di Daniel Wedi Korbaria (artista eritreo) Lettera al Sig. Kenneth Roth (Direttore Esecutivo di HRW) WORLD REPORT ERITREA Caro Signor Roth, leggendo la sua ultima relazione annuale sull’Eritrea (2014), in un primo momento, ho fortemente dubitato che si trattasse del mio paese. Ma purtroppo, è proprio della mia patria che Lei ha scritto. Le sarei davvero grato se potesse aiutarmi a capirne alcuni passaggi. In primo luogo, mi chiedevo se mettere il logo della miniera d'oro di Bisha al centro della mappa dell’Eritrea corrispondesse ad un esplicito messaggio per sottolineare le risorse naturali del Paese o se fosse semplicemente per rendere la relazione più accattivante per il lettore. In secondo luogo, ha redatto la relazione con un carico pesante di secondo il, riportati da, si dice, che ha detto, egli descrive, ecc. A questo punto devo dedurre che Human Rights Watch, pur non essendo presente in Eritrea né acquisendo i dati dall'interno del paese, usi questa relazione per diffondere pregiudizi e storie non confermate. La relazione afferma: “L'Eritrea è tra i Paesi più chiusi del mondo, le condizioni dei diritti umani permangono tristi. Servizio militare indefinito, tortura, detenzioni arbitrarie e severe restrizioni alle libertà di espressione, di associazione e di religione provocano fughe di migliaia di eritrei dal paese ogni mese.” I giovani eritrei fuggono dal loro paese, questo è vero. Scappano per il servizio militare prolungato, anche questo è vero. Ma perché la relazione non si focalizza sull’inosservanza delle decisioni definitive e vincolanti dell’EEBC da parte dell'Etiopia che continua ad occupare illegalmente territori eritrei? Human Rights Watch è a conoscenza della situazione di no guerra - no pace che persiste in Eritrea fin dalla fine del conflitto del 2000 e che obbliga tutti a stare all’erta? di Daniel Wedi Korbaria (artista eritreo)
Lettera al Sig. Kenneth Roth (Direttore Esecutivo di HRW) WORLD REPORT ERITREA Caro Signor Roth, leggendo la sua ultima relazione annuale sull’Eritrea (2014), in un primo momento, ho fortemente dubitato che si trattasse del mio paese. Ma purtroppo, è proprio della mia patria che Lei ha scritto. Le sarei davvero grato se potesse aiutarmi a capirne alcuni passaggi. In primo luogo, mi chiedevo se mettere il logo della miniera d'oro di Bisha al centro della mappa dell’Eritrea corrispondesse ad un esplicito messaggio per sottolineare le risorse naturali del Paese o se fosse semplicemente per rendere la relazione più accattivante per il lettore. In secondo luogo, ha redatto la relazione con un carico pesante di secondo il, riportati da, si dice, che ha detto, egli descrive, ecc. A questo punto devo dedurre che Human Rights Watch, pur non essendo presente in Eritrea né acquisendo i dati dall'interno del paese, usi questa relazione per diffondere pregiudizi e storie non confermate. La relazione afferma: “L'Eritrea è tra i Paesi più chiusi del mondo, le condizioni dei diritti umani permangono tristi. Servizio militare indefinito, tortura, detenzioni arbitrarie e severe restrizioni alle libertà di espressione, di associazione e di religione provocano fughe di migliaia di eritrei dal paese ogni mese.” I giovani eritrei fuggono dal loro paese, questo è vero. Scappano per il servizio militare prolungato, anche questo è vero. Ma perché la relazione non si focalizza sull’inosservanza delle decisioni definitive e vincolanti dell’EEBC da parte dell'Etiopia che continua ad occupare illegalmente territori eritrei? Human Rights Watch è a conoscenza della situazione di no guerra - no pace che persiste in Eritrea fin dalla fine del conflitto del 2000 e che obbliga tutti a stare all’erta? La storia ci ha