Nei decenni passati la grande, antica e complessa Etiopia è stata squassata da dissesti epocali che avevano fatto seguito allo sfaldamento dell’Impero Etiopico. Haile Sellassie non era stato in grado di traghettare il suo paese nell’era moderna per non aver avuto l’intuizione o forse la capacità di passare da un sistema tipicamente feudale a un tipo di società più coesa dal punto di vista etnico, sociale e religioso. A causa di questo l’Etiopia piombò nel periodo oscuro della dittatura di Menghistu Haile Mariam coinvolgendo nel suo destino anche l’Eritrea.
I due paesi simili e fratelli si ritrovarono schiacciati da una guerra infinita che li divise e contrappose trascinandoli lungo una china lunga e rovinosa. L’Etiopia in particolare, colpita anche da carestie devastanti, si ritrovò a dipendere economicamente da potenze straniere egemoni che ne sfruttavano la posizione geografica per tenere in perenne stato di soggezione quella importante parte dell’Africa Orientale, condizionandone la politica interna e il libero sviluppo. Contrariamente a ogni logica previsione dopo trent’anni di lotta armata a prevalere fu l’Eritrea che forgiata dai lunghi anni di preparazione del proprio futuro di paese nuovo ed emancipato, consapevole dell’importanza fondamentale di uno stato di pace e stabilità regionale come requisito per il progresso economico e sociale di tutti, non si limitò all’ottenimento della propria indipendenza ma arrivò a liberare Addis Abeba con le proprie divisioni corazzate rimanendovi fino al raggiungimento di importanti accordi che garantivano stabilità per Etiopia nel suo insieme e per l’intera area geografica. Come è noto infatti la resistenza interna contro il regime di Menghistu era stata condotta dal Fronte popolare del Tigray che aveva un suo progetto mirato alla realizzazione del Grande Tigray e non alla gestione dell’immensa Etiopia nella sua interezza. Per questo i combattenti eritrei condussero lunghe trattative al fine di convincere Melles Zenawe e i suoi di governare l’intero paese avviandolo verso un periodo di normalizzazione e di pace, prima di rientrare in Eritrea. Sembrava che finalmente la pace avesse prevalso a conclusione di tanti anni di violenze e sopraffazioni che avevano condizionato negativamente sia l’Etiopia che l’Eritrea, molti accordi economici fra i due paesi avevano promosso un grande sviluppo economico che era stato salutato da tutta l’Africa come l’esempio da seguire. In breve tempo però in Etiopia a prevalere fu la parte più oltranzista del Tigray, denominata Waiane, la quale forte del supporto economico e politico di paesi egemoni ha lungamente governato l’Etiopia attraverso elezioni manipolate che della democrazia rappresentavano solo un vogo simulacro, tenendo sotto controllo ogni forma di opposizione interna con la violenza e la sopraffazione. I Waiane ricalcando gli stessi errori fatti in passato dai precedenti leader etiopici, oltre al malgoverno generalizzato, riaccesero anche la scintilla della guerra scatenando un nuovo e inutile conflitto con l’Eritrea in una inarrestabile deriva totalitaria e autolesionista che non si è scomposta neanche di fronte a un verdetto internazionale che imponeva all’Etiopia di liberare i territori sovrani eritrei e a marcare i confini secondo quanto stabilito dalla Commissione Confini Etiopia Eritrea. A questo ben presto seguì un sempre più crescente dissenso interno alimentato dalla presa di coscienza di quelle parti etnico sociali da sempre tenute lontane dai centri di potere, sfruttate e oppresse, vittime principali di una politica economica disastrosa che per favorire partner esterni depauperavano il patrimonio pubblico con concessioni territoriali e indebitamento insostenibile. In particolare quella del movimento degli Oromo, in rappresentanza di una massa silenziosa ed emarginata composta da quasi la metà dell’intera popolazione etiopica. Una massa mai capace di esprimersi attraverso una classe di intellettuali in grado di arginare le sopraffazioni, gli espropri e lo sfruttamento subiti ad opera della illegittima minoranza Waiane al potere. Il governo eritreo da parte sua ha sempre condotto ogni possibile iniziativa politica a favore di pace e stabilità regionali e per scongiurare il pericolo di divisioni interne nei paesi del Corno d’Africa. La Conferenza per la Ri-liberazione della Somalia o la conciliazione fra Sudan e Sud Sudan, così come lo stesso arbitrato internazionale per la vertenza per le isole Hanish prima e i confini con l’Etiopia poi, sono parte di quelle costanti iniziative tese al raggiungimento dell’unico possibile risultato di interesse comune fra i popoli africani che è la Pace. L’Eritrea moderna e indipendente è stata forgiata sui principi di eguaglianza sociale, etnica, di religione e di genere, e su questi principi ha fondato la sua intera politica estera predicando il rispetto e l’autodeterminazione dei popoli al fine di raggiungere una condizione di pace e stabilità. Principi fino a poco tempo fa in contrasto con gli interessi dei paesi egemoni che in Africa hanno sempre agito in modo da favorire l’instabilità e i conflitti per esercitare il loro controllo. Alla lunga questa politica ha prodotto effetti secondari indesiderati fra i quali la migrazione di massa verso i paesi occidentali prontamente sfruttata economicamente o politicamente con conseguenze umanitarie drammatiche. Questo fenomeno unito alle iniziative economiche del governo cinese in Africa e alle disastrose conseguenze delle guerre indotte ma mal gestite, hanno portato a un cambiamento nella gestione del fenomeno Africa che in questo momento ha come simbolo e protagonista il primo ministro etiopico Abiy Ahmed Ali. Abiy è definito: “L'uomo che a 41 anni ha cambiato l'Etiopia in 100 giorni”, un tempo così breve che molti non sono riusciti a comprendere in tutta la sua valenza epocale quello che sta succedendo in Etiopia ed Eritrea e per questo ho deciso di dare un seguito al lungo lavoro svolto dal sito web “Eritrea Eritrea”, oramai giunto al suo logico epilogo come spiegato nel messaggio di commiato, e promuovere la ritrovata amicizia con l’Etiopia con un nuovo corso di informazione fondato non più sulla contrapposizione fra i due paesi ma in omaggio alla pace e a un futuro di prosperità. Eritrea Eritrea diventa Eritrea Etiopia Stefano Pettini
1 Comment
massimo
6/9/2018 05:31:20 pm
Grazie per aver deciso di continuare.
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