OGGI È UN GIORNO IMPORTANTE PER ME L’ho già raccontato in altre occasioni. Io sono cresciuto in Italia e, anche tenendo conto di tutte le varie difficoltà e contraddizioni, sono cresciuto percependomi, principalmente, come italiano. Ciò mi ha portato inizialmente a cascare, pesantemente, nella narrazione che i media hanno tessuto sull’Eritrea. Avendo in testa concetti come democrazia, diritti umani, dittatura ecc… Ci sono cascato. I concetti che avevo in testa, seppur sacrosanti, posso oggi affermare sinceramente che non ne conoscevo il senso profondo e ciò mi ha portato ad usarli nei miei ragionamenti, contraddicendo però il loro senso profondo e reale. Questo mi ha portato a non riuscire a cogliere, nell’immediato, la realtà sull’Eritrea. Questo ha, in qualche misura, creato una spaccatura nel rapporto con mio padre. Non tanto perché mio padre fosse intollerante verso di me ma perché io lo ero nei suoi confronti. Mi vergogno a dover ammettere che, nella mia mente, ho etichettato negativamente mio padre come “africano”, “troglodita” e “ignorante”, nonostante, nei nostri confronti dialettici, il maleducato e il troglodita fossi sicuramente io. Quando, per conto mio, ho preso coscienza della realtà eritrea, mi sono sinceramente vergognato. Mi sono sentito superiore quando non lo ero. Questo mi ha portato a voler parlare di Eritrea, contrapponendomi pubblicamente a quella narrazione di cui io per primo sono stato “vittima”. Questa è la radice di quello che faccio oggi parlando di Eritrea. Uno degli attori principali della falsa narrazione sull’Eritrea è Don Mussie Zerai, un sacerdote eritreo (o che si spaccia per eritreo) che dal Vaticano, da ormai tanti anni, infama (abilmente) l’Eritrea. In questi giorni ho avuto l’opportunità di confrontarmi direttamente con lui nei commenti di un post. Dopo uno scambio di battute, sono arrivato a chiedergli di farmi tutte le domande più scomode che gli venissero in mente sull’Eritrea. Me le ha fatte. Di seguito le sue domande e le mie risposte. 1- “Dimmi perché la costituzione del 1997 non è mai entrata in vigore?” R. La legge marziale può essere definita come l’insieme delle norme giuridiche che trova applicazione nel caso di stato di guerra. Nel 1998 e fino al 2000 l’Eritrea è stata aggredita militarmente dall'Etiopia (la cui politica era dominata dal TPLF) e, come conseguenza di questa aggressione, parte dei territori eritrei sono finiti sotto occupazione etiope. Nonostante, dopo gli Accordi di Algeri, ci fossero tutti i presupposti per chiudere la questione, l’Etiopia di allora (anche se non poteva) ha deciso (illegalmente) di NON rispettare l’accordo (di cui anche UE, USA e ONU erano garanti). Il non rispetto degli Accordi ed il non intervento diplomatico dei garanti degli Accordi ha creato una situazione di “non pace”. Questa situazione (creata volontariamente dal TPLF e dai loro mandanti) ha costretto l’Eritrea a rimanere in uno stato difensivo, di allerta. A questo punto, per anni, Lei e altri avete (ingenuamente o maliziosamente) approfittato mediaticamente di questa situazione, etichettando come “alibi” le denunce del governo eritreo. Un alibi per tenere sotto scacco il popolo eritreo, dicevate. Oggi l’Etiopia ha accettato di rispettare gli Accordi di Algeri, i territori eritrei sono stati restituiti ed Eritrea ed Etiopia sono in perfetta armonia. Questo non piace né al TPLF, né ai loro mandanti, né a chi ha costruito la sua carriera mediatica grazie ad una narrazione piena di omissioni. Però oggi il TPLF è stato finalmente costretto, dagli avvenimenti, a calare la maschera. Oggi nel Corno d’Africa è considerato un vero e proprio gruppo terroristico. Gruppo che ha avuto, in questi anni, il ruolo di destabilizzare (per conto degli USA ) il Corno d’Africa. Chi, come lei, prima riusciva a “sbolognare” la questione dicendo “è un alibi”, coprendo di fatto le azioni illegali del TPLF (e dei loro compagni di merenda), oggi non riesce più a farlo efficacemente perché, oggi, il TPLF è nudo, non