Dal 6 al 10 aprile l'accogliente cornice del Triveneto ha visto svolgersi la 17esima Euro Conference del YPFDJ. Siamo in un momento di grandi cambiamenti regionali, continentali ed internazionali per l'Eritrea: forti sono l'ottimismo, e le aspettative. Qua, in questo nostro resoconto, proviamo ad offrirne una dovuta descrizione.
di Filippo Bovo 12 Aprile 2023 Le scorse giornate dal 6 al 10 aprile hanno visto svolgersi, in un clima di sempre più promettente ed entusiastica partecipazione, la 17esima Conferenza Europea del YPFDJ (Fronte Popolare dei Giovani per la Democrazia e la Giustizia), ramo giovanile del PFDJ, Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia. Il PFDJ, per chi non è nuovo alla storia eritrea, è il partito di governo dell’Eritrea sin dall’Indipendenza, erede di quel glorioso EPLF (Fronte Popolare di Liberazione Eritreo) che in precedenza ne aveva vittoriosamente condotto la dura e complessa Guerra d’Indipendenza. Ciò può servirci a capire come la 17esima Euro Conference del YPFDJ non sia dunque del tutto equiparabile ad un più consueto Festival di Comunità, come quelli che annualmente si svolgono per celebrare l’Anniversario dell’Indipendenza o per commemorare i Martiri della Guerra di Liberazione, poiché il suo obiettivo si spinge ancor oltre: a far incontrare le vecchie generazioni che hanno liberato e fin qui condotto il paese, ovvero le generazioni dei padri e delle madri, dei combattenti (Tegadelti, nella lingua Tigrinya), con le nuove nelle quali andrà a formarsi la futura classe dirigente nazionale. Si può dunque comprendere non soltanto la portata emotiva, patriottica e culturale di un simile evento, comune anche a tutti gli altri già summenzionati, ma pure la sua elevata caratura in termini di formazione politica e professionale. Non a caso l’evento ha visto alternarsi, nei suoi cicli di conferenza, gli interventi di attori di primo piano della ricca e vasta realtà eritrea: la Rappresentante Permanente dell’Eritrea all’ONU, Sophia Tesfamariam, sempre così ironica ed accattivante nel raccontare ai giovani la lunga esperienza raccolta coi compagni di governo e di lotta fin dai primi, duri confronti con certi egoismi occidentali in sede internazionale; l’Ambasciatore dello Stato di Eritrea in Italia, Fessahazion Pietros, che ha introdotto alla platea il significato ben più che politico di questa edizione ed il perché delle parole d’ordine che la caratterizzavano e che nei successivi paragrafi approfondiremo; il Segretario dell’Unione Nazionale dei Giovani e degli Studenti Eritrei, Saleh Amehdin, che ha descritto l’importanza dei futuri lavori sindacali e i prossimi traguardi che assicureranno; la Segretaria del YPFDJ Europeo, Rahel Seyum, che ha sottolineato come questo congresso avvenga in un momento epocale per l’Eritrea, motivo in più per richiedere l’attenzione dei più giovani affinché se ne rendano testimoni e protagonisti; e numerose altre personalità dell’ambito diplomatico, politico, artistico ed accademico, ad arricchire giornate dove vi sono stati sì intensi lavori culturali e formativi, ma anche momenti di gioia, d’intrattenimento e di celebrazione. Commovente, trascinante per il suo spirito umano e patriottico, tra i tanti interventi, quello del Dr. Fikrejesus Amahazion, plurilaureato in sociologia negli USA, attivo nei settori dell’educazione, della medicina, dei diritti umani e dello sviluppo, autore di un recente libro sui progressi compiuti dall’Eritrea nella riduzione della mortalità infantile, che ha lasciato una carriera miliardaria oltreoceano per dedicare la propria esistenza al benessere e al progresso del proprio paese, della sua Eritrea dove ben presto si sposerà con una ragazza eritrea conosciuta durante il servizio civile e militare a Sawa. Ma davvero compiremmo un enorme torto se, nello scrupolo di voler elencar tutte le numerose e valorose personalità intervenute, finissimo disgraziatamente col dimenticarne anche una soltanto. Numerosi pure gli artisti che hanno tenuto proprie esibizioni, soli o in gruppo, ed ancor più numerosi i ragazzi, giovani e giovanissimi, intervenuti sul palco ad offrire, ad una platea orgogliosa di simili connazionali e discendenti, veri e propri saggi di commovente bravura e natura