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ERITREA ETIOPIA

Il petrolio, il gas e quel nuovo interesse per l’Eritrea

21/12/2015

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da AFRICARIVISTA - L’Eritrea è seduta su un tesoro. E Asmara lo sa. Quel tesoro sono i ricchissimi giacimenti di petrolio e di gas che si trovano sia sul territorio sia, soprattutto, offshore. Per il momento non è iniziato lo sfruttamento, ma è partito il corteggiamento del Governo di Isayas da parte di grandi compagnie di estrazione e di politici ed ex politici.

Ma andiamo con ordine. La presenza di gas e di petrolio è conosciuta da decenni. Le prime prospezioni furono eseguite dagli italiani quando l’Eritrea era ancora una colonia di Roma. I tecnici italiani scavarono undici pozzi sulla terraferma e in otto di essi trovarono idrocarburi. Una ventina di anni dopo, sempre gli italiani effettuarono altri studi, questa volta offshore, vicino alle isole Dahlak.
​
E, anche in questo caso, trovarono sia gas sia petrolio. La scoperta fu confermata dalle perforazioni effettuate dalla Mobil nel 1969. In quell’occasione, i tecnici causarono un’esplosione e il gas fuoriuscì dal cratere per circa due mesi.
​Ma perché i giacimenti non sono mai stati sfruttati? Anzitutto perché in Eritrea la situazione politica e militare per decenni è stata tutt’altro che stabile: prima a causa della trentennale guerra di indipendenza con l’Etiopia e, poi, negli anni Novanta e Duemila, per i nuovi conflitti tra Asmara e Addis Abeba e con Gibuti. Queste guerre, oltre a impoverire il Paese, lo hanno di fatto isolato dalla comunità internazionale.

In secondo luogo, mancavano e mancano le infrastrutture per trasportare e stoccare gli idrocarburi. Infine, perché fino agli anni Sessanta, il gas non aveva mercato. Nel 2008, però, secondo quanto riporta il sito www.eastafro.com, il Governo di Isayas Afeworki ha siglato un’intesa con due società miste cinesi ed eritree per la perforazione le aree al confine con il Sudan. Ma, pur sapendo di avere sotto i piedi un tesoro ingente, Asmara non lo ammetteva e negava la presenza di idrocarburi nel suo sottosuolo.

Solo nel 2010, il Governo ha dichiarato di possedere un tesoro e il ministero dell’Energia e delle Miniere ha effettuato una mappatura dei possibili giacimenti. I due volumi che sono stati realizzati dovrebbero ora aiutare gli investitori nell’individuare con maggiore precisione i posti dove è possibile scavare pozzi. Nel frattempo, lo stesso ministero si è impegnato a rimettere in funzione la raffineria di Assab e a costruirne una nuova. Nel febbraio 2015, funzionari eritrei erano presenti al Red Sea Oil and Gas Summit a Dubai.

In quella sede hanno confermato l’interesse strategico di Asmara nel promuovere e sviluppare il settore degli idrocarburi come comparto fondamentale per la crescita economica del Paese. Il riconoscimento dell’esistenza dei pozzi ha attirato l’attenzione di società di estrazione, Paesi e politici stranieri. Sul territorio si trovano già le multinazionali Exxon e Mobil (Usa), Shell (Gran Bretagna e Olanda), Total (Francia) che, da tempo, distribuiscono i prodotti petroliferi in Eritrea.

Molto attivo è Michael Howard, politico britannico, membro del Partito Conservatore. Nel 2014 ha guidato ad Asmara un gruppo di imprenditori interessati a investire nel settore degli idrocarburi. Howard in passato è stato coinvolto in un caso di corruzione di politici somali per ottenere concessioni di perforazione ed estrazione di petrolio in Somalia.

E l’Italia? Nonostante in passato ci siano state frizioni politiche, il nostro Paese è ancora il primo partner commerciale dell’Eritrea. Nell’estate 2014, Lapo Pistelli, allora Viceministro degli Esteri, ha compiuto una visita ad Asmara durante la quale ha incontrato Isayas Afeworki, gli ha stretto la mano e ha annunciato che tra Italia ed Eritrea sarebbero nate nuove relazioni bilaterali.

Nel novembre 2014, sempre Lapo Pistelli ha svolto un ruolo importante nel coinvolgere Asmara nel Khartoum Process, un’iniziativa dell’Unione africana per contenere i flussi di migranti dal Corno d’Africa. Un’amicizia solida quella tra Pistelli e l’Eritrea, come ha fatto notare, in un articolo, il quotidiano britannico The Guardian.

Chissà se produrrà frutti anche ora che Lapo Pistelli è diventato Vicepresidente dell’Eni, la compagnia italiana attiva nei settori del petrolio, del gas naturale.

da AFRICARIVISTA
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