Caro Nichi Vendola e cari amici di SEL, volutamente uso la parola “amici” visto che l’ultima volta che vi ho scritto chiamandovi “COMPAGNI” mi avete liquidato con due righe dicendomi che la mia lettera era finita nello spam per sbaglio, evidentemente il server di SEL Nazionale non riconosce più quell’appellativo. Pazienza! Partecipando quest’estate alla vostra manifestazione Selfie di Piazza San Giovanni a Roma e girando per i suoi coloratissimi stand non ho potuto non notare una bandiera etiopica gigante appesa fuori da un ristorante etnico. La vostra multietnicità è encomiabile ma… A quanto pare nessuno di voi si è accorto che quella bandiera non fosse una bandiera etiopica qualsiasi, quella esposta nella vostra manifestazione aveva come simbolo il Leone di Judah. Ora, per chi non lo sapesse, quella era la bandiera dell’Imperatore Haile Sellassie. Sì proprio lui, sua maestà il Re dei Re. Dunque, a meno che improvvisamente non siate diventati tutti rastafariani e come loro lo consideriate il nuovo Messia, l’incarnazione di Dio, non capisco perché la sua bandiera sventolasse proprio nel vostro “Roma scatta a sinistra”. Avevo già subodorato che foste “pro Etiopia” ma anche monarchici beh, proprio non l’avrei mai detto! Ma credo invece si tratti solo di una buona dose d’ignoranza e confusione in politica estera da parte vostra ed è infatti per questo che vi scrivo. Caro Nichi Vendola e cari amici di SEL,
volutamente uso la parola “amici” visto che l’ultima volta che vi ho scritto chiamandovi “COMPAGNI” mi avete liquidato con due righe dicendomi che la mia lettera era finita nello spam per sbaglio, evidentemente il server di SEL Nazionale non riconosce più quell’appellativo. Pazienza! Partecipando quest’estate alla vostra manifestazione Selfie di Piazza San Giovanni a Roma e girando per i suoi coloratissimi stand non ho potuto non notare una bandiera etiopica gigante appesa fuori da un ristorante etnico. La vostra multietnicità è encomiabile ma… A quanto pare nessuno di voi si è accorto che quella bandiera non fosse una bandiera etiopica qualsiasi, quella esposta nella vostra manifestazione aveva come simbolo il Leone di Judah. Ora, per chi non lo sapesse, quella era la bandiera dell’Imperatore Haile Sellassie. Sì proprio lui, sua maestà il Re dei Re. Dunque, a meno che improvvisamente non siate diventati tutti rastafariani e come loro lo consideriate il nuovo Messia, l’incarnazione di Dio, non capisco perché la sua bandiera sventolasse proprio nel vostro “Roma scatta a sinistra”. Avevo già subodorato che foste “pro Etiopia” ma anche monarchici beh, proprio non l’avrei mai detto! Ma credo invece si tratti solo di una buona dose d’ignoranza e confusione in politica estera da parte vostra ed è infatti per questo che vi scrivo. Per un eritreo come me, Haile Sellassie e il suo Leone di Judah rappresentano l’imperialismo, il feudalesimo, il colonialismo e la schiavitù messe insieme. Checché ne dicano i rastafariani, per il popolo eritreo lui è stato un genocida ed un despota facendoci diventare etiopici con la sua annessione unilaterale del 1952 e cancellando la nostra madre lingua, il tigrignà. Per le sue manie di grandezza ci ha oppresso e soppresso negandoci il diritto all’autodeterminazione e facendoci diventare la sua quattordicesima provincia. La sua fine arrivò tramite i suoi stessi militari che lo incolparono di aver nascosto al mondo la carestia che nei primi anni settanta colpì l’Etiopia facendo morire circa 200.000 dei suoi sudditi. Così nel 1974 un colpo di stato lo spodestò dal trono durato 44 anni. Questa è storia e averla studiato un pochino di più, secondo me, vi avrebbe evitato questa brutta figura. Ma passiamo oltre! Veniamo ai nostri tempi che in realtà non sono poi così diversi da quel passato di sangue e di oppressione, perché l’Etiopia è rimasta sempre