di Daniel Wedi Korbaria Cari compagni de Il Manifesto, innanzitutto mi scuso per l’appellativo “compagni” visto il tono e il contenuto tipicamente d’oltreoceano con cui continuate a scrivere i vostri pezzi sul mio Paese progressista: l’Eritrea. Da ex appassionato vostro lettore, vi scrivo per l’ennesima volta sperando di ricevere una risposta, se non altro perché conservo ancora come una reliquia una copia de Il Manifesto da 50 mila lire, pagata all’epoca con il salario di una giornata di lavoro. Allora credevo di aiutare un giornale fuori dal coro, non volevo che chiudesse un giornale che aveva il coraggio di scrivere ciò che altri non osavano, un giornale di grandi firme. Oggi non lo farei più e vi dico il perché. Sebbene non fosse la prima volta, sulla vostra testata del 26 novembre 2014 è apparso un articolo infamante dal titolo: Uno Stato Prigione di Marco Omizzolo e Roberto Lessio, due giornalisti a quanto pare affetti da una malattia incurabile e contagiosa quale quella di scrivere dei problemi di un paese africano “per sentito dire” e per “copia incolla”. Anch’io so, per sentito dire, che un buon giornalista è tale quando prima di mettere nero su bianco alcunché, attenendosi alla deontologia, si informa adeguatamente e verifica le notizie di persona possibilmente recandosi sul luogo. Invece, ahimè, così non è purtroppo! di Daniel Wedi Korbaria
Cari compagni de Il Manifesto, innanzitutto mi scuso per l’appellativo “compagni” visto il tono e il contenuto tipicamente d’oltreoceano con cui continuate a scrivere i vostri pezzi sul mio Paese progressista: l’Eritrea. Da ex appassionato vostro lettore, vi scrivo per l’ennesima volta sperando di ricevere una risposta, se non altro perché conservo ancora come una reliquia una copia de Il Manifesto da 50 mila lire, pagata all’epoca con il salario di una giornata di lavoro. Allora credevo di aiutare un giornale fuori dal coro, non volevo che chiudesse un giornale che aveva il coraggio di scrivere ciò che altri non osavano, un giornale di grandi firme. Oggi non lo farei più e vi dico il perché. Sebbene non fosse la prima volta, sulla vostra testata del 26 novembre 2014 è apparso un articolo infamante dal titolo: Uno Stato Prigione di Marco Omizzolo e Roberto Lessio, due giornalisti a quanto pare affetti da una malattia incurabile e contagiosa quale quella di scrivere dei problemi di un paese africano “per sentito dire” e per “copia incolla”. Anch’io so, per sentito dire, che un buon giornalista è tale quando prima di mettere nero su bianco alcunché, attenendosi alla deontologia, si informa adeguatamente e verifica le notizie di persona possibilmente recandosi sul luogo. Invece, ahimè, così non è purtroppo! Senza muoversi dal proprio ufficio italico i vostri giornalisti informano o meglio disinformano il lettore con argomenti oramai datati (risalenti al 2007) e di cui si è già ampiamente dimostrata l’infondatezza. Guardano il dito che indica la luna, guardano ai giovani eritrei che arrivano sulle coste italiane per scappare da uno stato prigione. E la luna? Se avete l’umiltà, cari compagni, ve la mostro io la luna. Da molti anni l’Eritrea vive accerchiata, combattendo in solitaria una nuova guerra mediatica dove al posto dei proiettili vengono utilizzate parole al veleno, informazioni menzognere, demonizzazioni della sua politica e della sua leadership. E queste infamanti informazioni sono ordite dagli eterni storici nemici dell’Eritrea: l’Etiopia che ancora sogna di riannetterla e gli Usa. L’uso che questi ultimi farebbero del nostro incontaminato territorio si può immaginare facilmente. Finora, le loro “verità costruite a tavolino” hanno portato ripetutamente a ingiuste sanzioni delle Nazioni Unite con le più assurde accuse come quella di finanziare il terrorismo somalo. Dopo lunghi anni ed estenuanti indagini, finalmente, il Gruppo di Monitoraggio Eritrea-Somalia proprio il 14 ottobre 2014 ha dichiarato di non aver trovato nessuna prova che l’Eritrea abbia aiutato Al Shabbab. Un’informazione utile che i vostri giornalisti copia incolla non hanno menzionato. Il Manifesto, storicamente una voce fuori dal coro, oggi aderisce invece a questa gigantesca macchina propagandistica imperialista continuando ad infangare quella terra preziosa che è costata centinaia di migliaia di vite. Il Manifesto sposa le teorie di chi ci descrive come dei malvagi comunisti, una sorta di Corea del Nord africana, anzi peggio. Eppure quante ne avete sentite durante la guerra fredda di queste diavolerie mediatiche? Prima o poi diranno che anche noi eritrei mangiamo i bambini, occhio! E l’arma migliore che i nostri nemici d’oltreoceano stanno usando è quella dei diritti umani. Hanno sguinzagliato tutte le loro “Agenzie umanitarie” per accusare il Governo eritreo di negare i diritti umani fondamentali a noi eritrei ignorando che per quegli stessi diritti l’Eritrea ha lottato per 40 anni. È il fatto che vogliamo essere noi eritrei a decidere la nostra politica e non le Ong che ci fa risultare antipatici agli occhi di