insegnato, nel modo più duro possibile, come vadano le cose in questo mondo, quindi Lei non dovrebbe credere che un qualsiasi cittadino eritreo accetti ingenuamente le relazioni non corrette della Special Rapporteur delle Nazioni Unite sull’Eritrea. Le decisioni illegittime delle Nazioni Unite hanno influenzato negativamente il corso della storia dell’Eritrea. E' iniziato nel 1952, con la federazione di Eritrea ed Etiopia e l'annessione totale attuata dieci anni dopo dall'Imperatore Haile Sellasie. Nel corso dei trent’anni di lotta per la libertà, durante i quali l'ONU guardava semplicemente in silenzio, oltre 100.000 eritrei hanno sacrificato la loro vita. Fu grazie al loro sacrificio che siamo diventati una nazione! Quindi, signor Roth, mi chiedo dov’era l'ONU quando gli eritrei venivano uccisi dai regimi di Haile Sellasie e Mengistu Hailemariam? Non era l'ONU a conoscenza della Campagna Terrore Rosso? Non era l'ONU a conoscenza delle bombe al napalm usate per uccidere civili innocenti? E dov’era allora lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sull’Eritrea? “L'Eritrea non ha una costituzione, legislatura funzionante, magistratura indipendente, elezioni, stampa indipendente, organizzazioni non governative; non detiene le elezioni.” Siamo stati fortemente demonizzati per non aver voluto accogliere le ONG straniere, quando queste sembrano essere diventate un modo occidentale per controllare l’Africa. Come molti altri eritrei io credo nel principio di autonomia e il modo di contribuire allo sviluppo della mia nazione è pagare la tassa del due per cento. Ne vado orgoglioso. “In base a recenti interviste di agenzie dei rifugiati i ragazzini di 15 anni vengono presi ed inviati per l'addestramento militare.” Questa affermazione è assolutamente falsa. In Eritrea i ragazzini devono andare a scuola e alla loro età le principali preoccupazioni sono i compiti, gli esami semestrali e presumibilmente gli innamoramenti tra compagni di classe. L'addestramento militare inizia soltanto al termine della scuola secondaria. “Ad alcuni prigionieri sono stati offerti rilasci a condizione che firmino la dichiarazione di rinuncia alla loro fede. Nel 2013 durante la prigionia tre morti sono stati segnalati da gruppi di monitoraggio di religiosi stranieri, ma date le difficoltà ad ottenere informazioni, il numero potrebbe essere più alto.” O forse ancora più basso? Nel mio paese, da migliaia di anni, cristiani e musulmani convivono in pacifica armonia e totale rispetto della reciproca fede. Islam e cristianesimo sono due religioni secolari che sono diventate parte della storia e della cultura eritrea. Detto questo, gli eritrei sono consapevoli di quelle religioni gestite dagli occidentali che mirano a controllare e dividere la popolazione. In Eritrea sono le religioni tradizionali, in particolare la Chiesa ortodossa, ad essere stata presa di mira da gruppi fondamentalisti cristiani d’Occidente. “L'Eritrea è stata oggetto di sanzioni delle Nazioni Unite dal 2009 a causa del suo sostegno ai ribelli islamici armati in Somalia e il suo rifiuto al rilascio dei prigionieri di guerra gibutiani catturati durante l'invasione del 2008 del territorio di confine col Gibuti.” Presumibilmente, Human Rights Watch dovrebbe agire come un osservatore neutrale, ma i pregiudizi sono abbastanza evidenti. Non c’è niente di più falso che collegare l’Eritrea ai signori della guerra in Somalia e all’invasione dei territori del Gibuti. Tutto è cominciato come propaganda dell'Etiopia e si è rivelato totalmente infondato. Se ne trova conferma nel Report of the Monitoring Group sulla Somalia e l'Eritrea ai sensi della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2111 (2013) del 13 ottobre 2014 che recita testualmente: “Il Gruppo di Monitoraggio nel corso del suo attuale mandato non ha trovato alcuna prova del sostegno dell'Eritrea ad Al-Shabaab.” Allo stesso modo, le recenti sanzioni delle Nazioni Unite sono state ingiustamente imposte al popolo eritreo sotto pressione degli Stati Uniti, eterni alleati dell'Etiopia fin dai tempi dell'Imperatore Haile Sellassie. Eclatante fu la presa di posizione degli Stati Uniti quando il Segretario di Stato John Foster Dulles, nel 1952, dichiarò apertamente: “Dal punto di vista della giustizia, il parere del popolo eritreo deve ricevere considerazione. Tuttavia, gli interessi strategici degli Stati Uniti nel bacino del Mar Rosso e la pace nel mondo rendono necessario che il Paese (l‟Eritrea) debba essere collegato con il nostro alleato Etiopia.” A mio parere caro Sig. Roth, le sue relazioni sull’Eritrea sembrano portare avanti tale eredità. Qui di seguito alcuni esempi del curriculum di Human Rights Watch: 1) IRAQ: nel suo articolo Indict Saddam (Incriminare Saddam) pubblicato sul Wall Street Journal il 22 marzo 2002 Lei conclude dicendo: “Tale delegittimazione non garantirebbe la sua estromissione, ma potrebbe certamente aiutare a costruire un consenso che egli è incapace a governare e quindi che qualcosa deve essere fatto per porre fine al suo dominio.” Ormai, tutti sanno quello che è poi successo a Saddam Hussein e il ciclo di caos e instabilità che regna in Iraq dalla fine del suo dominio. Mi chiedo quale sia il suo parere sui “diritti umani” dopo Saddam, Lei crede che gli iracheni stiano meglio dopo l’intervento degli Stati Uniti e del Regno Unito? Quante persone sono morte a causa di un intervento straniero? Potrà mai HRW denunciare i crimini di Bush e di Blair, tra gli altri? Nel Briefing Paper del 20 febbraio 2003, Sezione II: Armi di distruzione di massa sembra chiaro che HRW ha creduto nel possesso iracheno di armi di distruzione di massa, come la relazione afferma: “Nessun partito al conflitto in Iraq sarebbe giuridicamente giustificato ad utilizzare qualsiasi arma di distruzione di massa in qualsiasi circostanza. Dato che la dichiarata motivazione per un potenziale attacco all'Iraq è il desiderio di rimuovere qualsiasi minaccia di armi di distruzione di massa (WMD), ci sono due questioni che sono di particolare preoccupazione. Il primo è un uso deliberato di WMD da parte delle forze irachene contro l'invasione delle forze della coalizione o come un atto di vendetta contro i civili iracheni. Il governo iracheno potrebbe anche usare armi convenzionali per commettere atrocità di massa contro gli iracheni. (...) Allo stesso modo, qualsiasi utilizzo di armi biologiche da una delle parti in conflitto violerebbe il diritto internazionale. La convenzione del 1975 sulle armi biologiche (BWC) vieta lo sviluppo, la produzione, l'acquisizione e stoccaggio di armi biologiche.” Human Rights Watch ha mai spiegato che queste armi non sono mai state trovate? HRW si è mai assunto la responsabilità per le conseguenze delle sue sinistre invenzioni? Ha forse chiesto scusa a qualcuno? 2) SIRIA: la rivolta siriana è iniziata nella primavera del 2011 e World Report 2011 sulla Siria (Eventi del 2010) riporta: “Non vi è nessun significativo cambiamento nella politica siriana sulla pratica dei diritti umani nel 2010. Le autorità hanno continuato a violare ampiamente i diritti civili e politici dei cittadini, arrestando attivisti politici e dei diritti umani, censurando i siti web, detenendo i blogger e imponendo divieti di espatrio. (...) Le interazioni della comunità internazionale con la Siria si sono concentrati quasi esclusivamente sul suo ruolo regionale. I principali funzionari dell'Unione europea e degli Stati Uniti hanno condannato l'arresto di attivisti di spicco, ma i loro interventi non hanno avuto alcun impatto sulle azioni della Siria.” Human Rights Watch ha considerato le atrocità della guerra in Siria, frutto della situazione degli anni precedenti? HRW è soddisfatta dei diritti umani della situazione odierna? 