fedele a se stessa. L’infinita storia dell’Eritrea e dell’Etiopia sarebbe dovuta terminare nel 1993 quando l’Eritrea è diventata una nazione indipendente. Per questo affrontò la trentennale guerra, costata la vita ad oltre 100.000 eritrei, iniziata proprio da Haile Sellassie e proseguita dal famigerato Colonnello Menghistu Hailemariam. E dopo neanche 5 anni d’Indipendenza dell’Eritrea, ecco che di nuovo l’Etiopia di Melles Zenawi, stavolta fiancheggiata dagli USA, ci dichiara un’assurda guerra di confine. E tra il 1998 e il 2000 perdiamo altri 20000 giovani ma lo stesso riusciamo a salvare la nostra bandiera. Con gli accordi di Algeri del 2000 si chiede all’ONU di prendere una decisione sui territori contestati e nel 2002 la Commissione di confine delle Nazioni Unite (EEBC) assegna quei territori al suo legittimo proprietario: l’Eritrea. Finalmente i nostri problemi parrebbero finire, invece no. Questa volta sono gli USA a non voler accettare il verdetto definitivo delle Nazioni Unite e l’Etiopia, il suo alleato numero uno, si rifiuta di firmare e così, da allora, continua ad occupare illegalmente i nostri territori regalandoci una situazione di no guerra no pace che dura da ben 13 anni. Di tanto in tanto l’Etiopia ci provoca compiendo raid militari sulle nostre postazioni con il chiaro intento di sfiancare la popolazione e così fomentarla contro il Governo. Questa situazione, inevitabilmente, comporta molti problemi per un Paese in ricostruzione. Soprattutto per i suoi giovani cittadini che vedendosi prolungare il servizio militare (normalmente di 18 mesi come da standard internazionali) sono spinti ad abbandonare il Paese attratti dalla strada che conduce al “Paradiso” che si snoda nei campi di rifugiati, guarda caso in Etiopia, e poi, con la complicità di varie ONG, nel deserto e in mare, cioè verso la morte certa. Serviva una tragedia come quella di Lampedusa per scioccare l’opinione pubblica. E così è stato. Se la Corte di Giustizia Internazionale non fosse solo a caccia di “africani cattivi” avrebbe già indagato tutte le ONG che lavorano in quell’area per gravi crimini contro l’umanità! Ma questa è un’altra storia. “Recentemente ho rinnovato le sanzioni su alcuni dei paesi più tirannici tra cui la Corea del Nord e l’Eritrea. Abbiamo partnership con i gruppi che aiutano le donne e i bambini a scappare dalle mani dei loro aguzzini, stiamo aiutando altri paesi ad intensificare i loro sforzi e vediamo dei risultati...” aveva dichiarato il Presidente Obama al Clinton Global Initiative già nel 2009 e Human Rights Watch aveva dato disposizione all’UNCHR dicendo di “facilitare” l’accesso alle sue sedi ai richiedenti asilo eritrei. È chiaro che gli USA vogliono poter trasformare l’Eritrea in una base militare più grande di quella di Camp Lemonnier in Gibuti, ma fortunatamente il nostro Governo resiste perché ha ben altri progetti eco sostenibili per quella terra intrisa del sangue dei suoi figli. Agli USA non è mai andato giù il nostro “No, grazie” ed è per questo che hanno avviato contro di noi la loro micidiale e infamante macchina propagandistica fatta da mass media e agenzie “umanitarie”, vere e proprie multinazionali dei diritti umani. E quindi una volta siamo sostenitori del terrorismo internazionale e un'altra volta destabilizzatori del Corno d’Africa. Ma queste accuse lentamente e puntualmente si rivelano false, lo stesso però sin dal 2009 ci sono costate varie sanzioni da parte delle Nazioni Unite. Storicamente le Nazioni Unite non sono mai state oneste e giuste nei confronti del popolo eritreo, non hanno mai avuto alcun interesse a difendere i nostri diritti umani. Come le tre scimmiette hanno chiuso gli occhi quando fummo annessi all’Etiopia, hanno chiuso le orecchie quando venivamo bombardati al napalm, hanno chiuso la bocca quando la nostra sovranità territoriale