o mentre lasciano illegalmente l’Eritrea.
 
"Per i disertori e i renitenti alla leva, ciò significa essere rispediti al servizio nazionale dopo diversi mesi di detenzione. La regolarizzazione non è necessaria per le persone che non hanno ancora raggiunto l'età di leva o che hanno già adempiuto il loro dovere di servizio nazionale."
 
La diserzione, l'uscita illegale, e la renitenza alla leva sono le tre ragioni principali per le quali i cittadini eritrei chiedono asilo nei paesi in cui si introducono.
 
Israele ha subito per molti anni l’ingresso clandestino di sudanesi e di eritrei. Recentemente, l’ex ministro Eli Yishai ha affermato che non vi è alcuna ragione per gli eritrei di non poter essere rinviati a casa in sicurezza e ha criticato il governo israeliano per la sua mancanza di azione, inoltre, una delegazione svizzera ha confermato che i rimpatriati non affrontano conseguenze al loro ritorno in Eritrea.

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Il presidente Isaias ha inviato un messaggio al leader stranieri

1/1/2017

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Asmara, 1 gen 2017 - Il presidente Isaias Afwerki ha inviato un messaggio a diversi capi di Stato e di governo sull'avvento del nuovo anno, ancora una volta richiamando la loro attenzione sulle continue ingiustizie  inflitte all'Eritrea.

Il Presidente ha sottolineato che tali atti indifendibili non sono solo in contrasto con i principi fondamentali del diritto internazionale e della morale, ma sono anche gravidi di minacce pericolose per la pace e la sicurezza regionale.


Ricordando che  sono trascorsi 14 anni​ dopo l'adozione della sentenza della Eritrea-Etiopia Boundary Commissione sulla delimitazione del confine e la sua demarcazione, il Presidente ha sottolineato che i territori sovrani eritrei restano ancora sotto occupazione.

A questo proposito, ha invitato i capi di garantire il rispetto dello Stato di diritto.


Il presidente Isaias ha sottolineato che il popolo eritreo è stato danneggiato più volte  in passato dalle Nazioni Unitee e in quanto  tale merita risarcimento e riparazione per i torti subiti e non continue e  ingiustificate punizione.

Per quanto riguarda le sanzioni illegali e ingiuste contro l'Eritrea, il presidente ha osservato che le sanzioni sono state approvate con un ingiustificabile inganno e  ​ con accuse fabbricate che non avevano fondamento di diritto o di fatto.

Il presidente Isaias ha sottolineato che lo scopo principale delle sanzioni è stato quello di distogliere l'attenzione internazionale dalla occupazione di territori sovrani eritrei e quindi escludere l'Eritrea dal rivendicare i suoi diritti legittimi.


Il presidente Isaias ha sottolineato che le continue​ azioni sbagliate  contro il popolo eritreo, insieme con l'occupazione di territori sovrani eritrei costituiscono un danno al di là delle riparazioni e ha invitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a correggere gli errori senza ulteriori ritardi.
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