Caro Paolo, ti chiamo "caro" perché voglio usare un tono familiare con te non solo perché ho apprezzato il fatto che finalmente ti sia recato a visitare la mia città natale Asmara, come inviato per l’Avvenire, ma soprattutto perché sei l'unico giornalista italiano che più di tutti ha scritto sull'Eritrea, centinaia di articoli. E che articoli, veri e propri pezzi rari. In questo ultimo decennio infatti, scegliendolo tra 54 stati africani, con tutte le tue forze ti sei occupato del mio Paese. Sarebbe stata una fortuna se non fosse che te ne sei occupato esclusivamente per denigrarlo. Per anni hai raccontato agli italiani vita e morte ma mai i miracoli della mia Eritrea, del mio governo, del mio Presidente, della mia gente, di mio padre, di mia madre, dei miei zii, dei miei fratelli e sorelle, dei miei cugini e persino dei miei nipoti. Dai tuoi racconti mai nessun eritreo ne è uscito pulito. Come una goccia che corrode la pietra negli anni sei riuscito a manipolare la buonafede dei tuoi lettori per creare in loro solo una sorta di avversione verso quel lontano paese del Corno d’Africa da cui “scappano i rifugiati”. Ma io che ti conosco bene e conosco la situazione del mio paese meglio di te ti scrivo per dirti due cose. Partiamo dal tuo ultimo articolo pubblicato sulla prima pagina dell'Avvenire: “Ritorno al cuore dell'Eritrea. Così la speranza parla italiano” dell’11 dicembre 2018. La prima cosa che mi ha lasciato sgomento è stato sapere che stavi ad Asmara, nella tana del lupo cattivo quindi. Ho trovato tutto il tuo racconto come quello di uno che non riesce a scrollarsi di dosso i vecchi pregiudizi e come un bastian contrario si mette in contrapposizione a Jovanotti che era appena stato ad Asmara per girare il bellissimo videoclip 2 per la sua canzone "Chiaro Di Luna". Poi ho anche pensato a come avrai fatto ad avere il visto per l’Eritrea. Ma, vista la coincidenza della visita della vice-ministra degli Esteri Emanuela Del Re con al seguito un folto gruppo di imprenditori italiani, ho pensato che ti fossi “imbucato” dato che è un sistema molto diffuso in Italia quello di "salire sul carro del vincitore" anche perché non mi sembri un elettore giallo-verde. So che negli anni passati hai lavorato in simbiosi con personaggi del PD, dei Radicali, di Sel, di Soros e del Vaticano quindi non mi sorprenderebbe se ora ti aggregassi a persone dell’attuale governo. Ma a cosa dobbiamo la tua visita? Che ci sei andato a fare in Eritrea? Cosa volevi raccontare oltre a quello che già non hai fatto? In questi anni hai quotidianamente accusato l'Eritrea di ogni male senza mai considerare la sua antagonista Etiopia. Invece della neutralità, tra i due belligeranti ti sei decisamente schierato dalla parte del più grosso, hai denigrato tutto ciò che era eritreo, hai fatto orecchie da mercante quando noi eritrei cercavamo di spiegarti le nostre ragioni. Con il tuo tono paternalistico, quello di chi è convinto che i suoi "valori cristiani" siano migliori e superiori a quelli degli altri, con il tuo atteggiamento da chierico saccente hai fatto sermoni degni di Savonarola per descrivere le cattiverie di noi eritrei. Manco fossimo cannibali! In questi anni l’Avvenire e i suoi giornalisti si sono accaniti contro l’Eritrea come avvoltoi. In data 12 dicembre 2018, digitando “Eritrea” sul sito di Avvenire ho trovato 9.780 risultati contro i 1.400 riferiti all’Etiopia. 9.410 “Eritreo”, 35 “Oromo” e 29 “tigrini”. 111 risultati su Isaias Afewerki contro i 4 su Meles Zenawi. 143 risultati per “Corea del Nord africana” e 453 volte la dicitura “dittatura eritrea”. Invece associando “Lambruschi + Eritrea +Avvenire” si riscontrano 8.230 risultati.