è venuta a mancare. E oggi ci mandano uno Special Rapporteur per indagare se il nostro Governo rispetti i diritti del suo popolo e per questo ci sanzionano e di fatto danneggiano il popolo eritreo. Ma a restituirci il maltolto, cioè i nostri territori, non ci pensano mai. È la moda dei diritti umani dilaga ovunque: tutte le agenzie umanitarie, con la complicità delle ONG internazionali che non hanno mai messo piede in Eritrea, ripetono la parola coniata proprio dal Dipartimento di Stato Americano che ci definisce: la Corea del Nord africana. Caro Nichi Vendola e cari amici di SEL, purtroppo in questo gioco di demonizzazione collaudato durante la guerra fredda ci siete cascati anche voi e vi siete aggregati agli imperialisti che non hanno mai cambiato pelle né ideologia. Caso mai siete cambiati proprio voi diventando degli ex compagni. Avete seguito l’onda schierandovi dalla parte sbagliata della trincea. Tra la Colombia di Uribe e il Venezuela di Chavez avete scelto di schierarvi con l’Etiopia capitalista e contro l’Eritrea che altri definiscono invece: la Cuba africana. E i vostri deputati, ahimè, ignari della situazione che esisteva ed esiste tuttora fra i due paesi avversari, hanno abboccato all’amo americano e come fossero degli irriducibili marines attaccano le nostre postazioni. Vi faccio qualche esempio. Interrogazione del Gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà del 25 luglio 2013 alla Camera, primo firmatario: Arturo Scotto e co-firmatario Donatella Duranti: “…mentre il Canada e la Germania hanno posto in essere passi ufficiali nei confronti delle rappresentanze diplomatiche dell'Eritrea, predisponendo l'espulsione di un console, a causa delle vessazioni subite dai cittadini eritrei emigrati altri Paesi occidentali hanno promesso di prendere misure, senza però giungere a nessun atto concreto, e tra questi c’è anche il Governo italiano; in Italia diversi cittadini eritrei hanno denunciato questa «misura coercitiva» della «tassa del 2 per cento», venendo sistematicamente ignorati dalla Polizia di Stato con la motivazione che «non c’è nulla da fare»”.Io pago la tassa del 2% al mio Governo, è il minimo che posso fare per contribuire allo sviluppo del mio Paese mentre invece altri miei concittadini hanno donato la propria vita. Il mio è l’unico paese africano che ha scelto come modello di sviluppo quello dell’autosufficienza, non vogliamo mendicare “aiuti umanitari” alle ONG perché siamo convinti di poterci affrancare dalle miserie africane con le sole nostre forze. Per questo tutte le ONG del mondo ci detestano, da noi non trovano spazio per entrare a dettare legge ed ingrassarsi. Il 19 novembre 2013 in un’Interpellanza urgente alla Camera, assieme a Costantino, Pilozzi, Fratoianni e Palazzotto, l’On. Gennaro Migliore si presentò dicendo: “…è di questi giorni la denuncia di don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo presidente e fondatore dell'agenzia umanitaria Habesshia per la cooperazione allo sviluppo, che dalle pagine de Il Secolo XIX e da quelle del sito della sua associazione ha richiamato l'attenzione sul fatto che circa dieci giorni dopo la morte dei 365 migranti nella tragedia di Lampedusa, non appena l'attenzione mediatica iniziava a calare, Zemede Tekle, il diplomatico che a Roma rappresenta il Governo eritreo, ovvero il regime dittatoriale di Isaias Afewerki, si sarebbe recato a Lampedusa per portare, in via ufficiale, il sostegno e la solidarietà ai sopravvissuti, ma in realtà con ben altri intenti…” In italiano, fino a prova contraria, “un diplomatico che a Roma rappresenta un Governo” si chiama Ambasciatore. Arguisco che quelli di SEL leggono Il Secolo XIX e spulciano il sito di una ONG prendendo per oro colato tutto ciò che dichiara il prete proprietario di quella stessa ONG. Il cosiddetto Don, che armato di un telefono