3) LIBIA: le proteste a Bengasi iniziarono martedì 15 febbraio 2011 e circa un anno prima, nel World Report 2011 sulla Libia (Eventi del 2010) riporta: “La Libia non ha ONG indipendenti e le leggi libiche limitano gravemente la libertà di associazione. (...) Nel mese di giugno la Libia ha ordinato all'UNHCR di chiudere il suo ufficio ed espulso il suo rappresentante (...)” A dieci giorni dall'inizio della rivolta, 63 organizzazioni di tutto il mondo hanno firmato una petizione all'Assemblea Generale come riportato da Peggy Hicks, (Direttore dell’Avvocatura Mondiale di Human Rights Watch). Lei riferisce le parole di Jose Luis Diaz, (Capo Ufficio e Rappresentante di Amnesty International presso le Nazioni Unite): “Permettere oggi alla Libia di continuare a far parte del Consiglio dei diritti umani sarebbe un affronto a chi soffre in Libia e ai difensori dei diritti umani in tutto il mondo che chiedono la sospensione della Libia.” Così, ancora una volta chiedo: Human Rights Watch è soddisfatta della situazione dei diritti umani in Libia dopo la sconfitta di Muammar Gheddafi? E la situazione del Paese riguardo ai diritti umani fondamentali è forse migliorata? 4) SUDAN: prima che il Sudan fosse diviso, nella relazione del 25 novembre 2003: Sudan, Oil, and Human Rights HRW consiglia a tutte le compagnie petrolifere di sospendere le loro attività in Sudan. “Nessuno di questi né alcuna delle compagnie petrolifere, tra cui Total Fina Elf, né le imprese appaltatrici e subappaltatrici, dovrebbero riprendere o avviare le operazioni in Sudan a meno che (...)” Qui di seguito altre due raccomandazioni, la prima è stata destinata al governo del Sudan: “Rispettare integralmente il Codice dell‟FMI Good Practices on Fiscal Trasparency e pubblicare un resoconto dettagliato delle spese militari e la fonte di tali entrate sotto la guida del FMI (….)” La seconda è stata rivolta agli Stati Uniti: “Condannare abusi da tutte le parti in conflitto (comprese le forze governative sudanesi armate e le sue milizie etniche, SSDF, milizie Baggara, Forza di difesa popolare, SPLM/A, e altri) e insistere sul fatto che i responsabili degli abusi dovranno renderne conto. Continuare le sanzioni esistenti contro il Sudan fino a che non verranno compiuti concreti e misurabili progressi sulla fine delle violazioni dei diritti umani.” Perché Human Rights Watch considera gli Stati Uniti una parte fondamentale da coinvolgere negli affari del Sudan? Considera gli USA come una sorta di guardiano benevolo o portatore sano di diritti umani? Anche in questo caso, Human Rights Watch è soddisfatta oggi della situazione dei diritti umani del popolo sudanese? II - TORNIAMO ALL’ERITREA Ecco il contenuto della relazione Eritrea: Mining Investors Risk Use of Forced Labor concernente l’oro trovato in Eritrea (15 gennaio 2013). Esso recita: Il rapporto di 29 pagine, Hear No Evil: Lavori Forzati e Responsabilità Aziendale nel settore minerario dell'Eritrea, descrive come le aziende minerarie che operano in Eritrea rischino il coinvolgimento nel lavoro forzato, uno sfruttamento già praticato dal governo (...) “Le aziende minerarie che stanno andando a lavorare in Eritrea, devono essere assolutamente certe che le loro produzioni non si basino sul lavoro forzato. Se non possono impedire questo, non dovrebbero andare avanti