da SiciliainTreno.org Molti tra i nostri lettori conosceranno la storia della Ferrovia Eritrea, una ferrovia a scartamento ridotto costruita durante l’occupazione italiana a partire dal 1887 e poi completata nella sua interezza nel 1928, che collegava il porto della città di Massaua alla capitale Asmara e che proseguiva il suo percorso collegando le città di Cheren e Argodat. La linea eritrea affascina tutti gli appassionati di cultura ferroviaria, per via delle sue caratteristiche che rendono questa ferrovia di montagna un gioiello dell’ingegneria civile. La linea Massaua – Asmara copre infatti un di livello di quasi 2500 metri in 117 km nei quali si susseguono numerosi viadotti e gallerie. Il percorso che si arrampica in un paesaggio mutevole di straordinaria bellezza, è in numerosi scorci straordinariamente simile alle linee secondarie a scartamento ridotto del Sud Italia. La somiglianza poi si fa più forte considerato che i rotabili tutt’ora in circolazione lungo la linea sono, tranne qualche eccezione, tutti italiani e risalenti al periodo coloniale. Di fatto nel parco rotabile eritreo ritroviamo le uniche macchine (ex) FS a scartamento ridotto ancora in circolazione! Con delle vere e proprie chicche (come non citare le littorine in livrea coloniale o le incredibili "Mallet" italiane 440). La storia di questa linea è caratterizzata però da un periodo tormentato che ebbe inizio durante la seconda guerra mondiale e che durò fino al 1991, anno dell’indipendenza dell’Eritrea; decenni caratterizzati da un progressivo ed inserobabile declino che culminò con la dismissione del tracciato, il disarmo della linea, la perdita di molti rotabili ed il definitivo accantonamento di quelli superstiti con la conseguente cessione del servizio ferroviario. Ma, quando tutto sembrava ormai perso, ecco l'eccezionalità del caso: in Eritrea si assiste, contro ogni pronostico, ad un avvincente e tenace impegno finalizzato alla ricostruzione della ferrovia (ricordiamo che il viadotto in uscita da Massawa è addirittura stampato sulle banconote da 10 nakfa,la valuta locale, questo da il metro dell'importanza, per la popolazione, di questa infrastruttura). A seguito infatti dell’indipendenza, nel 1993, il governo eritreo, volendo dimostrare con orgoglio la propria autonomia, scelse di ripristinare con le proprie forze la storica infrastruttura ed intraprese un difficile ed appassionante lavoro di recupero innanzitutto dell’armamento originario, unico disponibile, disperso ed utilizzato come materiale da costruzione (spesso per casematte militari); famosi sono gli scatti in cui si vedono operai eritrei letteralmente cercare bullone per bullone in mezzo ai resti delle trincee della guerra, recuperando tutto il possibile, in questo aiutati anche dall'uso di traverse in ferro, praticamente indistruttibili; Parallelamente alla linea ferrata, ebbe inizio anche la revisione (che ha del miracoloso visti i mezzi) e il ripristino funzionale dei pochi rotabili superstiti e ancora conservati dentro le rimesse. Un lavoro che vide il fondamentale contributo di tanti ex ferrovieri, spesso ottuagenari, gli unici conoscitori delle locomotive italiane e degli impianti e attrezzature lasciate nei depositi dal periodo coloniale (è possibile vedere macchine utensili, attive, degne di un museo); e poi ancora l'aiuto di tanti giovani eritrei volontari e contagiati da questa incredibile sfida, e la partecipazione attenta dei tanti che hanno seguito e sostenuto l’impresa anche da fuori. Questo sforzo collettivo e a costo contenutissimo ha infine portato li dove nessuno avrebbe mai creduto: la riapertura, avvenuta nel 2003, della intera tratta Massaua – Asmara. Da questa data, sono stati tantissimi i tour turistici organizzati per viaggiare, spesso in condizioni a dir poco improbabili, su questa incredibile infrastruttura. La modalità del recupero ora ora descritto ha fatto e continua a far sognare tantissimi appassionati di ferrovia che non fanno fatica ad immedesimarsi in chi ha operato nel ripristino dell’infrastruttura e dei rotabili, fantasticando magari di utilizzare lo stesso modello esecutivo "artigianale" per tante tratte nostrane, ormai dismesse da tempo, e che spesso versano in condizioni decisamente migliori di quelle della ferrovia eritrea. Ciò che colpisce però, al di là dell’impegno e lo spirito di abnegazione per un ritorno all’esercizio dell’infrastruttura ferroviaria e della revisione dei pochi mezzi superstiti, è il forte indirizzo politico di una scelta orientata a perseguire degli obiettivi di economicità, indipendenza e sostenibilità tecnica e quindi principalmente la voglia di una comunità di ritornare a poter determinare autonomamente il proprio destino, con i propri mezzi, libero da condizionamenti stranieri.