satellitare dirige il traffico di esseri umani tra deserto e mare, non ha nessuna credibilità tra la numerosa Comunità degli eritrei residenti in Italia. Tutti lo conosciamo come persona non raccomandabile e non solo perché è un prete (ordinato sacerdote solo nel 2010) che fa politica pro-Etiopia ma perché vuole dividerci come comunità. Il “compagno” Migliore calca la mano pronunciando la famosa definizione coniata dal Dipartimento di Stato americano: “…in Eritrea, com’è noto, vige un regime politico che limita ogni libertà, totalitario, sanguinario, che avrebbe fatto guadagnare al Paese il non raccomandabile titolo di Nord Corea africana.” Perché non raccomandabile, eh Onorevole? Perché sono rimasti ancora comunisti? E mica tutti devono rinnegare la propria ideologia, non le pare? Purtroppo, Migliore non è l’unico, lo scrive sul suo sito e ne fa un’interpellanza il 21 novembre 2013 anche Celeste Costantino: “Dopo la tragedia di Lampedusa, l’ambasciatore eritreo Tekle e i suoi collaboratori hanno cercato di raccogliere e schedare i nomi dei sopravvissuti, cercando di venire a conoscenza anche dei nomi dei defunti. Per creare un dossier da inviare tempestivamente in Eritrea, dove vige il regime politico di Isaias Afewerki, presidente da venti anni, che limita ogni libertà: un regime totalitario, sanguinario, che ha fatto guadagnare al Paese il non raccomandabile titolo di “Nord Corea africana”. Un Ambasciatore nei panni di una spia del KGB, insomma! E nonostante lei si presentasse come: “deputata della XVII legislatura per Sinistra ecologia e libertà. Siedo in Commissione Affari costituzionali e in Consiglio d'Europa” la Costantino ignora che, da che mondo è mondo, il dovere di un’Ambasciata è quello di occuparsi dei propri cittadini all’estero. Mi provasse il contrario e provasse anche che i parenti rimasti a casa abbiano subito conseguenze ma senza dire che lo ha detto il Don o lo ha riferito Il Secolo XIX. Con nomi e cognomi, sempre che non li storpi leggendoli. Intanto nessuna interpellanza parlamentare di SEL ha menzionato le richiese dell’Ambasciatore eritreo al Governo italiano circa la restituzione delle salme da riportare alle loro famiglie a spese dell’Ambasciata dello Stato d’Eritrea. La verità è che la deputata non conosce affatto il popolo eritreo, il dolore per i suoi figli caduti, fratelli e sorelle sacrificati, altri eritrei morti che si vanno a sommare ai martiri del passato. Le nostre tragedie non cominciano certo il 3 ottobre 2013. Nella sua replica al Ministro per l’Integrazione Kyenge Celeste Costantino continua imperterrita: “…Lo dico a partire anche da dati che ci provengono da associazioni come Amnesty International, in cui stimano che diecimila sono i prigionieri politici detenuti dal Governo del Presidente dell’Eritrea fin dalla sua ascesa al potere, nel 1993. Chi si ribella, anche solo cercando di fuggire, deve affrontare il carcere, la tortura, i lavori forzati, picchiati ogni notte con barre di metallo, legati ed abbandonati al sole per 55 giorni o rinchiusi in isolamento: sono solo alcune delle testimonianze raccolte appunto da Amnesty International. Quando il regime non è in grado di colpire direttamente, punta ai parenti rimasti in patria, multati o incarcerati. Gli esperti del gruppo di monitoraggio dell’ONU sull’embargo alle armi imposto su Somalia ed Eritrea riferivano fin dal 2011 la presenza di un’efficiente rete di intelligence che si occupava di reperire risorse finanziarie per il regime e tenere sotto controllo la diaspora e i rischi potenziali di un’opposizione al Governo.” È chiaro che i deputati di SEL non si rendono conto che oggigiorno le multinazionali dei diritti umani come HRW e Amnesty siano diventati lo strumento principale del neocolonialismo in Africa. Pur non essendo Amnesty presente in Eritrea lo stesso sforna