ad ogni costo” dice Chris Albin-Lackey, affari e diritti umani e ricercatore-senior di Human Rights Watch. “Sulla base dell'esperienza Bisha1 il maggior rischio di abuso può verificarsi durante la fase di costruzione di questi progetti. (...) Tutte le imprese minerarie che operano in Eritrea dovrebbero impegnarsi sui diritti umani (…) E' negligenza delle società minerarie ignorare i rischi di lavori forzati che esistono chiaramente in Eritrea...” In altre parole, gli sforzi di HRW possono essere chiaramente interpretati come un altro inutile tentativo di minare economicamente l'Eritrea. Già sette mesi prima, il 20 giugno 2012, US: Joint Letter Regarding US Engagement at Upcoming Rights Council Session Frank Jannuzi (Vice Direttore Esecutivo, Amnesty International USA) scrive una lettera a Hillary Clinton (Segretario Dipartimento di Stato degli Stati Uniti). “Cara Segretario Clinton, la congiunta dichiarazione sull‟Eritrea firmata da 44 paesi nella Sessione di marzo HRC2 ha segnato un positivo passo in avanti nel richiamare l'attenzione internazionale per gravi violazioni dei diritti umani in quel paese. La terribile situazione in Eritrea merita ulteriore attenzione da parte del Consiglio dei diritti umani, e chiamiamo gli Stati Uniti a lavorare con i suoi partner perché la leadership africana si mobiliti arrivando ad una forte risoluzione nella Sessione di giugno che stabilirà un Relatore Speciale per riferire in merito alla diffusa e sistematica violazione dei diritti umani che sono continuati in Eritrea per oltre un decennio. Cordiali saluti…” Co-firmataria Juliette de Rivero (Direttore di Human Rights Watch a Ginevra). A me sembra che HRW e Amnesty International si muovano in perfetta simbiosi. Nella relazione: Ten Long Years del 24 settembre 2011 HRW si raccomandava con il Governo dell’Eritrea scrivendo: “Consenta i meccanismi speciali di accesso alle strutture di detenzione dell'Eritrea agli osservatori indipendenti come il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) e della Commissione africana e delle Nazioni Unite (come il Relatore Speciale sulla tortura e altri crudeli, inumani e degradanti trattamenti o punizioni). (...) Human Rights Watch e altre entità 1 Bisha miniera d’oro 2 HRC Consiglio dei Diritti Umani indipendenti dei diritti umani, tra cui il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sull'Eritrea, hanno documentato gravi atti di violazioni dei diritti umani in Eritrea.” Una sentenza già scritta come si suol dire. Infine una raccomandazione a tutti i Paesi del mondo: “Rispettare la guida dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) che determina categorie di richiedenti asilo (soggetti a rischio se dovessero essere rimandati indietro) in particolare le persone che hanno evitato il servizio militare nazionale, i membri dei gruppi politici di opposizione e di critica al governo, giornalisti, sindacalisti, membri minoritari di gruppi religiosi, membri minoritari di alcuni gruppi etnici e vittime della tratta. Facilitare il completo accesso al'UNHCR ai richiedenti asilo eritrei.” Anche il discorso del Presidente Obama del 2009 al Clinton Global Initiative ribadiva: “Recentemente abbiamo rinnovato le sanzioni su alcuni dei paesi più tirannici tra cui Corea del Nord e Eritrea, abbiamo partnership con i gruppi che aiutano le donne e i bambini a scappare dalle mani dei loro aguzzini, stiamo aiutando altri paesi ad intensificare i loro sforzi e vediamo dei risultati...” E quando Obama parla di paesi che devono intensificare i loro sforzi allude forse ai campo-profughi in Etiopia e in Sudan? E quali sono i risultati di cui parla? I nostri giovani che scappano? “I rifugiati eritrei sono