Johannes Bein
Ginevra, 22 Feb. 2010 Un cielo terso e illuminato da uno splendido sole ha accolto lunedì 22 Febbraio gli eritrei d’Europa che si sono dati appuntamento a Ginevra al Palazzo delle Nazioni Unite per manifestare il proprio dissenso nei confronti delle sanzioni che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato contro l’Eritrea il 23 dicembre 2009. Per gli eritrei convenuti, anche in rappresentanza di quanti non hanno potuto farlo, queste sanzioni sono state comminate sulla base di elementi inconsistenti e falsi. Dai pullman giunti in prossimità della stazione di Ginevra inizia l’afflusso di migliaia di eritrei giunti da tutta Europa. Per chi veniva dal nord Italia il tratto è stato tra i più brevi con partenza alle sei del mattino. Più impegnativo quello di quanti giungevano dal centro sud italiano. Per gli eritrei della Norvegia e della Svezia, particolarmente numerosi, il tragitto addirittura era iniziato il giorno prima. Quanti erano gli eritrei giunti a manifestare a Ginevra? Difficile dirlo esattamente ma il loro numero era davvero impressionante. Considerando che la manifestazione è stata organizzata in un giorno feriale, la valutazione deve tener conto anche di quante persone non hanno potuto essere presenti e quindi di quante deleghe sono state virtualmente assegnate a ciascun dimostrante. “A mio marito avevano detto che non c’erano problemi e poi venerdì scorso hanno detto che non era possibile”. Viene dalla Francia e aggiunge di avere quindi lasciato anche la figlia. Un eritreo che vive in Olanda mi dice che sua moglie si è presa cura dei figli di un’altra famiglia eritrea per consentire loro di partecipare alla manifestazione. Una donna eritrea che vive nell’Italia centrale racconta della riunione nella quale è emerso che la maggioranza delle persone, prevalentemente donne, non può avvalersi di un giorno libero, seppure non pagato, senza il rischio di vedersi sostituite, in pratiche licenziate. Un gruppo di giovani svedesi dice di essere venuti in rappresentanza di decine di persone impossibilitate. Una signora eritrea del centro Italia coglie l’occasione per dire che molte eritree lavorano ancora senza essere in regola e quindi l’assenza dal lavoro non solo non è pagata, ma è fortemente condizionata dalle esigenze dei datori di lavoro. “Oltre a me saremmo stati qui in tredici persone”. Più ottimista e orgoglioso risulta un gruppo di eritrei provenienti dalla Norvegia: “Rappresentiamo anche quelli che non sono qui. Ognuno di noi rappresenta almeno tre o quattro persone”. Dalla Gran Bretagna il numero dei presenti risulta, a detta di un delegato, assai inferiore: “E’ riuscito a venire quasi un quinto di noi, anche se tutti hanno contribuito alle spese della trasferta”. Nel corso della giornata si susseguono testimonianze dello stesso tenore. Dei residenti di Ginevra si dice che siano abituati a vedere transitare nella loro città di tutto. Nonostante ciò non sono mancati i ginevrini meno indifferenti, che hanno finito per svelare aspetti particolari della stessa manifestazione. Una signora interpella un gruppo di donne eritree per chiederle le ragioni della manifestazione. Il colloquio, avviato in lingua francese, stenta a decollare fino a quando non si adotta l’italiano con il gruppo di eritrei giunti dalla Lombardia. Ascolta con attenzione quanto la donna che indossava il vestito dei colori della bandiera eritrea le dice. Sembra sorpresa e ammirata e poi afferma : “Non ricordo di aver mai visto una manifestazione di africani così numerosa qui nella mia città”. Io incalzo per chiederle se davvero avesse questa impressione. Mi dice che è un insegnante, ora in pensione, e che grazie alla presenza del Palais des Nation Unies considera la sua città un osservatorio privilegiato. Prima che il nostro gruppo si allontani ci dice che siamo davvero in tanti oggi a Ginevra. Quando la dimostrazione raggiunge il culmine, giunti di fronte al piazzale del Palais des Nation Unies si attende il ritorno della delegazione che è stata ricevuta all’interno. Un fotografo professionista si ingarbuglia sulla geografia del territorio: stava interrogando un gruppo di donne eritree provenienti dalla Gran Bretagna. Un ragazzo giunge in soccorso con una cartina geografica e finalmente tutti i suoi dubbi sono fugati. Lavora per un’agenzia fotografica di Ginevra e quindi gli capita spesso di coprire gli eventi come quello odierno. Gli chiedo quale fosse l’ultima volta che lui ricordi di una dimostrazione di cittadini di un paese africano. “La nostra agenzia lavora molto proprio perché ci sono tante manifestazioni qui a Ginevra”. Io incalzo sull’ultima volta di cittadini di una nazione africana a Ginevra. Scuote la testa , quasi a ripercorrere il tempo, e poi sorpreso dice: “In effetti non c’è mai stata, che io ricordi”.
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