rapporti per “sentito dire”. La deputata Costantino metterebbe una mano sul fuoco su quelle dichiarazioni di Amnesty? Non credo. Il gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite in Somalia ha ammesso che “non ha trovato alcuna prova a sostegno di accuse che l'Eritrea abbia fornito con armi e munizioni Al-Shabaab” mentre WikiLeaks ha smentito il presunto sostegno dell'Eritrea ad al-Shabaab. Nel suo “Etiopia Files” si legge in un cablogramma segreto, che l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Etiopia Donald Yamamoto ha detto: "Il ruolo dell'Eritrea svolto in Somalia è probabilmente insignificante." Su “Forum Internazionale SEL” Nadia Nur scrive il 26 ottobre 2013: “…al Teatro Valle è stato presentato alla stampa il neonato Coordinamento Eritrea Democratica, in cui confluiscono le diverse anime che hanno caratterizzato finora l’opposizione al regime eritreo: associazioni eritree ed italiane, ONG e fondazioni. Il Coordinamento si pone come nuovo interlocutore politico per promuovere la transizione alla democrazia in Eritrea. La primavera eritrea sta cominciando a Roma?” Ma la domanda sorge spontanea: “associazioni eritree ed italiane, ONG e fondazioni” vogliono portare democrazia in Eritrea? E chi sono queste benemerite ONG e fondazioni? Questo non lo scrive. L’unica cosa certa è che SEL lo fa diventare subito un interlocutore politico. L’autrice non spiega chi c’è dietro al Coordinamento democratico, pazienza, lo farò io. Tra i membri fondatori di questo “interlocutore politico”, assieme a qualche ascaro eritreo ed etiopico, ci sono personaggi come Dania Avallone (una biologa marina che insegnava immersioni in Eritrea e che fu cacciata come persona non gradita e per vendetta ha fondato una ONG che tutela i diritti umani del popolo eritreo e da allora non fa più il lavoro sott’acqua, evidentemente le ONG rendono meglio) Emilio Drudi (socio e collaboratore dell’ONG del famoso Don e che grazie ai problemi dei rifugiati entrambi hanno trovato fama e soldi), Marco Cavallarin (docente alla scuola italiana di Asmara, anche lui cacciato via e in cerca di vendetta) Massimo Alberizzi (giornalista freelance dichiaratamente pro-Etiopia e amico intimo del fu presidente Melles Zenawi.) Da WikiLeaks, un dispaccio “confidenziale” dell’Ambasciatore ad Asmara Ronald K. McMullen del 14 dicembre 2009 intitolato “Engaging the Eritrean diaspora” suggerisce alle ONG che ricorrono al DRL[1] o altri fondi USG[2] i tre modi per coinvolgere con successo la diaspora per incoraggiarla all'analisi critica del Governo eritreo: 1) Concentrarsi sui gruppi non-politici. Il coinvolgimento diretto con i gruppi di opposizione eritrei, come l'EDA[3], verrà probabilmente rifiutato dai moderati della diaspora come un tentativo di rovesciamento di un governo pacifico. Lavorare con i gruppi non-politici, come le associazioni studentesche eritree, fornirà credibilità e non verrà respinto immediatamente come avente motivo politico. 2) Lasciate che siano gli eritrei a condurre la discussione. Un dibattito sulla libertà religiosa in Eritrea dovrebbe essere guidato da eritrei e non da analisti esterni. Se è difficile trovare degli eritrei disposti a parlare di questi temi, vale la pena ricercarli. Una discussione priva di eritrei verrà nuovamente respinta dalla diaspora. 