diventati una fonte importante di informazioni sulla situazione dei diritti umani in Eritrea dato che l'Eritrea non ha permesso la visita del paese ai relatori speciali delle Nazioni Unite e di altri investigatori internazionali dei diritti umani”. Così è scritto nell’ultima relazione di HRW del 26 settembre 2014. E non dice chi sono questi altri investigatori internazionali. Ma perché questi giovani eritrei fuggono anche dai campi profughi dell’Etiopia o del Sudan, cosa succede laggiù? HRW risponde con un'altra relazione: “Pochi eritrei cercano rifugio nei paesi vicini all‟Eritrea (Egitto, Etiopia, Libia e Sudan) perché questi paesi li costringono a vivere chiusi in remoti campi profughi, negano loro l'accesso al lavoro o li incarcerano in condizioni disumane e degradanti o abusano di loro.” A me sembra fatto apposta per incentivare quei giovani ad incamminarsi prima nel deserto e poi in mare causando una terribile serie di morti. Mi chiedo quanti di quei morti annegati nel Mar Mediterraneo HRW sente sulla propria coscienza. Quanti di loro, svaniti nel deserto, HRW ha incontrato ed interrogato? Quanti di loro ha illuso con la sua umanitaria accoglienza nei campi-profughi? HRW li ha davvero ascoltati e ha visto la scintilla di speranza dipinta nei loro sguardi? HRW tiene conto di tutte le voci degli immigrati eritrei compresi quelli che non si lamentano della “dittatura” in Eritrea? Probabilmente no. “Cui prodest?” dicevano i latini. L’Esodo non aiuta né l’Eritrea né il suo Presidente. Allora a chi interessa svuotare l’Eritrea dei suoi giovani oltre che agli Stati Uniti e all’Etiopia? Pure a HRW? Caro Signor Roth, dal momento che HRW ha scritto: “Il Consiglio per i Diritti Umani ha adottato la risoluzione di costituire una commissione d'inchiesta per indagare sulle violazioni dei diritti umani in Eritrea „dall‟Indipendenza‟ del 1991” un’affermazione che fa capire come la “questione dei diritti umani” in Eritrea cominci solo nel 1991, l'anno della Liberazione del Paese dal regime del Colonnello Menghistu Hailemariam. Prima del 1991 andava tutto bene? Il solo fascino del passato è che è passato diceva Oscar Wilde. Caro Signor Roth: vuole davvero tutelare i diritti umani di noi cittadini eritrei? Allora come cittadino eritreo chiedo a Lei e a HRW di condividere con noi il primo diritto umano che ci è stato negato dagli anni cinquanta: il diritto alla pace. Garantiteci la pace, fate rispettare la nostra sovranità e assicurateci che i nostri confini siano riconosciuti ed accettati da tutto il mondo. Il diritto alla pace dovrebbe essere la radice e la madre di tutti i diritti umani. Privare una nazione di questo diritto fondamentale significa per me privarla del suo diritto all’esistenza. L'Eritrea è un paese costantemente impegnato nello sviluppo grazie ai propri sforzi e senza indebitarsi con i soliti usurai legalizzati ed è quasi riuscito a raggiungere l’ottavo Obiettivo del Millennio, (secondo UNDP è tra i quattro paesi dell’Africa a riuscirvi). Per garantire la sicurezza alimentare continua a costruire numerose dighe che servono a trattenere la poca acqua piovana, senz’acqua non c’è cibo, senz’acqua la vita delle future generazioni verrebbe minacciata di estinzione. Perciò di nuovo Le chiedo: è credibile che un Paese come l’ Eritrea che si adopera con grande impegno per lo sviluppo e il benessere sociale venga invece accusato di privare dei diritti umani fondamentali i suoi cittadini? È con questi nobili ideali, servire le future generazioni, che il Popolo Eritreo costruisce oggi il proprio paese partendo da zero. Come può HRW sminuire gli sforzi degli eritrei etichettandoli come “lavoro forzato”? È credibile che un Paese