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ERITREA ETIOPIA

Lettera al Direttore de "la Repubblica"

18/10/2015

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di Daniel Wedi Korbaria

Egr. Direttore,

chi le scrive è un artista eritreo che vivendo da vent’anni in Italia ha la fedina penale ancora pulita nonostante le giornaliere difficoltà e la particolarità del suo Paese che spesso e volentieri invita i cittadini ad ogni sorta di illegalità. Non ho mai preso nemmeno una multa per divieto di sosta o per il mancato pagamento di un biglietto d’autobus, e posso permettermi il lusso di definirmi orgogliosamente un cittadino onesto in Italia e un eritreo senza alcun conflitto di interesse nel mio paese.

Vengo al dunque.

Questa mia è per esprimerle il rammarico che provo per gli ultimi articoli pubblicati da la Repubblica.it riguardanti il mio amato paese: l’Eritrea. In particolare l’articolo del 22 agosto 2014 in cui un vostro giornalista riporta le parole di Don Mussie Zeray, un pregiudicato secondo fonti attendibili arrestato negli anni novanta a Roma per spaccio di droga, prendendolo come l’unico “detentore della verità”.
Trovo alquanto curioso che un giornale come il vostro usi lo stesso tono dell’Avvenire ma ancor più curioso è che utilizzi la stessa fonte: l’Agenzia Habesha, la Ong creata da questo stesso losco personaggio. Capisco che i vescovi diano più ascolto ad un loro prete che ad un cittadino onesto come me ma spero che almeno la sua testata si comporti diversamente. Non voglio dunque commentare la faziosità del giornalista firmatario dell’articolo, non è certo la prima volta che il tizio in questione si spaccia per “africanista”, ma vorrei capire il vostro scopo.

A meno che la Repubblica non si sia “democristianizzata”, mi passi il termine, mi spiega qual è l’obiettivo del vostro articolo sul mio paese?

E soprattutto perché non verificate le vostre fonti prima di pubblicare certi articoli infamanti?

Egr. Direttore: “Chi è Don Mussie Zeray?” Questa sarebbe stata una delle cinque domande che impone il buon giornalismo ma dal momento che questa domanda è stata da voi volutamente trascurata, sono qui per tentare di dare una sfacciata risposta.

Il sedicente prete fa parte del Partito degli Unionisti, cioè di coloro che ancora oggi vogliono unire l’Eritrea all’Etiopia.

In passato gli Unionisti erano la borghesia feudale eritrea attiva già dai tempi dell’Imperatore Haile Sellassiè subito dopo la fine del colonialismo italiano, che prima eliminò gli Indipendentisti e poi brindò all’annessione unilaterale avvenuta nel 1961. Successivamente, nonostante il palese controsenso, gli Unionisti collaborarono anche con il sanguinario Colonnello Menghistù Hailemariam pur di impedire la vittoria a chi lottava per la Liberazione dell’Eritrea, e lo stesso fecero con Melles Zenawi contribuendo energicamente affinché divampasse la guerra del 1998 fra i due paesi oramai distinti. Anche oggi lottano per unire l’Eritrea all’Etiopia e fanno di tutto per rovesciare il governo eritreo che ovviamente, archiviando il feudalesimo, non riconosce loro i privilegi che avevano nel passato.

Don Mussie Zeray, come un attivista politico, vuole portare avanti questo progetto di riannessione facendosi telecomandare dall’Etiopia e dagli Stati Uniti che, come ha dichiarato Obama, non vogliono un leader forte in Africa. Effettivamente il nostro Presidente Isayas Afewerki è davvero un leader forte, per nostra fortuna!

E per minare la credibilità del nostro Presidente egli ha creato la sua Agenzia “benefattrice” e armato di un telefono satellitare aspetta al varco le sue vittime designate.

Invito il giornalista autore dell’articolo a fare altrettanto, provasse lui a collegarsi telefonicamente con i profughi disperati nel deserto o mentre attraversano il Mediterraneo. Vedrà che gli sarà un’impresa assolutamente impossibile.

La succitata Agenzia Habesha, che vuol dire abissino e che dovrebbe comprendere sia eritrei che etiopici, esclude di fatto qualsiasi responsabilità del governo etiopico circa l’esodo. Eppure anche da lì fuggono i giovani che qui in Italia si spacciano per eritrei. E da cosa fuggono i giovani etiopici? Dal paradiso forse? Questo il nostro Don Mussie non lo dice o lo ignora in malafede. Continua imperterrito ad emettere sentenze molto dure soltanto sul governo eritreo ed il suo Presidente. Il fatto che non riconosca le responsabilità etiopiche circa l’esodo dei giovani può significare o che lo ignori o, semplicemente, che sia di parte.

Lui sa benissimo che in Etiopia c’è una minoranza etnica che sta governando da oltre vent’anni sulle altre etnie maggioritarie grazie ad elezioni fraudolente. Così come sa benissimo della morte di circa 70 studenti di etnia Oromo, la più numerosa del Paese, uccisi quest’anno dal governo etiopico per aver osato manifestare così come era già successo nel 2005 dove le vittime furono 200. Ma di questo lui e la sua Agenzia Habesha né si occupa né, fatto molto più grave, si preoccupa.

L’amara verità è che a Don Mussie Zeray gliene importa assai poco dei giovani del mio paese che fuggono stufi dell’embargo e della situazione in stallo tra guerra e pace decisa dall’Etiopia con la complicità degli Stati Uniti e dell’ONU. Se la sua missione cristiana di salvare i disperati fosse veramente sincera, se il suo dolore fosse autentico sui morti affogati, sui torturati nel Sinai o sugli imprigionati in Libia, allora non avrebbe dovuto gongolarsi dei riconoscimenti e dei premi occidentali assegnatigli ma soprattutto avrebbe evitato di sorridere davanti ai fotografi come fosse un divo hollywoodiano. Le sue foto sono sul web, vedere per credere!

Ribadisco, in qualità di onesto cittadino, che le sue non sono altro che lacrime di coccodrillo e mi vergogno all’idea di avere un simile conterraneo.

Egr. Direttore, spero di averle dato qualche spunto di riflessione instillandole un ragionevole dubbio e spero che in futuro prima di pubblicare le menzogne altrui lei abbia la bontà di verificarne personalmente la fonte. Qualora dovesse invece decidere di pubblicare altre infamie sul mio paese e sul suo legittimo leader, riterrò corresponsabile lei e il suo giornale di quello che la superpotenza mondiale ha in serbo per la mia Eritrea e la sua popolazione, anche perché ho imparato dalla recente storia mondiale a cosa servano queste campagne mediatiche di denigrazione e demonizzazione occidentali verso un paese da qui così lontano, molto lontano.

Cordialità, Daniel Wedi Korbaria
Inviata a: 
- vittorio.zucconi@gmail.com,
- repubblicawww@repubblica.it,
- e.mauro@repubblica.it,
- larepubblica@repubblica.it,
- rubrica.lettere@repubblica.it,
- espresso@espressoedit.it
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