3) Dare ai giovani una voce alternativa. Finora, il YPFDJ[4] è stato l’unico centro d’aggregazione per i giovani eritrei della diaspora dove si è espresso l'orgoglio della loro appartenenza. Al momento, non vi è nessun avversario non-EDA al YPFDJ. Incoraggiare i giovani eritrei a creare il proprio gruppo e fornire loro l'opportunità di promuovere la cultura eritrea e il dialogo in ultima analisi, aumenterà lo spazio per il dibattito.” Firmato McMullen, Ambasciatore americano ad Asmara. Il coordinamento Eritrea Democratica è proprio il frutto di questa strategia d’oltreoceano. Caro Nichi Vendola e cari amici di SEL, volendo ragionare per assurdo, riconoscere come “unico interlocutore” questi individui dai troppi conflitti personali per di più animati da sentimenti di vendetta non solo ritengo sia un grave errore politico ma credo anche significhi legittimare il ritorno al colonialismo italiano degli anni trenta in Eritrea. Significa che volete vedere ministri italiani al governo di quella terra che ha versato fin troppo sangue per la sua Liberazione. Significa che volete esportare la “cieca democrazia” d’oltreoceano, significa che volete creare un precedente perché anche in Italia un giorno possa nascere uno pseudo partito di opposizione al Governo italiano di tipo albanese, filippino o eritreo che sia. Ed è questa politica estera di SEL che personalmente trovo confusionaria, dilettantistica e ridicola. Ma voi continuate pure a camuffarla come una battaglia “umanitaria” fingendovi i nuovi paladini dei diritti umani internazionali. E a che titolo poi? È evidente il fatto che la vostra politica estera si limiti alla sola Eritrea, non vi è nessun altro paese al mondo sotto mira o che meriti un minimo della vostra attenzione, eppure il mondo è così grande e pieno di conflitti. Il 4 luglio 2014 il manifesto di SEL Bologna recitava: “SEL Bologna aderisce all’iniziativa promossa del Coordinamento Eritrea Democratica per protestare contro lo svolgimento del Festival Eritreo in corso al Parco Nord di Bologna.” Questo quando decine di migliaia di eritrei provenienti da tutto il mondo erano arrivati a Bologna per festeggiare il 40mo anniversario della lotta di Liberazione Eritrea. Un dovuto ringraziamento a quella città simbolo, perché gli eritrei sanno essere riconoscenti con chi li ha accolti a braccia aperte in un passato neanche troppo lontano quando esisteva ancora il Partito Comunista Italiano. Cinque giorni di festa indimenticabili con oltre diecimila eritrei dentro al Parco Nord di Bologna e neanche una trentina di persone, per lo più italiani organizzati dalla succitata rancorosa Dania Avallone, a inveire fuori dai cancelli slogan anti Eritrea. SEL Bologna continua: “…le “violazioni generalizzate e sistematiche dei diritti umani e delle libertà fondamentali”, tra cui esecuzioni extragiudiziarie, sparizioni forzate, torture, detenzione arbitraria, ma anche “gravi restrizioni” ai danni di capi religiosi, giornalisti e difensori dei diritti umani (…) servizio militare a durata indeterminata, in particolare per i ragazzi, e denuncia il ricorso alla forza ai confini per impedire agli eritrei di lasciare il paese. (…) Per questo saremo Sabato 5 luglio alle ore 17.00 in Piazza Maggiore a fianco del Coordinamento Eritrea Democratica.” Poi tocca anche alla consigliere Cathy La Torre, capogruppo di SEL. “Bologna non vuole una festa che ha un’affinità con un regime, bisogna dire che questa festa non andava fatta perché il Parco Nord non è uno spazio neutro ma, anche se in concessione, di proprietà del Comune. E’ stato fatto un grande errore, ora non deve più essere ripetuto”. Di seguito Cathy La Torre ha presentato in consiglio comunale un ordine del giorno contro il festival e ha dichiarato: “Dico No alla festa Eritrea al Parco Nord! Dico No perché non si può celebrare la liberazione del 1974 senza dire che dal 1991 l’Eritrea è vittima di un regime sanguinosissimo. Dico No perché ogni mese 4.000 eritrei fuggono da quel regime e centinaia ne muoiono per strada o nel Mediterraneo. Dico No perché non c’è proprio nulla da festeggiare mentre altri sono privati della libertà o muoiono per cercare quella libertà!”