Numeri da capogiro. Queste sono invece frasi estrapolate dai tuoi numerosi articoli “Il collasso dell’Eritrea, Paese senza speranza, Stato-caserma, Stato più impenetrabile d’Africa, Regime paranoico, Il più repressivo al mondo dopo la Corea del Nord, Un regime autocratico e iper nazionalista, La soffocante «cultura della paura», Tiranno di Isaias, Espulso missionari e Ong perché occidentali, Fabbrica di profughi, L’esodo che porta ogni giorno almeno cinquemila eritrei in Etiopia” eccetera. Ora, qualche italiano di buona fede ti avrà anche creduto, gli avrai anche strappato magari uno scotimento del capo così come hai fatto pure con me ma per un pensiero opposto a quello che speri. No, Paolo, a me non la dai a bere. Hai sempre evitato il confronto, non hai mai voluto argomentare civilmente con me ed offrire ai tuoi lettori un contraddittorio. Avresti dovuto concedermi questa grazia dal momento che anch’io mi occupo di immigrazione, nel senso opposto rispetto al tuo però: io vorrei fermarla. Con un pochino di umiltà e di rispetto avresti potuto creare, perché no, un rapporto umano con chi la pensa diversamente da te. Certo, il recente incidente che ha sollevato un polverone mediatico, quelle foto pubblicate da Avvenire, di torture made in Nigeria spacciate per immagini di migranti torturati nei lager libici e mostrate al Papa per far scoppiare lo scandalo, aggiunge un altro tassello alla confusione che regna nella vostra redazione esteri. Un esempio plateale è quello del giornalista siriano Naman Tarcha che, stanco delle vostre narrazioni sul suo Paese, più volte vi ha ripresi per smentire il vostro racconto ma voi non l’avete nemmeno degnato di una risposta. L’avete ignorato e continuate a scrivere la “vostra verità” sulla Siria. Lo stesso avete fatto anche con me, più volte mi sono rivolto a voi per dirvi che stavate sbagliando sull'Eritrea, ho scritto al direttore Tarquinio senza aver mai ricevuto una risposta, fosse anche di cortesia. Volete essere gli unici a parlare dei nostri Paesi perché siete convinti di essere gli unici detentori della verità? Voi che siete i più cattolici di tutti, ricordatevi le parole del Vangelo: «Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato»? ( Lc 14,1.7 – 14 ) «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore» così dice il sapiente, dal libro del Siracide. Paolo, dov’è finita la tua umiltà cristiana? Nel mio articolo "Perché quelli di #apriteiporti vogliono la guerra in Africa?" mettevo a nudo il tuo dibattito ideale, quello di quando hai partecipato alla trasmissione radiofonica di Radio anch’io in cui demolivi la pace tra Eritrea ed Etiopia assieme ai tuoi compari Massimo Alberizzi e Vittorio Longhi, noti attivisti anti eritrei. Evidentemente ti piacciono i “dibattiti” in cui tutti la pensano allo stesso modo. Ancora, dopo averti stuzzicato per bene su twitter invitandoti a sconfinare in Etiopia dove c’era in atto il massacro degli Oromo da parte della polizia federale dei TPLF, l'unica risposta che ti sei degnato di darmi è stato quell’"asap" acronimo di As soon as possible, volendo dire che lo avresti fatto al più presto. Invece no, è passato un anno e mezzo di proteste violente in cui di Oromo ne sono morti a migliaia senza che tu te ne curassi affatto. Ne hai parlato solo quando è arrivato al potere il Abiy Ahmed che ha eliminato lo stato di emergenza e deciso di fare la pace con l’Eritrea ponendo fine a vent’anni di guerra fredda. Diciamo che sei stato costretto dagli eventi epocali che stavano succedendo in Etiopia. Nel frattempo mentre gli Oromo venivano ammazzati tu pubblicavi articoli infamanti contro l’Eritrea dove invece non veniva ucciso nessuno. In tutti questi anni di né pace né guerra l’Eritrea era un’oasi di pace nel Corno d’Africa. Il suo problema sono state tutte le ingerenze esterne dei paesi occidentali, di organizzazioni internazionali, di Ong e dei mainstream media. E tu sei stato un protagonista di questa propaganda anti eritrea che è servita ad amplificare il pull factor europeo per i nostri giovani. In questi anni hai preferito collaborare con personaggi eritrei che lottavano per fare regime change, tutti proprietari di varie