patriottica. C’è veramente di che sperare per il futuro, quando s’ha intorno a sé un’umanità così fiera e sicura, positiva e propositiva: forse i lettori capiranno ciò che intendo esprimere, ma davvero posso garantire, senza presunzione, che soltanto trovandovisi di persona si possono cogliere certe vibrazioni, certe emozioni e certe sensazioni. Leggerlo o sentirselo raccontare non è come esserci stati. Ad ospitare un evento di tale grandezza, che ha visto giungere centinaia di giovani eritrei e di protagonisti sia giovani che adulti della politica, della diplomazia, della scienza e della cultura eritree in patria e all’estero, la mite ed accogliente cornice del Triveneto, muovendosi da Venezia per addentrarsi ai confini tra Veneto e Friuli. Non è la prima volta che le Euro Conferences del YPFDJ si tengono in Italia: tolta la prima, storica, in Germania nel 2005 e le altre più volte tenutesi in Inghilterra, Svezia, Olanda e Norvegia, le edizioni italiane sono ormai quattro e corre voce che non diversamente sarà anche per quelle future. Ciò sottolinea pure l’importanza che l’Italia, terra che con l’Eritrea condivise decenni di storia associata e che da più generazioni ne ospita una ricca e cospicua Comunità, tuttora riveste agli occhi di tutti gli eritrei: un implicito segno di fratellanza, anche in questa scelta nuovamente ribadito e sottolineato. Il motto di questa 17esima Euro Conference era “Mobilitarsi oltre i Confini, per un Avanzamento Collettivo – UBUNTU“, sulla scia della precedente edizione tenutasi lo scorso anno a Roma in cui il filo conduttore verteva su “Liberazione Panafricana e Leadership Mirata“. Si comprende già da questo, ed ancor più dagli argomenti trattati in tali occasioni, come sempre più l’Eritrea, la sua classe dirigente politica e culturale, e i suoi giovani, guardino con crescente dedizione alla causa dell’integrazione ormai non più soltanto regionale, relativa al solo Corno d’Africa, ma persino continentale ed internazionale, ovvero al Panafricanismo e all’Internazionalismo, secondo una visione marcatamente Progressista e Socialista. Le novità di questi ultimi due anni non devono infatti passar inosservate: la guerra secessionista del TPLF (Fronte Popolare di Liberazione del Tigray, gendarme americano nel Corno d’Africa e storico nemico dell’Eritrea come del nuovo governo etiopico), avviata con un “muoia Sansone con tutti i Filistei” e conclusasi con la sua implosione e definitiva neutralizzazione militare; il consolidamento della Somalia, che ha ritrovato unità politica interna e a cui l’Eritrea, sua tradizionale amica, ha sinora formato in due riprese oltre ottomila militari per garantirne la futura sicurezza; il ritrovato dialogo col Sudan, nell’interesse anche dell’alleato etiopico in precedenza trovatosi in attrito con Khartum, fomentata dall’Egitto, per la questione della Grande Diga del Rinascimento Etiopico (GERD) sul Nilo; la sbalorditiva apertura col Kenya del nuovo Presidente William Ruto, apertosi ad un’inedita alleanza strategica con Asmara; il non meno sorprendente rientro dell’Eritrea nell’IGAD, l’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo che riunisce i vari paesi del Corno d’Africa e che negli anni precedenti Asmara aveva preferito disertare, considerandolo paralizzato dallo status quoregionale ed internazionale d’allora. A tale rivoluzione del quadro regionale, che ha sancito il riconoscimento dell’Eritrea a guida politica e morale di tutto il Corno d’Africa, si sono poi aggiunti gli enormi cambiamenti anche nel quadro continentale, con le rivoluzioni in Guinea, Mali e Burkina Faso, e i nuovi scenari politici che vanno affermandosi in altre nazioni africane, dove ugualmente s’intravede un sempre più fragoroso crollo del vecchio sistema di potere neocoloniale francese, inglese ed americano (dal Ciad al Senegal fino al Camerun, e così via); il tutto a conferma del declino del vecchio ordine mondiale unipolare legato al “Washington consensus” a vantaggio del nuovo ordine multipolare. Proprio a ciò l’Eritrea lavora ormai da decenni in ambito nazionale ed internazionale con la sua diplomazia e con la sua storica presenza nel Movimento dei Non Allineati(MNOAL) e nel gruppo di paesi che all’ONU la vede insieme