riesce più a nascondersi dietro l’Etiopia. Tra poco non riuscirà più a nascondersi neanche dietro il Tigray. Essendo la verità figlia del tempo, oggi la verità su questa vicenda è totalmente chiara e limpida! In Italia c’è un articolo della Costituzione che conferisce, in stato di guerra, al Governo i “poteri necessari”. Nella Costituzione eritrea, che lei ha citato (dandole sfumature positive), c’è un articolo simile che dice: Articolo 26 (1)“I fondamentali diritti e libertà garantiti da questa Costituzione, possono essere limitati soltanto per interessi di sicurezza nazionale e di sicurezza pubblica…” Non solo ho risposto alla domanda ma l’ho fatto contestualizzando le mie risposte e l’ho fatto dimostrandole anche che i paesi europei (quindi “democratici”) prevedono nella loro Costituzione di comportarsi, eventualmente, come ha fatto l’Eritrea se fossero costretti ad essere nella posizione dell’Eritrea. Chi, come Lei, in questi anni ha preteso determinate cose dall’Eritrea lo ha fatto, nel migliore dei casi, per ignoranza. 2- “Dimmi perché un o una giovane dell'Eritrea non ha libertà di scelta sul servizio militare, perché deve durare a tempo indeterminato illegalmente?” L’Eritrea, che ha alle spalle una storia coloniale di circa 100 anni, ha maturato una “filosofia” (che è stata chiara sin dai tempi della lotta per l’indipendenza) che ha come scopo vitale quello di difendere la propria sovranità. La lunga esperienza coloniale ha portato l’Eritrea a comprendere che il miglior modo per garantirsi la sovranità e l’integrità territoriale sia, non solo quello di formare un esercito professionista (soldati di professione), ma anche quello di formare un esercito popolare. La Costituzione che, sempre Lei ha citato, dice testualmente: “Art 12 (4) La difesa e la sicurezza dell’Eritrea dipendono dalla gente e dalla loro partecipazione attiva.” Come ben saprà ogni nazione prevede dei diritti e dei doveri. In Eritrea è ritenuto un dovere per i cittadini residenti l’essere addestrati e pronti a difendere militarmente l’integrità territoriale e la sovranità del paese. La partecipazione popolare nel campo militare è un punto chiave per ottenere due risultati: da una parte, tutti sono preparati per difendere l’Eritrea e, dall’altra parte, nessuna guerra può essere condotta senza il consenso della popolazione eritrea. Faccio un esempio pratico: la guerra statunitense nel Vietnam è stata persa anche perché era altamente contestata dal popolo statunitense che vi ha attivamente partecipato. Infatti, da quel momento gli USA hanno cambiato le loro regole in materia. Oggi i soldati USA sono tutti soldati professionisti. Ciò ha permesso agli Stati Uniti di poter condurre guerre (addirittura) illegali, senza che il malcontento interno influenzasse crucialmente le loro azioni militari. In Eritrea ciò non è possibile che accada. Lei, tra l’altro, confonde il servizio militare, che ha sempre avuto un tempo determinato, con il servizio nazionale. È quest’ultimo che ha avuto un tempo prolungato. Il servizio nazionale, insieme all’aiuto economico che noi della diaspora forniamo all’Eritrea (il 2% dei nostri guadagni), è stato in questi lunghi e difficili anni, l’unico scudo economico che ha permesso all’Eritrea di sopravvivere economicamente. Ciò perché, per provare a piegare la volontà del popolo eritreo, l’Eritrea è stata internazionalmente isolata. La lunghezza del periodo del servizio nazionale è proporzionalmente equiparabile al tempo in cui l’Eritrea è stata e sarà internazionalmente isolata. Come può vedere, le dinamiche che Lei ha spesso, attivamente ed appassionatamente criticato, le ha etichettate come “cause” mentre erano “effetti”. Come lei potrà sicuramente insegnarmi, il diavolo si nasconde nei dettagli. 