Ong immigrazioniste come Don Mussie Zerai di Agenzia Habeshia , la Dott.ssa Alganesh Fesseha della Ghandi Charity , Meron Estifanos di Radio Erena ed Elsa Chyrum di Human Rights Concern Eritrea a cui hai dato il megafono che ha fatto arrivare centinaia di rifugiati coi quali si voleva riempire l’Europa e svuotare l’Eritrea. Con loro sei stato a braccetto in quel del Sinai dove il tuo megafono è servito per far riaprire il mare tra la Libia e l’Italia, chiuso dall’accordo Berlusconi-Gheddafi dell’estate 2008. Nel dicembre 2010 in una tua intervista Don Mussie Zerai, riguardo ai migranti sequestrati nel Sinai, diceva: “Farò l’impossibile per cercare di trovare i soldi per salvare almeno loro, hanno subito troppo e rischiano di finire chissà dove, magari vittime del traffico di organi. Anche se il pagamento del riscatto –concludeva amaro il prete– alimenterà il traffico degli schiavi.” Ad un certo punto ti sei trasformato in un attivista dei diritti umani. “Ora possiamo rivelarlo, la libertà di alcune donne povere in stato interessante è stata pagata anche da alcuni nostri lettori sdegnati dall’orrore” scrivevi quattro mesi dopo (giovedì 21 aprile 2011) il che mi fa capire che tu e l’Avvenire avete partecipato al pagamento di riscatti in favore dei trafficanti di esseri umani. Ma, siamo sicuri che la tua deontologia professionale permetta questo tipo di coinvolgimento? Non puoi comunque negare di aver vissuto nell'agio per oltre dieci anni grazie all’Eritrea e ai suoi giovani. Ci hai vinto anche il Premiolino! Sei diventato esperto di geopolitica, l’africanista della situazione, il corrispondente esteri senza mai schiodare dai tuoi uffici milanesi. Ma non dovrebbe valere anche per te il messaggio dell’articolo dell’Avvenire intitolato “ Il Papa: chi sfrutta i migranti ne risponderà a Dio”? E se esiste un Dio allora verrà il giorno in cui tu sarai chiamato sul banco degli imputati per rispondere dell'accusa di aver favorito la pericolosa immigrazione selvaggia via mare. Oggi avresti dovuto abbassare i toni, evitando di scrivere le tue solite storie sull’Eritrea anche per non dare un dispiacere alla vice-ministra perché lei in un’intervista rilasciata a Eritrea Profile (07 dicembre 2018) ha dichiarato: "Vorrei portare i miei figli qui in Eritrea, quindi la prossima visita sarà una visita di famiglia". Avresti dovuto arrenderti all’evidenza dopo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 14 novembre 2018 ha unanimemente deciso la cancellazione di quelle ingiuste sanzioni comminate all’Eritrea nel 2009 e nel 2011 ammettendo così di aver sbagliato ad accusare il Governo eritreo di aver finanziato il gruppo terroristico somalo di Al-Shabaab. Neanche allora hai capito che la demonizzazione dell’Eritrea era tutta un’invenzione d’oltreoceano? Avresti potuto cogliere il nostro motto: “Seeing is believing! Vedere per credere”, e ora, dopo che hai visto con i tuoi occhi, ammettere che l’Eritrea è più bella di come la dipingevi! Invece, è più forte di te, non coglieresti neppure la bellezza di una perla perché scrivi: “nel traffico scarso a semafori spenti e lampioni fiochi” per descrivere una città poco inquinata. Oramai l’anti eritreo ti è entrato così nel profondo che non ne potrai mai fare a meno, dovresti entrare in comunità per guarire dalla tua dipendenza. Dai, toglici il dubbio che ci angustia circa i giornalisti assoldati una decina di anni fa dall’ex premier etiopico Meles Zenawi per fare propaganda anti Eritrea, le voci di corridoio dicono che investì fior di quattrini nei mainstream media occidentali. Ad esempio, tra i giornalisti internazionali che usano il tuo stesso tono e persino le tue stesse parole chi in italiano chi in altre lingue ci sono Massimo Alberizzi, Martin Plaut, Leonard Vincent, Dan Connel. Ora la pacchia è finita con l’apparizione del Abiy Ahmed, eletto nuovo Premier d’Etiopia nell’aprile 2018 e che ha decretato la fine dei Woyane di Meles Zenawi al potere per 27 anni. Ora la situazione nel Corno d’Africa sta lentamente tornando alla normalità, c’è euforia per la pace riacquistata e si parla di cooperazione fra Stati vicini. Lentamente anche i mainstream media occidentali stanno