ad alleati come Cina, Russia, Cuba ed altri proprio per la difesa dei valori sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite ed il perseguimento di un ordine mondiale multipolare. E proprio quel che è avvenuto in particolare nell’ultimo anno, con l’intervento russo in Ucraina ben presto trasformatosi in uno scontro tra Russia e NATO e più estesamente tra blocco occidentale e alleati di Mosca e Pechino, con una sempre più folta e determinata partecipazione delle nazioni africane, latinoamericane e mediorientali, ha senza dubbio costituito un ulteriore punto di sblocco, un immenso ed irreversibile spartiacque. Molti avranno notato come, in sede ONU, l’Eritrea sia stata tra le prime nazioni africane a votare contro le risoluzioni di condanna alla Russia presentate da USA, UE ed Ucraina all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e l’unica a poterlo fare nella Commissione per i Diritti Umani di cui è membro, destando un fortissimo esempio che ben presto alle successive votazioni è stato imitato da sempre più paesi africani. Anche questo ha profondamente contribuito ad elevare enormemente la statura politica e diplomatica eritrea a livello internazionale, e non è un caso che l’Eritrea vanti solide e decennali relazioni tanto con Pechino, con cui due anni fa è stato firmato anche un Partenariato Strategico, quanto con Mosca, con cui ugualmente la recentissima visita di Sergey Lavrov a Mosca ha portato alla nascita di un analogo accordo di cooperazione su tutti i fronti, politico, diplomatico, culturale, economico, energetico, minerario e militare. Proprio per tutte queste ragioni, stavolta il motto usato per la 17esima Euro Conference del YPFDJ era UBUNTU. UBUNTU è una parola nota anche al di fuori del Continente Africano, proveniente dall’idioma Zulu, che significa “Io sono perché noi siamo“, dunque io ci sono perché gli altri ci sono, io ci sono perché tutti noi ci siamo. Significa che dalla coscienza individuale si sviluppa la coscienza collettiva, ovvero che dalla coscienza del singolo si sviluppa la coscienza di massa. Questo è il segreto d’ogni grande svolta e progresso della storia, comprese le rivoluzioni. Quel che l’Eritrea ha fatto per trent’anni per conquistarsi la libertà dal 1961 al 1991 e per i trent’anni successivi, fino ad oggi, per difenderla, si deve proprio alle tante coscienze individuali del suo popolo e della sua nazione che tutte insieme hanno forgiato un’immensa coscienza collettiva. L’unione del popolo e della nazione fa la forza, e questo è un esempio tanto per le generazioni future quanto per tutti gli altri popoli africani, che sempre più oggi guardano all’Eritrea come modello da seguire per il progresso e per il panafricanismo, per portare avanti le lotte di liberazione panafricana che oggi stanno infatti conoscendo crescenti successi in varie parti del Continente. Ora che nel Corno d’Africa s’è consolidata la pace mentre l’intero quadro internazionale sta conoscendo un radicale cambiamento, per l’Eritrea può finalmente aprirsi una pagina nuova e lungamente attesa, quella in cui sarà finalmente possibile realizzare tutti quegli obiettivi che i precedenti trent’anni d’emergenza regionale ed internazionale e di boicottaggio ed isolamento economico, politico e militare non avevano mai pienamente consentito. Potranno dunque essere avviate tutte quelle riforme ed aperture economiche, sociali, infrastrutturali e produttive che la Carta Nazionale e la Costituzione prevedevano sin dall’origine, e per le quali il paese ha dovuto saggiamente ma anche dolorosamente aspettare trent’anni: una vera e propria seconda guerra, dopo la prima per l’Indipendenza, dal 1961 al 1991. Anche stavolta tutto ciò potrà avvenire proprio grazie alla grande unità delle tante coscienze individuali in una più vasta, determinata e ferrea coscienza collettiva. Questo vale ormai non più soltanto per l’Eritrea ma anche per tutto il resto dell’Africa, sempre più attratta dal suo esempio e per cui s’aprono oggi nuove e luminose prospettive. L’unità fa la forza e questa è la forza dell’esempio, che supera confini ed unisce popoli e continenti verso libertà e progresso comuni. UBUNTU! da L'Opinione Pubblica
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