3- “Perché centinaia di persone sono detenute senza processo e il diritto alla difesa?” Salto, non puntualizzando, il sottinteso (falso) della sua domanda e rispondo direttamente al senso della domanda. La risposta è sempre la stessa: legge marziale. Rilegga la risposta alla sua prima domanda. Le voglio però fare anche un esempio pratico. I famosi G15, che sono detenuti da molti anni e che sono stati spesso utilizzati come una bandiera che voleva simboleggiare la malvagità e la illegalità protratta dal governo eritreo, hanno, di fatto, orchestrato un tentativo di colpo di stato (in cui, ahimè, era coinvolto anche l’allora Ambasciatore italiano in Eritrea). L’accusa a loro carico è quindi una delle più gravi per ogni nazione del mondo: alto tradimento! Io, ora, non so esattamente quali sono le conseguenze pratiche se uno stato occidentale cogliesse sul fatto funzionari mentre cercano di attuare un colpo di stato in una situazione in cui lo stato è sotto un attacco militare. Però posso affermare che negli Stati Uniti, per alto tradimento, è prevista la pena di morte. Poi ovviamente, parlando più in generale, possono esserci casi in cui si è commesso un errore di giudizio, questo avviene in tutti gli Stati. Ma se vuole far intendere che in Eritrea si applichi, quello che Lei dice, in maniera sistematica e dolosa, questo è falso. 4- “Perché il regime ha chiuso tutta la stampa indipendente dell’Eritrea?” Sull’accezione (abilmente sottintesa) che dà al termine “regime”, contrapponendola al termine “indipendente”, riferendosi questa volta alla stampa “amica”, sorvolo… facendole però notare che con me non funziona. Lei è un abile comunicatore e sa benissimo a cosa mi riferisco. La chiusura di quella che Lei definisce (abilmente) stampa indipendente avviene nel 2001, quindi quando tutta la situazione bellica con l’Etiopia (del TPLF) era già avviata e, come le ho già spiegato nella prima risposta, quando un paese è sotto attacco militare cambiano tutte le regole (legge marziale). Ma c’è di più, il 2001 è stato l’anno in cui in Eritrea c’è stato un tentativo di attuare un colpo di stato (mi riferisco sempre a quello che ha visto il coinvolgimento dell’Ambasciatore italiano dell’epoca). Sento però di dover mettere più carne sul fuoco per riuscire a contestualizzare. I più importanti media internazionali vengono, spesso e volentieri, utilizzati dai poteri forti (internazionali) per creare una falsa percezione utile a creare pressioni in modo da raggiungere i propri interessi geopolitici. Esempio pratico e lampante: la campagna mediatica creata ad arte sulle armi di distruzione di massa che sarebbero state in possesso dell’Iraq è servita ad avallare con l’opinione pubblica l’attacco militare illegale che ha distrutto l’Iraq per gli interessi geopolitici degli Stati Uniti. Oggi sappiamo per certo che quelle armi di distruzione di massa non sono mai esistite e che sono state una scusa, un alibi. Un immaginario artificialmente creato e trasmesso all’opinione pubblica, amplificato dai media internazionali, è oggi una delle più efficaci armi utilizzate dai poteri internazionalmente forti per svuotare di senso e di forza la sovranità degli Stati. Nessuno, munito di buon senso, sarebbe contro gli ideali del diritto di stampa o del diritto di espressione… ma è chiaro ad occhi attenti che ci sia un’effettiva necessità di difendersi dal meccanismo (dominante) che oggi infetta i media internazionali e nazionali. Ciò sopratutto quando uno Stato è sotto assedio militare. Quindi quella che Lei chiama (abilmente) “stampa indipendente” ad oggi spesso non è altro che una delle forme con cui gli Stati internazionalmente più forti creano una pressione interna e fanno ingerenza in altri Stati. Infatti, mentre ci si preoccupa opportunisticamente della libertà di stampa in nazioni come l’Eritrea, un giornalista indipendente (per davvero) come Assange è perseguitato dagli Stati Uniti e dai loro compagni di merenda. 