. In un suo tweet la consigliera La Torre titola: “Eritrea Libera!” Stavolta concordo con lei, Eritrea libera sì, ma da persone “buoniste e umanitarie” come lei. Dal momento che lo status di rifugiato è diventato un’esclusiva degli eritrei (solo a noi è riservato a “prima facie”) numerosi etiopici sono sbarcati in Europa ed in America dichiarandosi “eritrei” con l’obiettivo di mettere zizzania nella Comunità eritrea della diaspora. Lo stesso, è stato un tentativo fallito e il Festival di Bologna ne è stato una bella dimostrazione. Gli eritrei della diaspora sono più uniti che mai e sono sempre a fianco del loro Governo! I deputati Erasmo Palazzotto e Arturo Scotto il giorno 08 settembre 2014 presentano un’ennesima interrogazione parlamentare rivolta al Ministro degli Esteri, Federica Mogherini. “Secondo quanto riportato da fonti di stampa, tra gli scambi commerciali si adombrano anche possibili forniture di armamenti al regime da parte dell’Italia. (...) Nel luglio scorso il presidente Isaias Afewerki è stato denunciato per crimini contro l’umanità sulla base di una legge appena entrata in vigore in Svezia”. Secondo questo ragionamento, mezzo mondo potrebbe incriminare la Svezia per complicità nella “destabilizzazione globale” unicamente per aver assegnato il Premio Nobel per la Pace al Presidente Obama.L’ultima crociata di SEL contro l’Eritrea è del 28 novembre 2014 e avviene in occasione del cosiddetto Processo di Khartum tenutosi a Roma e promosso dal Governo italiano e dall’UE. Il solito deputato Erasmo Palazzotto (assieme a discutibili rappresentanti di ONG, attivisti “umanitari” e pseudo movimenti di “opposizione”) ha promosso una conferenza stampa alla Camera dei Deputati per chiedere per bocca di Enrico Calamai, un diplomatico che confonde i desaparecidos dell’Argentina con quelli del Mediterraneo, un intervento della Nato: “Siamo partiti da quanto espresso dalla Nato, al punto 24, del concetto strategico del 1999 secondo cui cito: i movimenti incontrollati di un gran numero di persone in particolare come conseguenza di conflitti armati possono anche porre problemi per la sicurezza e la stabilità che colpiscano l’Alleanza. Concetto che riaffiora nella elencazione di minacce cui l’Unione Europea ritiene di dover far fronte con la politica di sicurezza e difesa comune…” Certo è che quando si tratta dell’Eritrea e del suo Governo per gli amici di SEL anche il Patto Atlantico diventa un valore irrinunciabile. Ma una volta non eravate contrari a ciò che rappresenta la Nato? Cosa è cambiato da allora? E alla domanda di una giornalista, che chiedeva ai presenti se avessero letto il documento della Danish Immigration Service del 26 novembre 2014 (un documento di una settantina di pagine) in cui esperti danesi recatisi in Eritrea dichiarano “…che la gente esce fuori la sera e i locali sono pieni” il deputato Erasmo Palazzotto, invece di ammettere umilmente di non aver letto quel documento danese, liquida la domanda della giornalista con (testuali parole): “Anche Berlusconi diceva che i ristoranti erano pieni mentre c’era la crisi in Italia…” Il suddetto documento afferma anche che il 99% dei richiedenti asilo eritrei è spinto da motivi di natura economica e che le accuse di mancanza di diritti umani sono delle esagerazioni di ONG che non hanno mai messo piede in Eritrea. Meno male che il deputato Palazzotto era stato nominato qualche giorno prima Presidente della Commissione del Comitato Africa, come dire l’uomo giusto al posto giusto. Sono convinto che egli non sia nemmeno in grado di indicare l’Eritrea puntando il dito sulla cartina geografica! Dunque caro Nichi Vendola e cari amici di SEL, dal momento che mi sembra assodata la vostra guerra contro il popolo eritreo e il suo legittimo Governo, vi chiedo pubblicamente quali siano le vostre vere ragioni. Come mai state contribuendo, come altri e più di altri, impiegando energia e tempo dei vostri uomini e donne, a questa guerra mediatica promossa dagli USA e dall’Etiopia nei nostri confronti? Perché con la vostra campagna