Caratterista e comico italo-eritreo, Salvatore Marino sostenitore di Amref Health Africa parla di Covid-19 e dell’Africa portandoci in un viaggio all’interno delle sue emozioni, dei suoi timori e delle sue speranze per un futuro migliore. «Io sono nato e cresciuto in Eritrea», dice. «E quando avevo 14 anni è scoppiata la guerra. Siamo rimasti chiusi negli scantinati di una casa, sotto i bombardamenti, per molto tempo. Dovendo paragonare la clausura forzata di oggi alle bombe che sentivo da giovane, posso dire che questa situazione mi mette più inquietudine. Ai tempi sapevo che se fossi uscito, avrei rischiato la vita ma, senza nulla togliere alla paura della guerra, il nemico invisibile è angosciante» Caratterista e comico italo-eritreo, Salvatore Marino, impegnato sul fornte del sociale, sostenitore di Amref Health Africa parla di Covid-19, dell’Africa e delle sue esperienze personali, portandoci in un viaggio all’interno delle sue emozioni, dei suoi timori e delle sue speranze per un futuro migliore. Come stai vivendo questi giorni? Vivo questo periodo come se fosse un segnale che ci ha mandato il Padre Eterno, per chiederci di fermarci. Per dirci: “state per oltrepassare il confine di non ritorno. Fermatevi. Rifate ordine.” Dobbiamo rimettere in sesto le cose, i pensieri, le priorità. Dobbiamo provare a uscirne più sensibili, più consapevoli. È una condizione che offre a ognuno di noi momenti di grande introspezione, approfittiamone. Cosa siamo diventati? Cosa sono diventato? Cosa posso fare per migliorare? Queste sono le cose che mi chiedo in questi giorni. Inizialmente, come hai reagito? È stato inevitabile per me paragonare questo momento storico ad una guerra che ho vissuto quando avevo 15 anni. Io sono nato e cresciuto in Eritrea, e quando avevo 14 anni è scoppiata la guerra. Siamo rimasti chiusi negli scantinati di una casa, sotto i bombardamenti, per molto tempo. Dovendo paragonare la clausura forzata di oggi alle bombe che sentivo da giovane, posso dire che questa situazione mi mette più inquietudine. Ai tempi sapevo che se fossi uscito, avrei rischiato la vita ma, senza nulla togliere alla paura della guerra, il nemico invisibile è angosciante. Quando sarà tutto finito, usciremo e cammineremo su macerie invisibili, e questo spaventa. In attesa del ritorno di un pubblico, stai lavorando su qualcosa di nuovo? Al momento sto collaborando con Propaganda Live, una trasmissione de La 7. La collaborazione è iniziata in condizioni normali, mentre ora si fanno delle registrazioni da casa che vengono poi mandate in onda. Al di là di questo, la situazione attuale grava molto anche a livello lavorativo. Questo è un momento storico e personale caratterizzato dall’incertezza. Non sappiamo quando riprenderà la vita “normale”, ma soprattutto non sappiamo come riprenderà. La sensazione è quella di essere intrappolato in una terra di nessuno, senza la possibilità di progettare un futuro. Ho pochi stimoli creativi, perché la mia creatività è disturbata da un’interferenza di inquietudine che non mi permette di stare sereno. Il percorso ironico da proporre al pubblico, in questo periodo, sta diventando un corridoio sempre più stretto. Personalmente, non riesco a fare battute sui ventilatori, sulle rianimazioni, su quello che riconduce alla problematica che stiamo vivendo, quindi provo a parlare dell’economia, dell’INPS, dei bonus. Esploro l’aspetto politico piuttosto che l’aspetto sanitario e sociale, legato alla pandemia. Che rapporto hai con Amref? Il mio rapporto con Amref nasce molti anni fa, con una campagna volta a garantire l’accesso all’acqua pulita in Africa. Grazie ad Amref, ho iniziato a dare peso ad alcune cose su cui prima non riflettevo particolarmente, come lo spreco dell’acqua. Molto spesso diamo per scontato che l’acqua sia presente ovunque, ma non è così. Noi siamo fortunati, di acqua ne abbiamo tantissima e, oltretutto, ci basta aprire un rubinetto per usufruirne. Non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo, ma dovremmo iniziare a ragionarci. La campagna di Amref di quest’anno fa riflettere su questo. Il volto di una bambina che guarda in camera e la scritta Pensi che lei possa lavarsi le mani? è un’immagine incredibilmente intensa. La bambina rappresentata – come molti altri – vorrebbe lavarsi le mani, ma non può, perché manca l’elemento principale: l’acqua. Penso che i più piccoli capiscano alcune cose meglio degli adulti, e lo sguardo della bambina, volto della campagna, è quanto di più esaustivo possa esserci. Rappresenta quasi un imperativo. “Guardami.” Questa è la mia interpretazione. Parli della campagna di Amref, ma perché in questo momento è importante che Amref si impegni per garantire accesso all’acqua?