5- “Perché chiudere o confiscare tutte le scuole private, presidi medici o cliniche private o religiose?” Partiamo dal presupposto che l’Eritrea ha una filosofia di auto-sostentamento, che è l’unico modo per NON essere ricattabili o sotto il gioco di nessuno. Esempio: Lei è un rappresentante del Vaticano e la sua posizione sull’Eritrea è nota. In Eritrea ci sono cattolici ma sono una netta minoranza rispetto ai copti o ai mussulmani. Pensi cosa succederebbe se Lei (per esempio) avesse l’occasione di utilizzare la forza economica del Vaticano all'interno dell’equilibrio multiconfessionale eritreo. Lei, pur rappresentando una minoranza religiosa in Eritrea, sarebbe avvantaggiato dalla forza economica del Vaticano, a discapito di altre confessioni che hanno un numero di fedeli nettamente maggiore. Mi fermo qui con gli esempi perché non mi piace parlare di religione! L’Eritrea non è contro le organizzazioni private o religiose ma, siccome è un paese dove ci sono diverse confessioni, proprio per tutelare queste confessioni, ha deciso di essere un paese laico! Questa laicità lo porta a fare particolare attenzione a non creare disparità tra le differenti istituzioni religiose. Quindi ci sono delle norme che tutte le confessioni sono tenute a rispettare per prevenire qualsiasi disparità che può poi dare origine a possibili conflitti/diatribe su base religiosa. Poi, per darle una risposta più completa, c’è da dire che in Eritrea i servizi sociali (come scuole, cliniche e presidi medici) sono di pertinenza governativa. Questo non solo è legittimo ma è anche saggio! Se vogliamo invece parlare di risultati ottenuti in ambito sanitario, sia l’OMS che l’Unicef si sono espressi positivamente sull’impegno in campo sanitario dell’Eritrea. Sarà felice di sapere, visto che la sua domanda vuole fare intendere una certa preoccupazione per l’aspetto sanitario dell’Eritrea, che l’assistenza sanitaria pubblica eritrea, non solo è gratuita ma è presente capillarmente in tutta l’Eritrea! Per farle un esempio, mia moglie che è italiana (autoctona) ha partorito tranquillamente in un ospedale pubblico eritreo, addirittura in tempo di Covid! Se si sta preoccupando (oso dubitare), mia moglie sta bene, mio figlio sta bene. Anche riguardo all’alfabetizzazione, le scuole in Eritrea non sono solo pubbliche ma sono sopratutto gratuite per tutto il percorso scolastico. Di queste spese se ne prende completamente carico il governo, neanche i quaderni devono comprare. 6 - “Perché non è consentito l'esistenza di partiti di opposizione come giusto che sia in una democrazia?” Siamo ormai arrivati alla fine e, devo ammettere, di rispettare la sua abilità comunicativa. Ancora una volta la domanda è posta abilmente, ma io ho la “brutta” abitudine di analizzare la strategia comunicativa di chi mi pone le domande e quindi non casco nel tranello! (sono sicuro che Lei sa di cosa parlo.) La risposta più veloce è sempre la stessa: legge marziale. Ma anche in questo caso voglio approfondire. L’Eritrea, grazie anche alla sua lunga storia coloniale, da una parte, e alla sua più breve ma intensa esperienza come Stato indipendente, dall’altra parte, ha avuto una posizione “privilegiata” per riuscire a vedere i reali meccanismi del tipo di democrazia che i principali esportatori nel mondo di democrazia propagandano. Per esempio: il regime del Tplf in Etiopia, durato 27 anni, è stato etichettato internazionalmente come democrazia… bene, sappia che questo tipo di democrazia in Eritrea non esisterà MAI! Se invece per democrazia si intende una reale democrazia, impermeabile alle logiche di forza e che incarni il senso della giustizia sociale… questa sì! Sono lieto di informarla che in Eritrea, in parte, esiste già ed esisterà nella sua piena forma quando le condizioni geopolitiche lo permetteranno! Io la ringrazio di avermi posto (come Le avevo chiesto) le domande più scomode che Le venivano in mente sull’Eritrea. Lei non può saperlo, “Don”, ma oggi per me è un giorno importante! La narrazione che Lei ha contribuito a creare e a cui io per primo sono cascato in giovane età, non solo ha demonizzato un’intera nazione ma è stata un motivo di spaccatura nel rapporto tra me e mio padre (che oggi purtroppo non c’è più). “Don”, Lei senza saperlo ha influito negativamente nella mia vita! E forse