Alla rinascita delle ferrovie eritree ed il ritorno alla sua piena operatività, di cui esiste una grande testimonianza fatta di pubblicazioni di pregio, numerose foto, pagine web dedicate e incredibili filmati e documentari, si aggiunge un altro capitolo, che non poteva non avere il contributo italiano, se non altro per questioni storiche, e che ha lo stesso stile del processo di rinascita dell’infrastruttura ferroviaria ora narrata: il progetto locomotive italiane in Eritrea. Questo progetto è nato da un’idea di Stefano Pettini, sottufficiale dell’Aeronautica Militare e appassionato di ferrovie che, in seguito alla sua importante esperienza di servizio in Eritrea e alla conoscenza di questo straordinario territorio, decise di dare il suo contributo al recupero della funzionalità della linea ferrata. In collaborazione con il direttore della Ferrovia Eritrea di allora, Amanuel Ghebresellasie, venne individuato un elemento particolarmente critico nella gestione dell’esercizio ferroviario e cioè la mancanza di mezzi da manovra necessari sia per eseguire la movimentazione dei carri negli scali ferroviari che per effettuare piccole tradotte lungo la linea. Il parco dei rotabili destinato ai servizi di manovra era infatti caratterizzato da pochi mezzi di trazione, tra cui due piccole loco tender a due assi e due carrelli ferroviari derivati da due autocarri, che eccezion fatta per i mezzi a vapore in affidabilità. L’individuazione di questo obiettivo e la ricerca di una via economicamente e tecnicamente compatibile con le caratteristiche attuali dell’infrastruttura e le necessità di gestione, spinsero verso la ricerca di rotabili a trazione termica semplici da condurre e da manutenere. La ricerca di questi mezzi condusse Stefano Pettini ai numerosi carrelli da manovra non più in uso di proprietà della Aeronautica Militare Italiana, un tempo in servizio presso i tronchi ferroviari presenti nelle basi dell’Aeronautica, e che venivano utilizzati per movimentare i carri che trasportavano principalmente carburante. I mezzi in questione avevano le caratteristiche necessarie: semplicità nella condotta e nella manutenzione, trazione meccanica e soprattutto facilità di reperimento di pezzi di ricambio. Inoltre questi rotabili erano caratterizzati spesso da buone condizioni generali sia dal punto di vista meccanico che della cassa. C’era un solo problema tecnico a cui far fronte: i carrelli dell’aeronautica erano a scartamento ordinario, quindi per renderli operativi sulla linea eritrea sarebbe stata necessaria, oltre a una necessaria revisione generale, un’operazione di trasformazione degli stessi per adattarli allo scartamento ridotto italiano (950 mm). Le vere difficoltà a cui fare fronte iniziarono a questo punto: fu necessario trovare una modalità attraverso la quale poter cedere a titolo gratuito dei mezzi militari ad un paese straniero. A causa dell’assenza di relazioni bilaterali tra le forze armate dei due paesi coinvolti, fu necessario individuare un percorso amministrativo e normativo che ha richiesto la paziente opera di mediazione di più interlocutori ed istituzioni e che ha incontrato numerose battute di arresto, ma che alla fine ha permesso l’avvio promettente di importanti relazioni. L’interlocutore istituzionale che ha preso in carico il difficile percorso amministrativo è stato il senatore Aldo Di Biagio che, interessatosi al progetto, attraverso una paziente opera di mediazione istituzionale all’interno delle sedi parlamentari italiane e di dialogo con le istituzioni eritree, svolte insieme al sottufficiale Stefano Pettini, ha saputo individuare e percorrere un percorso istituzionale tra i vari soggetti coinvolti che ha portato all’approvazione in Italia del provvedimento normativo di donazione a titolo gratuito; e alla firma del documento tra Aeronautica Militare ed il governo Eritreo che sanciva le condizioni di donazione dei rotabili e le successive operazioni di intervento e di trasferimento in Eritrea degli stessi a carico del governo Eritreo. I mezzi rotabili individuati e considerati idonei alla trasformazione poterono essere finalmente prelevati e trasferiti presso i capannoni in uso alla società individuata per la modifica dello scartamento e le necessarie lavorazioni e revisioni. Si giunge così finalmente a febbraio 2018, a poche settimane dall’invio in Eritrea dei primi mezzi lavorati. Dall’avvio delle prime interlocuzioni informali e del primo documento ufficiale, datato 2011 sono passati ben sette anni, durante i quali si sono succeduti incontri, interlocuzioni formali, visite ufficiali e l’approvazione di tre Decreti Legge e per ultimo l’atto di cessione dei mezzi ma finalmente si raccolgono i primi frutti tangibili di questo percorso: sono pubblicate le foto ed un video dei primi rotabili revisionati e trasformati, pronti ad una nuova vita operativa lungo la tratta ferroviaria recuperata Massawa – Asmara. L’emozione di sentire il rombo del motore diesel del locomotore Ranzi ed assistere agli ultimi interventi di messa a punto sono testimoniate da un video caricato sulla pagina FB del senatore Di Biagio. Emozioni condivise anche dagli appassionati che, sia su FB, sia sul sito Photorail, hanno commentano le foto dei mezzi appena trasformati e che li riprendono finalmente circolanti in Eritrea. In questo grande sogno realizzato che è il recupero della ferrovia Eritrea non si sarebbe potuta immaginare pagina più bella. Con l’invio dei primi mezzi ricondizionati, si aggiunge un altro tassello alla realizzazione della volontà degli Eritrei di tornare ad avere un’infrastruttura non solo turistica ma veramente (commercialmente) al servizio della loro comunità, grazie all’apertura di una via di dialogo tra i due stati finalizzata ad azioni semplici, concrete, sostenibili e mirate al reciproco sviluppo. Una cooperazione tra due realtà che sono state lontane per tanto tempo e che sono tornate in contatto grazie al tesoro riscoperto delle mille potenzialità di una delle ferrovie più incredibili ed emblematiche del mondo. Per saperne di più: http://www.ferroviaeritrea.it/progetto-locomotive-italiane-in-eritrea.html https://www.eritrealive.com/eritrealive-intervista-aldo-di-biagio-locomotive-italiane-in-eritrea-un-dialogo-tra-eritrea-e-italia/ da SiciliainTreno.org
1 Comment
massimo
26/4/2018 09:25:05 am
Complimenti di cuore a stefano pettini per la costanza e la riuscita di questa più che meritevole iniziativa a beneficio del popolo eritreo.
Reply
Leave a Reply. |
Archivi
Agosto 2024
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. |