quell’Occidente così “benevolo e benefattore”. L’Eritrea è convinta di farcela con le proprie sole forze, crede nell’autodeterminazione e nell’autosufficienza, crede di potersi riscattare dai soliti problemi che affliggono il continente africano senza quegli aiuti “umanitari” che invece di risolvere i problemi li peggiorano. Come altri cittadini eritrei, orgoglioso di questi ideali, anche io contribuisco con il 2% del mio stipendio e lo faccio anche quando non lavoro. È il minimo che posso fare per la mia Eritrea, dato che parenti, amici e conoscenti per lei hanno dato la propria vita. E nonostante le Ong tifino contro, con le sue sole forze l’Eritrea ha quasi raggiunto tutti gli otto Obiettivi del Millenio. E non lo dico io ma lo dichiara l’UNDP (un’altra preziosa informazione che i vostri giornalisti copia incolla ignorano di menzionare). Allora perché migliaia di giovani scappano dall’Eritrea? Perché li vediamo arrivare in Italia con mezzi di fortuna mettendo a rischio la propria vita? Se tralasciamo i visti non concessi dalle ambasciate europee a chi ha diritto al ricongiungimento familiare, che comunque hanno inciso con l’esodo in maniera importante, un altro motivo è quello del servizio militare prolungato. Purtroppo quando c’è la costante minaccia etiopica di un’invasione, quando ci sono dei territori eritrei illegalmente occupati da forze nemiche nonostante la EEBC dell’Onu (Commissione per i confini Eritrea-Etiopia) avesse assegnato quei territori in modo definitivo all’Eritrea già dal 2002, quando vige una situazione di no guerra-no pace non si può pensare di mettere giù le armi e abbandonare il confine. Gli USA che da una parte intimano alla Russia di lasciare i territori ucraini “occupati” dall’altra non vogliono che il loro alleato Etiopia faccia altrettanto con quelli eritrei: due pesi e due misure. Voler difendere la propria sovranità non è sinonimo di dittatura. Lo stesso Governo danese, che qualche anno fa si schierava contro il Governo eritreo, quando si è visto invaso da troppi richiedenti asilo ha mandato i suoi esperti in Eritrea per verificare la cosa e, solo dopo un’accurata indagine, è arrivato ad una sentenza. È proprio di questi giorni un documento della Danish Immigration Service che conclude dicendo che il 99% dei richiedenti asilo eritrei sono motivati da cause di tipo economico e che le accuse di mancanza di diritti umani siano delle esagerazioni da attribuire alle Ong dei Diritti Umani che non hanno mai messo piede in Eritrea. Chapeau ai danesi! Eppure non mi risulta siano simpatizzanti comunisti…È noto che i giovani eritrei arrivati con i barconi siano stati attratti dall’accoglienza proficua che i paesi del nord Europa riservavano per loro, per questo sceglievano di non fermarsi in Italia che gli offriva ben poco. In effetti, riconoscere lo status di rifugiato ai soli eritrei ha causato molti danni. Il primo fra tutti nei confronti dell’Eritrea stessa: un paese senza più giovani è facilmente attaccabile. Che questo fosse un progetto politico non vi sono dubbi in quanto il Presidente Obama in un discorso pubblico tenutosi alla Clinton Global Initiative del 2009 minacciava di svuotare l’Eritrea della sua gente per indebolirne il suo Governo, (il video si trova facilmente su Youtube). Nel frattempo Human Rights Watch dava disposizione alle sedi delle UNCHR in Etiopia e Sudan di non ostacolare i rifugiati eritrei dicendo: “Fate in modo che possano accedere facilmente alle vostre strutture”. Ovviamente, altri africani che scappavano da situazioni ben più gravi di quelle eritree, conoscendo questa “discriminazione” si sono dichiarati eritrei e, con la complicità di interpreti etiopici, sono passati per l’Italia molti etiopici, somali, sudanesi e addirittura kenioti facendo lievitare il numero dei rifugiati eritrei. Ciò non cambia comunque la situazione. Per concludere, cari compagni de Il Manifesto, a me sembra che tranne a voi, è oramai chiaro a tutti il funzionamento della campagna mediatica di demonizzazione di un paese. Bisogna parlar male del “demonio di turno” fino a quando l’opinione pubblica non ne possa più e così legittimi la distruzione di un leader e di un intero paese. A meno che anche voi non siate convinti che Saddam Hussein avesse veramente le armi di distruzione di massa! Forse inconsapevolmente anche voi state partecipando a questo gioco al massacro pronti con i vostri giornalisti copia incolla a giustificare altri caos nel mondo. Anche la vostra voce si è unita al coro e secondo me, passatemi il termine, vi siete Cnn-izzati. Buon pro vi faccia! E come cantava il buon De Andrè: “Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti.” Una volta condividevo le vostre idee di sinistra rivoluzionaria “non russa” ma da allora ne avete fatta di strada, siete finiti per assomigliare alla destra americana oltranzista il che più che disgustarmi mi preoccupa molto. Cordialità, Daniel Wedi Korbaria
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Agosto 2024
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