Corno d’Africa: non la conflittualità, ma una piena sovranità può fare l’interesse dei suoi popoli14/4/2025 Dell'insorgenza delle milizie FANO nello stato etiopico dell'Amhara, a livello internazionale, non si parla ancora a sufficienza; ma la gravità della situazione è tale da richiedere la nostra attenzione, perché testimoniano dinamiche di cui il Corno d'Africa davvero non sente alcuna necessità.
Di Filippo Bovo 14 Aprile 2025 In Etiopia, nello stato del Tigray, le conflittualità tra le fazioni di Debretsion Gebremichael (TPLF-D) e di Getachew Reda (TPLF-G) dentro il TPLF (Tigray People’s Liberation Front) sembrerebbero aver trovato un momentaneo tampone con la sostituzione del secondo, ormai esautorato dal primo, con un nuovo presidente ad interim, il Generale Tedesse Warede scelto dal primo ministro etiopico Abiy Ahmed; ma è solo un risanamento di facciata. Reda, allontanatosi dal Tigray, è probabilmente coinvolto insieme al Governo Federale nell’insorgere di una nuova, inedita rivolta armata nel Tigray contro le autorità del TPLF, ma in tal merito le notizie sono ancora troppo fresche per potersi lanciare in giudizi certi. Certo, solo la fazione di Debretsion dispone nel TPLF di una reale forza militare, e quindi a potervisi opporre non può essere che qualche altro elemento, assistito dall’esterno; e che tra il Governo Federale e quella fazione, la TPLF-D, ci siano al momento vari problemi ad andar d’accordo, non è un mistero. Dopotutto, per ragioni di convenienza politica e tattica, la fazione TPLF-D non ha oggi interesse a farsi cavalcare dal Governo Federale in una guerra contro la vicina Eritrea, per guadagnare uno sbocco sul mare che nessuno, a livello internazionale, sarebbe peraltro disposto legalmente ad avallare. Come avevamo raccontato anche in un precedente articolo, le conflittualità diplomatiche (potenzialmente in grado di sfociare in più aperte conflittualità d’altro genere, e proprio per tale motivo per nulla giustificabili) che oggi Addis Abeba sta manifestando coi suoi vicini, dall’Eritrea alla Somalia fino alla stessa Gibuti, a tacer poi del ruolo di supporto alle RSF (Rapid Support Forces) in Sudan, sono espressione di una volontà della sua leadership di scaricare verso l’esterno le non poche e crescenti contraddizioni interne, dalla crisi economica e valutaria ai tanti conflitti etno-militari che ne scuotono, oltre al Tigray, anche gli stati dell’Oromia, addirittura dell’Ogaden, o ancora dell’Amhara. Proprio nell’Amhara, secondo stato del paese per dimensioni ed importanza, vi è una ribellione armata che dura dal 2023 e sempre più sta incidendo come un vero e proprio maglio sulle fibre del Governo e dell’Esercito Federale: con la loro avanzata le milizie FANO hanno ormai sotto il loro controllo più di metà dei distretti, oltre ad altre aree esterne, e sono inoltre riuscite a catturare, con relativo e non poco armamento, molti militari etiopici che avrebbero dovuto contrastarli, a tacer di quelli addirittura passati di propria sponte dalla loro parte. Le condizioni umanitarie nella regione sono molto gravi, stando a vari osservatori persino più gravi che nel Tigray dove, in modo discontinuo e disordinato, e lontano dalla sufficienza, un po’ d’aiuti nel tempo sono comunque arrivati (e qui sorvoliamo sul tenore, e spesso sulle reali motivazioni, che si celano dietro a certi aiuti, perché s’aprirebbe un capitolo infinito: si pensi a cosa spesso giunge, spacciato per aiuto umanitario ma ben lontano dall’esserlo, come armi o munizioni, o a chi vanno a finire in mano, e all’uso clientelare che poi ne va a fare); non sono mancati neppure, tra i vari scontri avvenuti, dei fatti piuttosto sanguinosi, come a Bakrat nel marzo scorso, con le truppe federali che hanno colpito i civili, donne per prime, in base al principio per cui “se la guerriglia è il pesce e il popolo la sua acqua, allora togliendo l’acqua