cambiando la loro narrativa sul mio Paese. L’Eritrea ha vinto la sua seconda guerra, così come nel 1991 ha liberato l'intero paese dal Derg oggi ha sconfitto i Woyane etiopici oramai reclusi nel loro Tigray. Il "Game over!" detto quattro mesi prima dal Presidente Isaias Afewerki durante la sua intervista di inizio anno a Eri-Tv è stato profetico. E tu Paolo sembra ti sia leggermente auto moderato scrivendo “presidente” al posto del solito “dittatore”. Sarà forse per salire sul nostro carro ora che i tuoi amici Woyane sono finiti? Non mi sorprenderei nemmeno se dichiarassi che hai abbassato un po’ i toni perché il cattivo Isaias ti ha puntato una pistola alla tempia o forse perché un gruppo di spie del regime, come preferisci chiamare i membri della Comunità Eritrea in Italia, tiene sotto sequestro tua zia. Cosa farà adesso il tuo collega Nello Scavo o il tuo direttore Tarquinio? Cosa farà il tuo giornale, perseguiterà ancora l'Eritrea alla faccia della vice-ministra visto che l’argomento “Eritrea” in prima pagina fa sempre vendere decine di copie? E tu? Tornerai ancora a scrivere del mio Paese dicendo che è “un inferno sulla terra” ma sì, tutto sommato, ti preferisco con il tuo solito tono da Conan il distruttore. Da domani potrai riprendere a cercare i peli nell'uovo ignorando allegramente le travi nel tuo occhio. Perché in questo momento è l’Italia ad avere molti problemi sociali che hanno reso gli italiani insofferenti e che, divisi in tanti gruppi, passano il loro tempo a scannarsi. In Eritrea invece, il Paese delle nove etnie ma di un solo popolo, tutti vivono in armonia. Anche i nostri giovani che sono sbarcati qui, prima o poi torneranno a casa perché non hanno tradito l’Eritrea ma hanno solo risposto alle vostre domande con ciò che volevate sentirvi dire. Eppure caro Paolo eccoti “all’Asmara”, come ti piace dire. Questo non ti dimostra che non era come tu la raccontavi parlando di "un paese chiuso"? In Eritrea si poteva andare a vedere con i propri occhi anche prima della pace. Infatti, tanti tuoi colleghi giornalisti e connazionali vi si sono recati. Un via vai continuo. Ciò ti dimostra anche come il governo eritreo sia così magnanimo anche nei confronti di chi stando comodo nel suo ufficio lo ha denigrato e demonizzato un centinaio di volte. Mi pare che sei tornato a casa sano e salvo! E non pensare che i nostri governanti non sappiano leggere l’italiano, solo che comprendendo il tuo “spessore” hanno aperto le braccia e scosso la testa. Fosse dipeso da me non ti avrei mai concesso il visto per entrare “all’Asmara”, anzi ti considererei persona non grata a vita, a meno che tu non chieda scusa, facendo pubblica ammenda, a tutti gli eritrei. Comincia a chiedere scusa a quelli residenti in Italia che in questi anni ti hanno visto fare scempio della loro identità dalle prime pagine di Avvenire demolendone l'onore e la dignità e camuffando gli attacchi con la “tutela” dei diritti umani dei rifugiati. Devi chiedere scusa! Daniel Wedi Korbaria, scrittore eritreo, ha pubblicato diversi articoli in italiano poi tradotti in inglese, francese, tedesco e norvegese.
3 Comments
francesco
16/12/2018 05:22:01 am
Fatelo parlare con me, 339624420, se viene anche Alberizi sarebbe meglio
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Rosaria
16/12/2018 09:17:42 am
Un elemento del genere, non deve PIU METTERE PIEDE IN ERITREA..e voi tutti non dategli troppa importanza, la non curanza e il maggior disprezzo..
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Carmelo crescenti
20/1/2022 03:42:08 pm
Lambruschi, sei un grandissimo amico dei terroristi del TPLF. Con il dittatore Meles Zenawi te la sei spassata per anni. Sei il manipolatore per eccellenza di tanti onesti cattolici che, in buona fede, credono alle tue falsità. Che vergogna per il giornalismo italiano. Anch'io, come rappresentante di alcuni gruppi della comunità Etiopica in Italia, ho tentato molte volte di avere un colloquio con il suo direttore Tarquinio, ma non sono stato neanche degnato di una risposta. E la ritrovata unità del popolo etiopico ed eritreo, che il Signore la benedica. Amen
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