Perché l’acqua è vita. È importante riuscire a capire il senso di questo elemento e che cosa significa per l’uomo e per la sopravvivenza dell’essere umano. La vita c’è grazie all’acqua, ma nonostante questo, non ne capiamo l’importanza. Non siamo ancora sensibili a tal punto, ancora non riusciamo mentalmente a mettere l’acqua al primo posto delle cose necessarie. Non il denaro, non i lingotti d’oro, ma l’acqua. Nelle banche, nei caveaux, dovrebbe esserci l’acqua. Se non c’è l’acqua, con l’oro non ci fai niente. Al di là di Amref, che rapporto hai con il continente africano? Sono nato ad Asmara, in Eritrea, e sono arrivato in Italia come profugo a 15 anni. Sono figlio di un’eritrea e di un italiano, che si sono congiunti e hanno dato vita a una cucciolata di bimbi. Siamo una famiglia numerosa. Io sono il più piccolo. Ho un rapporto viscerale con l’Africa. Innanzitutto, è la mia terra natale, ma poi l’Africa ha odori, colori e luci che catturano l’anima. Non riesco a rendere l’idea. Per me è inspiegabile. Non sono mai riuscito a tagliare il cordone ombelicale, nonostante io non viva in Africa da più di 40 anni. Anche per questo mi sento in difetto, sento che avrei dovuto fare di più per veicolare tutte le problematiche che l’Africa vive ai giovani. Confido molto nei giovani. Che speranze hai per il futuro dell’Africa? Che paure hai? L’Africa è un continente enorme, sconfinato. In uno stato di emergenza come quello che stiamo vivendo oggi, l’Africa ha bisogno di aiuto immediato, ma a lungo termine, la cosa fondamentale è insegnare agli africani come utilizzare le risorse che hanno a disposizione. Insegnare loro come si costruisce un ospedale, una scuola, un pozzo. Coinvolgere attivamente coloro che beneficiano delle donazioni di soldi, di medicine o altro, per avere la consapevolezza che, una volta lasciato “solo”, il Paese dove si è operato possa continuare a svilupparsi in maniera indipendente e duratura. Non è facile, è un percorso molto lungo. Nei tuoi spettacoli parli spesso di razzismo e del colore della tua pelle. Pensi che le tue esperienze personali abbiano influenzato la tua scelta di intraprendere una carriera nell’ambito della comicità? Immagino si tratti di intrattenere, far ridere, ma anche di criticare una società tutt’ora improntata al razzismo e sensibilizzare un pubblico. Ho frequentato prima l’accademia di stato, poi il laboratorio di Proietti. Finito questo percorso, diplomato di tutto punto, ho iniziato a cercare lavoro come attore. Ma quando andavo a fare i provini mi rispondevano sempre: “non cerchiamo ballerini.” Nessuno mi dava fiducia come attore, perché non corrispondevo, fisicamente, ai personaggi delle commedie classiche. Ho quindi deciso di rivolgere le mie energie in un percorso di attore comico. Soprattutto all’inizio ho tratto spunto dal colore della mia pelle e dalle mie esperienze per fare ironia. Autoironia. E questo mi ha aiutato ad inserirmi meglio, ad avere un rapporto più sereno con me stesso. Perché capita anche questo: tu hai un colore di pelle diverso, ma ti senti italiano. Parli italiano, pensi in italiano, mangi italiano, hai uno stile di vita italiano. Ma da fuori non ti vedono come tale, perché la tua fisicità non ha i connotati necessari per essere riconosciuto come parte di un’etnia che, in realtà, ha formato la tua cultura. È un corto circuito. Questo argomento è il mio cavallo di battaglia nei miei spettacoli, anche perché quando parlo di razzismo posso osare molto di più rispetto a un comico che non ha la pelle nera. Nera… insomma… io sono un nero sbiadito. Un bianco indeciso. Una via di mezzo. Rivolgi un messaggio all’Italia. Questo periodo dà adito a momenti di profonde riflessioni. Non perdiamo quest’occasione. Prendiamoci la responsabilità di riflettere e di migliorare. Da dove abito io ora si vede Roma. Bella, nitida. Le notti sono stellate, il cielo è pulito. Facciamo mente locale. Certo, dovendo fare una parafrasi, “non si può avere la luna piena e la notte ubriaca”, ma dobbiamo provare a capire ciò che la natura sta provando a dirci: l’abbiamo trattata male. Dobbiamo cambiare atteggiamento, dobbiamo raddrizzare il tiro su delle malefatte che facciamo in maniera indiscriminata e senza renderci conto che pesano sulle spalle di altri. Fermatevi a riflettere. Così non si può andare avanti. La campagna di Amref "Dove c'è acqua la vita scorre", è aperta fino a domenica 19 aprile. Sarà possibile donare al numero solidale 45583. Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari Wind Tre, TIM, Vodafone, Iliad, PosteMobile, Coop Voce, Tiscali. Sarà di 5 euro anche per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa TWT, Convergenze e Poste Mobile e di 2/5 euro per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa TIM, Vodafone, Wind Tre, Fastweb e Tiscali. credit Vita.it
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Settembre 2024
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