venga definito “L‟Inferno sulla Terra” quando ha ridotto la mortalità infantile e materna, ha debellato la malaria e controllato l’Hiv? L’Eritrea è anche uno tra i pochi paesi al mondo che offre ai suoi studenti l’istruzione gratuita dall’asilo all’Università. Un Paese che nel 2014 riesce a coinvolgere studenti e docenti nel progetto di piantumare ben 4.000.000 di alberelli per fermare l’avanzamento del deserto, un Paese che ha cura del benessere di coloro che verranno dopo e per loro oggi mette a dimora i futuri alberi dell’Eritrea. È credibile che un Paese che ci mette tutta questa determinazione e cura venga accusato, giudicato e sanzionato per gravi crimini nei confronti della sua gente? Trovo tali accuse alquanto surreali e l’atteggiamento di HRW perpetra il reato: sottrazione e privazione dei diritti umani basilari al popolo eritreo. Un’ingiustizia che non sfuggirà ai libri di Storia, comunque. Ma non è mai troppo tardi per rimediare e una lettera può essere un'opportunità. HRW dovrebbe essere dalla parte degli eritrei che stanno ancora lottando per la giustizia. La soluzione a tutti i mali è stata già scritta nero su bianco e che le decisioni sono state già prese dalla Commissione EEBC ma che, inspiegabilmente, non sono mai state rispettate né attuate. Quattordici lunghi anni sprecati, serviti per alcuni a fornire le loro distorte versioni della storia. Su quei registri da rispolverare troverà stampata a caratteri cubitali tutta la verità ed è più semplice di quanto HRW creda. Caro sig. Roth, se si fosse messo nei nostri panni avrebbe scoperto tutte le ingiustizie che abbiamo vissuto e viviamo tuttora. Sin dai tempi dei nostri nonni siamo stati costretti a fare gli Ascari e a combattere in Libia, Somalia ed Etiopia per gli italiani, quasi un milione di eritrei non tornò mai a casa. Successivamente subimmo altri oppressori: inglesi per 11 anni, etiopici per 40 anni di cui trenta di guerra di Liberazione con oltre 100.000 caduti. Di nuovo, altre migliaia di giovani martiri morirono nell’ultima guerra di confine del 1998-2000. Oggi, quelli “stanchi di resistere” finiscono annegati in mare come è successo nella Tragedia di Lampedusa nonostante fossero assistiti da ONG dei diritti umani lungo tutto il tragitto dell’Esodo. E noi eritrei continuiamo a sanguinare! Signor Roth, comunque Lei la voglia mettere, finiremmo per parlare, innegabilmente, di eritrei morti. Dunque Signor Roth, non solo come cittadino eritreo ma anche come cittadino del mondo lancio il mio personale J’Accuse a Human Rights Watch e a Lei come suo legittimo Rappresentante. J’Accuse Human Rights Watch per essere la mente creatrice del caos mondiale in cui viviamo e perché, di volta in volta, come nel passato, continuerà a farsi utilizzare per giustificare nuove guerre! J’Accuse Human Rights Watch per essere il miglior strumento mai inventato dalle potenze occidentali per destabilizzare e promuovere la neo colonizzazione dell'Africa! J’Accuse Human Rights Watch, per essere chi, in nome dei diritti umani, detta legge in tutto il mondo e focalizza la sua attenzione sul continente africano! Esprimendole il mio intimo sdegno per il suo “umanitario” lavoro, le auguro di poter vivere fino al giorno in cui ci sarà una nuova Era Africana, il giorno in cui ci sarà il Rinascimento Africano, il giorno in cui ci sarà una Corte Africana Internazionale di Giustizia che accuserà Human Rights Watch e simili organizzazioni “umanitarie” di crimini contro l'Umanità! Spero che quel giorno arrivi molto presto! Cordiali saluti, Daniel Wedi Korbaria (artista eritreo)
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Agosto 2024
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