Il pagamento del modesto contributo del 2% del proprio salario è considerato dagli eritrei della diaspora come un orgoglioso segno di appartenenza alla Comunità e in tutto il mondo viene versato con fierezza come partecipazione ai progetti di sviluppo nel proprio paese di origine. Le ambasciate e i consolati sono deputate alla raccolta dei contributi e al rilascio delle relative quietanze secondo regole che tengono conto con molta elasticità della reale capacità produttiva dei connazionali. Non sono infatti tenuti a pagare i disoccupati o quelli che hanno perso il lavoro, e anche chi non ha mai potuto contribuire per le più diverse ragioni può facilmente sanare la propria posizione negoziando un piano di recupero. Nei mesi scorsi i detrattori dell’Eritrea nel tentativo di disturbare questo virtuoso legame con la propria terra dei tanti eritrei che vivono in diaspora, avevano imbastito una lunga teoria di accuse nei confronti del Governo di Asmara basate sulla presunta illegalità della cosiddetta “tassa del 2%” suscitando in alcuni casi l’interesse delle autorità dei paesi interessati come ad esempio quelle della Svizzera. Il caso svizzero era stato subito ripreso da ambienti noti per le loro attività anti eritree che convinti di ottenere consensi e approvazione dal rigoroso paese d'oltralpe, immediatamente avevano tuonato sparando titoloni ad effetto.
Africa Express, dell'immancabile Alberizzi scriveva: “In Svizzera è illegale la tassa del due per cento che gli eritrei pagano alla loro ambasciata”. Mentre sul Giornale del popolo appariva l'ennesima filippica dell'infaticabile don Mussie Zerai: "Anni di lotta tra gli eritrei in Svizzera contro la tassa". Tuttavia, come riportano con dovizia di particolari le cronache di tutta l'Europa, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha deciso di non dar seguito alla denuncia penale sporta dall'Ufficio federale di polizia (fedpol) e di rinunciare ad aprire un procedimento penale sulla riscossione della tassa fatta pagare dall'Eritrea ai suoi cittadini residenti o rifugiati in Svizzera. L'MPC è arrivato alla conclusione che la tassa dev'essere considerata legale, perché è stata decisa dallo Stato eritreo e non dai dipendenti del consolato generale a Ginevra. Né il fatto che il consolato distribuisca ai cittadini eritrei le cedole di pagamento, né l'apertura di un conto presso una banca svizzera, dove quei soldi vengono versati, sono elementi sufficienti per giustificare l'apertura di un procedimento penale.
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Settembre 2024
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