denigratoria state minando la sovranità del mio amato Paese auspicandone la sua fine? Come mai state continuando a sputare sentenze per “sentito dire” sbandierando con tanta arroganza le vostre discutibili fonti che vanno dal Dipartimento di Stato Americano al Secolo XIX, da Amnesty a ONG che campano mangiando carcasse di esseri umani? Possibile che non vi sia mai venuto il dubbio che tutto possa essere frutto di quella ben collaudata macchina di propaganda d’oltreoceano che trasforma un paese “normale” in un inferno come è già successo altrove? La vostra “battaglia per i diritti umani” rafforza l’Etiopia, un paese che ha scelto il capitalismo selvaggio come modello di sviluppo e fa sì che i pochi ricchi siano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, un paese dove è in atto il Land grabbing, (l’accaparramento delle terre) e la conseguente espulsione forzata dei contadini, un paese dove un’etnia minoritaria di 5 milioni di persone vince le elezioni al 99% su una popolazione di 90 milioni grazie alla sua fedeltà agli USA, un paese dove gli studenti vengono uccisi a decine quando manifestano per le elezioni truccate. Appuntamento a maggio 2015 per un’altra carneficina, appizzate bene gli orecchi! Se è questa la democrazia che volete esportare nella mia Eritrea, io vi dico: “No, grazie!” Qualsiasi cosa essa sia io non mi stancherò mai di dirvi: “No, grazie!” Il Presidente Isaias Afewerki lo ripete in continuazione: “Come and see!” Venite e guardate voi stessi. Con i vostri occhi. E ha ragione il Presidente, scoprireste un Paese che si sta impegnando duramente per la sicurezza alimentare, per l’acqua, per la salute e per l’istruzione dei suoi cittadini. Un Paese che ha quasi raggiunto tutti gli otto Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite prima della scadenza del 2015, un Paese oramai lontano dall’essere come altri paesi africani strapieni di ONG e di bambini denutriti (un binomio oramai indivisibile). Se aveste la volontà di visitare l’Eritrea vedreste per le strade i bambini che sorridono andando a scuola con indosso coloratissime divise perché l’istruzione da noi è gratuita per tutti, dalle materne all’università. E vedreste anche gli adulti impegnati a costruire numerose dighe ammassando pietra dopo pietra convinti che solo con le riserve d’acqua si possa sfamare una popolazione. E vedreste studenti e docenti, nel tentativo di fermare la desertificazione, piantumare i futuri alberi dell’Eritrea. Ne sono stati messi a dimora ben 4 milioni solo nel 2014! È questa nostra ideologia che le ONG dei diritti umani chiamano “lavori forzati”. Vedreste un Paese che di fatto applica “sinistra, ecologia e libertà” costruendo un futuro di pari dignità, uguaglianza e giustizia sociale per tutti. Uno sviluppo eco sostenibile per gli eritrei del futuro onorando la promessa fatta ai martiri della Liberazione che hanno voluto lasciar loro in eredità una terra incontaminata. Un Paese sinonimo di libertà perché ha spezzato quella catena di schiavitù con cui gli occidentali vogliono invece continuare a circuire tutto il continente africano. Temendo per questo che, prima o poi, l’Eritrea possa essere presa come esempio dagli altri stati dell’Africa. Caro Nichi Vendola e cari amici di SEL, smettetela di subire ancora i diktat dell’USA, dell’Etiopia, delle ONG e delle multinazionali dei diritti umani e, anche voi, rompete la catena della schiavitù e della sudditanza e raggiungeteci dall’altra parte della barricata: “Come and see!” Sarete i benvenuti. Awet n’Hafash! Vittoria al Popolo! Daniel Wedi Korbaria [1] Human Rights & Labor [2] Del Governo Statunitense [3] Alleanza Eritrea democratica [4] Giovani del Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia
0 Comments
Leave a Reply. |
Archivi
Settembre 2024
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. |