ha contribuito a creare crepe e spaccature in famiglie di molti eritrei che vivono in Italia, dove spesso ci sono genitori che non trovano le “armi” appropriate per spiegare ai loro figli, nati e cresciuti in Italia, la realtà eritrea. Io sono uno di questi ragazzi che sono cresciuti e che hanno formato la loro identità in Italia, Paese che amo. Dopo aver preso coscienza di quello che fa, devo ammettere di aver provato molta frustrazione nei suoi confronti nel corso di tutti questi anni ma ho deciso di provare a trasformare questa frustrazione in lucidità. Mi sono allenato/educato giorno e notte (mettendo a repentaglio anche altri aspetti della mia vita privata) per migliorare la mia conoscenza sull’Eritrea e per migliorare la mia forma comunicativa (aspetto in cui, devo ammettere, che lei non è affatto impreparato). Come una tartaruga ho percorso lentamente, passo dopo passo, un lungo percorso personale durato anni. Tutto questo per riuscire, un giorno, ad affrontare, da pari, Lei e gente come Lei. Mi ritengo anche fortunato perché ho avuto il tempo di riconciliare la mia posizione con quella di mio padre, prima che lui venisse a mancare. Spero che la lucidità con cui ho destrutturato la sua narrazione, motivo di dolore per la comunità eritrea, sia fonte di orgoglio, non tanto per mio padre che non c’è più, ma per quei padri e quelle madri che sono ancora in vita e che non riescono ancora a spiegare la realtà dei fatti ai loro figli. Ho risposto alle sue domande, ora vorrei che rispondesse Lei ad una sola mia domanda. Io sono Yonas, Tesfamichael, Weldedawit, Tesfu, Genai, Bahringasi Z33emedai, Kentiba Weldedawit. Sono originario di Ktmoulih! Se lei conosce la cultura eritrea, sa benissimo cosa ho appena fatto, quello che ho appena detto è molto di più di una carta d’identità. Se lei è eritreo, con quello che le ho detto può ripercorrere non solo la mia storia ma anche quella dei miei padri. Io lo so che lei dice di essere eritreo ma io non riesco a credere che lo sia. Mi sono presentato a Lei nella forma più tradizionale con cui gli eritrei si presentano. Concludendo, la mia domanda è: riesce a fare quello che ho appena fatto io? Ps: per i molti (?) che, forse giustamente, si preoccupano del futuro dell’Eritrea (dopo questa generazione di eritrei forti ed integri)… sappiate che io sono un cucciolo di foca paragonato alla determinazione, alla preparazione e allo spirito di sacrificio che hanno molti dei giovani che sono nati e si sono formati (a differenza mia) in Eritrea. Il tempo lo confermerà ma sono sicuro che saremo all’altezza delle sfide che ci aspettano. Ho ricevuto una risposta, ovviamente l’ha buttata in “caciara” ma alcuni punti di questa “caciara” sono interessanti e sicuramente li utilizzerò come spunti per scrivere delle cose nei prossimi giorni (senza citarlo direttamente ) cose interessanti: - Esordisce dicendo che le mie risposte sono “ ben confezionate dal regime stesso.” Ed io, da occidentale, dico: ”Magari…”. L’Eritrea non è mai stata interessata alla parte comunicativa o “propagandistica" della faccenda, quindi si espone solo in ambiti diplomatici (cruciali), mai in ambiti mediatici (che probabilmente valuta come “inutile circo”). Io ho fatto molta fatica a formare la mia conoscenza proprio per questo motivo. Esistono libri sulla storia eritrea ma non esiste un vero e proprio “riassunto”, accessibile a tutti, della situazione eritrea dal punto di vista eritreo. - Continua a non riconoscere come reale il ruolo che il TPLF ha avuto nella situazione eritrea e in quella etiopica. Dice:” La guerra è un ottimo alibi per non restituire al popolo libertà e diritti usando lo spauracchio di imminenti invasioni di marziani.”. Quindi se qualcuno dice qualcosa del TPLF, per lui è come se stesse parlando di marziani… anche questa posizione è curiosa soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti.
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Agosto 2024
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