il pesce muore”. Così diceva infatti Mao, parlando del rapporto essenziale tra popolo e movimenti di guerriglia; e così gli replicava il famigerato Efrain Rios Montt, ex presidente guatemalteco, su come spezzare quel rapporto, semplicemente togliendo al pesce l’acqua che gli era necessaria per vivere. Tuttavia, malgrado le gravi responsabilità di cui si sono coperte le truppe federali, con un bilancio tra i civili ben più grave di quanto visto altrove, tanto da far gridare vari osservatori ad una vera e propria strage degli Amhara da parte del Governo Federale, i FANO continuano ad avanzare; ancor più se pensiamo che per reazione proprio tali continui episodi contribuiscono, e non poco, alla loro popolarità di liberatori e patrioti. Il loro obiettivo, e non lo nascondono, è d’abbattere il Governo Federale e certamente, se consideriamo anche la contemporanea azione d’altri gruppi militari attivi nel resto del paese, impegnati nella lotta contro il potere centrale, le possibilità che gli assestino un duro logoramento non sono certo così remote. Intorno allo scorso anno vi erano stati contatti tra emissari di Addis Abeba e dei FANO, ad un certo punto arenatisi senza aver risolto la grave situazione regionale; che da allora è persino peggiorata, estendendosi anche ad altre aree, probabilmente alimentando anche lo spirito di lotta degli altri movimenti in lotta col potere centrale, come l’ONLF in Oromia. Anche in questo caso, e soprattutto riguardo a certi ultimi clamorosi successi riportati dai FANO, da Addis Abeba sono state lanciate accuse su una mano esterna che li avrebbe alimentati; e l’indice è stato puntato, neanche a farlo apposta, su Asmara, ormai adottata a facile capro espiatorio degli annosi problemi interni etiopici. Tuttavia questo approccio, come già abbiamo raccontato in precedenza, è da considerarsi irresponsabile e potenzialmente foriero di più gravi conflittualità, a cui probabilmente è proprio quanto Addis Abeba e certi particolari gruppi d’interesse dalla forte e notoria influenza sulla sua linea politica mirano ad ottenere. Tale approccio, indubbiamente autolesionista per l’Etiopia e per l’intera regione, non fa l’interesse di nessuno dei popoli che vi abita e risponde unicamente alle ambizioni di quei gruppi, comodamente ubicati all’estero, dall’Europa al Nord America e non solo, che fin troppo spesso son soliti avvalersi di un paese per cavalcarlo come ariete in Africa e in altre parti del “Sud del Mondo”. L’Africa non ha bisogno di questi gruppi d’interesse, politici ed economici, per i quali le vite degli africani servono unicamente ad arricchire il proprio potere e i propri guadagni. L’Eritrea, che della nociva influenza neocoloniale di questi gruppi s’è sbarazzata fin dal primo giorno della sua Indipendenza, di cui presto ricorrerà l’Anniversario, e che in tutti questi anni ha continuato efficacemente a combatterli, ne è il più chiaro esempio: un paese africano può essere veramente libero e svilupparsi soltanto con una piena sovranità, pieno diritto dei suoi cittadini. Proprio per questo, però, sempre per quei gruppi d’interesse, e per la politica di quei paesi su cui hanno ancora un’influenza, paesi come l’Eritrea diventano il puntuale capro espiatorio da punire, diffamare, sanzionare e bandire internazionalmente: proprio come sta avvenendo, e forse continuerà ad avvenire, per gli odierni contrasti che oggi dilaniano l’Etiopia, di cui tuttavia Asmara non ha alcuna responsabilità. Semmai, Asmara avrebbe interesse a coltivare, con un’Etiopia finalmente in pace al suo interno e coi suoi vicini, un rapporto fruttuoso come già altre volte tentò in passato; e, sempre come dimostrato dalle esperienze passate, sarebbe lieta pure di darle un aiuto per sanare molte delle sue ormai croniche difficoltà. E’ un momento, quello, che prima o poi arriverà.
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